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Demansionamento e danno da perdita di chance: il punto della Cassazione

Lavoro - -
Demansionamento e danno da perdita di chance: il punto della Cassazione
Non ogni modificazione delle mansioni lavorative in senso riduttivo determina automaticamente una perdita di chance o di ulteriori possibilità di guadagno.

Con la sentenza n. 29012 del 17 dicembre 2020, la Suprema corte di cassazione si è pronunciata in tema di demansionamento e danno da perdita di chance.

La vicenda traeva origine dalla decisione della Corte distrettuale di Napoli che rigettava l’appello principale di un lavoratore attraverso cui quest’ultimo aveva domandato la condanna del Banco di Napoli alla immediata reintegra nel ruolo di direttore della filiale di Giugliano in Campania Ag 1 ovvero in altra mansione equivalente, oltre al risarcimento dei danni da lucro cessante sia diretti che indiretti, dei danni morali, nonché di una penale di almeno € 200,00 per ciascun giorno di ritardo nell'attuazione del provvedimento del tribunale.

La vicenda giungeva così in Cassazione, davanti alla quale il lavoratore sollevava i seguenti motivi:


Il tribunale Supremo rigettava il ricorso e, soffermandosi sul terzo motivo, affermava che deve escludersi che ogni modificazione delle mansioni in senso riduttivo comporti una automatica perdita di chance ovvero di ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, a ciò conseguendo che grava sul lavoratore l'onere di fornire la prova, anche attraverso presunzioni, dell'ulteriore danno risarcibile, mentre resta affidato al giudice del merito - le cui valutazioni, se sorrette da congrua motivazione, sono incensurabili in sede di legittimità – il compito di verificare di volta in volta se, in concreto, il suddetto danno sussista, individuandone la specie e determinandone l'ammontare, eventualmente con liquidazione in via equitativa”.

Secondo i Giudici di legittimità, la perdita di una "chance” prospetta un danno attuale e risarcibile, a condizione che ne venga provata la sussistenza, anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni; nel caso in cui manchi una tale prova non è possibile farvi fronte con una valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 del c.c., considerato il fatto che l'applicazione di questa norma richiede che risulti provata ovvero incontestata l'esistenza di un danno risarcibile, di cui è impossibile provare il preciso ammontare.


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