(massima n. 1)
In tema di appalto, il risarcimento del danno in caso di vizi dell'opera appaltata, rimedio alternativo ed autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall'art. 1668 c.c., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall'appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori, deve essere raccordato con la particolare natura dell' "opus" commissionato. Ne consegue che, se l'oggetto dell'appalto sia costituito dalla realizzazione di una "res", gli interventi emendativi si rapportano all'opera come sarebbe dovuta risultare, ove realizzata a regola d'arte; mentre, se oggetto dell'appalto sia l'esecuzione di un'attività sul bene del committente, alla luce dei medesimi criteri di proporzionalità tra oggetto dell'appalto e danno, il risarcimento non può concretarsi in un radicale intervento di ripristino della cosa (come avvenuto nella specie, per la messa a punto dei motori di un natante), facendo altrimenti conseguire al danneggiato una "res" qualitativamente migliore rispetto a quella anteriore, nella quale pure l'originario oggetto dell'appalto viene ricompreso.