Corte cost. n. 151/2018
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal TAR Basilicata in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 41 Cost. - dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 19 del 2016, che ha modificato l'art. 47 della legge reg. Basilicata n. 5 del 2016, prevedendo la sospensione dei provvedimenti di rilascio di nuove autorizzazioni sul territorio regionale per la realizzazione di impianti privati di smaltimento e/o recupero di rifiuti nelle more dell'aggiornamento del piano regionale di gestione, già adottato dalla Giunta regionale, e comunque entro il 31 dicembre 2016. La disposizione censurata - che presenta il contenuto tipico di una "misura di salvaguardia", e pertanto non è in contrasto con la legislazione nazionale, che invece integra mediante l'adozione di una misura di carattere eccezionale e temporaneo, coessenziale alla propria natura cautelare - è esercizio del potere attribuito alle Regioni dal codice dell'ambiente (artt. 199 e 200 del D.Lgs. n. 152 del 2006), che persegue finalità attinenti a competenze regionali, destinate ad intersecarsi con profili di tutela ambientale, la quale dà luogo a una competenza trasversale, che può incidere su materie diverse, che possono essere regionali e concorrenti. La sospensione dei termini procedimentali - limitata, ragionevolmente, al massimo al 31 dicembre 2016, e finalizzata a mantenere lo status quo ante nelle more del suddetto aggiornamento - non comporta, di per sé, una deroga in pejus dei livelli di tutela uniforme stabiliti con legge statale, essendo ispirata a impedire che durante tale adeguamento siano adottati provvedimenti che - quantunque formalmente rispettosi delle regole sul procedimento autorizzativo - possano arrecare un pregiudizio all'integrità ambientale, rivista all'esito di tale adeguamento. La limitazione arrecata all'iniziativa economica privata risponde inoltre ai requisiti di temporaneità e congruità della misura. Per un verso, quanto all'individuazione dell'utilità sociale, è pacifico che nel relativo ambito vada ricompresa la tutela dell'ambiente; per altro verso, la circostanza della determinazione dei termini entro i quali l'amministrazione regionale ha l'obbligo di concludere tanto il procedimento autorizzativo quanto quello di aggiornamento del piano di gestione fornisce una protezione adeguata alla libertà in questione, nei cui confronti introduce un limite non irragionevole. Per costante giurisprudenza costituzionale la disciplina dei rifiuti - e dunque le scelte inerenti alle politiche da perseguire e gli strumenti da utilizzare in concreto - attiene alla materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", riservata, in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato. Tuttavia non è possibile identificare una "materia" in senso tecnico qualificabile come "tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. Secondo la giurisprudenza costituzionale, spettano alla competenza esclusiva dello Stato le determinazioni che rispondono a esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, e che fungono da limite invalicabile per quegli interventi normativi interferenti che le Regioni e le Province autonome dettano in materie di loro competenza, ammissibili alla condizione che siano garantiti i livelli di tutela dell'ambiente previsti dalla legislazione statale. Nel disciplinare la localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, pur nel rispetto dei criteri tecnici fondamentali stabiliti dagli organi statali che rappresentano soglie inderogabili di protezione ambientale, le Regioni esercitano una competenza legislativa loro propria, nella materia "governo del territorio". Secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, non è configurabile una lesione della libertà d'iniziativa economica privata allorché l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilità sociale, come sancito dall'art. 41, comma secondo, Cost., purché l'individuazione di quest'ultima non appaia arbitraria e gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue.
Corte cost. n. 150/2018
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 L. reg. Calabria 19 febbraio 2016 n. 8, nella parte in cui prevede che, nelle more dell'approvazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti, di cui all'art. 199 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, restino sospesi per la durata di un anno i procedimenti volti al rilascio di autorizzazioni al deposito di rifiuti ed i subprocedimenti di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e di autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) ad essi connessi, in riferimento all'art. 117, 2° comma, lett. s), Cost. È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal T.A.R. Calabria in riferimento all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. - dell'art. 1 della legge reg. Calabria n. 8 del 2016, che prevede la sospensione, per il termine massimo di un anno, dei procedimenti autorizzativi (e dei subprocedimenti) riferiti alla VIA e all'AlA relativi a nuovi impianti di smaltimento o trattamento dei rifiuti, nelle more dell'approvazione del nuovo piano regionale di gestione. La disposizione censurata - che presenta il contenuto tipico di una "misura di salvaguardia", introducendo una misura di carattere eccezionale e temporaneo, coessenziale alla propria natura cautelare - è esercizio del potere attribuito alle Regioni dal codice dell'ambiente (artt. 199 e 200 del D.Lgs. n. 152 del 2006), e si collega alla distribuzione nel territorio degli impianti di trattamento dei rifiuti, nella prospettiva dell'imminente approvazione del nuovo piano, e pertanto nella sospensione non è ravvisabile una deroga in pejus dei termini massimi stabiliti per la durata dei procedimenti autorizzativi. Perseguendo finalità di cura del territorio in relazione alle esigenze di contrasto all'emergenza dei rifiuti, la norma impugnata risponde ad interessi funzionalmente collegati con la tutela ambientale, essendo la sospensione - dalla durata ragionevole - unicamente finalizzata a mantenere la situazione esistente, impedendo che prima dell'adozione del nuovo piano, necessariamente ispirato a criteri che preservano l'integrità dell'ambiente, siano adottati provvedimenti che possano invece nuocervi. La tutela dell'ambiente così perseguita non solo è immune da effetti peggiorativi, ma appare al contrario rafforzata. Per costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina dei rifiuti attiene alla materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", riservata, in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato; tuttavia, non è possibile identificare una "materia" in senso tecnico qualificabile come "tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, investendo e intrecciandosi inestricabilmente con altri interessi e competenze, le quali ben possono essere regionali o concorrenti, spettando alla competenza esclusiva dello Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, che costituisce un limite per gli interventi normativi delle Regioni e delle Province autonome. La localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, quantunque adottata in conformità ai criteri tecnici fondamentali stabiliti dagli organi statali, costituisce esercizio, da parte delle Regioni, di una competenza legislativa loro propria, sia pure concorrente con quella statale, attenendo al "governo del territorio".
Corte cost. n. 277/2016
È dichiarata cessata la materia del contendere relativamente alle questioni di legittimità costituzionale - promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 3, 5, 51, 117, commi secondo, lett. e), p) ed s), e terzo, e 118, secondo comma, Cost. nonché agli artt. 14, 15 e 17 dello statuto della Regione siciliana, in relazione all'art. 1, commi 7, 8, 9, 19, 20, 24, 25, 51 e seguenti (in particolare, 55, 63 e 84) della legge n. 56 del 2014, all'art. 3-bis del D.L. n. 138 del 2011, come convertito dalla legge n. 148 del 2011, ed agli artt. 142, 147 e 200 del D.Lgs. n. 152 del 2006 - degli artt. 4, 5, 6, 8, 9, 10, 12, 13, 15, 16, 17, 20, 27 (comma 1, n. 3, lett. e) e 33 (comma 1, n. 2, lett. a), della legge della Regione siciliana 4 agosto 2015, n. 15, disciplinanti il funzionamento e l'articolazione organica dei liberi consorzi comunali e delle Città metropolitane. Le sopravvenute leggi reg. Sicilia n. 28 del 2015, n. 5 del 2016, n. 8 del 2016, n. 15 del 2016 e n. 23 del 2016 - e segnatamente la seconda - hanno novellato profondamente la legge regionale n. 15 del 2015, apportando modifiche e abrogazioni satisfattive delle ragioni di censura formulate dal ricorrente. La mancata applicazione medio tempore delle disposizioni impugnate si desume dal fatto che il lasso temporale (7 agosto 2015 - 8 aprile 2016) intercorso tra le date di entrata in vigore della legge reg. Sicilia n. 15 del 2015 e della legge regionale n. 5 del 2016 è sufficientemente contenuto e tale da escludere che l'articolata architettura istituzionale disegnata dalla prima possa avere avuto attuazione (tanto più dovendo quest'ultima coinvolgere complessivamente gli enti e gli organi implicati, con modificazione di statuti e apposite discipline nonché svolgimento di elezioni). Dirimente in tal senso è che le elezioni del Presidente e del Consiglio del libero consorzio comunale e quella del Consiglio metropolitano siano state fissate dalla successiva legge regionale n. 23 del 2016 "in una domenica compresa tra il 1° dicembre 2016 ed il 26 febbraio 2017", e ciò proprio come "prima applicazione" della legge regionale impugnata.
C. Conti n. 457/2013
La gestione del ciclo dei rifiuti (raccolta/trasporto/spazzamento/smaltimento) è un servizio pubblico locale; i modelli astrattamente esperibili per detta gestione sono a tutt'oggi quelli vigenti per i servizi di rilievo economico, e quindi: gestione in economia; affidamento con gara ex art. 30, D.Lgs. n. 163 del 2006; affidamento a società mista con socio appaltatore; affidamento a soggetto interamente pubblico in house, senza più alcun termine finale e senza limite di valore contrattuale, purché la società disponga dei seguenti requisiti: capitale totalmente pubblico, esercizio del controllo analogo sulla società da parte degli enti soci come avviene su un proprio ufficio, più parte dell'attività svolta in relazione al territorio dei Comuni soci. L'art. 200, D.Lgs. n. 152 del 2006, con specifico riferimento alla materia in epigrafe, ha peraltro introdotto la possibilità di gestione per ambiti territoriali nel ciclo dei rifiuti. Occorre inoltre rammentare che il D.L. 95 del 2012, art. 19, comma 1, prevede, nell'individuare le funzioni fondamentali dei comuni, alla lett. f), proprio l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta/avvio/smaltimento/recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi.
Corte cost. n. 158/2012
È incostituzionale l'art. 26, 2° comma, L.R. 11 luglio 2011, n. 10, Piemonte, nella parte in cui prevede il potere della giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, di consentire ai comuni montani ed ai comuni ad alta marginalità con popolazione inferiore ai 1.500 abitanti una deroga al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, secondo criteri e modalità da essa stabiliti.
Corte cost. n. 373/2010
È costituzionalmente illegittimo l'art. 3, comma 1, lett. f), secondo periodo, della L.R. 31 dicembre 2009, n. 36 della Regione Puglia, il quale stabilisce che "in particolare, la Regione regolamenta gli ambiti di attività soggetti alla previa emanazione di disciplina statale nelle more della determinazione degli indirizzi nazionali, come nel caso dei criteri per l'assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani". La competenza in tema di tutela dell'ambiente, in cui rientra la disciplina dei rifiuti, appartiene in via esclusiva allo Stato, e non sono perciò ammesse iniziative delle Regioni di regolamentare nel proprio ambito territoriale la materia pur in assenza della relativa disciplina statale. Il legislatore regionale non poteva dunque disporre che l'esercizio delle funzioni pianificatone della Regione potesse prescindere dalla previa adozione degli indirizzi di carattere generale che la legge statale ritiene invece essenziali. È costituzionalmente illegittimo l'art. 6, comma 4, della L.R. 31 dicembre 2009, n. 36 della Regione Puglia, il quale stabilisce con riguardo al piano regionale per la gestione integrata dei rifiuti, che, "in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, e tenuto conto delle concessioni di costruzione e gestione degli impianti già affidate dal Commissario delegato per l'emergenza ambientale - Presidente della Regione Puglia - sulla base della normativa antecedente l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, le Autorità d'Ambito, in deroga alla unicità della gestione, possono prevedere affidamenti limitati al servizio di raccolta, trasporto e igiene urbana per una durata non superiore al restante periodo di validità della durata delle concessioni degli impianti affidate, e comunque per non oltre quindici anni. Alla scadenza di tale periodo di prima applicazione è poi effettuata la successiva gara assicurandosi la gestione unitaria del servizio integrato". La disposizione - nell'ammettere la deroga al principio della unicità della gestione integrata dei rifiuti - si pone in contrasto con l'art. 200, comma primo, lettera a), del D.Lgs. n. 152 del 2006, secondo cui la gestione dei rifiuti urbani è organizzata, fra l'altro, sulla base del criterio del superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti; in tal modo, la disposizione, concernendo la disciplina dei rifiuti interviene nella materia della tutela dell'ambiente, invade un ambito di competenza riservato in via esclusiva al legislatore statale in materia di tutela dell'ambiente. Va disattesa l'eccezione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lett. f), secondo periodo, e 6, comma 4, della L.R. 31 dicembre 2009, n. 36 della Regione Puglia sollevata per contenuto eterogeneo delle norme impugnate e l'assenza dei motivi per i quali ciascuna di esse avrebbe violato il parametro evocato. Contrariamente all'assunto della resistente, il ricorrente individua correttamente il parametro costituzionale invocato nell'art. 117 Cost., comma 2, lettera s), quale norma che determina il riparto di competenze fra Stato e Regione e sulla cui base occorre valutare la legittimità delle norme impugnate. È costituzionalmente illegittimo l'art. 6, comma 4 della legge Regione Puglia n. 36 del 2009 ("Norme per l'esercizio delle competenze in materia di gestione dei rifiuti in attuazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152") per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. La norma in parola stabilisce, in particolare, con riguardo al piano regionale per la gestione integrata dei rifiuti che, in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, e tenuto conto delle concessioni di costruzione e gestione degli impianti già affidate dal Commissario delegato per l'emergenza ambientale (in applicazione della normativa antecedente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006) le Autorità d'Ambito possono prevedere, in deroga all'unicità della gestione, affidamenti limitati al servizio di raccolta, trasporto e igiene urbana per una durata non superiore al restante periodo di validità della durata delle concessioni degli impianti affidate, e comunque per non oltre quindici anni (alla scadenza dei quali verrà effettuata la successiva gara assicurando, quindi, la gestione unitaria del servizio integrato). La deroga al principio della unicità della gestione integrata dei rifiuti risulta apertamente in contrasto con l'art. 200, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 152 del 2006 in forza del quale la gestione dei rifiuti urbani risponde, tra l'altro, al criterio di superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti, intervenendo nella materia di tutela ambientale ed invadendo un ambito di competenza riservato in via esclusiva al legislatore statale. L'art. 6, c. 4, della L.R. n. 36 del 2009, Puglia, dispone, con riguardo al piano regionale per la gestione integrata dei rifiuti, che, in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, e tenuto conto delle concessioni di costruzione e gestione degli impianti già affidate dal Commissario delegato per l'emergenza ambientale - Presidente della Regione Puglia - sulla base della normativa antecedente l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, le Autorità d'Ambito, in deroga alla unicità della gestione, possono prevedere affidamenti limitati al servizio di raccolta, trasporto e igiene urbana per una durata non superiore al restante periodo di validità della durata delle concessioni degli impianti affidate, e comunque per non oltre quindici anni. Alla scadenza di tale periodo di prima applicazione è poi effettuata la successiva gara assicurandosi la gestione unitaria del servizio integrato. La suddetta disposizione, infatti, nell'ammettere la deroga al principio della unicità della gestione integrata dei rifiuti, si pone in contrasto con l'art. 200, c. I, lett. a), del D.Lgs. n. 152 del 2006, secondo cui la gestione dei rifiuti urbani è organizzata, fra l'altro, sulla base del criterio del superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti. Poiché anche la disposizione in esame, concernendo la disciplina dei rifiuti interviene nella materia della tutela dell'ambiente, essa invade un ambito di competenza riservato in via esclusiva al legislatore statale.
C. giust. UE n. 387/2008
La direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, e la decisione della Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva del Consiglio 75/442/CEE relativa ai rifiuti e la decisione del Consiglio 94/904/CE, che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva del Consiglio 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi, non ostano alla commistione, da parte del produttore di rifiuti, di rifiuti riconducibili a codici diversi dell'elenco allegato alla decisione 2000/532 al momento del loro deposito temporaneo, prima della loro raccolta, nel luogo in cui sono prodotti. Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure che obbligano il produttore di rifiuti alla cernita e al deposito separato dei rifiuti al momento del loro deposito temporaneo, prima della loro raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, utilizzando a tal fine i codici di detto elenco, qualora ritengano che siffatte misure siano necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati dall'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442, quale modificata dal regolamento n. 1882/2003. Poiché la normativa nazionale riprende l'elenco dei rifiuti allegato alla decisione 2000/532, il codice 15 01 06, corrispondente agli «imballaggi in materiali misti», può essere utilizzato per identificare rifiuti costituiti da imballaggi di diverso materiale, tra loro raggruppati.
Corte cost. n. 277/2008
Il legislatore regionale non può utilizzare la potestà legislativa per paralizzare - nel periodo di vigenza della situazione di emergenza ambientale - gli effetti di provvedimenti di necessità ed urgenza, non impugnati, emanati in attuazione di disposizioni di legge espressive di principi fondamentali. Le previsioni contemplate negli articoli 5 della legge n. 225 del 1992 e 107 del D.Lgs. n. 112 del 1998 - le quali legittimano lo Stato ad adottare specifiche ordinanza di necessità ed urgenza per ovviare a situazioni di emergenza sono espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, che assume una valenza particolarmente pregnante quando sussistano ragioni di urgenza che giustifichino un intervento unitario da parte dello Stato. Detto intervento rinviene altresì, tenuto conto del campo d'intervento della legge regionale impugnata (l.r. Calabria n. 27/2007, con la quale la Regione ha disposto la sospensione temporanea dei lavori relativi al raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro, vanificando gli interventi posti in essere dal Commissario), un ulteriore titolo di legittimazione nella competenza legislativa in materia di tutela dell'ambiente, nel cui ambito si colloca il settore relativo alla gestione dei rifiuti.
Corte cost. n. 437/2007
È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 17, comma 2 L. reg. Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24, in relazione agli artt. 4 ed 11 della Cost., nella parte in cui pone in capo ai comuni una sanzione amministrativa pecuniaria per il mancato raggiungimento, a livello di Comune, degli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. La questione risultava sollevata sulla base di un presupposto interpretativo erroneo, in quanto i principi dettati dal capo primo della L. n. 689 del 1981 operano, ove non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria e pertanto anche per la fattispecie di illecito previsto dalla disposizione censurata, tanto più che il comma 3 dello stesso art. 17 L. reg. n. 24 del 2002, nell'attribuire alle province la competenza all'irrogazione delle sanzioni, espressamente richiama le norme e i principi di cui al capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Cass. pen. n. 16351/2005
È impiegabile quale combustibile da rifiuto per il recupero energetico in inceneritori ed impianti industriali, quali cementifici e centrali termoelettriche (cd. C.D.R.) non soltanto quello prodotto in regime di procedura semplificata, ma altresì quello per il quale si è seguita la procedura ordinaria, atteso che offre garanzie maggiori rispetto alla comunicazione da parte dell'interessato.
Cons. Stato n. 5333/2004
Un'impresa titolare di un'autorizzazione ministeriale per la costruzione e l'esercizio di un impianto industriale per la produzione di energia elettrica mediante l'uso di biomasse può avvalersi delle procedure semplificate ai fini del recupero di altre tipologie di rifiuti previsti dal D.M. 5 febbraio 1998, in quanto la normativa, sul presupposto dell'equiparazione all'attività industriale delle attività di recupero di rifiuti non pericolosi individuati dal citato decreto, evita duplicazioni di procedimenti autorizza tori secondo un meccanismo di silenzio-assenso, consentendone l'esercizio, se effettuato in conformità alle prescrizioni e condizioni stabilite dal predetto decreto ministeriale, a seguito di semplice comunicazione di inizio attività.
Cass. pen. n. 19578/2004
I pneumatici usati, in quanto rifiuti speciali non pericolosi, possono essere avviati al recupero attraverso procedure semplificate, che prevedono l'avvio delle operazioni decorso il termine di novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività. Il semplice accatastamento di detti rifiuti non equivale alla messa in riserva di rifiuti e pertanto non determina la violazione della disposizione indicata per l'inizio prematuro delle attività di recupero.
C. giust. UE n. 341/2004
L'art. 3, punto 1, della direttiva 94/62, sugli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, dev'essere interpretata nel senso che i sacchetti di plastica con manici consegnati, gratuitamente o a titolo oneroso, a un cliente in un negozio costituiscono imballaggi ai sensi della direttiva medesima. Infatti, essendo destinati ad essere riempiti con le merci acquistate dal cliente medesimo ed essendo concepiti in modo da facilitare il trasporto delle unità di vendita al fine di evitare la loro manipolazione fisica e i danni connessi al loro trasporto, tali sacchetti rispondono ai due requisiti previsti all'art. 3, punto 1, della direttiva. La loro esclusione dalla nozione di «imballaggio» si porrebbe, da un lato, in contrasto con un'interpretazione ampia di tale nozione di imballaggio e sarebbe, dall'altro, tale da limitare la realizzazione degli obiettivi della direttiva, che è volta a prevenire e a ridurre l'impatto degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sull'ambiente degli Stati membri e dei paesi terzi e a garantire, in tal modo, un elevato livello di protezione dell'ambiente.
C. giust. UE n. 444/2003
La nozione di "riciclaggio" ai sensi dell'art. 3, punto 7, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 dicembre 1994, 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio deve essere interpretata nel senso che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti metallo quando questi sono trasformati in una materia prima secondaria, come il materiale di grado 3B, ma riguarda il ritrattamento di tali rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio.
Corte cost. n. 281/2000
Per quanto concerne le attività di gestione dei rifiuti pericolosi non appare predeterminabile un ambito territoriale ottimale (quale potrebbe essere in astratto quello regionale), in quanto da un lato la produzione di rifiuti pericolosi è connessa a localizzazioni nono necessariamente omogenee e comunque prevedibili; dall'altro lato la realizzazione di impianti specializzati per questo tipo di smaltimento comporta oneri di individuazione di siti appropriati e di relativa costruzione particolarmente gravosi, soprattutto in rapporto al quantitativo da smaltire.