Cass. civ. n. 10157/2018
Il principio secondo cui il provvedimento di rinvio d'ufficio di un'udienza istruttoria non deve essere notificato alla parte contumace, non prevedendolo l'art. 292 c.p.c. né l'art. 82, comma 3, disp. att. c.p.c., trova applicazione anche quando oggetto di tale rinvio sia l'udienza fissata per l'espletamento dell'interrogatorio formale dello stesso contumace; pertanto, qualora la controparte abbia ritualmente provveduto alla notificazione dell'ordinanza ammissiva dell'interrogatorio, il giudice può valutare, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., la mancata presentazione alla nuova udienza del contumace il quale ha gli elementi per venire a conoscere la relativa data. (Rigetta, TRIBUNALE GROSSETO, 18/02/2014).
Cass. civ. n. 9436/2018
In tema di prove, con riferimento all'interrogatorio formale, la disposizione dell'articolo 232 c.p.c. non ricollega automaticamente alla mancata risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BARI, 19/03/2015).
Cass. civ. n. 19833/2014
La sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all'interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l'art. 232 cod. proc. civ., a differenza dell'effetto automatico di "ficta confessio" ricollegato a tale vicenda dall'abrogato art. 218 del precedente codice di rito, riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio "valutato ogni altro elemento di prova"), onde l'esercizio di tale facoltà, rientrando nell'ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità. (Rigetta, App. Bari, 06/04/2011).
Cass. civ. n. 17719/2014
In tema di prove, l'art. 232 cod. proc. civ. non ricollega, automaticamente, alla mancata risposta all'interrogatorio formale, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma riconosce al giudice soltanto la facoltà di ritenere come ammessi i fatti dedotti con il mezzo istruttorio, purché concorrano altri elementi di prova. (Nella specie, relativa ad un'azione revocatoria fallimentare di rimesse solutorie in conto corrente bancario, la corte territoriale aveva ricavato dalla mancata presentazione del legale rappresentante della banca a rendere l'interrogatorio, unitamente alle segnalazioni nella Centrale Rischi della Banca d'Italia, la prova della conoscenza dello stato di insolvenza del correntista).
Cass. civ. n. 7783/2010
La norma dell'art. 232 c.p.c. - secondo cui la mancata presentazione o il rifiuto di rispondere consente al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio formale - è applicabile anche al caso di dichiarazioni che, per il loro contenuto reticente o evasivo, possono essere equiparate alla mancata risposta.
Cass. civ. n. 6181/2009
Ai fini del raggiungimento della prova per presunzioni, le soglie minime di gravità, precisione e concordanza richieste dall'art. 2729 cod. civ. e la possibilità di ritenere come ammessi, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., i fatti dedotti nell'interrogatorio formale, cui il convenuto non abbia ingiustificatamente risposto, sono valutate dal giudice di merito alla luce del complessivo contesto, sostanziale e processuale, con la conseguenza che i fatti possono ritenersi di volta in volta provati o non provati all'esito di una valutazione caso per caso e che quest'ultima non è sindacabile in sede di legittimità purché adeguatamente e congruamente motivata. (Nella specie, proposta azione risarcitoria da parte di persona che, nel badare alla manutenzione dell'appartamento di un parente assente, era inciampata in un tappeto lasciato arrotolato sul pavimento, il giudice di merito, con valutazione considerata corretta dalla S.C., aveva ritenuto non raggiunta la prova sia del nesso di causalità tra la caduta della persona e la posizione dell'oggetto sia della colpa del proprietario dell'immobile).
Cass. civ. n. 10827/2008
I documenti formati dalla stessa parte che li produce (nella specie avvisi di pagamento per la sosta di un parcheggio, con indicazione delle date e delle ore ), se caratterizzati da un apprezzabile grado di specificità, possono assumere valenza indiziaria e costituire una risultanza di riferimento sufficiente a consentire al giudice di ritenere per ammessi, ai sensi dell'art. 232, primo comma, c.p.c., i fatti dedotti nell'interrogatorio cui la parte non abbia risposto (fattispecie relativa a domanda di pagamento di corrispettivo per la sosta di veicolo in area pubblica gestita da società privata).
Cass. civ. n. 3258/2007
In tema di prove, con riferimento all'interrogatorio formale, la disposizione dell'articolo 232 c.p.c. non ricollega automaticamente alla mancata risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva rigettato una domanda di restituzione di somme di danaro perché la mancata comparizione del convenuto all'interrogatorio deferitogli dall'attrice non costituiva prova sufficiente dell'asserito rapporto di mutuo, considerato che l'esistenza di una relazione sentimentale tra le parti rendeva incerta l'individuazione della causa sottostante l'emissione degli assegni in favore del convenuto medesimo).
Cass. civ. n. 22407/2006
In tema di interrogatorio formale, l'inciso contenuto nell'art. 232 c.p.c. — secondo il quale il giudice può ritenere ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio se la parte non si presenta o si rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, «valutato ogni altro elemento di prova» — va interpretato nel senso che la mancata risposta non equivale ad una confessione, ma può assurgere a prova dei fatti dedotti secondo il prudente apprezzamento del giudice (art. 116 c.p.c.), il quale può trarre elementi di convincimento in tal senso non solo dalla concomitante presenza di elementi di prova indiziaria dei fatti medesimi, ma anche dalla mancata proposizione di prove in contrario. (Nella specie, il convenuto non comparso aveva omesso di indicare qualsiasi elemento di prova a sostegno dell'eccezione di decorrenza del contratto di affitto da annata agraria antecedente a quella indicata dai ricorrenti).
Cass. civ. n. 5240/2006
La mancata comparizione della parte all'interrogatorio formale costituisce un comportamento la cui valutazione, sul piano probatorio, è rimessa all'apprezzamento di fatto del giudice di merito, il quale, fermo l'obbligo di motivazione, può negare ad esso qualsiasi valore, qualora ritenga che i fatti dedotti non siano suffragati da alcun elemento di riscontro.
Cass. civ. n. 15389/2005
La valutazione, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., della mancata risposta all'interrogatorio formale rientra nell'ampia facoltà del giudice di merito di desumere argomenti di prova dal comportamento delle parti nel processo, a norma dell'art. 116 c.p.c.: in particolare, il giudice può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio stesso quando la parte non si presenti a rispondere senza giustificato motivo, valutando ogni altro elemento probatorio, che non deve risultare ex se idoneo a fornire la prova del fatto contestato, poichè in tal caso sarebbe superflua ogni considerazione circa la mancata risposta all'interrogatorio, ma deve soltanto fornire elementi di giudizio integrativi, idonei a determinare il convincimento dei giudice sui fatti dedotti nell'interrogatorio medesimo; l'esercizio di tale potere non può essere censurato in sede di legittimità nè per violazione di legge nè per vizio di motivazione.
Cass. civ. n. 2864/2003
La sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all'interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l'art. 232 c.p.c., a differenza dell'effetto automatico di ficta confessio ricollegato a tale vicenda dall'abrogato art. 218 del precedente codice di rito, riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”), onde l'esercizio di tale facoltà, rientrando nell'ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 13635/2001
La valutazione, ai sensi dell'art. 232 c.p.c., della mancata risposta all'interrogatorio formale rientra nell'ampia facoltà del giudice del merito di desumere argomenti di prova dal comportamento delle parti nel processo, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, c.p.c., con la conseguenza che l'esercizio negativo di tale potere non può essere censurato in sede di legittimità né per violazione di legge, né per vizio di motivazione non è in particolare configurabile un vizio di motivazione per il fatto che il giudice di secondo grado abbia esercitato il proprio potere discrezionale in modo diverso rispetto al giudice di primo grado, atteso che il contenuto e l'estinzione del potere di valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di secondo grado sono uguali a quelli del giudice di primo grado, onde il secondo giudice non è in alcun modo vincolato al diverso esercizio della discrezionalità da parte del primo giudice.
Cass. civ. n. 11233/1997
La mancata risposta della parte all'interrogatorio formale rappresenta un fatto qualificato, riconducibile al più ampio ambito del comportamento della parte nel processo cui il giudice può riconnettere valore di ammissione dei fatti dedotti e così di prova, ma che resta tuttavia soggetto alla sua prudente valutazione ed al quale, quindi, il giudice può negare nel caso concreto quel valore quando ritenga i fatti dedotti non suffragati dagli altri elementi acquisiti al processo purché dia conto del proprio convincimento con adeguata motivazione.
Cass. civ. n. 5194/1997
La valutazione del giudice di merito sulla sussistenza o meno di un legittimo impedimento alla comparizione della parte per rispondere all'interrogatorio formale, e quindi sulla configurabilità di una sua mancata risposta, costituendo un giudizio di fatto non è sindacabile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 1648/1996
La contumacia del convenuto e la mancata risposta del medesimo all'interrogatorio formale non dimostrano la fondatezza della pretesa dell'attore, atteso che il giudice può ritenere come ammessi i fatti oggetto dell'interrogatorio solo dopo aver valutato ogni elemento di prova (art. 232 c.p.c.), mentre la contumacia — la quale è un fatto processuale che determina specifici effetti, espressamente previsti e determinati dalla legge — non introduce deroghe al principio dell'onere della prova, né può assumere alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore.
Cass. civ. n. 5089/1993
Ai sensi dell'art. 232, comma primo, c.p.c., il giudice può ritenere come ammessi, valutando ogni altro elemento probatorio, i fatti dedotti nell'interrogatorio formale, qualora la parte non si presenti a rispondere senza giustificato motivo. L'ulteriore elemento probatorio non deve peraltro essere ex se suscettivo di fornire piena prova — poiché in tal caso, risultando assolto l'onere della prova, sarebbe superflua la considerazione della mancata risposta all'interrogatorio — ma deve soltanto fornire elementi di giudizio integrativi, idonei a determinare il convincimento del giudice sui fatti dedotti nell'interrogatorio.
Cass. civ. n. 2690/1987
Non è viziata da omessa motivazione la sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all'interrogatorio formale, dal momento che la legge consente di desumere solo elementi indiziari dalla mancata risposta della parte, affermando che il giudice può ritenere come ammessi, valutato ogni altro elemento di prova, i fatti dedotti nell'interrogatorio, e l'esercizio di tale facoltà, rientrando nel potere discrezionale del giudice del merito, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 454/1981
Il principio secondo cui sfugge al controllo di legittimità la valutazione delle risultanze probatorie da parte del giudice del merito, giacché la ricerca dei vari elementi di prova e la valutazione di essi sono attività demandate alla esclusiva potestà del giudice di merito, è valido ed operante solo ove detto giudice dia contezza, nella motivazione, delle ragioni che sorreggono l'apprezzamento e, in ogni caso, mostri di avere tenuto presente l'intero quadro probatorio acquisito. È, pertanto, censurabile in sede di legittimità la pronuncia di merito che non valuti la mancata comparizione del convenuto a rendere l'interrogatorio formale deferitogli, nel quadro degli elementi da valutare, saggiandone la consistenza alla luce e nel necessario coordinamento con altri elementi del complesso probatorio o che si limiti ad affermare che i testi addotti da una parte sono stati smentiti da quelli della controparte, senza indicare le ragioni della scelta adottata.
Cass. civ. n. 222/1963
L'impedimento alla presentazione al giudice per rispondere all'interrogatorio deferito in primo grado deve essere dimostrato in tale fase del processo, e non può essere dedotto per la prima volta in fase di appello né per contrastare le conseguenze di ordine probatorio che il giudice può avere tratto, a norma dell'art. 232 c.p.c., dalla mancata presentazione, né tanto meno, al fine di essere riammesso, nella stessa fase d'appello, a rendere l'interrogatorio.
Cass. civ. n. 3453/1962
L'art. 232 c.p.c. (in tema di mancata risposta all'interrogatorio) rimette alla facoltà discrezionale del giudice ritenere come ammessi i fatti dedotti, mentre il corrispondente art. 218 c.p.c. abrogato poneva senz'altro, al riguardo, una presunzione iuris tantum di tacita confessione.
Cass. civ. n. 2249/1956
Quando nell'udienza originariamente fissata per l'assunzione dell'interrogatorio il giudice ne abbia disposto il rinvio ad una udienza successiva la parte interroganda, la quale voglia evitare gli effetti previsti dal primo comma dell'art. 232 c.p.c., ha l'onere di ripresentarsi alla nuova udienza.