Cass. civ. n. 4149/2019
In tema di espropriazione forzata, il divieto di acquisto previsto, a pena di nullità, dal combinato disposto del primo comma, n. 2, e del secondo comma dell'art. 1471 c.c. per il pubblico ufficiale relativamente ai beni venduti per suo ministero si applica ai soggetti che istituzionalmente concorrono o possono concorrere allo sviluppo della procedura esecutiva e, pertanto, tra gli altri, al giudice dell'esecuzione designato per la procedura e ai suoi sostituti istituzionali od occasionali – ossia ai magistrati appartenenti allo stesso ufficio che gli siano subentrati o possano subentrargli per uno o più atti della procedura stessa o per le azioni di cognizione ad essa collegate in forza di previsioni di legge o di tabella di organizzazione che chiaramente e univocamente li identifichino -, ma non si estende ai magistrati che, ancorché in servizio presso il tribunale che procede alla vendita, a meno di specifiche previsioni tabellari o di peculiari vicende in fatto, non siano stati, né potrebbero essere coinvolti o comunque interferire nel procedimento, così che la partecipazione all'asta da parte di questi ultimi, pur assumendo rilevanza ai fini della responsabilità disciplinare, non incide sulla validità dell'acquisto.
Cass. civ. n. 3518/1994
La norma di cui all'art. 579, terzo comma, c.p.c., mentre attribuisce solo ai procuratori legali, e non ad altri, la legittimazione a fare offerte per persona da nominare nella vendita all'incanto disposta dal giudice dell'esecuzione, non esclude che gli stessi procuratori possono fare offerte in proprio, comportando, nel primo caso, l'inottemperanza all'obbligo di dichiarazione di nomina non la nullità dell'aggiudicazione bensì la definitività di questa a norma del procuratore stesso a norma del secondo comma dell'art. 583 c.p.c.
Cass. civ. n. 2606/1985
In tema di vendita all'incanto di beni acquisiti al fallimento, il principio, secondo il quale le offerte, ivi incluse quelle in aumento del sesto, devono essere effettuate personalmente (artt. 579 e 584 c.p.c., applicabili in forza del richiamo dell'art. 105 della legge fallimentare), è rivolto a consentire all'ufficio la possibilità di identificare il soggetto autore della dichiarazione. L'inosservanza di quel principio, pertanto, non spiega effetti invalidanti, quando la suddetta esigenza risulti ugualmente assicurata (nella specie, trattandosi di offerta consegnata direttamente al curatore, durante uno sciopero dei cancellieri, e poi depositato in cancelleria da un incaricato del curatore medesimo).
Cass. civ. n. 5526/1982
La norma del primo comma dell'art. 579 c.p.c., per la quale, nel sistema di vendita forzata all'incanto, soltanto il debitore esecutato non è ammesso a fare offerte, è di carattere eccezionale e pertanto, non è analogicamente applicabile ad altre ipotesi. In tale sistema, inoltre, poiché il prezzo di acquisto è determinato oggettivamente dalla gara, è privo di rilievo il contrasto (comunque non deducibile dall'esecutato) fra l'interesse del creditore pignorante e dei creditori intervenuti alla realizzazione del maggior prezzo e l'interesse degli offerenti all'acquisto al minor prezzo.
Cass. civ. n. 1814/1982
In tema di espropriazione immobiliare non è affetta da nullità perché contra legem, la convenzione stipulata prima dell'incanto con la quale le parti stabiliscono che una sola di esse concorra, a spese comuni, all'asta del bene espropriato, con l'impegno di trasferire all'altra parte, in caso di aggiudicazione, la metà di detto bene, in quanto la legge, come non vieta che ad un incanto concorrano congiuntamente due o più soggetti, in vista di un comune interesse all'acquisto, così non vieta che uno od alcuni di costoro diano mandato ad uno dei cointeressati di partecipare all'asta anche in loro nome o nel loro interesse.
Cass. civ. n. 605/1982
In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione dell'art. 579 c.p.c. denegativa per il debitore esecutato dalla legittimazione di fare offerte all'incanto — che non integra un divieto dell'acquisto da parte del debitore — costituendo norma eccezionale rispetto alla regola stabilita dallo stesso art. 579 per la quale la legittimazione all'offerta compete ad «ognuno», non può trovare applicazione analogica per altre ipotesi od a altri soggetti non considerati in detta norma, neppure con riguardo al coniuge del debitore — ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni previsto dagli artt. 177 e ss. c.c. — sicché questi rientrando nell'ampia e onnicomprensiva categoria delineata dal richiamato art. 579 c.p.c., è ammesso a fare offerte per l'incanto ed offerta di aumento del sesto dopo la aggiudicazione, senza che rilevi il fatto che, per volontà della legge, l'effetto traslativo del bene — operato direttamente soltanto in capo a lui quale offerente aggiudicatario — si ripercuota per la metà nel patrimonio del debitore esecutato.
Cass. civ. n. 2910/1980
A norma dell'art. 579 c.p.c. le offerte all'incanto debbono essere effettuate personalmente o per mezzo di mandatario munito di procura speciale, ricomprendendosi nella prima ipotesi ogni caso in cui la partecipazione dell'offerente è riconducibile ad una sua personale attività. Conseguentemente per le persone giuridiche tale collegamento è desumibile dalla normativa che ne regola il funzionamento e con riguardo alle società dalla preposizione institoria.
Cass. civ. n. 4407/1979
L'art. 579 c.p.c. vieta, con una disposizione di stretta interpretazione, la partecipazione all'asta pubblica del solo debitore esecutato; pertanto, la partecipazione alla predetta asta di un soggetto, nella qualità di persona interposta del coniuge del debitore esecutato, non integra violazione del predetto divieto ove manchi la prova che all'accordo interpositorio — se fittizio — abbia partecipato anche il debitore, ovvero — se reale — sia correlato un mandato, di quest'ultimo al coniuge, per l'acquisto del bene, oggetto dell'esecuzione.