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Articolo 95 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Spese del processo di esecuzione

Dispositivo dell'art. 95 Codice di procedura civile

Le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito l'esecuzione, fermo il privilegio stabilito dal codice civile (1) (2).

Note

(1) L'articolo in commento rinvia al principio enunciato dall'art. 2749 c.c. in base al quale il privilegio accordato al credito si estende anche alle spese ordinarie per l'intervento nel processo di esecuzione.
(2) Il privilegio a cui fa riferimento la norma in esame è quello di cui agli artt. 2755 e 2770 c.c.. Si tratta dei crediti per spese di giustizia sostenute per il compimento di atti conservatori o per l'espropriazione di beni mobili o immobili, nell'interesse comune dei creditori, che hanno privilegio sui beni e sul prezzo degli immobili stessi. Inoltre, è bene precisare che i crediti relativi alle spese di giustizia prevalgono rispetto ad ogni altro credito, pignoratizio o ipotecario ai sensi dell'art. 2777 del c.c..

Ratio Legis

La norma in analisi costituisce un'applicazione della regola della soccombenza, intesa in senso lato, in quanto il processo esecutivo pur non comportando soccombenza in senso proprio, si conclude con l'accoglimento di una domanda attraverso un provvedimento giurisdizionale.

Spiegazione dell'art. 95 Codice di procedura civile

Al fine di garantire la pienezza e l’effettività dell’azione esecutiva, la presente norma esonera il creditore dal sostenere i costi relativi all’esecuzione forzata che è stato costretto a promuovere.
Malgrado la generica locuzione “processo di esecuzione” contenuta nella sua rubrica, si ritiene che tale norma sia applicabile soltanto alla procedura di espropriazione forzata e che non possa estendersi ai procedimenti di esecuzione in forma specifica.

Per quanto concerne il suo fondamento, parte della dottrina ritiene che essa costituisca applicazione della regola della soccombenza: il debitore esecutato viene equiparato al soccombente del processo di esecuzione e, pertanto, su di lui grava un vero e proprio obbligo di rifusione delle spese processuali.
Secondo altra tesi, invece, si ritiene che la norma trovi la sua giustificazione nell’esigenza di dover apprestare piena ed integrale tutela al creditore procedente ed a quelli intervenuti, dato che il rimborso delle spese rappresenta l’imprescindibile integrazione del diritto non soddisfatto.

Il riparto delle spese qui previsto presuppone un’esecuzione che si sia conclusa fruttuosamente, ovvero dalla quale sia stata ricavata una massa da dividere; le spese sopportate da creditore procedente e da quelli intervenuti dovranno essere prelevate dalla somma ricavata mediante collocazione nel piano di distribuzione, con il privilegio di cui all’art. 2755 del c.c., all’art. 2770 del c.c. ed all’art. 2777 del c.c..
Ciò significa che i crediti per il rimborso di queste spese sono preferiti ad ogni altro credito, anche pignoratizio o ipotecario e vengono soddisfatti in prededuzione sulla massa attiva; le altre spese sostenute, anche se rimborsabili, sono considerate accessorie del credito, cioè vengono collocate nello stesso grado del capitale e possono essere soddisfatte, al pari del credito per capitale, solo in caso di capienza.

Per quanto sopra detto, la possibilità accordata ai creditori di recuperare le spese sostenute viene configurata come un diritto ad una collocazione preferenziale sul ricavato, garantito solo nell’ambito di quel processo esecutivo e che non è in grado di integrare un vero e proprio credito verso l’espropriato; si ritiene, in particolare in giurisprudenza, che i creditori non abbiano il diritto di esigerne il pagamento all’infuori del processo espropriativo (un’applicazione pratica di ciò si ha nell’ambito dell’espropriazione presso terzi, qualora il terzo pignorato renda dichiarazione negativa, a cui non faccia seguito l’istanza di accertamento di cui all’art. 548 del c.p.c.).
Qualora il processo esecutivo dovesse estinguersi, non si applicherà la regola prevista da questa norma, bensì la disciplina dettata dall’art. 632 del c.p.c..

Massime relative all'art. 95 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 24571/2018

Il giudice dell'esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell'esecuzione, in tal caso ammissibile, implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili.

Cass. civ. n. 16711/2009

In conformità alla regola generale dettata dall'art. 310, ultimo comma, c.p.c., nel processo di esecuzione e, quindi, anche in quello di espropriazione forzata presso terzi, in mancanza di diverso accordo tra le parti, qualora il processo si estingua, le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate; pertanto, le spese sostenute dal creditore procedente restano a suo carico se, a seguito della dichiarazione negativa del terzo e in assenza di contestazioni, il processo é dichiarato estinto e, conseguentemente, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, dichiarata l'estinzione del processo, provvede alla loro liquidazione senza, però, porle a carico del debitore esecutato (come richiesto dal creditore procedente, nella specie), non avendo contenuto decisorio su diritti, non può considerarsi ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 28627/2008

In tema di spese inerenti la notificazione del titolo esecutivo e le attività di redazione e notificazione del precetto, costituendo esse un accessorio delle spese processuali riferibili al titolo esecutivo giudiziale (secondo un'interpretazione discendente dagli artt. 8 del D.P.R. n. 115 del 2002 e 91, comma secondo, c.p.c.), ne è dovuto il pagamento, da parte del debitore e quale conseguenza, di regola, del suo comportamento inadempiente rispetto a quanto stabilito nel titolo, quando esse - sulla scorta del c.d. principio di causalità - siano state sostenute dal creditore ed il relativo precetto sia stato anche solo consegnato per la notifica all'ufficiale giudiziario, allorché in tale momento permanga ancora il predetto inadempimento; ne consegue che se successivamente il debitore, sia pur prima che la notifica del precetto si perfezioni anche nei suoi riguardi, provveda a pagare il debito di cui al titolo e le spese successive ma non quelle di redazione e notifica del precetto, ciò non preclude al creditore di procedere esecutivamente per queste ultime, in forza del medesimo titolo esecutivo, a meno che non sia accertato che egli ha compiuto tali attività, funzionali all'esercizio della pretesa esecutiva, violando il dovere di lealtà processuale di cui agli artt. 88 e 92, comma primo, c.p.c. (principio reso dalla S.C. in materia di opposizione a precetto, avanti al giudice di pace, per le spese connesse alle attività di redazione dell'atto e a quelle professionali del legale necessarie alla sua notificazione).

Cass. civ. n. 23408/2007

In conformità alla regola generale dettata dall'art. 310, ultimo comma, c.p.c., nel processo di esecuzione e, quindi, anche in quello di espropriazione forzata presso terzi, in mancanza di diverso accordo tra le parti, qualora il processo si estingue, le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate; pertanto quelle sostenute dal creditore procedente restano a suo carico se, a seguito della dichiarazione negativa del terzo e in assenza di contestazioni, il processo è dichiarato estinto e, conseguentemente, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, dichiarata l'estinzione del processo, provvede alla liquidazione ponendole a carico del debitore esecutato, avendo contenuto decisorio su diritti e non essendo altrimenti impugnabile, è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 5061/2007

Nel procedimento esecutivo l'onere delle spese non segue il principio della soccombenza, ma quello della soggezione del debitore all'esecuzione; nei procedimenti di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, strutturati come giudizi di cognizione, trova, invece, applicazione l'ordinario principio della soccombenza, con la conseguenza che le spese vanno poste a carico del soccombente che, con il comportamento tenuto fuori del processo, ovvero con il darvi inizio o resistervi in forma e con argomenti non rispondenti a diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi.

Cass. civ. n. 8634/2003

In virtù della espressa previsione di cui all'art. 95 c.p.c. (secondo cui sono a carico di chi ha subito l'esecuzione le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione), il recupero delle spese sostenute dai creditori può trovare realizzazione solo in caso dell'utile partecipazione di costoro alla distribuzione, all'esito di risultata fruttuosa esecuzione, che abbia cioè consentito la realizzazione di una massa attiva da distribuire, formata da quanto proviene dall'assoggettamento ed espropriazione del patrimonio del debitore (art. 2740 c.c.), comprensivo di beni e di crediti, a carico del quale vengono quindi in definitiva a gravare le spese dell'esecuzione. Ne consegue che, a parte le spese fatte nell'interesse comune dei creditori da soddisfarsi in prededuzione dalla massa attiva in ragione del privilegio che le assiste (artt. 2755, 2770, 2777 c.c.) le altre spese sostenute dal creditore procedente e dai creditori intervenuti sono collocate nello stesso grado del credito, e possono trovare soddisfazione — al pari del credito per capitale ed interessi — solamente in caso di capienza.

Cass. civ. n. 10724/2000

A norma dell'art. 95 c.p.c., nel processo esecutivo che si svolge con le forme del pignoramento di crediti o di cose del debitore che sono in possesso di terzi e si conclude con l'ordinanza di assegnazione del credito, l'obbligo del pagamento delle spese grava sul debitore assegnatario e non sul terzo assegnato.

Cass. civ. n. 10306/2000

L'articolo 95 c.p.c., nel porre a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione presuppone che il processo esecutivo si sia concluso e non che si sia arrestato per rinuncia o inattività del creditore procedente, ipotesi per le quali le spese sostenute sono poste, rispettivamente, a carico del rinunciante, in mancanza di diverso accordo tra le parti, e a carico di chi le ha anticipate.

Cass. civ. n. 4695/1999

In caso di procedimento di espropriazione presso terzi conclusosi per effetto di dichiarazione negativa del terzo non contestata dal creditore esecutante, nessuna norma assicura a quest'ultimo il recupero delle spese processuali, dato che l'art. 95 c.p.c., nel porre a carico del soggetto che subisce l'esecuzione le spese del relativo procedimento, presuppone espressamente un'esecuzione fruttuosa e, d'altra parte, non può farsi riferimento neanche all'art. 306 c.p.c., operante nel giudizio di cognizione nel caso in cui si verifichi la volontaria desistenza dall'azione. (Nella specie, l'interessato aveva ottenuto l'accoglimento in sede di merito della domanda al riguardo proposta con un autonomo giudizio di cognizione; la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, rilevando che la domanda avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile sotto il profilo della assoluta carenza di tutela giudiziaria).

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F. F. chiede
mercoledì 04/09/2024
“Buonasera,
Io e le mie sorelle siamo sottoposte ad esecuzione immobiliare dal 2015. Abbiamo il diritto di abitare nell'immobile, ed esiste un custode giudiziario. Già in passato abbiamo lamentato che l'immobile avrebbe bisogno di una manutenzione straordinaria (la copertura del tetto è gravemente lesionata) e ci sono parecchie infiltrazioni di acqua. Il giudice dice che questa spesa è a carico degli occupanti. A fine agosto, ho chiamato i vigili del fuoco per la presenza di rami pericolanti ,avvertendo poi anche il custode. Due giorni dopo il custode mi chiama avvisandomi molto frettolosamente di aver emesso a mio nome una fattura per acconto sulle spese di custodia di ca 4.000. Mi dice che non la devo pagare, perchè la procedura aveva questi soldi, ma intanto questa fattura risulta emessa a me e non reca alcuna indicazione nè circa l'avvenuto pagamento nè la sua modalità. Soprattutto, da quanto so io, le spese di custodia sono a carico del procedente. Perchè il custode intesta a me questa fattura? non è forse un modo per dire in futuro che anche le spese di manutenzione spettano a noi, così come abbiamo già pagato le spese di custodia?”
Consulenza legale i 09/09/2024
Il principio a cui ci si deve attenere in tema di spese relative ad immobili pignorati è quello della conservazione e migliore gestione del compendio pignorato, onde garantire che la procedura esecutiva immobiliare possa giungere alla sua naturale conclusione con la soddisfazione del ricavato sulla vendita forzata.
Proprio per assicurare sin dall’inizio il rispetto di tale principio, il nostro codice di procedura civile prevede, quale regola generale e non più come eccezione, soprattutto a seguito delle ultime riforme, la nomina di un custode giudiziario, il quale viene ad assumere un ruolo attivo nell’amministrazione dell’immobile pignorato.

E’ in ottemperanza al ruolo così assunto che lo stesso custode si trova in molti casi costretto a dare corso a particolari opere di manutenzione, le quali possono avere come finalità sia quella di contenere o eliminare situazioni potenzialmente pericolose per i terzi sia quella di salvaguardare, nell’interesse della procedura, il valore economico del bene che custodisce.
Ebbene, in diverse occasioni la stessa Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sul problema di quale debba essere, in tali circostanze, il soggetto obbligato ad eseguire le opere di straordinaria amministrazione ed a sostenerne le relative spese, giungendo da ultimo alla tesi sostenuta con la sentenza n. 12877/2016, così massimata:
Nel processo esecutivo rientrano, tra le spese che il creditore procedente deve anticipare, ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. n. 115 del 2002, non solo quelle giudiziarie in senso stretto ma anche le spese immanenti alla realizzazione dello scopo proprio del processo esecutivo in quanto destinate ad evitarne la chiusura anticipata, come le spese necessarie per il mantenimento in esistenza del bene pignorato, quelle destinate ad evitarne il crollo ovvero, in generale, il perimento. Tali spese, se onorate dal custode con i fondi della procedura esecutiva, saranno "prededucibili" nel senso che l'importo relativo non entrerà a far parte dell'attivo e dovranno essere rimborsate come spese privilegiate ai sensi dell'art. 2770 del c.c. al creditore che le abbia corrisposte, ottemperando al provvedimento del giudice dell'esecuzione che ne abbia posto l'onere dell'anticipazione a suo carico. Restano invece esclude dalle spese necessarie, da onorarsi in via di anticipazione dal creditore procedente ai sensi dell'anzidetta normativa, quelle spese non aventi un'immediata funzione conservativa dell'integrità del bene pignorato e, quindi, quelle dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria dell'immobile, come ad esempio, gli oneri di gestione condominiale”.

Rimane, tuttavia, fuori discussione la circostanza che a seguito del pignoramento e della nomina di un custode giudiziario, l’esecutato non perde il diritto reale sul bene (di cui resta titolare sino al decreto di trasferimento), vedendo soltanto limitate le facoltà di godimento e di disposizione, con la conseguenza che l’eventuale inerzia nel compimento degli atti di straordinaria manutenzione farà pur sempre ricadere su quest’ultimo ogni responsabilità per eventuali danni cagionati a terzi per la rovina dell’immobile.

Ebbene, facendo applicazione dei suddetti principi al caso in esame, può dirsi che senza alcun dubbio dovranno farsi gravare sulla procedura sia le spese per la custodia (rientranti tra le c.d. spese giudiziarie in senso stretto) sia le spese di manutenzione straordinaria (ovvero quelle relative alla copertura del tetto ed alla eliminazione delle infiltrazioni d’acqua), a condizione che queste ultime risultino effettivamente necessarie per far sì che l’immobile possa conservare il suo valore e così continuare a soddisfare gli interessi del creditore o dei creditori procedenti.
Lo stesso non può valere, invece, per l’abbattimento dei rami pericolanti, sia perché tale opera incide sul mero godimento dell’immobile sia in forza della considerazione sopra svolta, ovvero che fin quando non ci sarà un decreto di trasferimento, sarà soltanto la parte esecutata, quale titolare attuale del diritto reale sul bene, a rispondere di eventuali danni cagionati a terzi addebitabili alla sua inerzia.

Corretta, infine, è l’intestazione alla parte esecutata della fattura emessa per spese di custodia, con la precisazione, da parte del custode, che al pagamento della stessa non si dovrà adempiere, in quanto si tratta di spese che verranno portate in prededuzione sul prezzo che si andrà a ricavare dalla vendita dell’immobile.
A conferma della correttezza di tale modus operandi possono addursi le seguenti argomentazioni:
  1. con risoluzione n. 158/E dell’11.11.2005 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nell’ambito del compito di gestione dei beni affidato al custode, soggetto passivo d’imposta rimane sempre il debitore esecutato;

  1. nella stessa risoluzione si precisa che la custodia giudiziaria, sotto questo profilo, va tenuta distinta da quella attuata nell’ambito del sequestro giudiziario di cui agli artt. 670 ss. c.p.c., ove sussiste incertezza sull’effettivo titolare del bene. Solo in caso di sequestro il custode giudiziario opera nella veste di rappresentante in incertam personam e si applicano le norme concernenti l’eredita giacente, come chiarito con risoluzione n. 195/E del 13 ottobre 2003.

  1. in ossequio agli artt. 6 co. 2 lett. a) e art. 21 del T.U. IVA co. 1 D.P.R. 633/72 (secondo cui “per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura o ... ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa ... per suo conto, da un terzo ....”), la fattura dovrà essere emessa in nome e per conto del debitore esecutato;

  1. per le cessioni di beni mobili o immobili conseguenti ad un atto della pubblica autorità il momento impositivo si determina all’atto del pagamento del corrispettivo, ossia con riferimento al caso di specie, nel momento in cui il prezzo viene pagato ai sensi degli artt. 585 e 590 c.p.c.

  1. l’art. 95 c.p.c. pone a carico della parte che subisce l’esecuzione tutte le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione. Tale disposizione deve intendersi nel senso che queste spese si andranno a sommare alla somma precettata, per poi essere soddisfatte in prededuzione sul corrispettivo ricavato dalla vendita.