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Articolo 34 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Indennità per la perdita dell'avviamento

Dispositivo dell'art. 34 Legge equo canone

In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dello articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità.

Il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennità pari all'importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.

L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile è condizionata dall'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui al primo comma. L'indennità di cui al secondo comma deve essere corrisposta all'inizio del nuovo esercizio.

Nel giudizio relativo alla spettanza ed alla determinazione dell'indennità per la perdita dell'avviamento, le parti hanno l'onere di quantificare specificatamente la entità della somma reclamata o offerta e la corresponsione dell'importo indicato dal conduttore o, in difetto, offerto dal locatore o comunque risultante dalla sentenza di primo grado consente, salvo conguaglio all'esito del giudizio, l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile.(1)

Note

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 30 novembre-14 dicembre 1989, n. 542 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale "dell'art. 34, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui non prevede i provvedimenti della pubblica Amministrazione tra le cause di cessazione del rapporto di locazione che escludono il diritto del conduttore alla indennità per la perdita dell'avviamento".

Spiegazione dell'art. 34 Legge equo canone

La disposizione in commento assume un particolare significato se letta nell’ottica complessiva dello spirito della Legge equo canone.
Infatti, coloro che esercitano attività industriali, artigianali o commerciali subiscono un danno non indifferente dallo spostamento del luogo dove svolgono la propria attività, per ragioni di vario tipo, tra le quali rientra in primis la perdita del cosiddetto “avviamento”.
Correlativamente, il locatore potrebbe ricavare, dalla sostituzione del vecchio conduttore con uno nuovo, un indebito vantaggio, consistente proprio nel valore accresciuto dell'immobile che si concede in locazione, presso il quale è stata esercitata per diverso tempo una certa attività commerciale. Il conduttore, infatti, esercitando la sua attività, ha nel tempo apportato una notevole valorizzazione all’immobile.
L’avviamento rappresenta il maggior valore attribuito al complesso aziendale rispetto al suo valore contabile. Il concetto di avviamento è peraltro collegato a quello di “clientela da posizione”, che appunto si forma nel tempo attorno ad una certa attività commerciale.
La disciplina dell’indennità da perdita dell’avviamento ha subito nel tempo delle importanti e significative modifiche legislative. Infatti, inizialmente, il conduttore che volesse chiedere l’indennità in oggetto, era onerato dal dovere di provare il danno subito.
Con l’introduzione della Legge equo canone, invece, il legislatore ha introdotto una presunzione di danno, fondata sull’id quod plerumque accidit e avente funzione riparatoria, attraverso la quale il conduttore viene esentato dal dovere di provare il danno subito, essendo il pregiudizio presunto per il solo fatto di dover lasciare la propria attività imprenditoriale, trasferendola in un luogo diverso.
Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza sul tema, al fine del riconoscimento dell’indennità di avviamento a favore del conduttore, è sufficiente la dimostrazione non tanto del danno, quanto dell’effettivo utilizzo dell’immobile per lo svolgimento di attività che abbiano prodotto contatti diretti con il pubblico degli utenti.
Nel caso in cui, poi, a tale danno presunto da perdita dell’avviamento, si aggiunga anche il pregiudizio derivante dal fatto che nell’immobile locato venga svolta un’altra attività identica a quella svolta dal conduttore precedente, allora spetterà anche una l’indennità aggiuntiva prevista dall’art. 34 secondo comma.
Il diritto del conduttore a percepire l’indennità per perdita dell’avviamento sorge nel momento in cui viene a cessare il rapporto locatizio.
In particolare, tale cessazione della locazione non deve derivare da un’iniziativa del conduttore, bensì dal recesso, o dal diniego alla rinnovazione del contratto, derivanti dalla volontà del locatore, che producano il rilascio dell’immobile da parte del conduttore. Più nello specifico, la giurisprudenza ha affermato che il diritto all’indennità sorge in seguito all’esercizio della facoltà del locatore di negare il rinnovo contrattuale, anche quando tale disdetta venga successivamente dichiarata nulla, per violazione dell’osservanza delle forme e dei requisiti di cui all’art. 29 della l. equo canone.
Allo stesso modo, nel caso in cui le parti siano addivenute ad una transazione, l’indennità andrà comunque riconosciuta al locatore, anche se questi abbia aderito alla proposta del locatore di carattere stragiudiziale, essendo comunque il rilascio dell’immobile la conseguenza di una iniziativa del locatore.
Per quanto attiene, poi, alla legittimazione ad ottenere l’indennità da perdita dell’avviamento, essa spetta al conduttore che abbia esercitato nell’immobile locato la propria attività di carattere produttivo o commerciale, instaurando un rapporto diretto con il pubblico.
Nella particolare ipotesi in cui il conduttore abbia concluso un contratto di sublocazione, l’indennità da perdita dell’avviamento, secondo la giurisprudenza maggioritaria, non spetterà direttamente al subconduttore, come riteneva invece una giurisprudenza più datata. L’opinione attualmente prevalente degli interpreti è nel senso di attribuire la legittimazione ad ottenere l’indennità al conduttore solamente nei confronti del suo locatore, e al subconduttore nei confronti del suo sublocatore (ovvero il conduttore).
È frequente nella pratica che il conduttore utilizzi l’immobile locato solo parzialmente per un’attività industriale o commerciale a contatto diretto con il pubblico. Si parla in tal senso di “uso promiscuo” dell’immobile. Riguardo a tale fattispecie la giurisprudenza si presenta divisa, distinguendosi coloro che ammettono l’utilizzo del “criterio della prevalenza” da coloro che non lo ammettono.
I primi sostengono che l’indennità da perdita dell’avviamento spetti al conduttore che esercita nell’immobile locato un’attività di vendita al minuto in maniera esclusiva o almeno “prevalente” rispetto allo svolgimento di altre occupazioni. Viceversa, la giurisprudenza più tradizionale ha sempre ritenuto che l’indennità in questione competa anche a colui che esercita nell’immobile locato l’attività di vendita e di produzione, senza che la prima attività debba prevalere sulla seconda.
Per quanto riguarda gli oneri probatori delle parti, si ritiene in dottrina che spetti al conduttore (in base alla lettura dell’art. 2697 del c.c.) provare che il contratto è cessato in seguito ad una precisa attività ad iniziativa del locatore, che consiste in genere nel recesso o nella disdetta. Allo stesso modo, sarà onere del conduttore provare di aver svolto all’interno dell’immobile locato le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell'art. 27 della l. equo canone, come previsto dal comma 1 della norma in commento. Inoltre, in conduttore dovrà provare che l’attività da lui svolta comportava contatti diretti con il pubblico.
Viceversa, come accennato sopra, il conduttore non sarà tenuto a fornire la prova del pregiudizio in concreto subito, derivante dalla perdita dell’avviamento, bastando la dimostrazione che l’attività svolta rientra tra quelle per cui l’indennità è prevista.
Una nota sentenza della Corte Costituzionale, la n. 300 del 1983, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale riguardante il contrasto dell’art. 34 con gli articoli 3, e 42, commi 2 e 3, della Costituzione, nella parte in cui non subordina il diritto ad ottenere l’indennità alla concreta esistenza di un pregiudizio in capo al conduttore. La Consulta ha ritenuto, infatti, che l’attribuzione "automatica" di tale indennità in funzione di ristoro del danno che normalmente deriva al conduttore dalla perdita dell’avviamento, rientra tra le discrezionali e legittime scelte del legislatore, il quale evidentemente ha concepito tale strumento in un’ottica di tutela del mercato e delle imprese.
Il locatore, dal canto suo, potrà in ogni caso fornire la prova dell’assenza dei presupposti per ottenere l’indennità da perdita dell’avviamento che, costituendo una prova negativa, risulterà particolarmente gravosa da dare.
La norma, al comma 1, determina in via preventiva l’ammontare dell’indennità di avviamento, qualificandola in un importo “pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto”.
Nel caso in cui tra le parti sorga una controversia in merito alla quantificazione dell’indennità, sarà il conduttore a dover quantificare la somma richiesta a titolo di indennità, e il locatore a sua volta dovrà stimare la somma da proporre al conduttore. Una volta che tale somma verrà elargita dal locatore al conduttore, sarà possibile eseguire il provvedimento di rilascio dell’immobile.
Il secondo comma della disposizione prevede inoltre una indennità aggiuntiva”, allorquando l’immobile locato venga successivamente adibito allo svolgimento della stessa attività o di un’attività inclusa nella medesima tabella merceologica di quella esercitata dal conduttore originario.
Tale indennità aggiuntiva trova la sua giustificazione nell’ulteriore pregiudizio subito dal conduttore nel momento in cui, oltre a perdere il proprio avviamento, si trovi al cospetto di un nuovo conduttore che invece può avvantaggiarsi del flusso di clientela precedente.
I presupposti per ottenere l’indennità aggiuntiva sono:
  • che l’attività esercitata dal nuovo conduttore sia affine a quella precedentemente esercitata (se prima si effettuava vendita al minuto, non spetterà l’indennità se la nuova attività sarà di vendita all’ingrosso, mutando in tal caso il tipo di clientela);
  • che la nuova attività sia uguale o comunque inclusa nella medesima tabella merceologica di quella precedente;
  • che il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente;
  • che, infine, l’attività uguale o affine venga effettivamente esercitata e non rimanga una mera intenzione di destinare l’immobile a tale scopo.
Ci si è chiesti in dottrina se sia possibile, per il conduttore, rinunciare al diritto all’indennità da perdita dell’avviamento.
Ebbene, si ritiene a tal riguardo che tale opzione sia percorribile allorquando, per esempio, il conduttore rinunci a tale suo diritto a fronte di una controproposta da parte del locatore che può consistere in una riduzione del canone di locazione o anche nella pattuizione di una proroga della durata contrattuale.
Allorquando il rapporto locatizio venga a cessare, il locatore sarà tenuto a versare l’indennità da perdita dell’avviamento, mentre il conduttore dovrà restituire l’immobile locato.
Può capitare che il locatore ometta o ritardi di versare al conduttore l’importo corrispondente all’indennità da perdita dell’avviamento. In tal caso, il conduttore sarà onerato esclusivamente dall’obbligazione del versamento del canone fino al rilascio dell’immobile, senza però essere tenuto a risarcire al locatore il maggior danno derivato dal ritardato rilascio dell’immobile, se questo è causato proprio dall’inadempimento del proprietario.
In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione la quale ha affermato, con sentenza n. 13417 del 2001, che “l'inquilino che alla scadenza del contratto rifiuti la restituzione dell'immobile in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento è obbligato esclusivamente al pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, a nulla rilevando che continui a godere dell'immobile per l'esercizio della sua attività o, al contrario, si limiti a detenerlo astenendosi dall'utilizzarlo".
Per quanto riguarda poi il calcolo dell’indennità, esso va effettuato sull’intero canone di locazione e, come accennato, corrisponde ad una somma forfettaria predeterminata in via preventiva dal legislatore. Da ciò la giurisprudenza deduce che il giudice non è autorizzato a pervenire in via equitativa ad una determinazione del danno diversa da quella stabilita dalla norma.
Anche nel caso in cui dovessero esserci delle discordanze di calcoli che conducono a delle lungaggini per la determinazione dell’indennità, al locatore non rimarrà altra scelta che attendere la risoluzione della vertenza o, in alternativa, acconsentire alle richieste avanzate dal conduttore. Come si è detto, infatti, fino al pagamento dell’indennità, il conduttore non sarà tenuto a corrispondere altre somme, se non quella corrispondente al pagamento del canone, anche nell’ipotesi in cui il locatore dovesse subire un danno in seguito alla ritardata riconsegna dell’immobile.
Inoltre, la giurisprudenza ha attribuito all’indennità la qualificazione di debito di valuta che, in quanto tale, diviene esigibile solamente quando l’immobile viene rilasciato.
Infine, è bene precisare che il rapporto locatizio può cessare anche in seguito all’esercizio da parte della pubblica amministrazione del proprio potere ablatorio. In tal caso, il conduttore non potrà avanzare alcuna richiesta nei confronti della p.a., considerato che l’amministrazione non può essere considerata parte locatrice e non assume di conseguenza alcun tipo di obbligo nei confronti del conduttore.

Rel. ministeriale L. 392/1978

(Relazione ministeriale L. 392/1978)

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È stata riproposta nei commenti a questo articolo la problematica già sorta in sede di applicazione dell’art. 4 della L. 27 gennaio 1963, n. 19 (che ammetteva una commisurazione dell’indennizzo alla perdita effettivamente subita dal conduttore nella misura dell’utilità che ne potesse derivare al locatore e nel limite massimo di trenta mensilità del canone di affitto che l’immobile potesse rendere secondo i prezzi correnti di mercato per i locali aventi le stesse caratteristiche) in relazione all’automatismo e alla rigidità del sistema.
Opportunamente, peraltro, il legislatore in considerazione delle numerosissime e intricate questioni sorte in dottrina e in giurisprudenza per l’applicazione del citato art. 4, con riferimento ai parametri in esso contemplati, solo apparentemente di facile individuazione, ha preferito utilizzare un criterio di tutta semplicità, piuttosto che allargare ulteriormente l’ambito delle ipotesi e dei collegamenti. Si è stabilito, così, che l’indennizzo sia commisurato, in modo del tutto automatico, ad un multiplo, predeterminato, dell’ultimo canone corrisposto dal conduttore.
Fra le ipotesi nelle quali non è consentita la corresponsione di indennità (cessazione del rapporto dovuto a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore, o alla pendenza di una delle procedure concorsuali) non è compresa quella in cui il rapporto sia cessato per non avere il conduttore esercitato il diritto di prelazione, ai sensi dell’art. 40 della legge. Tale esclusione deriva dal fatto che il rapporto, nel caso considerato, non cessa per effetto del mancato esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore, ma per l’essere il rapporto venuto a scadenza e per l’avere il locatore intimato disdetta. L’esclusione è stata criticata per la considerazione che sarebbe riferibile al conduttore la mancata prosecuzione del rapporto, sia pure alle nuove condizioni comunicate dal locatore, per cui l’indennità, essendo il fatto pregiudizievole riconducibile in qualche modo alla volontà del conduttore, non dovrebbe essere corrisposta. Il rilievo non appare conferente, dal momento che l’elemento determinante per ritenere dovuta la indennità sono le nuove condizioni della locazione: non si può legittimamente imporre al conduttore di accettare tali condizioni, anche se per lui non convenienti, pena la negazione della indennità; diversamente si stabilirebbe un collegamento, inesistente sul piano logico e giuridico, fra la instaurazione del nuovo rapporto locatizio e la indennità medesima, e non, come è nella legge, fra questa e la cessazione del vecchio rapporto.
Tale interpretazione è suffragata dalla disposizione dell’art. 69 che ammette che al conduttore sia corrisposta una indennità per la perdita dell’avviamento commerciale nella ipotesi del mancato esercizio, da parte sua, del diritto di prelazione; non anche, però, quella maggiorata per i casi di identità o di affinità delle attività esercitate nell’immobile.
Conclusivamente si deve rilevare che le osservazioni e le perplessità avanzate dalla dottrina sono passate al vaglio del legislatore, prima delle sue definitive determinazioni.

Massime relative all'art. 34 Legge equo canone

Cass. civ. n. 13934/2016

In tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, il diritto all’ulteriore indennità per la perdita di avviamento, prevista dall’art. 34, comma 2, della 1. n. 392 del 1978, spetta qualora il locale sia utilizzato per la medesima (o affine) attività commerciale esercitata dal conduttore entro l’anno dalla cessazione del precedente rapporto, termine che decorre non dalla data di cessazione del contratto decisa giudizialmente, ma da quella in cui effettivamente l’immobile è stato rilasciato.

Cass. civ. n. 8558/2012

Per stabilire se l’attività svolta nell’immobile locato abbia natura imprenditoriale o professionale (e, di conseguenza, se allo scioglimento del contratto spetti o no al conduttore l’indennità per la perdita dell’avviamento), occorre avere riguardo non alla qualifica (professionale o meno) delle persone che vi lavorano, ma alla prevalenza, nell’ambito delle attività ivi esercitate, dell’elemento imprenditoriale o di quello professionale (in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale aveva qualificato come "professionale" l’attività svolta in un casa di cura privata, in base all’assunto che essa non potesse essere svolta se non con l’ausilio di personale medico).

Cass. civ. n. 2082/2012

Nell’ipotesi in cui, nel corso del procedimento instaurato dal locatore per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenga la restituzione dell’immobile per finita locazione, non vengono meno l’interesse ed il diritto del locatore ad ottenere l’accertamento dell’operatività di una pregressa causa di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, potendo da tale accertamento derivare effetti a lui favorevoli come, in caso di immobile non abitativo, la non debenza dell’indennità di avviamento.

Cass. civ. n. 3592/2010

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, qualora il contratto abbia ad oggetto locali comunicanti ma aventi diversa destinazione commerciale (nella specie, magazzino e negozio), e il canone sia unico e indistinto, il locatore non può sottrarsi al pagamento dell’indennità di cui all’art. 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392, commisurata all’intero canone nell’assunto che solo una parte dell’immobile strutturalmente unitario - al di là delle distinte indicazioni catastali - sia destinato al contatto diretto con il pubblico, spettando la detta indennità quando l’attività che comporti il contatto diretto con il pubblico sia prevalente, e dovendosi commisurare (a stessa, anche in tal caso, all’intero canone e non alla parte di esso riferibile alla sola superficie utilizzata per il contatto diretto con il pubblico.

Cass. civ. n. 23557/2009

L’esercizio privato dell’insegnamento va qualificato come attività d’impresa quando sia finalizzato alla realizzazione di un lucro, e sia impartito avvalendosi di un complesso di beni organizzati in forma di azienda. Ne consegue che, ove tale attività sia svolta con queste modalità all’interno di un immobile condotto in locazione, alla cessazione di questa spetterà al conduttore l’indennità per la perdita dell’avviamento prevista dall’art. 34 della L. 27 luglio 1978, n. 392, e che eventuali clausole contrattuali di rinuncia alla suddetta indennità sono nulle ai sensi dell’art. 79 della medesima legge.

Cass. civ. n. 15719/2006

Il versamento dell’indennità di avviamento ex art. 34 L. n. 392/78 - effettuato dal locatore con la riserva di ripeterla nell’ipotesi in cui non risultasse dovuta - vale, di per sé, ad escludere qualsiasi preclusione a proporre domanda di accertamento negativo del diritto al pagamento dell’indennità medesima.

Cass. civ. n. 11378/2006

L’indennità per perdita di avviamento commerciale, prevista dall’art. 34, secondo comma, legge n. 392 del 1978 qualora l’immobile sia destinato, da parte del locatore in proprio o di un terzo, all’esercizio della stessa attività o di un’attività affine a quella già esercitata dal conduttore uscente, è giustificata dal vantaggio derivante per il nuovo esercente dal subentro in un avviamento in atto, mediante l’acquisizione della clientela che al locale affluiva. Ne discende che non sussiste il presupposto per il riconoscimento di tale indennità qualora un locale già adibito ad attività commerciale di vendita al minuto (nella specie, di preziosi) sia nuovamente locato ed adibito, entro l’anno, ad attività di vendita all’ingrosso, poiché la clientela di un esercizio di vendita al minuto non coincide con quella che si rivolge ad un esercizio di vendita all’ingrosso. A tal fine rileva la previsione contrattuale del tipo di attività da insediare nell’immobile, senza che possano assumere rilevanza i mutamenti d’uso successivi, che si verificano ove l’attività di vendita al minuto divenga prevalente sull’altra.

Cass. civ. n. 14610/2005

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’immobile utilizzato a locale di esposizione, in tanto può determinare l’esistenza del diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento, in quanto il conduttore istante provi che possa essere considerato come luogo aperto alla frequentazione diretta della generalità dei consumatori e, dunque, da sé solo in grado di esercitare un richiamo su tale generalità, così divenendo un collettore di clientela ed un fattore locale di avviamento, senza che possa darsi rilievo al modo dell’organizzazione dell’attività del conduttore e alla circostanza che questi abbia creato un vincolo di accessorietà funzionale tra l’immobile adibito a deposito ed esposizione e l’immobile destinato alla vendita. (Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento in relazione ad un locale adibito ad esposizione di mobili, sul rilievo che non era aperto all’affluenza diretta e immediata del pubblico, che in esso non era autorizzata l’attività di vendita, la quale non risultava neanche provata, in quanto gli scontrini fiscali venivano emessi in altro locale posto di fronte).

Cass. civ. n. 2834/2002

L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale è dovuta ope legis al conduttore uscente ai sensi dell’art. 34 legge 27 luglio 1978, n. 392, prescindendo da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed il danno che il conduttore abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere il giudice del merito escluso la perdita dell’avviamento sul rilievo che il conduttore aveva continuato ad esercitare la sua attività in un altro appartamento del medesimo ufficio).

Cass. civ. n. 2086/2002

Affinché l’attività di insegnamento o di istruzione possa considerarsi esercitata in forma di impresa, sì da costituire titolo per la percezione dell’indennità di avviamento, non è sufficiente che sia intesa alla realizzazione di un lucro, ma è, altresì, necessario che costituisca il risultato di un’organizzazione aziendale, e cioè di un complesso strumentale di fattori materiali e personali che fungano da supporto indispensabile e non secondario del servizio di istruzione offerto al pubblico. (Nella specie, l’immobile locato era adibito a scuola di danza).

Cass. civ. n. 15091/2001

In tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, il rilascio dell’immobile da parte del conduttore a seguito di disdetta ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, non comporta il venir meno del diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, ancorché la disdetta intimata dal locatore debba considerarsi inefficace (perché tardiva), atteso che in tale ipotesi il rilascio non può essere ricondotto al mutuo consenso del locatore e del conduttore in ordine alla cessazione della locazione, costituendo la disdetta, ancorché inefficace, estrinsecazione di una unilaterale iniziativa dello stesso locatore, cui soltanto è imputabile la conclusione del rapporto, a meno che l’acquiescenza del conduttore nasconda in realtà il suo sostanziale, assoluto disinteresse a permanere nell’immobile. (Nella specie la S.C. ha escluso che tale disinteresse potesse dedursi dall’asserita cessazione dell’attività commerciale da parte del conduttore parecchi mesi dopo la disdetta, e non prima di essa).

Cass. civ. n. 13636/2001

In tema di indennità di avviamento, l’art. 34 terzo comma della legge n. 392 del 1978 prevede che l’esecuzione del provvedimento di rilascio è condizionata all’avvenuto pagamento della stessa. La corresponsione dell’indennità consiste, dunque, in una condizione di procedibilità dell’azione esecutiva e non condiziona la formazione del titolo esecutivo.

Cass. civ. n. 1177/2000

Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali, disciplinate dagli artt. 27 e 34 della L. 27 luglio 1978, n. 392 e, in regime transitorio, dagli artt. 69, 71 e 73 della stessa legge, scaduto il contratto, il conduttore che rifiuta la restituzione dell’immobile in attesa di ricevere dal locatore il pagamento dell’indennità per l’avviamento a lui dovuta, è obbligato al pagamento del corrispettivo convenuto, ma solo di questo.

Cass. civ. n. 9195/1999

In tema di contratti di locazione non abitativa venuti a cessare alle scadenze legali fissate negli artt. 67 e 71 della legge n. 392 del 1978, se il rapporto successivamente prosegue anche tacitamente fra le parti, viene a nascita un rapporto del tutto nuovo, soggetto alla disciplina ordinaria di cui alla suddetta legge, e pertanto anche a quella di cui all’art. 34 circa i criteri di determinazione della indennità per la perdita dell’avviamento commerciale.

Cass. civ. n. 8389/1999

Non integra gli estremi della cessione della locazione il mero adempimento del terzo dell’obbligo di pagare il canone, pur se il locatore risulti a conoscenza della provenienza del pagamento.

Cass. civ. n. 3984/1999

In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, la rinuncia implicita alla indennità di avviamento contenuta in un contratto di transazione non è affetta da nullità ex art. 79 della L. n. 392 del 1978 (per stipulazione di patti contrari alla legge stessa), in quanto tale norma è volta ad evitare la elusione in via preventiva dei diritti del locatario, ma non esclude la possibilità di disporne una volta che i diritti medesimi siano sorti.

Cass. civ. n. 12419/1998

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, qualora la data di rilascio ricada nella sospensione dell’esecuzione prevista dall’art. 7 D.L. n. 551 del 1988, conv. nella legge n. 61 del 1989, il conduttore è tenuto, per tutto il periodo di operatività della predetta sospensione, a corrispondere al locatore l’indennità di occupazione, nella misura prevista dal secondo comma del citato art. 7, a nulla rilevando che non gli sia ancora stata corrisposta, né offerta, l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, spettantegli a norma dell’art. 34 legge n. 392 del 1978, in quanto, nell’indicato periodo di sospensione, il provvedimento di rilascio non è eseguibile per cause diverse e indipendenti dalla mancata corresponsione dell’indennità per perdita di avviamento, con la conseguenza che, durante il periodo medesimo non può ritenersi gravante sul locatore l’onere di corrispondere la stessa.

Cass. civ. n. 12090/1998

L’indennità per la perdita dell’avviamento di cui all’art. 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 consiste in un debito di valuta e non di valore. (Nel caso di specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva considerato il debito per la perdita dell’avviamento come debito di valore, liquidandolo con adeguamento ai valori monetari al momento della sentenza).

Trib. civ. Lecce n. 1871/1998

Al conduttore d’immobile adibito ad attività commerciale stagionale compete l’indennità di avviamento, almeno ogni qual volta la cessazione del rapporto sia dovuta non a mancata manifestazione della volontà del conduttore di rinnovare il rapporto al termine della prima, seconda, terza, quarta e quinta stagione (situazione da equiparare ad una disdetta o recesso da parte del conduttore medesimo), bensì alla scadenza naturale del rapporto per insussistenza di un obbligo normativo del locatore di garantire la locazione stagionale oltre il sesto anno.

Cass. civ. n. 667/1998

Il diritto all’indennità di avviamento commerciale (art. 34 legge 27 luglio 1978 n. 392) presuppone un rapporto di locazione in atto, legittimante il godimento de iure dell’immobile, e perciò non spetta se il conduttore, contravvenendo all’obbligo di restituzione (art. 1591 c.c.), permane nel godimento dell’immobile dopo la scadenza del contratto, pur se rispetta la data fissata nel provvedimento di rilascio (art. 56 stessa legge).

Cass. civ. n. 12720/1997

L’indennità di avviamento commerciale, prevista dall’art. 34 della L. 27 luglio 1979, n. 392, può spettare anche nel caso di ubicazione, nei locali condotti in locazione, degli uffici direzionali di una banca - la cui attività (art. 2195, n. 4, cod. civ.) è finalizzata ad un servizio pubblico - essendo funzionali al soddisfacimento delle richieste dell’utenza, secondo l’articolazione organizzativa e le necessità operative del settore.

Cass. civ. n. 1232/1997

Il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento, prevista dall’art. 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392, può essere riconosciuto al conduttore di immobile nel quale venga esercitata congiuntamente la vendita all’ingrosso e al minuto (ancorché in violazione del divieto di cui all’art. 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426) solo quando l’attività di vendita al minuto, con modalità che comportino contatto diretto con il pubblico, abbia carattere prevalente rispetto all’altra. (Fattispecie relativa ad attività di vendita all’ingrosso di apparecchiature farmaceutico sanitarie, nella quale i giudici di merito - con decisione annullata sul punto dalla Suprema Corte - accogliendo la domanda di indennità di avviamento avevano dato rilievo allo svolgimento anche di una attività di vendita al dettaglio di tali apparecchiature senza porsi il problema del carattere prevalente o no di quest’ultima).

Cass. civ. n. 810/1997

In caso di cessazione della locazione di un bene su un immobile complementare - nella specie spazio scoperto, adibito a stazionamento di un camion per la vendita di panini e bevande, situato su un’area di parcheggio per i clienti di un esercizio commerciale - non spetta al conduttore l’indennità prevista dall’art. 34 della legge 27 luglio 1978 n. 392 perché da un lato egli ha sfruttato la clientela altrui (cosiddetto avviamento parassitario); dall’altro la fattispecie rientra nell’art. 35 ultima parte della stessa legge essendo le esemplificazioni ivi indicate (immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali) suscettive di interpretazione analogica.

Cass. civ. n. 10820/1995

La disposizione dettata, con riferimento alle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione per cui sia dovuta alla cessazione del rapporto l’indennità per la perdita dell’avviamento, dall’art. 34 della legge 27 luglio 1978 n. 392 (e, per il regime transito¬rio, dall’art. 69, sia nella stesura originaria che nel testo di cui al D.L. n. 832 del 1986, convertito con modificazioni in legge n. 15 del 1987), secondo cui «l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile è condizionata dall’avvenuta corresponsione dell’indennità», ha efficacia innanzitutto sul piano sostanziale e, subordinando il rilascio al versamento dell’indennità, specularmente condiziona il pagamento dell’indennità al rilascio e instaura così tra le due obbligazioni un’interdipendenza che costituisce fondamento per un’eccezione alla stessa assimilabile. Infatti detta disposizione, inserendosi nel quadro normativo di protezione delle attività imprenditoriali svolte in immobili locati, costituisce ulteriore espressione della tutela dell’avviamento e non attribuisce un mero diritto di ritenzione, ma consente la protrazione dell’esercizio dell’attività economica nell’immobile - sulla base di un rapporto instaurato in forza di legge, geneticamente collegato al precedente rapporto contrattuale, da cui ripete l’essenza minimale delineata dall’art. 1571 c.c., e avente per finalità proprio la protrazione dell’uso dell’immobile - fino al momento in cui il conduttore possa utilizzare la prevista monetizzazione del valore di avviamento per assicurare un’altra adeguata collocazione all’impresa. Conseguentemente non è idonea a determinare la costituzione in mora del locatore quanto al pagamento dell’indennità di avviamento la sola richiesta di pagamento se non sussiste oggettivamente la sua mora, in conseguenza del rilascio dell’immobile o di un’offerta del conduttore di restituzione dello stesso, formulata con le modalità previste dall’art. 1216 c.c. (Nella specie la S.C. ha annullato la sentenza con cui, nel giudizio promosso dal locatore per la determinazione dell’indennità di avviamento, era stato riconosciuto il diritto del conduttore agli interessi e al maggior danno da svalutazione monetaria relativamente all’indennità stessa, a seguito di proposizione da parte sua di domanda riconvenzionale in tal senso, dal giudice di merito valorizzata quale atto di costituzione in mora a prescindere dal rilascio dell’immobile o dalla relativa offerta).

Cass. civ. n. 6019/1995

L’attività scolastica esercitata a fini di lucro e con gestione a strutture imprenditoriale integra attività commerciale rientrante nella previsione dell’art. 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sicché al conduttore di immobile adibito alla suddetta attività spetta alla cessazione del rapporto l’indennità di avviamento.

Cass. civ. n. 9558/1994

L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex artt. 34 e 35 della legge sull’equo canone compete al conduttore dell’immobile adibito ad uso non abitativo soltanto quando l’attività di vendita al minuto con modalità che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori sia esclusiva o prevalente rispetto ad altre attività eventualmente esercitate nello stesso locale (nella specie, la decisione di merito confermata dalla S.C. aveva negato il diritto del conduttore all’indennità in quanto l’attività prevalente esercitata nell’immobile era quella di progettazione di edifici e non di vendita di appartamenti).

Cass. civ. n. 3974/1994

L’attività didattica impartita nell’autoscuola si accompagna, con carattere di inscindibilità, alla somministrazione di taluni servizi ed all’espletamento di varie incombenze (quali la richiesta del cosiddetto foglio rosa per il discente, l’organizzazione delle visite mediche, il noleggio di veicoli specificamente attrezzati, l’organizzazione per l’espletamento degli esami, i contatti con i pubblici uffici per il rilascio dell’autorizzazione finale) che di per sè integrano un’attività aziendale. Consegue, pertanto, che l’autoscuola costituisce un’azienda commerciale agli effetti della applicabilità dell’art. 34 della L. 27 luglio 1978, n. 392 per l’attribuzione dell’indennità per la perdita dell’avviamento, nel caso di cessazione del rapporto di locazione relativo all’immobile ove essa avvenga.

Cass. civ. n. 3895/1993

L’istituto di credito che esercita la sua attività in immobile locato ha diritto, in caso di cessazione del rapporto, alla indennità di avviamento di cui all’art. 34 della L. 27 luglio 1978 n. 392 indipendentemente dal riscontro della prevalenza del servizio di sportello, perché l’attività di intermediazione nel credito, pur non essendo espressamente menzionata dall’art. 27 della citata legge n. 392, rientra, al pari delle altre attività indicate nell’art. 2195 c.c., fra quelle commerciali ed è, di per sè, finalizzata a fornire servizi al pubblico che all’uopo deve comunque necessariamente recarsi nell’immobile.

Cass. civ. n. 11470/1992

La corresponsione dell’indennità di avviamento di cui all’art. 34 comma terzo della L. 27 luglio 1978, n. 392 non condiziona il diritto del locatore alla esecuzione del provvedimento di rilascio, ma solo l’inizio di tale esecuzione, per cui non deve necessariamente precedere la notificazione del precetto che, come è reso palese dall’art. 479 c.p.c., è solo atto prodromico rispetto alla esecuzione ed, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., può essere impugnato con l’opposizione alla esecuzione, prima che questa sia iniziata, solo per contestare il diritto dell’istante di procedere alla esecuzione per l’inesistenza o invalidità del titolo esecutivo o la successiva modifica o estinzione del diritto. Ne consegue che, ove non sia stata corrisposta l’indennità di avviamento, il conduttore può proporre opposizione alla esecuzione solo dopo che questa è iniziata, e non prima, contro il precetto, che, anche se intimato anteriormente a detta corresponsione, è pienamente legittimo.

Cass. civ. n. 162/1990

In tema di locazione di immobili ad uso non abitativo l’indennità per la perdita dell’avviamento compete anche per la cessazione della locazione di immobili nei quali viene svolta un’attività di interesse turistico purché detta attività comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, inteso come l’insieme indiscriminato dei potenziali destinatari dei beni e servizi che caratterizzano l’attività esecitata dall’impresa, con la conseguenza che deve essere escluso il diritto all’indennità in favore di un club nautico che svolge la propria attività non a fini di lucro e in favore soltanto dei propri soci.

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Consulenze legali
relative all'articolo 34 Legge equo canone

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. M. P. chiede
sabato 11/05/2024
“Salve, sono la titolare di una tabaccheria e in affitto nello stesso locale commerciale con il cambio di tre contratti di locazione diversi, il primo sottoscritto nel settembre 2000 che è stato sostituito da un altro contratto di locazione nel settembre del 2007 e quest’ultimo in essere sottoscritto in data 07/09/2013, con scadenza dei dodici anni il 31/08/2025, il contratto prevede un canone di affitto, aggiornato in base ai dati istat, ad oggi di € 1.421,56 trimestrali, che ho sempre pagato regolarmente e puntualmente, eccetto una rata nel 2018 “se non sbaglio” (dovuta a una svista/dimenticanza) che ho saldato immmediatamente dopo la lettera di richiamo dell’avvocato, nel contratto vi sono tre punti che vi riporto all’attenzione:
5. i locali si concedono per il solo uso di RIVENDITA TABACCHI con divieto di sublocazione e cessione anche parziale e divieto di mutamento di destinazione. Ai fini di quanto previsto negli art. 34, 35, 37 e seguenti della l. 392/1978, il conduttore dichiara che l’immobile verrà utilizzato per attività che comporta contatti diretti con il pubblico.
6. ai fini di quanto previsto dell’articolo 27, 8° comma della L. 392/1978, si dichiara che motivo di recesso potrà essere il diniego delle autorizzazioni o concessioni richieste dalle vigenti leggi ai fini dello svolgimento dell’attività del conduttore.
15. L’inadempienza da parte del conduttore di uno dei patti contenuti in questo contratto produrrà, jpso jure, la sua risoluzione.
Nel mese di ottobre del 2017 contatto il locatore TELEFONICAMENTE per chiedergli, se mi concedeva il permesso a creare il secondo w.c. nel suo locale, in quanto nella mia tabaccheria volevo aggiungere un piccolo BAR. Lui acconsente mandandomi una DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONE allegando la sua copia della carta di identità, nella quale specifica: che mi autorizzava per una migliore funzionalità dell’attività che in atto viene svolta e che tutte le spese per i suddetti lavori, nessuna esclusa od eccettuata, restano a totale ed esclusivo carico della conduttrice.
Nel marzo 2023 il locatore mi invia una raccomandata nella quale mi comunica la sua DISDETTA e propone un rinnovo del contratto a nuove condizioni, ovvero l’aggiunta dell’uso consentito BAR TABACCHI e un canone trimestrale di € 3.000,00 oltre (secondo me) ad insultarmi in quanto secondo lui unilateralmente, abusivamente, illegalmente e in modo autoritario ho aggiunto il BAR e che questo poteva comportare grave inadempimento da parte del conduttore perché ho mutato la destinazione d’uso del locale.
Io ho risposto che reputavo il suo linguaggio offensivo, ingiurioso e calunniante, e mi sarei riservata il diritto di agire per vie legali, che tutti i lavori sono stati svolti in regola col comune e per mezzo di professionisti nonché di ditte specializzate oltre che lui stesso lo aveva autorizzato, e che il tutto era ampiamente dimostrabile tramite fatture, ed ho fornito lui copia di ogni cosa. Per quanto riguarda invece la disdetta con proposta del nuovo contratto nella continuazione della locazione, ho risposto: PRENDO ATTO DELLA SUA DISDETTA e di conseguenza non accetto le sue condizioni e lascerò il locale libero e sgombero alla scadenza del contratto ovvero il 31/08/2025.
Nel mese di aprile 2024 ho inviato lui una raccomandata INFORMATIVA nella quel lo informavo appunto oltre che ho avviato le procedure per il trasferimento della mia attività in quanto richiede tempi lunghi essendo soggetta a monopolio e che al rilascio dell’immobile in base all’art.69 legge equo canone che dice: il conduttore, se non accetta le nuove condizioni offerte dal locatore ovvero non esercita la prelazione ha diritto ad un compenso pari a 24 mensilità del canone richiesto dal locatore od offerto dal terzo. In quanto io non sono a conoscenza di un’offerta da parte di una terza persona, mi deve € 24.000,00 per la perdita dell’avviamento. Per quanto invece riguarda i miglioramenti, come descritto nell’art. 1592 del c.c. R.D. 16 marzo 1942 n° 262 (miglioramenti) la somma di € 6.809,23 appunto perché io li ho remunerati e lei, li ha autorizzati, oltre che l'art. 1229 Codice Civile puntualizza che: È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. Per un indennizzo totale di € 30.809,23 oltre che avrei continuato a riservarmi il diritto di avviare una procedura per le ingiurie e le calunnie fatte nei miei confronti.
Lui mi risponde che non mi deve assolutamente nulla e mi propone un’interlocuzione con il figlio per un eventuale trattativa sul prezzo della locazione o sulla vendita dell’immobile, alla quale però ho risposto che per l’affitto fosse stato impossibile in quanto era tutto ufficiale sia la sua disdetta che la mia richiesta di trasferimento. Invece per la vendita sto interagendo con il figlio.
Adesso che vi ho esposto i fatti, visto che sicuramente la cosa verrà portata in tribunale per una causa, (nel caso NON trovassi un accordo per l’acquisto dell’immobile e quindi il proprietario rimanga l’attuale locatore) mi pongo queste domande:
Secondo me, io (come conduttrice) non ho nessuna inadempienza nel contratto, me lo confermate?
L’avviamento che chiedo di € 24.000,00 è corretto? visto che c’è stata la proposta di un novo contratto contemporaneamente (nella stessa raccomandata) alla disdetta del locatore.
Per quanto riguarda i miglioramenti da lui autorizzati, mi spetta veramente un indennizzo? Visto che l’art 1229 annulla il patto dove si esime a di partecipare alle spese e obbliga me a pagare tali migliorie? So che qualora mi spettasse, l’importo è discutibile nel suo ammontare, visto che sarà riconosciuto l’importo minore tra lo speso e il valore utile al tempo della riconsegna.
Per ultimo su quali punti ho la possibilità di vincere la causa e in che percentuale?
Grazie in anticipo.
Distinti Saluti.”
Consulenza legale i 20/05/2024
Nel caso proposto il locatore ha inviato una lettera di disdetta al conduttore con indicazione a lasciare l’immobile libero per la data del 31 agosto 2025.
La disdetta del locatore, intesa come diniego di rinnovo per ulteriori 6 anni ai sensi dell’art. 28 della l. equo canone, è prevista quindi per la scadenza naturale del contratto.

È assolutamente illegittima la richiesta del locatore di versare già da ora il canone aumentato.
Infatti, in assenza di un accordo tra le parti e fino alla scadenza del contratto, le condizioni rimangono quelle concordate inizialmente.

Il locatore, poi, insinua un inadempimento contrattuale, costituito dal cambio di destinazione d’uso, che potrebbe integrare una risoluzione ipso iure ai sensi dell’art. 15 del contratto di locazione.
Anche l’art. 80 della l. equo canone stabilisce che il cambio di destinazione d’uso sia motivo di risoluzione del contratto che deve essere fatto valere entro tre mesi dal momento in cui il locatore ne viene a conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento della destinazione.
Dalle date riferite pare però che non possa più far valere i termini per un’asserita risoluzione.

In pratica, il locatore utilizza l’argomentazione solo come “minaccia” per il conduttore per ottenere quello che sembra il suo obiettivo: rinnovare il contratto con un canone più elevato.

La lettera, quindi, a parere dello scrivente, è da intendere come una disdetta del locatore che dà diritto al conduttore al versamento dell’indennità per perdita dell’avviamento ai sensi dell’art. 34 L. Equo Canone.
Si segnala che l’ammontare dell’indennità corrisponde a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto.

È pur sempre vero che, poiché la modifica della destinazione d’uso, vietata dal contratto, è stata eseguita, si ritiene che il locatore abbia un buon argomento a suo favore per contrastare la richiesta di indennizzo per la perdita dell’avviamento.
Infatti, il locatore aveva autorizzato i lavori nel locale ma non dichiarando di accettare il mutamento di destinazione d’uso.
Si ritiene dunque che, anche non potendo più far valere in giudizio la risoluzione del contratto per lo spirare dei termini, possa richiedere un risarcimento del danno che dovrà essere adeguatamente provato.

Per quanto riguarda la richiesta di indennizzo per le migliorie e le addizioni eseguite dal conduttore, si segnala che, nella lettera inviata dal locatore che autorizzava i lavori, veniva espressamente dichiarato che i costi sarebbero rimasti a carico del conduttore.
La giurisprudenza, infatti, ha ritenuto che le norme art. 1592 del c.c. e art. 1593 del c.c. siano derogabili e quindi sia legittima la clausola che esclude il riconoscimento dell’indennità (Cass. civ. n. 5968/2020).
Si ritiene quindi che sia dubbia la possibilità di ottenere un indennizzo a tale titolo.

Non è possibile per un interprete del diritto stimare una percentuale sulla probabilità di successo di un’azione giudiziaria.
Questo perché ogni giudizio ha un’aleatorietà che dipende da molteplici fattori, tra cui, purtroppo, anche il soggetto giudicante.

Si consiglia, dunque, di valutare se trovare un accordo transattivo con la proprietà anche prevedendo l’acquisto dell’immobile. Una transazione (accordo) è spesso la via preferibile per sanare liti nascenti.

In caso di mancato accordo, si consiglia di rivolgersi ad un legale per valutare se intraprendere l’azione giudiziaria per recuperare l’indennità per la perdita dell’avviamento. Dovrà essere fatta anche una valutazione sul rischio di richiesta del risarcimento del danno per il cambio d'uso non autorizzato.



D. T. chiede
martedì 07/05/2024
“Di seguito i punti del contratto oggetto del quesito:
9.1 - La rinuncia al 50% di avviamento è fortemente sbilanciata a favore della parte locatrice. A fronte di una riduzione del canone per il primo anno (punto 4.3) di €10.200, tale clausola comporterebbe in caso di diniego al primo rinnovo a:
1) perdita €15.225 di indennità (nei casi che prevedono le 21 mensilità)
2) perdita €30.450 (nel caso che prevede doppia indennità)
Quesito: nullità della clausola è possibile?

12.2- nonostante questa clausola, posso chiedere adeguato indennizzo per le migliorie apportate all'appartamento considerando la ristrutturazione integrale che ho sostenuto? (abbiamo una scrittura privata citata nel contratto in cui la proprietà mi chiede di impegnarmi ad eseguire ristrutturazione integrale, con dettaglio di opere da realizzare, sempre "a fronte" dell'agevolazione iniziale sul canone

Grazie, saluti”
Consulenza legale i 16/05/2024
Il contratto di locazione del caso di specie contiene una clausola con cui il conduttore rinuncia al 50% dell’indennità per perdita dell’avviamento, prevista dall’art. 34 L. Equo Canone, a fronte di una riduzione del canone di locazione per il primo anno.

Tale clausola è nulla ai sensi dell’art. 79 della l. equo canone in quanto costituisce un pregiudizio per il conduttore, parte debole del contratto, a fronte di un vantaggio per il locatore.
In questo senso la giurisprudenza maggioritaria (ex multis Cass. civ. n. 22826/2022; Cass. civ. n. 4947/2023) che ha ritenuto che una tale rinuncia sarebbe valida solo se contenuta in un accordo successivo alla conclusione del contratto, quando il conduttore non si trovasse più in una posizione di debolezza che la legge vuole invece tutelare.
È il caso, ad esempio, di un accordo transattivo tra le parti intercorso al termine del rapporto locatizio e con cui il conduttore dichiara di rinunciare al proprio diritto di ottenere l’indennità.
Ne consegue che è invece nulla una rinuncia contenuta nel contratto di locazione.

Si segnala, in ogni caso, che esiste un orientamento minoritario che ritiene che sia ammissibile una rinuncia preventiva al proprio diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento a fronte di una riduzione del canone di locazione (Cass. civ. n. 8705/2015).
Tale orientamento si cita per completezza espositiva ma si sottolinea come le pronunce successive già indicate l’abbiano criticato, superandolo.

Per quanto riguarda la rinuncia del conduttore a ricevere un’indennità per le migliorie eseguite nell’immobile condotto in locazione, la giurisprudenza ha ritenuto invece che le norme art. 1592 del c.c. e art. 1593 del c.c. sono derogabili e quindi è legittima la clausola che esclude il riconoscimento dell’indennità.
Sarà dunque da ritenere valida la scrittura privata sottoscritta dalle parti con l’indicazione dei lavori che il conduttore avrebbe effettuato e la sua rinuncia a richiedere un’indennità per le migliorie apportate.


A. M. chiede
domenica 04/12/2022 - Lombardia
“Buongiorno,
locale commerciale, il locatore in data 11/10/2021 invia disdetta per scadenza naturale del contratto prevista il 30/04/2023.
Oggi il locatore chiede una riconsegna anticipata di 3 mesi rispetto alla scadenza naturale del contratto.
Dato che come previsto dall' art. 34 legge n. 392/1978, dovrebbe corrispondere l'indennità di avviamento, la domanda è la seguente, LA RICONSEGNA ANTICIPATA DEL LOCALE E' INCOMPATIBILE CON LA CORRESPONSIONE DELLA INDENNITA DI AVVIAMENTO ?
Come posso tutelarmi, devo chiedere particolari garanzie scritte che l'indennità sarà riconosciuta anche con consegna anticipata ?
E' sufficiente che nell'accordo scritto il locatore menzioni la propria volontà a riconoscere tale indennità ?”
Consulenza legale i 09/12/2022
L’ art. 34 della L. 392/1978 dispone che quando la cessazione del rapporto locatizio avente ad oggetto un immobile ad uso commerciale sia dovuta ad iniziativa unilaterale del proprietario dell’immobile locato, quest’ ultimo deve riconoscere al conduttore una indennità pari a 18 mensilità, che diventano 21 se l’attività ha natura alberghiera. In altre parole, l’indennità e dovuta sempre quando il mancato proseguimento del rapporto locatizio deriva dalla iniziativa del proprietario, anche nel caso in cui esso la eserciti nel rispetto ed entro i limiti di legge.
Il motivo della norma è da un lato quello di voler favorire il radicamento dell’attività commerciale nel locale in cui essa viene esercitata, e dall’altra quello di ristorare l’imprenditore conduttore dei locali dall’avviamento commerciale perduto. Il legislatore quindi ha voluto facilitare il conduttore che subisce un pregiudizio per lo spostamento dell’attività che ha determinato il venir meno della clientela abituale.

Nel caso specifico la riconsegna anticipata del bene locato non farebbe venire meno per il proprietario l’obbligo di corrispondere l’indennità di occupazione in quanto la cessazione del vincolo contrattuale deriva sempre da una iniziativa del proprietario: è dalla sua iniziativa infatti che proviene la disdetta datata 11.10.2021. La riconsegna anticipata rappresenta solo una mera cortesia del conduttore, il quale avrebbe tutto il diritto occupare i locali fino alla naturale scadenza del vincolo contrattuale.

Ad ogni modo, a scanso di possibili equivoci, è sicuramente opportuno condizionare la riconsegna anticipata dei locali ad un accordo scritto in cui il proprietario riconosca comunque la debenza della indennità di avviamento e magari venga già determinato il suo preciso ammontare: tale tipo di accordo darebbe all’ex conduttore una ottima tutela nel caso in cui si presentassero degli intoppi nel pagamento della somma e vi fosse la necessità di richiedere al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo.
Se il proprietario non fosse disponibile a raggiungere un accordo di questo tipo si potrebbe opporre un legittimo rifiuto alla riconsegna anticipata dei locali, fermo restando che quando i medesimi dovranno essere obbligatoriamente riconsegnati per il venir meno della locazione, si potrà agire nei confronti del locatore e pretendere l’indennità dovuta.


E. A. chiede
mercoledì 28/09/2022 - Lombardia
“Buongiorno sono titolare di una attività di bar/ristorazione. Nel giugno del 2023 mi scade il contratto 6+6, sarebbero 12 anni di attività. Ho ricevuto la raccomandata a giugno dai proprietari con la disdetta del contratto, non c'è stata mediazione perché loro vogliono vendere l'immobile e noi non siamo interessati. Noi avevamo messo in vendita la licenza ma in questo modo ci impossibilitano un eventuale vendita. Tenuto conto del fatto che abbiamo ristrutturato i locali a nostre spese. Vorrei sapere se possiamo rivaleggiare almeno per l'avviamento. Grazie”
Consulenza legale i 05/10/2022
L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale è prevista dall’art. 34 della l. equo canone con riferimento ai contratti di locazione di cui all’art. 27 della medesima legge.
Va premesso, peraltro, che, nel nostro caso (in cui l’immobile è adibito a bar/ristorante), non si applicano le esclusioni previste dall’art. 35 della l. equo canone, ai sensi del quale il diritto all’indennità in questione non sussiste se il contratto di locazione ha per oggetto “immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici”.
Tornando all’art. 34, esso stabilisce che l’indennità per la perdita dell’avviamento è pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto (21 per le attività alberghiere); essa spetta al conduttore se la cessazione del rapporto di locazione non è dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dalla legge fallimentare. In altri termini, il diritto all’indennità presuppone che a recedere sia stato il locatore (si veda Tribunale Reggio Calabria, Sez. II, 26/02/2020, n. 270: “ai fini dell'attribuzione dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale [...] è sufficiente l'anticipata cessazione del rapporto a causa del recesso del locatore, non richiedendo la norma ulteriori condizioni e, quindi, restando irrilevante sia la circostanza che il conduttore estromesso abbia cessato ogni attività prima o dopo il rilascio dell'immobile, sia la carenza di prova di un effettivo danno o dell'esistenza in concreto dell'avviamento, sia, infine, la mancanza di un provvedimento giudiziale che disponga il rilascio”).
Sempre in materia di spettanza dell’indennità in questione, Tribunale Crotone, sentenza 30/05/2022, n. 486 ha precisato che presupposto per il suo riconoscimento “è l'esercizio da parte del conduttore di un'attività industriale, artigianale o commerciale. Detta indennità, inoltre, non costituisce un risarcimento del danno per inadempimento contrattuale, ma ha natura giuridica diversa e costituisce un indennizzo per il disagio dovuto dal trasferimento della propria attività commerciale, mirando ad evitare al conduttore di immobile commerciale le difficoltà connesse all'individuazione di altri locali ove proseguire lo svolgimento della propria attività e quelle legate alla necessità di reperire nuova clientela. Non costituisce, quindi, un risarcimento dei danni per inadempimento ed è dovuta solo se la cessazione del rapporto di locazione non sia stata conseguenza del recesso del conduttore, ma della volontà del locatore di ottenere la cessazione del rapporto”.
Sempre l’art. 34 della L. n. 392/1978 prevede che il conduttore ha diritto a un'ulteriore indennità (di importo corrispondente a quelle rispettivamente previste dal primo comma), qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente, ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.
Inoltre, viene stabilito che, nel caso in cui il locatore agisca per il rilascio dell’immobile, l'esecuzione del relativo provvedimento sia subordinata all'avvenuta corresponsione dell'indennità di cui al primo comma.
Nella fattispecie oggetto del quesito sembrano sussistere tutte le condizioni previste per il diritto all’indennità: l’immobile, infatti, è utilizzato per l’esercizio di una delle attività contemplate dagli artt. 34 e 35 della L. 392/1978 e il conduttore ha ricevuto la disdetta da parte del locatore.

M. A. chiede
sabato 30/07/2022 - Lombardia
“Nel 2018 ho rilevato dal conduttore, con pagamento di buonuscita, il contratto di locazione di un negozio commerciale, con benestare scritto del locatore.
La scadenza del contratto rilevato sarebbe di aprile 2023.
Il locatore, per tempo, mi ha inviato la disdetta del contratto per rifarlo a nome mio e forse per aumentare il canone, ma potrebbe anche lasciarlo invariato o addirittura ridurlo.
Dato che dal 2018 a oggi il locale ha lavorato in perdita, non intendo proseguire la locazione allo scadere del contratto, e rifiutare qualsiasi proposta del locatore anche se conveniente.
Infatti non ho più effettuato ordini stagionali dai fornitori e abbiamo deciso di vendere casa e cambiare città per ricominciare da un'altra parte.
La domanda è, considerando la situazione complessiva, ho diritto a richiedere e ottenere l’indennità di avviamento ?
Se il locatore si rifiuta di riconoscerla adducendo il fatto che vuole cambiare solo l’intestazione del contratto ma non gli importi, avrebbe ragione ?
Per ultimo cosa posso fare se legalmente fosse dovuta ma non versata ?”
Consulenza legale i 04/08/2022
L’ art. 34 della L. 392/1978 dispone che quando la cessazione del rapporto locatizio avente ad oggetto un immobile ad uso commerciale sia dovuta per iniziativa unilaterale del proprietario dell’immobile locato, quest’ ultimo deve riconoscere al conduttore una indennità pari a 18 mensilità, che diventano 21 se l’attività ha natura alberghiera. In altre parole, l’indennità e dovuta sempre quando il mancato proseguimento del rapporto locatizio deriva dalla iniziativa del proprietario, anche nel caso in cui esso la eserciti nel rispetto ed entro i limiti di legge.

La ratio della norma è da un lato quella di voler favorire il radicamento dell’attività commerciale nel locale in cui essa viene esercitata, e dall’altra quello di ristorare l’imprenditore conduttore dei locali dall’avviamento commerciale perduto. Il legislatore, quindi, ha voluto facilitare il conduttore che subisce un pregiudizio per lo spostamento in altro luogo dell’attività (per volontà del locatore che non ha voluto rinnovare il contratto) che (anche solo virtualmente) ha determinato il venir meno della clientela abituale.

La giurisprudenza con orientamento si può dire costante ha chiarito che "l'indennità…anche in considerazione della funzione di strumento calmieratore del mercato locatizio da essa svolta, non è subordinata alla perdita in concreto dell'avviamento o alla prova dell'effettivo danno che il conduttore abbia subito in conseguenza del rilascio” (Cass.Civ.,Sez.III, n.12895 del 09.06.2014 che richiama Cass.Civ.n.14461/2005).

Posto che nel caso specifico, per quanto ci è dato capire, l’iniziativa di far venir meno il vincolo contrattuale è partita dal proprietario dei muri e non dal conduttore dei locali, l’indennità parrebbe comunque dovuta al di là del fatto che allo stato attuale l’esercizio sarebbe in perdita e prossimo alla chiusura, la quale, comunque, ancora non si è concretizzata.

Se il proprietario si rifiutasse di corrispondere la dovuta indennità, l’unica strada sarebbe quella di instaurare nei suoi confronti un contenzioso innanzi alla autorità giudiziaria, fermo restando che l’art. 34 della L. 392/1978 prevede la possibilità che, fermo restando l’obbligo di corrispondere il canone di locazione, il conduttore possa continuare ad occupare i locali fino a quando l’indennità non venga concretamente corrisposta.
È prevedibile tuttavia che in un ipotetico contenzioso il proprietario possa eccepire a difesa il fatto che l’attività sia prossima alla chiusura e alla definitiva liquidazione, argomentazione che comunque parrebbe essere superabile alla luce della citata giurisprudenza.

Il discorso sarebbe radicalmente diverso, invece, se il conduttore avesse già comunicato al proprietario la sua volontà di non proseguire nel contratto di locazione: in questo caso, nessuna indennità sarebbe a lui riconosciuta proprio perché il venir meno del vincolo contrattuale trova la sua origine da una iniziativa unilaterale del conduttore.


A. M. chiede
sabato 16/07/2022 - Sicilia
“Se alla fine della locazione di un immobile ad uso commerciale(6+6), io locatore chiedo al conduttore di prorogare il contratto con un piccolo aumento del canone e lui non accetta la proposta, sarei tenuto a corrispondere le 18 mensilità?
Se prima della scadenza del contratto (almeno 12 mesi prima) non comunico la disdetta, il contratto si rinnova tacitamente? In questo caso il conduttore è obbligato a manifestare la volontà di prosecuzione? ed in caso di diniego alla rinnovazione sono tenuto a corrispondere le 18 mensilità. Grazie”
Consulenza legale i 19/07/2022
L’art. 34 della L. n.392 del 27.07.1978 dispone che quando la cessazione del rapporto locatizio avente ad oggetto un immobile ad uso commerciale è dovuta alla iniziativa unilaterale del proprietario dell’immobile locato, quest’ ultimo deve riconoscere al conduttore una indennità pari a 18 mensilità, che diventano 21 se l’attività ha natura alberghiera. In altre parole, l’indennità e dovuta quando il mancato proseguimento del rapporto locatizio deriva dalla iniziativa del proprietario, anche nel caso in cui esso la eserciti nel rispetto ed entro i limiti previsti dalla legge.

Il motivo della norma è, da un lato, quello di voler favorire il radicamento della attività commerciale nel locale in cui essa viene esercitata, e dall’altra quello di ristorare l’imprenditore conduttore dei locali dall’avviamento commerciale perduto.

La Cass. Civ. n. 22976 del 10.11.2016 ha precisato, inoltre, che l’indennità è dovuta anche nel caso in cui il rapporto locatizio non è proseguito in quanto l’imprenditore e conduttore dei locali non ha accettato l’aumento dell’importo del canone mensile e della somma data in cauzione proposto dal proprietario dei locali.

Si presti attenzione però, in quanto l’indennità non è dovuta nel caso in cui l’attività esercitata nei locali affittati non è a diretto contatto con il pubblico, ma sotto questo aspetto non vengono offerti sufficienti spunti per una riflessione più approfondita.

L’art. 28 della L. n.392/1978 prevede che decorso il periodo di 6 anni (9, se l’attività è alberghiera) il contratto si rinnova automaticamente e tacitamente di ulteriori 6 anni (o 9, se l’attività è alberghiera), a meno che il proprietario manifesti la sua volontà di disdetta per mezzo di lettera raccomandata inviata al conduttore almeno 12 mesi prima della scadenza. Nel caso in cui, quindi, non sia stata inviata regolare lettera di disdetta nei termini di legge il contratto di locazione in essere deve considerarsi rinnovato senza che sia necessario che il conduttore ribadisca la sua volontà di rimanere nei locali.


C. D. B. chiede
domenica 19/12/2021 - Veneto
“buongiorno
in base all'art. 34 dell'equo canone vorrei sapere se a fine contratto commerciale, un bar per precisione, mando una lettera di volontà di rinnovo ad un canone superiore al contratto precedente e il conduttore rifuta questo nuovo canone e quindi il contratto di fatto termina naturalmente per rifiuto del conduttore a rinnovarlo a nuove condizioni, devo pagare l'indennità di peedita dell'avviamento?
E se il contratto invece viene rinnovato trovando un accordo fra le parti sono sempre tenuto a riconoscere questa indennità?
grazie”
Consulenza legale i 22/12/2021
Per rispondere alla prima domanda contenuta nel quesito facciamo riferimento alla interpretazione giurisprudenziale dell’art. 34 della L.392/1978.

In particolare, riportiamo la massima della pronuncia numero 22976/2016 della Corte di Cassazione secondo cui: “deve ritenersi che quando il conduttore si limiti a non opporsi ad una iniziativa risolutiva del locatore (ancorchè infondata) o non aderisca alle nuove condizioni economiche cui il locatore condiziona la prosecuzione del rapporto non ricorra un'ipotesi di disdetta o recesso del conduttore ai sensi del cit. art. 34, che - per essere tale - deve prescindere da qualunque preventiva iniziativa del locatore volta a far cessare il rapporto o a subordinarne la prosecuzione al mutamento delle condizioni economiche.”
Infatti, osserva sempre la Corte, “la mancata accettazione del nuovo canone proposto dal locatore non integra ipotesi di recesso da parte del conduttore, dal momento che la genesi della cessazione del rapporto si identifica pur sempre nella condotta del locatore “.

E' bene ricordare che l’indennità per la perdita di avviamento commerciale ha l'obiettivo di favorire il radicamento dell'attività produttiva del conduttore nel luogo ove si è avviata, quale utile deterrente alla cessazione dei rapporti di locazione commerciale. Con questo strumento il legislatore ha voluto garantire la conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese il cui avviamento sia fortemente collegato all’ubicazione dell’immobile, in tal modo disincentivando le richieste di cessazione della locazione da parte del locatore e allo stesso tempo rendendo più facile, grazie al pagamento dell’indennità, la ripresa in altro luogo dell’attività, nel caso in cui si addivenga al rilascio.

Alla luce di quanto precede in risposta alla prima domanda contenuta nel quesito possiamo dunque affermare che l’indennità nel caso prospettato è dovuta.

In risposta invece alla seconda domanda, laddove il contratto venga comunque rinnovato a seguito di accordo tra le parti, l’indennità di avviamento non è dovuta, in quanto l’art. 34 fa espressamente riferimento alla cessazione del rapporto di locazione.

Elisa G. chiede
lunedì 05/07/2021 - Veneto
“Buongiorno, sono a chiedere consulenza in merito ad un contratto di sub affitto (usufruisco di una parte del negozio debitamente suddiviso da muro e doppia entrata).
Contratto costituito in data 01.2.2020, con tacito rinnovo di un anno comunque fino alla scadenza del contratto principale al 31.12.2022.
Ora il subconduttore mi avvisa che mi manderà disdetta del contatto di sub affitto al 31.12.2021 o al 31.01.2022, non è ancora chiaro e la cosa mi sta procurando non pochi problemi in quanto essendo un negozio di abbigliamento questo è il periodo per gli ordini primavera 2022.
In questo caso ho diritto a chiedere l'indennità di avviamento? Quali sono poi i termini perché io liberi il locale assodata la disdetta, potrei liberarlo anche prima senza conseguenze? Potrei nel momento che ricevo la disdetta liberare il locale ad ottobre e chiedere comunque l'indennità ?
Inattesa di un vs. cortese riscontro.
Cordiali saluti

Consulenza legale i 09/07/2021
La normativa principale di riferimento è contenuta nell’art. 34 della legge 392/78 il quale prevede che: "in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell'articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità".
La norma, quindi, non prevede alcuna esclusione in caso di sublocazione.
Del resto, secondo la giurisprudenza ormai prevalente, tra cui già la risalente sentenza di Cassazione n. 19310/2005,"il subconduttore ha il diritto di conseguire il pagamento della indennità dal conduttore-sublocatore".
Nella presente vicenda, si tratta di locazione ad uso diverso dall’abitativo e di attività svolta a contatto diretto con il pubblico, dunque vi sono i presupposti previsti dalla legge sull’equo canone.
Inoltre, la disdetta verrebbe inviata dal sublocatore: non vi sono pertanto le esclusioni del diritto all’indennità di avviamento previste dal sopra citato art. 34.

Quindi, in risposta alla prima domanda contenuta nel quesito, confermiamo che sussiste il diritto a chiedere l’indennità.

Per quanto riguarda invece il termine entro cui liberare il locale a seguito della disdetta inviata dal sublocatore, la norma nulla dice.
Tuttavia, basandoci sull’interpretazione giurisprudenziale e tenendo presente la ratio della norma, riteniamo che il rilascio a seguito della disdetta ma prima della decorrenza dei sei mesi non sia ostativo al diritto dell’indennità di avviamento.
Infatti, già nella sentenza n.12895/2014, la Corte di Cassazione aveva evidenziato che: "l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, prevista dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, è dovuta al conduttore uscente a prescindere da qualsiasi accertamento circa la relativa perdita ed il danno che il conduttore stesso abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio, con la conseguenza che essa spetta anche se egli continui ad esercitare la medesima attività in altro locale dello stesso immobile o in diverso immobile situato nelle vicinanze".
Dunque, l’indennità è dovuta a prescindere che il conduttore abbia subito o meno un concreto danno.
Inoltre, come aveva osservato la Suprema Corte con la sentenza n.18346/2016 “è principio di diritto secondo il quale l'indennità di avviamento commerciale spetta a chi, al momento della scadenza locativa, sia nel concreto ed effettivo godimento del bene come conduttore, esercitando nello stesso quella attività commerciale al contatto con il pubblico che legittima il sorgere del credito indennitario.”
E ancora: “quando il conduttore si limiti a non opporsi ad una iniziativa risolutiva del locatore, ancorché infondata o non aderisca alle nuove condizioni economiche cui il locatore condiziona la prosecuzione del rapporto, non ricorre un’ipotesi di disdetta o recesso del conduttore ai sensi del cit. art. 34, che, per essere tale, deve prescindere da qualunque preventiva iniziativa del locatore volta a far cessare il rapporto o a subordinarne la prosecuzione al mutamento delle condizioni economiche” (Cass. 22976/2016).

In risposta dunque alla seconda domanda contenuta nel quesito possiamo affermare che la liberazione dell’immobile prima della scadenza purché successiva alla ricezione della formale disdetta da parte del sublocatore (e purché la disdetta non sia stata causata da un inadempimento del subconduttore) non determina la perdita del diritto all’indennità di avviamento.

Pietro B. chiede
mercoledì 23/01/2019 - Lombardia
“Debbo affittare due immobili in provincia di Bologna il primo ad uso ufficio ad una commercialista che normalmente esegue come attività principale dichiarazione dei redditi ecc. e quindi riceve persone nell'ufficio: il secondo è un rinnovo contrattuale come pizzeria con produzione pizza da asporto. Il quesito che vi sottopongo è quello di sapere se alla fine dei due rapporti contrattuali debbo corrispondere ai conduttori le 18 mensilità : hanno realmente diritto ? posso con una clausola contrattuale metter in chiaro questo aspetto nel caso in cui a vostro parere non abbiano diritto alcuno onde evitare contenziosi spiacevoli .
Se la risposta è per voi nota e semplice e potete inviarla prima dei 5 giorni vi sarei grato”
Consulenza legale i 28/01/2019
La disciplina sulle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo (legge n. 392/1978) si occupa, agli articoli 34 e 35, dell’indennità di avviamento.

Si tratta di un emolumento che il legislatore riconosce a favore del conduttore per tutelarlo da possibili azioni scorrette del locatore: in particolare può accadere, ad esempio, che il locatore decida di non rinnovare il contratto al fine di subentrare indebitamente nell'attività posta in essere dal conduttore, riprendendo in mano una gestione commerciale già avviata e consolidata.
Se il locatore, dunque, intende interrompere o non rinnovare il contratto di locazione, il conduttore viene “indennizzato” attraverso la corresponsione dell’indennità di avviamento, ovvero una somma pari a 18 mensilità (o 21, a seconda del tipo di attività svolta nell’immobile); i predetti importi si raddoppiano, poi, se il locatore, entro un anno dalla disdetta, inizia un'attività simile o identica a quella prima esercitata dal conduttore.

Esistono tuttavia dei casi in cui la corresponsione dell’indennità di avviamento è esclusa.
Li elenca l’art. 35 della norma in commento, per il quale sono esclusi gli immobili adibiti ad attività che non comportano il contatto con il pubblico, immobili destinati all'esercizio di attività professionali, attività a carattere transitorio, edifici interni e complementari alle stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali e autostradali, alberghi e villaggi turistici.

Tornando al quesito, siamo di fronte a due tipi di attività: una è professionale (elemento che, logicamente, prevale nelle intenzioni del legislatore su quello del contatto diretto con il pubblico: l’attività professionale, in effetti, quasi sempre prevede il contatto con il pubblico) e l’altra, invece, è una tipica attività commerciale a contatto con il pubblico (pizzeria).

Ora, mentre in quest’ultimo caso è pacifico che l’indennità di avviamento sia dovuta, nel caso della commercialista, invece, è d’obbligo il condizionale.

Ciò perché, in realtà, tutto dipende da come la professionista esercita la sua attività.
La giurisprudenza, infatti, ha precisato che un’attività non assume la caratteristica di “professionale” solo perché svolta da un professionista: “Anche il professionista intellettuale assume la qualità di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell'ambito di un'attività organizzata in forma d'impresa (…)”; quando l’attività del professionista, insomma, non è più circoscritta alle prestazioni d'opera intellettuale, ma svolge un’azione di ”organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori produttivi, che si affianca all'attività tecnica ai fini della produzione del servizio” allora si può parlare di attività commerciale, che determina il diritto all’avviamento (Cass. civ. Sez. III Sent., 22/12/2011, n. 28312).

Ancora: “Per stabilire se l'attività svolta nell'immobile locato abbia natura imprenditoriale o professionale, occorre avere riguardo non alla qualifica (professionale o meno) delle persone che vi lavorano, ma alla prevalenza, nell'ambito delle attività ivi esercitate, dell'elemento imprenditoriale o di quello professionale, sicché anche l'attività del professionista può assumere natura commerciale quando l'organizzazione in forma di impresa sia assorbente rispetto a quella professionale” (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza, 24/05/2017, n. 13091).

Pertanto e concludendo, tutto dipende – nel caso in esame - se la commercialista svolge le proprie prestazioni sostanzialmente in autonomia e senza importanti strutture oppure se siamo di fronte ad un vero e proprio studio professionale, che si avvale di mezzi e strumenti di un certo tipo e soprattutto di dipendenti e collaboratori dalla professionista coordinati e diretti.

Dai pochi dati che il quesito offre parrebbe si versi nella prima e più semplice ipotesi, ipotesi che esclude l’avviamento.
Purtroppo non si può comunque escluderlo con una clausola contrattuale: non è consentito, infatti derogare alla disciplina di legge neppure consensualmente ed una clausola come quella ipotizzata sarebbe nulla.


Andrea G. chiede
giovedì 21/12/2017 - Toscana
“Detengo un capannone cedutomi in sub-locazione commerciale nel marzo 2016, dove svolgo un'attività a contatto diretto con il pubblico.

Lo scorso ottobre il mio sub-locatore, con una prima PEC, comunicava al proprietario locatore di recedere dal contratto di locazione, mettendomi in copia per conoscenza.
Quindi, con una successiva seconda PEC in pari data, mi comunicava direttamente di restituire il locale, mettendo ora in copia per conoscenza il proprietario locatore.

Preciso che nel contratto di sub-locazione commerciale da me sottoscritto vi è stabilito che: “la durata della sublocazione è strettamente collegata al contratto di locazione, sia per quanto riguarda la scadenza contrattuale, sia per quanto riguarda una eventuale cessazione anticipata della locazione”.
Preciso anche che, mentre sono in buoni rapporti con il proprietario, non lo sono più con il mio sub-locatore.

Ho diritto all'indennità di avviamento? Se ne ho diritto, chi è obbligato a versarmela, il proprietario o il sublocatore?”
Consulenza legale i 29/12/2017
Il parere in esame verte sul tema della sublocazione commerciale.

Il detto rapporto di sublocazione viene risolto a seguito di intimazione del sublocatore di lasciare l’immobile locato.

Si chiede, pertanto, se si ha diritto a percepire l’indennità di avviamento e chi sia il soggetto tenuto a corrisponderla.

L’indennità di avviamento commerciale è disciplinata dagli artt. 34 e 35 della L. n. 392/1978.

L’art. 34 , al comma 1 dispone che, in caso di cassazione del rapporto per disdetta del locatore, il conduttore che ha utilizzato i locali per attività industriali, commerciali e artigianali o di interesse turistico, matura il diritto a conseguire un’indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto a condizione che lo svolgimento di dette attività comporti contatti diretti col pubblico degli utenti e dei consumatori.

Il diritto all’indennità di avviamento presuppone, pertanto, l’esistenza di un contratto di locazione ad uso diverso dall’abitativo che cessi per disdetta del locatore e non per inadempimento o recesso o altro fatto del conduttore.

Inoltre che l’attività svolta dal locatore comporti contatti diretti con il pubblico di utenti e consumatori.

La normativa vigente in materia permette, poi, all’inquilino commerciale (cioè al conduttore) di sublocare o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore.

L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale è liquidata a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.

Fatte queste doverose premesse, riteniamo che, nel caso in esame, Lei abbia diritto ad ottenere l’indennità di avviamento trattandosi, come viene riferito, di locazione ad uso diverso dall’abitativo e trattandosi di attività svolta a contatto diretto con il pubblico.

Il soggetto tenuto a corrispondere la detta indennità è il conduttore originario o sub locatore.

La Giurisprudenza ha affermato sul punto che : "qualora l’immobile sia oggetto di sublocazione, al sub conduttore spetta sì l’indennità, ma può far valere il relativo diritto solo nei confronti del conduttore che gli ha sublocato l’immobile" (Cassa. 3 ottobre 2005, n. 19310).

Nulla potrà invece essere fatto valere nei confronti del locatore originario.

La cessazione del rapporto di locazione è dipesa, infatti, dal recesso del conduttore originario e non da fatto del locatore.

Pertanto, essendo la sublocazione un contratto autonomo ( seppur dipendente, dal punto di vista temporale, dalla locazione), il sublocatore è tenuto a corrispondere la indennità al sub conduttore ma non può poi rivalersi nei confronti del locatore originario come invece avviene allorquando la locazione sia cessata per volontà del locatore.

Sarebbe opportuno in ogni caso leggere il contratto di locazione al fine di stabilire se le parti abbiano pattuito una clausola specifica in materia di indennità di avviamento.


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