Ammontare dell'indennità per il passaggio temporaneo
Ognuno comprende quanto sia equa questa disposizione: poichè l'acquedotto si può chiedere per un tempo determinato (arg.
ex artt.
1033 e
1037, oltre che dall'art. 1039 in esame), è logico e giusto che in tal caso l'indennità non sia uguale a quella dovuta quando la servitù di acquedotto deve costituirsi in perpetuo. Pertanto si statuisce che se essa deve durare per un tempo non maggiore di nove anni, il pagamento è limitato alla metà di quello dovuto a tenore dell'art.
1038. Vi è, però, l'obbligo per il titolare della servitù di rimettere, dopo la scadenza del termine, le cose nello stato originario.
È interessante anche la disposizione contenuta nel comma 2: prima della scadenza del termine il passaggio temporaneo può essere reso perpetuo. In tal caso non è dovuta l'intera indennità di cui all'art.
1038, ma solo l'altra metà, con gli interessi legali dal giorno in cui il passaggio è stato praticato, che è quello in cui, ad es., si è iniziata la costruzione dell'acquedotto. Ma se il termine è scaduto, è dovuta un'intera indennità: e ciò è logico, perché, scaduto il termine, la servitù è estinta, e se ne deve costituire un'altra
ex novo. Bisogna sempre dimostrare il diritto di disporre in perpetuo dell'acqua.
Periodo inferiore ai 9 anni. Rinnovazione ogni 9 anni. Conversione in servitù perpetua
Sotto l'impero del codice del 1865, la norma contenuta nell'art. 604, perfettamente corrispondente a quella che stiamo esaminando, ha dato luogo ad alcuni dubbi, che è opportuno prendere in considerazione. Ci si è domandati se l'indennità fissata sia sempre la stessa, anche nel caso in cui il passaggio sia chiesto per un
tempo di gran lunga inferiore ai nove anni.
Secondo alcuni in tal caso l'autorità giudiziaria può fissare un'indennità minore, più equa. In realtà, questa soluzione è erronea: vi contrasta lo spirito, oltre che la lettera della legge. L'indennità viene fissata in una somma immutabile, per ogni periodo che non superi i 9 anni. Non può invocarsi l'equità, infatti sarebbe iniquo costringere il proprietario del fondo sottoposto, a subire disagio, smembramento, ecc. per una somma, che potrebbe, secondo l'opposta tesi, essere pressoché irrisoria.
Ogni dubbio deve essere fugato per il caso che uno, costretto a rinnovare la servitù di nove in nove anni, finisca col pagare di più di chi la può acquistare
ab initio come perpetua. La norma è quella che è, ma non era comunque conveniente formularne una diversa.
In un solo caso può agevolarsi il titolare dell'acquedotto: se egli ha chiesto la servitù per un tempo maggiore di nove anni ed ha pagato l'intera indennità, ove acquisti poi il diritto all'acqua per un tempo maggiore del precedente o in perpetuo e, quindi, prima della scadenza del termine per cui è stata costituita la servitù, domandi la sua conversione in altra con durata corrispondente al maggior tempo o perpetua, non deve pagare nessun’altraindennità. Infatti la legge richiede ciò solo se, per essersi chiesta una servitù per tempo non maggiore di 9 anni, si sia pagata solo la metà dell'indennità.