Pagamento dell'indennità
Conformemente alla norma generale posta per tutte le servitù coattive (
art. 1032 del c.c.), secondo cui prima del pagamento dell'indennità il proprietario del fondo servente può opporsi all'esercizio della servitù, nella disposizione che prendiamo in esame è stabilito che il pagamento dell'indennità deve avvenire prima che si imprenda la costruzione dell'acquedotto. Tale costruzione, rappresenta, infatti, il primo atto di esercizio della servita di acquedotto: il
pati del proprietario del fondo servente ha, appunto, per contenuto il dover subire la costruzione dell'acquedotto, e poi l'insistenza di questo sul suolo ed il decorso delle acque attraverso il medesimo.
Ammontare
Quanto all'ammontare dell'indennità, una notevole
innovazione è fissata nella disciplina del nuovo codice rispetto a quella del vecchio. L'art. 603 del codice del 1865 fissava, come somma da pagare, il valore del terreno da occuparsi col sovrappiù del quinto, oltre il risarcimento dei danni immediati. Tale sovrappiù è stato abolito, in base alla considerazione che esso non è giustificato, in quanto si paga già il valore del terreno occupato senza detrazione delle imposte, ed inoltre si risarciscono tutti i danni.
Perciò, oggi, l'ammontare dell'indennità è commisurato al valore del terreno da occuparsi. Nella
determinazione di tale valore non vanno detratte le imposte ne gli altri carichi inerenti al fondo. La ragione è evidente: poiché il proprietario del fondo rimane proprietario del suolo occupato, come sostenuto precedentemente, è lui ad essere sempre tenuto a pagare le imposte ecc. È discutibile se per oneri si intendano anche le prestazioni di indole privata, come censi, canoni, ecc., ma pare preferibile la soluzione positiva.
Oltre il valore del terreno, sono da calcolare, ai fini della determinazione dell'indennità,
i danni. Quali sono i danni? Nel vecchio codice si parlava di danni immediati
, nel nuovo si fa menzione di danni in genere. È da notare, però, che anche in base alla disposizione del codice del 1865 si ammetteva che tutti i danni, anche i mediati, dovessero risarcirsi, non senza avvertire giustamente che questi saranno dovuti quando si verificheranno, e quindi non possono calcolarsi ai fini della determinazione dell'indennità da pagarsi prima dell'inizio della costruzione dell'acquedotto. Tale soluzione rimane ferma anche per il nuovo codice, che parla di danni in genere, venendo imposta dalla logica.
Per fare degli esempi, danni immediati sono quelli che derivano dalla costruzione dell'acquedotto, come abbattimento di piante. Danni mediati quelli provenienti dai sortemi, dalle frane ecc.
Fra i danni da risarcire la legge pone espressamente pure quelli
derivanti dalla separazione in due o più parti del fondo: essi non esauriscono i danni dovuti, come si ricava dalla chiara dizione legislativa («
ivi compresi »). La separazione è sempre un danno, perché rompe l’ unità o continuità del fondo. Essa può produrre anche difficoltà di accesso da una parte all'altra del fondo e difficoltà di irrigazione. In conclusione, devono calcolarsi anche tali difficoltà.
Suolo occupato per il deposito
Per l'esercizio dell'acquedotto, non basta di regola lo spazio da esso occupato, ma è necessario servirsi di un'altra striscia, metà per lato, per il getto degli spurghi. Anche il valore di questa si deve calcolare, poiché il proprietario del terreno non ne perde del tutto la disponibilità, potendo piantarvi ed allevarvi alberi od altri vegetali (purché ciò segua senza danno dell'acquedotto, del suo spurgo e della riparazione). Giustamente si è statuito che si deve pagare la metà del valore del suolo: anche qui non si detraggono le imposte nè gli altri carichi. Nessun sovrappiù è dovuto sul valore cosi determinato: esso era dovuto invece sotto la vigenza del vecchio codice (art. 603 capov.).
Il proprietario, sul suolo occupato soltanto ai fini del deposito delle materie estratte e per il getto dello spurgo, può, come dicevamo, piantare ed allevare alberi o altri vegetali. Può rimuovere, inoltre, e trasportare le materie ammucchiate. Però egli non deve produrre danno all'acquedotto o allo spurgo o alla riparazione, altrimenti non solo deve risarcire il danno, ma la sua attività può farsi cessare dal titolare della servitù.