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Articolo 1924 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Mancato pagamento dei premi

Dispositivo dell'art. 1924 Codice Civile

Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l'assicuratore può agire per l'esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell'articolo 1901; in tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate.

Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto, e i premi pagati restano acquisiti all'assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell'assicurazione o per la riduzione della somma assicurata [1925].

Ratio Legis

Il primo comma è espressione del principio di conservazione del contratto: il legislatore tende, per quanto possibile, alla conservazione della stipula.
Il secondo comma, invece, esclude la possibilità di agire per ottenere i premi successivi al primo e ciò in quanto l'assicurazione sulla vita è un'ipotesi di operazione economica di risparmio in relazione alla quale non si può costringere il soggetto a versare la somma. Ciò, invece, è ammesso per il primo premio, atteso che in tal caso il contratto è concluso ma l'assicuratore non ha percepito alcunchè.

Spiegazione dell'art. 1924 Codice Civile

L’ art. 1901 del c.c. e l’art. 1904

Il presente articolo si ricollega strettamente all' art. 1901 del c.c. in tema di effetti dell'inadempimento all'obbligo del pagamento del premio nel contratto di assicurazione in genere: e anzi — sia pure con diversa frase — ripete la stessa norma per ciò che riguarda l'inadempimento al pagamento del premio di primo anno, e ne deroga — rispetto all'assicurazione vita — per gli effetti del mancato pagamento dei premi successivi. Si rinvia perciò al commento sub art. 1901 del c.c. per ciò che riguarda il concetto di premio, l'obbligo del suo pagamento e l'adempimento a tale obbligo.

Rispetto agli effetti dell'inadempimento, dal combinato disposto dell' art. 1901 del c.c. con l’ art. 1924, per il primo premio, e dalla norma dell’ art. 1924 per i premi successivi discende la disciplina seguente :


Effetti dell'inadempimento all'obbligo dcl pagamento del premio di primo anno…

a) Quando l'inadempimento riguarda il premio del primo anno o una delle rate (ad es. bimestrali) nelle quali esso si divide, come già si è visto per l'inadempimento in genere (art. 1901 del c.c.) :

b) vi è sospensione dall'obbligo dell'assicuratore fino al termine massimo di sei mesi, ab initio se si tratta di premio del primo anno non diviso in rate, o della prima rata; a decorrere dalle ore ventiquattro del giorno dopo quello della scadenza (o dell'eventuale termine convenzionale di tolleranza), se si tratta di una rata successiva (sempre del premio del primo anno) e fino alle ore ventiquattro del giorno del pagamento e fino ad un massimo di sei mesi (per altri particolari supra, sub art. 1901 del c.c.). I1 contratto rimane in vita e, non appena il contraente pogo il premio riprende tutta la sua efficacia ;
c) decorso un termine di sei mesi dalla scadenza. senza che il contraente abbia pagato o l’assicuratore abbia agito per l’adempimento coattivo, il contratto è risolto ipso iure (per altri particolari si rinvia alla spiegazione dell’ art. 1911 del c.c.).


… e degli anni successivi

Quando l’ inadempimento riguarda il premio (o la rata di premio) relativo ad un anno successivo, dato che, come abbiamo qui sopra detto, sub art. 1901, n. 2 , il contraente può risolvere ogni anno a contratto anche tacitamente non pagando il premio, l'assicuratore non ha più — come nell'assicurazione dauni o come nell'assicurazione
vita per il premio del primo anno azione per l'adempimento coattivo. Quindi, scaduto il termine, o decorso il periodo di tolleranza convenzionale, o, in mancanza, quello legate di venti giorni, il contratto viene subito risolto ipso iure e i premi pagati restano acquisiti dall'assicuratore, salvo che non sussistano le condizioni per il riscatto o la riduzione (art. 1924 ult. cpv.).

Questa norma è però derogabile, ed è quindi da ritenersi che le polizze continueranno a stabilire, come facevano sotto il vecchio codice, delle sanzioni graduali, più di quelle del codice, inspirate al favor contractus.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1924 Codice Civile

Cass. civ. n. 22864/2016

Il pagamento dell'obbligazione pecuniaria è un atto satisfattivo unilaterale che esige la volontà del debitore o di un suo incaricato, non essendo concepibile "in iure" che un pagamento possa avvenire per effetto della semplice volontà del creditore; ne deriva che se il terzo incaricato non adempie, il debitore sarà tenuto a rispondere del suo operato verso il creditore insoddisfatto ai sensi dell'art. 1228 c.c. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il soggetto assicurato, il quale aveva concordato con l'assicuratore l'addebito dei premi in conto corrente, dovesse rispondere, agli effetti dell'art. 1924 c.c., del mancato pagamento del premio, a nulla rilevando, nei rapporti con il creditore, se ciò fosse avvenuto per negligenza dello stesso debitore o dell'istituto di credito, ossia per l'assenza di un ordine di pagamento rivolto a quest'ultimo o per l'inadempimento dell'ordine stesso).

Cass. civ. n. 12353/2006

Le disposizioni dell'art. 1901 cod. civ., in quanto contenute in un articolo collocato tra le disposizioni generali sulle assicurazioni, sono applicabili, oltre che alle assicurazioni contro i danni, anche alle assicurazioni sugli infortuni o invalidità poichè alle predette assicurazioni non è riferibile l'eccezione prevista nell'ultima parte dell'ultimo comma della norma, che esclude le assicurazioni sulla vita dall'ambito di applicazione delle precedenti disposizioni della norma medesima, nè è applicabile la norma dell'art. 1924 cod. civ. disegnata sulla specificità della struttura e della funzione dell'assicurazione sulla vita, avente di regola finalità di risparmio e di capitalizzazione. Peraltro, entrambe le norme - quella dell'art. 1901 e quella dell'art. 1924 cod. civ. - si riferiscono soltanto agli effetti dell'inadempimento dell' obbligazione di pagamento del premio nascente da contratto già concluso ed efficace, non alla decorrenza pattizia dell'efficacia del contratto o delle obbligazioni che da esso derivano, che rimane affidata all'autonomia negoziale delle parti. (Principio affermato dalla Suprema Corte con riferimento a fattispecie in cui l'applicabilità dell'art. 1901, 1° comma., cod. civ. era stata invocata per sostenere l'operatività della polizza assicurativa nonostante l'evento si fosse verificato prima della data convenzionale di decorrenza della copertura). (Rigetta, App. Brescia, 24 Giugno 2002).

Cass. civ. n. 8558/1994

In tema di assicurazione sulla vita, nel caso in cui le parti, in deroga a quanto disposto dall'art. 1924, comma 2, c.c., abbiano previsto la possibilità di riattivazione automatica del rapporto, entro sei mesi dalla scadenza del premio non pagato, verso pagamento dei premi arretrati e degli interessi legali, ovvero la possibilità di riattivazione dopo i sei mesi entro i due anni dall'indicata scadenza, subordinatamente all'accertamento da parte dell'assicurazione del buono stato di salute dell'assicurato, la risoluzione di diritto opera solo allo spirare di quest'ultimo termine, mentre con la riattivazione non si determina il sorgere di un nuovo contratto, ma riprende a spiegare effetti lo stesso rapporto che, in seguito all'omesso pagamento del premio, era venuto a trovarsi in una situazione di quiescenza.

Cass. civ. n. 401/1988

Con riguardo a contratto di assicurazione sulla vita, la dichiarazione di riscatto da parte dell'assicurato produce i suoi effetti dal momento in cui perviene all'assicuratore trattandosi di dichiarazione ricettizia, ma il dichiarante (purché in regola con il pagamento dei premi) può anche implicitamente differire gli effetti del riscatto al momento della cessazione della copertura assicurativa, atteso che la regolamentazione pattizia di deroga all'art. 1924 c.c. deve essere sempre ispirata al principio contenuto nell'art. 1901 dello stesso codice, il quale presuppone la persistenza del rapporto di corrispettività tra pagamento del premio ed assunzione del rischio da parte dell'assicuratore.

Cass. civ. n. 1883/1977

In tema di assicurazione sulla vita, la norma dettata dall'art. 1924 secondo comma c.c., secondo la quale il mancato pagamento dei premi successivi al primo, nel termine prescritto dalla polizza, o, in difetto, nel termine di venti giorni dalla scadenza, comporta la risoluzione di diritto del contratto, non è compresa nell'elenco delle disposizioni derogabili solo in senso più favorevole all'assicurato, fissato dall'art. 1932 c.c. Pertanto, è valida la clausola di polizza che deroghi all'indicata disposizione, regolando gli effetti del mancato pagamento dei premi secondo i principi generali posti dall'art. 1901 c.c. (risoluzione di diritto solo nel caso in cui l'assicuratore non agisca per la riscossione dei premi entro sei mesi dalle relative scadenze). Un tale patto non è riconducibile fra quelli onerosi o vessatori, di cui all'art. 1341 secondo comma c.c., e, quindi, ove contenuto in condizioni generali di contratto, non richiede una specifica approvazione per iscritto.

Cass. civ. n. 172/1972

Il principio secondo cui il rilascio di una quietanza presuppone la esistenza di un negozio produttivo dell'obbligazione di pagamento, la cui esistenza la quietanza stessa serve a documentare, non può essere invocato a sostegno di una sanatoria della morosità — ai fini della riattivazione di un rapporto assicurativo sulla vita in stato di quiescenza per la mancata corresponsione del premio — allorché per la riattivazione medesima siano previsti ulteriori adempimenti quali quelli della corresponsione degli interessi e della sottoposizione a nuova visita medica.

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relative all'articolo 1924 Codice Civile

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Mario R. chiede
lunedì 27/11/2017 - Liguria
“Buongiorno,<br />
ho sottoscritto negli anni scorsi con la compagnia di assicurazioni ...omissis..., Agenzia di S., alcuni contratti per prodotti di investimento definiti dalla stessa "valore futuro plan" " valore risparmio plan" "...omissis...Pemium".<br />
Ho appreso solo ad oggi, dopo quasi due anni di richieste di conoscere la mia esatta posizione contrattuale e solleciti all'agenzia per il tramite del loro incaricato prima e dell'agente generale poi, che gli investimenti da me effettuati sono stati tutti "stornati" per mancato pagamento dei premi ricorrenti.<br />
Nessuna richiesta di pagamento dei premi mi é mai stata rivolta né per iscritto né in altri modi.<br />
Addirittura alcune polizze non mi sono state mai consegnate.<br />
Chiesto la risoluzione dei contratti e la restituzione delle somme da me investite la Compagnia ha opposto il diniego invocando l'art.1924 c.c. sebbene, i realtà, ci si trovi di fronte a veri e propri strumenti ed investimenti finanziari ancorché vestiti da polizze assicurative.<br />
Ed ancora più grave, dall'esame della documentazione inviate dalla compagnia all'atto della mia richiesta di risoluzione, sono emerse firme apocrife nelle proposte di contratto e nelle polizze da me mai ricevute, probabilmente apposte da terzi per regolarizzare la situazione amministrativa interna.<br />
Quale può essere l'esatta interpretazione del contendere e cioé, al di là dell'eventuale sollevazione del reato di falso, può essere da me invocata la risoluzione del contratto per difetto nella comunicazione e nelle richieste di pagamento da parte dell'agenzia o della compagnia?<br />
In sostanza quale articolo di legge posso invocare a buon diritto per ottenere quantomeno la restituzione delle somme secondo me indebitamene da loro trattenute?<br />
Nel ringraziare in anticipo resto in trepidante attesa di cortese riscontro.”
Consulenza legale i 03/12/2017
E’ bene chiarire, in primo luogo, di cosa stiamo parlando.
Il tipo di polizze in questione costituiscono un piano di accumulo assicurativo: sostanzialmente si tratta di una soluzione d’investimento a premi ricorrenti con la quale si può accumulare, appunto, un capitale.
Questo strumento assicurativo ha una doppia natura e funzione: da un lato di protezione del capitale investito (una sua parte è il frutto della rivalutazione di una parte del capitale precedentemente investito in una gestione separata appartenente alla compagnia assicurativa) e dall’altro di investimento (diversificato): più in particolare, si tratta di un contratto di assicurazione” a vita intera” e a premi ricorrenti, con capitale in parte rivalutabile e in parte direttamente collegato a OICR esterni (si veda in seguito la definizione).
Polizza “a vita intera” significa che la durata della polizza vita coincide con l’intera vita dell’assicurato che percepisce periodicamente una prestazione in euro, a fronte del premio pagato. È comunque possibile esercitare il diritto di riscatto dopo almeno tre anni di versamenti effettuati, a condizione che l’assicurato sia in vita.
“Premi ricorrenti” significa che si versa un premio annuo che può anche essere rateizzato in pagamenti mensili, trimestrali o semestrali. Il premio dovuto non è fisso ma cresce in base all’andamento dell’indice ISTAT. Il contraente può anche richiedere (e ottenere) altri generi di modifiche al premio iniziale, riuscendo così ad aumentarlo o a diminuirlo in base alle sue specifiche esigenze.
Gli OICR, “Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio”, in Italia, sono organismi con forma giuridica variabile che investono in strumenti finanziari o altre attività somme di denaro raccolte tra il pubblico di risparmiatori, operando secondo il principio della ripartizione dei rischi.

Ciò chiarito, il suddetto prodotto rientra nella categoria delle polizze vita: per questo motivo, il richiamo della Compagnia Assicurativa all’art. 1924 c.c. è del tutto pertinente rispetto al tipo di contratto.
Tuttavia, è evidente che emergono altre questioni che importano una grave responsabilità della Compagnia Assicurativa (o meglio dell’Agenzia che ha proposto/venduto il prodotto) e che possono, ad avviso di chi scrive, condurre ad un’eccezione di inadempimento in grado di “paralizzare” quella avversa.

In primo luogo si parla firme false sulle polizze, polizze che all’inizio del rapporto non erano state neppure tutte consegnate.
La firma falsa – al di là della rilevanza penale che la circostanza assume – potrebbe legittimare, ad avviso di chi scrive, un eccezione di nullità integrale del contratto, ai sensi dell’art. 1418 c.c., per mancanza di accordo tra le parti.
Va detto però che tale strategia incontra dei limiti: occorre ricordare, infatti, che l’art. 1888 c.c. non impone la forma scritta per la validità del contratto di assicurazione, che dunque può anche essere validamente stipulato solo tramite accordo verbale.
Nel caso di contestazione da parte dell’assicurato (il quale sostiene di non aver mai visto alcune polizze: dunque non poteva conoscerne le condizioni) l’assicuratore avrebbe un pesante onere probatorio in ordine al contenuto del contratto (a tale ultimo proposito, in effetti, è opinione pacifica che la prova scritta venga richiesta dalla norma solamente in ordine al contenuto del contratto, mentre in ordine all’avvenuta sottoscrizione è ammesso ogni genere di prova, anche testimoniale).
La nullità farebbe venire meno il contratto sin dall’origine (è come se non fosse mai esistito) ed attribuirebbe al contraente che la eccepisce il diritto alle restituzioni (ovvero, nel caso di specie, il diritto a riavere indietro ogni somma indebitamente corrisposta ed investita).

Si ritiene che sia più agevole, tuttavia, per ottenere la restituzione di quanto già investito, far leva sul mancato adempimento, da parte dell’assicuratore, degli obblighi precontrattuali e di esecuzione del contratto imposti dalla normativa speciale.
Il primo riferimento è il Codice delle Assicurazioni private, che all’art. 166 recita: “Il contratto e ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente. 2. Le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza.”
Questo articolo si affianca all’art. 35, 1° comma, del Codice del Consumo ed all’art. 1341 c.c. ponendo a carico dell’assicuratore ed a tutela del contraente ulteriori oneri di forma nella redazione del contratto.
Qualche studioso ritiene che la prima parte di tale articolo abbia addirittura implicitamente abrogato il primo comma del 1888 c.c. imponendo il requisito della forma scritta come obbligatorio anche per la validità del contratto assicurativo e non solo ai fini della sua prova.

In relazione ad una polizza vita di contenuto finanziario (come quella in oggetto) l’assicuratore (così come il proprio intermediario o promotore) ha l’obbligo – ai sensi degli articoli [[n1175]], 1337 e 1375 c.c. – di fornire al cliente un’informazione esaustiva, chiara e completa sul contenuto del contratto (Cassazione civile, sez. III, 24/04/2015, n. 8412), nonché di proporgli polizze assicurative realmente utili alle sue esigenze, la violazione di tali doveri integrando una condotta negligente ai sensi dell’art. 1176, 2° comma, c.c. (“Gli obblighi specifici del broker sono disciplinati dettagliatamente dall'art. 120, comma 3, D.Lgs. 209/2005 facendo gravare sull'intermediario un obbligo di consiglio e consulenza nei confronti del cliente, che non si limita ad una mera informativa sulle caratteristiche del contratto proposto, ma si sostanzia in una vera e propria comprensione delle necessità dell'assicurato, al fine di proporre un prodotto adeguato alle sue esigenze” (Corte appello Milano, sez. I, 04/01/2017, n. 21).
Non solo, ma anche l’art. 183 sempre del Codice delle Assicurazioni private precisa che “1. Nell'offerta e nell’esecuzione dei contratti le imprese e gli intermediari devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati; b) acquisire dai contraenti le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative o previdenziali ed operare in modo che siano sempre adeguatamente informati”.
L’art. 185 del medesimo codice, ancora, stabilisce: “1. Le imprese di assicurazione italiane e quelle estere operanti nel territorio della Repubblica, sia in regime di stabilimento che in regime di libertà di prestazione di servizi, consegnano al contraente, prima della conclusione del contratto ed unitamente alle condizioni di assicurazione, una nota informativa predisposta nel rispetto delle disposizioni del presente articolo.
2. La nota informativa contiene le informazioni, diverse da quelle pubblicitarie, che sono necessarie, a seconda delle caratteristiche dei prodotti e dell'impresa di assicurazione, affinché il contraente e l'assicurato possano pervenire a un fondato giudizio sui diritti e gli obblighi contrattuali e, ove opportuno, sulla situazione patrimoniale dell'impresa. (…).”.
Parrebbe che, nel caso di specie, tale obbligo di informativa preventivo non sia stato minimamente assolto.
Il quarto comma dell’articolo da ultimo citato impone, poi, specifici obblighi informativi in caso di contratti afferenti ai rami vita.
La mancata consegna dell’informativa può comportare violazione del già citato 1337 c.c. (“Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”), l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 320 (“Chiunque ometta la consegna della nota informativa di cui all'articolo 185 prima della conclusione del contratto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilacinquecento ad euro venticinquemila”) e l’applicazione dii misure interdittive e cautelari da parte dell’ISVAP (art. 184 del Codice in commento).

Sia il Codice delle Assicurazioni private che diversi Regolamenti ISVAP impongono l’osservanza di obblighi informativi, di trasparenza e di comportamento in sede precontrattuale e di esecuzione del contratto.
In merito, ad esempio, alla mancanza di tempestivo riscontro alle richieste dell’assicurato in ordine al rapporto contrattuale, l’Art.1 circolare ISVAP 403/2000 stabilisce che il contraente ha diritto a ricevere, in qualsiasi momento, informazioni sull'evoluzione del rapporto assicurativo, con particolare riferimento all'ammontare del valore di riscatto maturato, e al riepilogo dei premi pagati ad una certa data, e ciò entro 10 giorni dalla richiesta.

Ancora, la consegna della polizza, che è il documento probatorio tipico dell’assicurazione, rappresenta un obbligo specifico dell’assicuratore, per cui se tale consegna manca il contratto non sarà invalido, ma si configurerà un inadempimento al contratto ai sensi dell’art. 1218 c.c.
Da ultimo si aggiunga che, mentre in una polizza il cui premio rimane invariato nel tempo si potrebbe sostenere che l’assicurato, conoscendone la scadenza per contratto, ha l’onere di ricordarsi dell’incombente e di provvedere al pagamento anche se l’assicuratore non lo avvisa, nel caso in esame la polizza ha un premio annuale che cresce in base all’andamento dell’indice ISTAT e che può anche variare a seconda delle scelte dell’assicurato. Sarebbe stato, quindi, impossibile, nella fattispecie in esame, per il cliente provvedere al pagamento dei premi in modo esatto in assenza di adeguata informativa sull'ammontare dei premi stessi.

Da tutto quanto sopra illustrato si evince come vi sia ampio margine per la contestazione all’intermediario assicurativo di un grave inadempimento e per la conseguente richiesta di risoluzione del contratto – con restituzione dell’indebito corrisposto – e diritto al risarcimento del danno.
L’inadempimento dell’assicuratore, infatti, attiene al momento della conclusione del contratto ed alla sua prima fase esecutiva, quindi ad un momento temporalmente e logicamente anteriore al mancato pagamento dei premi (che comunque, lo si ribadisce, non sono mai stati comunicati).
All’invocazione del 1924 c.c., ad avviso di chi scrive, si potrà eccepire, per contro, che l’apparente inadempimento del contraente è stato determinato dall'inosservanza dei molteplici doveri di informativa, trasparenza e diligenza incombenti sull’assicuratore. Il contratto, dunque, è da considerarsi certamente risolto ma a causa dell’inadempimento dell’assicuratore, non certo dell’assicurato, con diritto alle restituzioni.

Considerata la specificità della materia e la complessità della vicenda, si consiglia caldamente di farsi assistere da un legale nel dialogo con l’agenzia.