Deve però preliminarmente chiarirsi, a questi riguardi, in che cosa consista l’obbligo di denuntiatio. Ebbene, l’art. 38 L. 292/1978 dispone che “nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario”. Il legislatore specifica, inoltre, che nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.
È proprio per consentire al conduttore di manifestare le proprie intenzioni di acquistare egli stesso l’immobile, infatti, che il locatore gli deve comunicare il desiderio concreto di vendere.
Tanto premesso, ci si può quindi chiedere che accade nel caso in cui tale obbligo non risulti adempiuto. Può essere configurabile un risarcimento? Con la recente pronuncia, la Suprema Corte ha fornito una elaborata risposta a tale interrogativo.
I giudici di legittimità, difatti, hanno:
- ricordato che l’obbligo di denuntiatio – come già affermato dalle richiamate Sez. Un. n. 5359/1989 - consiste in un obbligo legale di interpello, vincolato nella forma e nel contenuto, diretto a mettere il conduttore nella condizione di esercitare il diritto di prelazione, che si colloca “anteriormente alla vendita, la quale, se effettuata in favore di terzi senza essere preceduta dal detto interpello, segna, di quell'obbligo, il definitivo inadempimento”;
- evidenziato che la sanzione di tale inadempimento è, nel sistema della legge, solo il diritto di riscatto, da esercitare, ad iniziativa del conduttore, nelle forme e nei termini previsti dall' art. 39 L. 292/1978: in caso di vendita a terzi, quindi, al conduttore pretermesso non compete altresì un "rimedio attuativo" dell'obbligo di preferire che, in difetto della denuntiatio, gli consenta un trasferimento diretto;
- precisato altresì che, l'inadempimento del locatore all'obbligo legale della denuntiatio e poi il silenzio “non possano, di regola, considerarsi fonte di alcun obbligo risarcitorio nei confronti del conduttore il cui (eventuale) interesse all'acquisto, con diritto di prelazione, dell'immobile locato rimanga inattuato”: tanto la Corte afferma in ragione del fatto che il meccanismo di attuazione di tale interesse, rimesso esclusivamente all'iniziativa ed alla diligenza dello stesso conduttore, è ritenuto di per sé pienamente idoneo e sufficiente a tal fine, sicchè l'inattuazione di quell'interesse deve di regola ritenersi causalmente imputabile allo stesso conduttore, inerte o negligente nell'attivare le iniziative a sua tutela.
Per tali ragioni, il Collegio – in ossequio al pacifico orientamento giurisprudenziale sul punto – ritiene che la responsabilità risarcitoria del locatore/venditore possa configurarsi, a titolo extracontrattuale, solo a condizione che il conduttore, decaduto dal diritto di esercitare il riscatto, ne dimostri la malafede. Deve essere perciò dimostrato che il locatore abbia mantenuto un comportamento “diverso e più articolato del semplice silenzio… in grado di infondere oggettivamente e univocamente nel conduttore il convincimento che quella vendita non sia stata operata e comunque a indurlo a non attivarsi per effettuare le opportune visure”.
In mancanza della dimostrazione di questo intento fraudolento, infatti, non sarebbe possibile riconoscere un nesso di causalità tra l'inadempimento dell'obbligo di denuntiatio ed il pregiudizio dell'interesse del conduttore all'acquisto dell'immobile.
Il caso di specie, in particolare, riguardava il riscatto di un immobile oggetto di locazione commerciale, a seguito della vendita dello stesso a terzi non preceduta da denuntiatio, esercitato dal conduttore che con una lettera aveva manifestato l’intenzione di acquistarlo. L’attore, in via subordinata, aveva pure chiesto la condanna del locatore al risarcimento dei danni.
Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato le istanze attoree e, successivamente, la Corte di appello aveva confermato tale decisione.
Il conduttore, pertanto, aveva proposto ricorso per Cassazione dolendosi – con esclusivo riferimento al tema della eventuale risarcibilità del danno, che qui interessa – della violazione degli articoli della 38 e 39 L. 292/1978 e 1175, 2043 e 2697 c.c. in relazione al confermato rigetto della subordinata domanda risarcitoria. La Corte, tuttavia, sulla scorta dei principi sopra esaminati, ha ritenuto la doglianza infondata e ha rigettato il ricorso.