Cass. civ. n. 8627/2019
In tema di ICI, la detrazione di cui all'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992 non è necessariamente correlata alla residenza anagrafica del contribuente, essendo consentito a quest'ultimo di dimostrare che l'abitazione principale si trova altrove, anche in più unità catastali, purché il derivato complesso abitativo utilizzato non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono, considerato che assume rilievo non il numero delle unità catastali ma l'effettiva utilizzazione quale abitazione principale dell'immobile complessivamente considerato, ferma restando la spettanza della detrazione una sola volta per tutte le unità. (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG. ROMA, 03/07/2013).
Cass. civ. n. 6117/2019
In tema di IRPEF, è escluso dalla base imponibile, ai sensi dell'art. 3, comma 3, lett. c), del T.U.I.R. - abrogato a decorrere dall'anno di imposta 2001 - il reddito derivante da lavoro dipendente (nonché il relativo TFR) prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. Sulla base di tale disposizione, si ritiene non soggetto a tassazione il reddito prodotto all'estero, da un cittadino residente, in virtù di contratti di lavoro stipulati con committenti esteri, la cui qualificazione giuridica è da ascriversi al rapporto di lavoro dipendente, a nulla rilevando le eccezioni sollevate dall'Amministrazione finanziaria circa la riconducibilità degli stessi contratti a fattispecie di lavoro autonomo.
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In tema di imposte sui redditi, il trattamento di fine rapporto relativo ad annualità di retribuzione corrisposte per lavoro prestato all'estero è escluso dalla base imponibile ex art. 3, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 917 del 1986, trattandosi di retribuzione differita che matura anno per anno in relazione al lavoro prestato ed all'ammontare degli emolumenti corrisposti, essendo a tal fine irrilevante la circostanza che il contribuente abbia la residenza in Italia. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non conforme al principio enunciato la circolare del Ministero delle Finanze n. 95 del 18 ottobre 1997 che, posta a fondamento della sentenza impugnata, aveva considerato la norma indicata inapplicabile all'indennità di fine rapporto percepita dal lavoratore per prestazioni svolte all'estero per conto di una società italiana ivi operante). (Cassa con rinvio, COMM.TRIB.REG. ROMA, 16/02/2011).
Comm. Trib. Reg. Toscana n. 231/2018
In tema di imposte sui redditi, i proventi derivanti dall’esercizio di un’impresa familiare vanno imputati ai singoli partecipanti a condizione che sussistano i presupposti giuridici ex art. 5, comma 4, del d.p.r. n. 917/1986, per la qualifica di questi ultimi come collaboratori familiari, cioè l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività di impresa e delle quote loro attribuite nonché l’attestazione, nella dichiarazione annuale di ciascun partecipante, di aver lavorato per l’impresa familiare (Cass., ord. n. 7995/2017).
Comm. Trib. I grado Bolzano n. 7/2018
La disciplina contenuta nella legge 30 dicembre 2010, n. 238, prevedendo dei benefici fiscali sotto forma di riduzione del reddito imponibile per i cittadini europei che, dopo aver trascorso un periodo di studio di almeno 24 mesi risiedendo all’estero, rientrino in Italia per lo svolgimento di attività lavorativa, ha natura eccezionale rispetto alla normativa generale dettata in materia di residenza ai fini IRPEF. Ne deriva che, qualora non risulti che il soggetto richiedente abbia effettivamente trasferito la propria residenza nel Paese estero durante il periodo di svolgimento dell’attività di studio, attraverso la formale cancellazione dall’anagrafe tributaria italiana, non può ritenersi integrato il requisito richiesto dalla su richiamata normativa agevolativa ai fini del riconoscimento del rimborso.
Comm. Trib. Reg. Piemonte n. 1507/2017
Il requisito dell’abitualità della dimora in un determinato luogo permane anche qualora il soggetto lavori o svolga altre attività al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. La residenza, dunque, non viene meno per assenze, più o meno prolungate, dovute a particolari esigenze della vita moderna, quali ragioni di lavoro, di studio, di cura o di svago. Peraltro, laddove i legami professionali e personali dell’interessato non siano con- centrati in un solo Stato membro, bisogna riconoscere la preminenza dei legami personali su quelli professionali.
Comm. Trib. Reg. Toscana n. 1805/2017
Una persona fisica che da certificati medici risulta affetto da “insufficienza mentale con disturbi comportamentali” tali da comportare una “patologica compromissione della capacità percettiva, previsionale, di analisi, di critica e di giudizio nonché delle facoltà di discernimento e di determinazione volitiva, non può essere considerata soggetto passivo di imposta. (Nel caso di specie, era risultato che a nome del soggetto “affetto da insufficienza mentale” era stata presentata una dichiarazione dei redditi riguardante l’anno 2001 con riferimento ad un’attività d’impresa, avente ad oggetto l’edilizia, ma senza che fosse stato effettuato alcun versamento d’imposta. Il soggetto, effettivamente affetto da insufficienza mentale, era risultato essere stato utilizzato da terzi per un'attività edilizia in apparenza esercitata regolarmente, ma per la quale non erano state corrisposte le imposte dovute).
Cass. civ. n. 6501/2015
Al fine di vincere la presunzione di residenza fiscale in Italia dei cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, il contribuente deve dimostrare che è ubicata all'estero la sede principale dei suoi interessi vitali, non assumendo peraltro rilevanza prioritaria le relazioni familiari, quanto piuttosto la sede effettiva dell'attività.
Cass. civ. n. 21437/2014
In tema di imposte sui redditi, si applica anche a vantaggio del contribuente che invochi il regime nazionale a lui più favorevole il comma 2 bis dell'art. 2 del D.P.R. 27 dicembre 1986 n. 917, che, nel prevedere, per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con d.m., la presunzione di residenza in Italia, affranca dall'onere della prova chi sia interessato a far valere tale fatto e prescrive, invece, espressamente, per la parte che sia interessata a negarlo (nella specie, il fisco), l'onere di fornire la prova contraria per affermare l'inesistenza della residenza stessa. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 25/06/2008).
Cass. civ. n. 13803/2001
L'alternatività dei tre criteri di individuazione della residenza fiscale del contribuente in Italia previsti dall'art. 2 comma 2 D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, permette di assoggettare a tassazione in Italia il soggetto che vi abbia la sede principale dei suoi interessi economici e delle proprie relazioni personali. Conseguentemente il cittadino italiano, pur iscritto nei registri dei residenti all'estero, risulta assoggettato a tassazione in Italia anche per i redditi prodotti e dichiarati in altro Stato quando si rende applicabile il criterio di collegamento del domicilio previsto dalla relativa convenzione contro le doppie imposizioni.
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In tema d'imposta sui redditi, l'art. 2, comma 2, D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 individua, perché sussista la residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via alternativa: il primo, formale, rappresentato dall'iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile; ne consegue, pertanto, che l'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali. Né a diversa conclusione conduce la convenzione tra l'Italia e la Gran Bretagna per evitare le doppie imposizioni (ratificata e resa esecutiva con la l. 5 novembre 1990 n. 329), atteso che, ai sensi dell'art. 4 del testo dell'accordo, il concetto di residenza fiscale ben può essere ricollegato, ove non sia possibile l'utilizzazione di altri criteri, al centro degli interessi vitali, ossia al luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento sotto il profilo degli interessi personali e patrimoniali.