(massima n. 1)
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal TAR Basilicata in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 41 Cost. - dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 19 del 2016, che ha modificato l'art. 47 della legge reg. Basilicata n. 5 del 2016, prevedendo la sospensione dei provvedimenti di rilascio di nuove autorizzazioni sul territorio regionale per la realizzazione di impianti privati di smaltimento e/o recupero di rifiuti nelle more dell'aggiornamento del piano regionale di gestione, già adottato dalla Giunta regionale, e comunque entro il 31 dicembre 2016. La disposizione censurata - che presenta il contenuto tipico di una "misura di salvaguardia", e pertanto non è in contrasto con la legislazione nazionale, che invece integra mediante l'adozione di una misura di carattere eccezionale e temporaneo, coessenziale alla propria natura cautelare - è esercizio del potere attribuito alle Regioni dal codice dell'ambiente (artt. 199 e 200 del D.Lgs. n. 152 del 2006), che persegue finalità attinenti a competenze regionali, destinate ad intersecarsi con profili di tutela ambientale, la quale dà luogo a una competenza trasversale, che può incidere su materie diverse, che possono essere regionali e concorrenti. La sospensione dei termini procedimentali - limitata, ragionevolmente, al massimo al 31 dicembre 2016, e finalizzata a mantenere lo status quo ante nelle more del suddetto aggiornamento - non comporta, di per sé, una deroga in pejus dei livelli di tutela uniforme stabiliti con legge statale, essendo ispirata a impedire che durante tale adeguamento siano adottati provvedimenti che - quantunque formalmente rispettosi delle regole sul procedimento autorizzativo - possano arrecare un pregiudizio all'integrità ambientale, rivista all'esito di tale adeguamento. La limitazione arrecata all'iniziativa economica privata risponde inoltre ai requisiti di temporaneità e congruità della misura. Per un verso, quanto all'individuazione dell'utilità sociale, è pacifico che nel relativo ambito vada ricompresa la tutela dell'ambiente; per altro verso, la circostanza della determinazione dei termini entro i quali l'amministrazione regionale ha l'obbligo di concludere tanto il procedimento autorizzativo quanto quello di aggiornamento del piano di gestione fornisce una protezione adeguata alla libertà in questione, nei cui confronti introduce un limite non irragionevole. Per costante giurisprudenza costituzionale la disciplina dei rifiuti - e dunque le scelte inerenti alle politiche da perseguire e gli strumenti da utilizzare in concreto - attiene alla materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", riservata, in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato. Tuttavia non è possibile identificare una "materia" in senso tecnico qualificabile come "tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. Secondo la giurisprudenza costituzionale, spettano alla competenza esclusiva dello Stato le determinazioni che rispondono a esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, e che fungono da limite invalicabile per quegli interventi normativi interferenti che le Regioni e le Province autonome dettano in materie di loro competenza, ammissibili alla condizione che siano garantiti i livelli di tutela dell'ambiente previsti dalla legislazione statale. Nel disciplinare la localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, pur nel rispetto dei criteri tecnici fondamentali stabiliti dagli organi statali che rappresentano soglie inderogabili di protezione ambientale, le Regioni esercitano una competenza legislativa loro propria, nella materia "governo del territorio". Secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, non è configurabile una lesione della libertà d'iniziativa economica privata allorché l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilità sociale, come sancito dall'art. 41, comma secondo, Cost., purché l'individuazione di quest'ultima non appaia arbitraria e gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue.