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Articolo 543 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Concorso di coniuge e figli naturali

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 543 Codice Civile

Articolo abrogato dall'art. 179, L. 19 maggio 1975, n. 151.

[Quando insieme col coniuge vi e soltanto un figlio naturale, al coniuge e riservato l'usufrutto di cinque dodicesimi del patrimonio del defunto.

Al figlio naturale sono riservate la piena proprieta di un quarto del patrimonio e la nuda proprieta di un quinto dei beni assegnati in usufrutto al coniuge. La nuda proprieta degli altri quattro quinti dei beni assegnati in usufrutto al coniuge fa parte della disponibile.

Quando i figli naturali sono piu, al coniuge e riservato l'usufrutto di un terzo del patrimonio, e ai figli naturali la piena proprieta di un altro terzo. La nuda proprieta dei beni assegnati in usufrutto al coniuge spetta per meta ai figli, mentre per l'altra meta fa parte della disponibile.]

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

266 Sono state suggerite alcune modificazioni all'art. 543, che regola il concorso del coniuge e dei figli naturali, nel senso di abolire la ripartizione in dodicesimi e di migliorare il trattamento dei figli naturali, lasciando inalterato quello del coniuge. Non ho seguito la proposta, perché essa avrebbe sconvolto tutto il sistema del progetto, che assicura sempre almeno un terzo come quota disponibile e pecche ragioni di ordine sociale impongono che il favore per i figli naturali non venga spinto oltre giusti limiti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 543 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. B. chiede
lunedģ 08/08/2022 - Sardegna
“Salve.
Avrei un quesito da porvi. Ho in atto un pignoramento del mio conto corrente emanato dall'Agenzia delle Riscossioni - Agenzia delle Entrate di XXX. Allo stato attuale nel mio conto corrente molto esiguo con una somma depositata di €. 850,00 circa mi ritrovo con il conto bloccato senza poter eseguire nessuna operazione bancaria e senza potervi accedere almeno per le spese personali e qualche spesa programmata.
Come devo comportarmi con l'Agenzia delle riscossioni e con la mia banca (Alfa S.p.A.) poichè non potendo utilizzare il conto non posso effettuare nessun pagamento nei confronti delle P.A. dato che sono un libero professionista, e non posso neanche fare le spese relative al mio ed al sostentamento della famiglia.
Preciso che il conto è cointestato con mia moglie che è disoccupata. La mia professione di Geometra implica l'utilizzo frequente del home banking e della carta collegata al mio conto per lo svolgimento del mio lavoro, cosa che allo stato attuale mi ritrovo impantanato, non posso andare ne avanti ne indietro. Quindi cortesemente vi chiedo di indicarmi una via di uscita da tale situazione, anche con l'ausilio di leggi ed articoli legislativi specifici da citare eventualmente con una comunicazione alla stessa Agenzia delle Riscossioni per la richiesta di sblocco. Vi ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 21/08/2022
Secondo quanto disposto dal comma 2 dell’art. 49 del DPR 602/1973, al procedimento di espropriazione forzata azionato dall’Agenzia delle entrate riscossioni si applicano, nei limiti della compatibilità e salvo espresse deroghe, le norme ordinarie dettate dal codice di procedura civile in rapporto al bene oggetto di esecuzione.
Ciò significa che, nel caso di pignoramento presso terzi troveranno applicazione le norme dettate dagli artt. 543 e ss. c.p.c.
Di particolare interesse per il caso di specie potrebbe risultare quanto disposto dall’art. 543 del c.p.c., come modificato dall’art. 1 comma 32 della Legge 26.11.2021 n. 206.
Il comma 2 del citato art. 543 c.p.c. richiama il termine dilatorio del pignoramento di cui all’art. 501 del c.p.c., ovvero prevede un termine a comparire di dieci giorni tra il perfezionarsi della notificazione dell’atto di pignoramento e l’udienza fissata per la comparizione del debitore.

Ora, a decorrere dal 22 giugno 2022 sono divenuti efficaci i due ulteriori commi aggiunti a tale norma a seguito della Legge n. 206/2021 sopracitata, per effetto dei quali viene previsto che il creditore, entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, sia tenuto a notificare al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura.
La prova della notificazione di tale l’avviso dovrà essere inserita nel fascicolo dell’esecuzione, mentre si prevede che la mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento.
Il comma 6 del suddetto articolo precisa inoltre che il creditore non è tenuto a notificare a tutti i terzi, ma può limitare la notifica a coloro che hanno effettuato una dichiarazione positiva, aggiungendo che, ove la notifica di detto avviso non sia stata effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo si intendono cessati alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento

Ebbene, se il pignoramento a cui ci si riferisce è successivo alla data del 22 giugno 2022 e l’Agenzia delle entrate riscossioni non ha adempiuto a quanto previsto dall’art. 543 c.p.c. nella sua attuale formulazione, la banca dovrà immediatamente procedere allo sblocco del conto corrente del debitore.
Qualora dovesse continuare a tenerlo bloccato, si potrà inviare alla stessa formale comunicazione (a mezzo PEC), nel corpo della quale dare atto del mancato adempimento da parte del creditore procedente di quanto previsto dal comma 5 dell’art. 543 c.p.c., diffidando contestualmente lo stesso istituto di credito a sbloccare il conto per sopravvenuta inefficacia ipso iure del pignoramento.

Se, invece, il pignoramento dovesse essere anteriore alla data del 22 giugno 2022, vige la disciplina previgente a tale modifica, potendosi così prospettare le seguenti ipotesi:
a) l’Agenzia delle entrate riscossioni non ha provveduto all’iscrizione a ruolo entro trenta giorni dalla consegna dei relativi titoli da parte dell’ufficiale giudiziario: occorrerà in questo caso farsi rilasciare dalla competente cancelleria esecuzioni mobiliari una attestazione di mancata iscrizione a ruolo e chiederne la notifica, a mezzo ufficiali giudiziari, al proprio istituto di credito per ottenere lo sblocco del conto corrente secondo quanto disposto dal comma 1 dell’art. 164 ter delle disp. att. c.p.c..
b) l’Agenzia delle Entrate riscossioni ha regolarmente provveduto nei termini fissati dall’art. 543 c.p.c. all’iscrizione a ruolo: in questo caso l’unico modo per ottenere lo sblocco del proprio conto corrente è quello di provvedere al saldo di quanto dovuto, anche cercando di raggiungere un accordo transattivo con il creditore procedente, proponendo anche una rateizzazione della somma.

In alternativa a quanto sopra detto, non resta altra soluzione, come già è stato suggerito, che aprire un conto corrente presso un altro istituto di credito, approfittando del fatto che sul conto sottoposto a pegno non sembrano esservi accrediti ricorrenti e che in fondo la somma bloccata risulta essere di esiguo valore, come si fa notare nello stesso quesito.