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Articolo 7 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Giurisdizione amministrativa

Dispositivo dell'art. 7 Codice del processo amministrativo

1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico.

2. Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo.

3. La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito.

4. Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.

5. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall'articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.

6. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall'articolo 134. Nell'esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all'amministrazione.

7. Il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.

8. Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.

Spiegazione dell'art. 7 Codice del processo amministrativo

Questa norma è una delle più importanti di tutto il Codice del processo amministrativo.
Essa, infatti, contiene delle previsioni cruciali in tema di riparto di giurisdizione, recependo come unico criterio quello della c.d. causa petendi, in attuazione del disposto costituzionale.
L’art. 103 della Costituzione, infatti, prevede la giurisdizione degli organi di giustizia amministrativa per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
Secondo il criterio sposato dalla Carta fondamentale, pertanto, ciò che rileva ai fini del riparto della giurisdizione è solo la natura della situazione soggettiva vantata dal privato (e non invece, come a lungo sostenuto da molti, il c.d. petitum formale).
Ebbene, di questo criterio è espressione anche la norma in commento: la giurisdizione amministrativa sussiste infatti per le controversie in cui si faccia questione di:
  • interessi legittimi
  • diritti soggettivi nelle particolari materie indicate dalla legge
e che riguardino l’esercizio o il mancato esercizio del potere pubblico: sono comprese, quindi, tutte le possibili manifestazioni di tale potere, attive o omissive, dirette o indirette.
Il catalogo degli atti sindacabili, infatti, è molto ampio e comprende provvedimenti, atti, accordi (sui quali si veda art.11 L. 241/1990) e comportamenti. Il legislatore, tuttavia, esclude espressamente la giurisdizione del Giudice Amministrativo per le controversie riguardanti gli atti emanati al Governo nell’esercizio del potere politico.

Il secondo comma della norma si occupa di fornire una nozione ampia di Pubblica Amministrazione, alla quale il legislatore riconduce altresì i soggetti equiparati e i soggetti che, pur non presentandosi formalmente come enti pubblici ma come privati, sono comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo (es. soggetti concessionari di un servizio pubblico).

Al terzo comma, poi, è delineata una tripartizione della giurisdizione amministrativa.
Essa, schematicamente, è articolata in:
  1. giurisdizione generale di legittimità: tale tipologia di giurisdizione è “generale” in quanto ha ad oggetto ogni forma di tutela degli interessi legittimi. “Di legittimità”, poi, significa che il giudice può verificare se gli atti, i provvedimenti e le omissioni della Pubblica Amministrazione sono stati rispettosi delle prescrizioni di legge, senza però potersi sostituire ad essa in caso di violazione. L’ambito della giurisdizione generale di legittimità è delimitato dal comma quarto, il quale comprende espressamente altresì le controversie relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali;
  2. giurisdizione esclusiva: essa consiste nell’attribuzione alla cognizione del Giudice Amministrativo di controversie afferenti, oltre che agli interessi legittimi, anche e in via principale ai diritti soggettivi. È di estrema importanza precisare che presupposto affinchè si radichi la giurisdizione esclusiva è che vi sia una connessione con il potere. Il comma quinto della norma in esame, peraltro, precisa che in tali casi il Giudice Amministrativo conosce e decide anche le controversie di natura risarcitoria. Le materie di giurisdizione esclusiva, nello specifico, sono indicate dalla legge e dall’art. 133 c.p.a.;
  3. giurisdizione estesa al merito: tale tipologia di giurisdizione – che sussiste, come precisato dal comma sesto, nelle controversie indicate dall’art. 134 c.p.a. – si caratterizza per il potere del Giudice Amministrativo non solo di valutare i profili di opportunità posti a base degli atti della P.A. ma anche di riformarne direttamente il provvedimento, sostituendosi ad essa.
Sulla norma in commento resta infine da precisare che il comma settimo codifica il c.d. principio di concentrazione delle tutele, disponendo che il principio di effettività (sul quale si veda supra, nello specifico sub art. 1c.p.a.) è realizzato mediante la concentrazione dinnanzi al G.A. di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.

Massime relative all'art. 7 Codice del processo amministrativo

Cass. civ. n. 3664/2019

Spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di licenza per finita locazione di un'area appartenente a un Comune, concessa in godimento per lo svolgimento dell'attività di distribuzione di carburanti in forza di un contratto che, per il "nomen iuris" scelto dalle parti e per il suo contenuto, sia riconducibile allo schema del contratto di locazione ad uso commerciale, atteso che, affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili ai sensi dell'art. 826, comma 3, c.c. e la sua concessione in godimento possa essere qualificata come concessione-contratto, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico e dell'effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio. (Nella specie, la S.C. ha escluso la sussistenza di entrambi i requisiti, in quanto la conclusione di un contratto privatistico evidenziava l'assenza di volontà autoritativa del Comune e l'attività di distribuzione di carburanti, in precedenza soggetta a concessione prefettizia, era divenuta, ai sensi dell'art. 1 del d.Lgs. n. 32 del 1998, un'attività liberamente esercitabile sulla base di una semplice autorizzazione comunale, anche su suoli di proprietà privata).

Cass. civ. n. 3389/2019

L'efficacia dell'annullamento di un atto amministrativo generale a contenuto normativo oltrepassa i soggetti che sono stati parti del giudizio o del procedimento di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in quanto impedisce all'Amministrazione di continuare ad applicare la norma in una serie indeterminata di casi a far data dal passaggio in giudicato della pronuncia di annullamento. (Fattispecie relativa ad annullamento della delibera di incremento tariffario a seguito di ricorso straordinario al Presidente della Regione Sicilia in cui la S.C. ha riconosciuto a idoneità a formare giudicato al relativo decreto, emesso successivamente all'entrata in vigore dell'art. 69 della L. n. 69 del 2009 e dell'art. 7 del d.lgs. n. 104 del 2010).

Cons. Stato n. 3154/2019

Se viene impugnato un atto di rideterminazione dei canoni concessori occorre valutare se lo stesso sia per esercizio di attività vincolata ovvero per atto discrezionale; nel primo caso la situazione soggettiva del privato è di diritto soggettivo e la controversia è della giurisdizione ordinaria, nel secondo di interesse legittimo è della giurisdizione amministrativa.

Cass. civ. n. 9862/2019

Il fondamentale criterio discretivo della giurisdizione del G.O. rispetto a quella del G.A., ormai accolto dalla giurisprudenza di legittimità, è quello del petitum sostanziale a termini del quale il riparto va operato in relazione alla posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio (causa petendi), posizione individuata dal Giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione, mentre il petitum viene in considerazione solo ai fini della determinazione dei poteri che, nella sfera della propria rispettiva competenza, siano attribuiti al G.O. e al Giudice amministrativo; bisogna, pertanto, far riferimento alla natura della situazione soggettiva controversa e verificare, in particolare, se il privato, ricorrendo le condizioni previste dalla legge, vanti un vero e proprio diritto soggettivo oppure sia titolare di un interesse legittimo (il che, comunque, non è dirimente nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A.).

Un criterio al quale viene fatto frequente riferimento, per stabilire se ci si trovi di fronte ad un diritto soggettivo oppure ad un interesse legittimo, è quello che si fonda sulla distinzione tra provvedimento "discrezionale" e provvedimento "vincolato", sostenendosi che mentre nel primo caso, nel quale l'Amministrazione possiede ampia libertà di apprezzamento, il privato non potrà che vantare un interesse legittimo, la cui cognizione è devoluta (in via generale) al G.A., nel secondo, nel quale il comportamento dell'Autorità Amministrativa è completamente vincolato dalla legge, il privato risulta titolare di un diritto soggettivo perfetto, tutelabile innanzi al G.O.; tale criterio, pur non potendosi considerare tout court "erroneo", non può ritenersi "esaustivo", in quanto se è pur vero che l'interesse legittimo si correla, di norma, all'esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, non è altrettanto vero che di fronte ad un provvedimento vincolato il privato vanti sempre diritti soggettivi, ben potendo sussistere posizioni di interesse legittimo in relazione a provvedimenti vincolati, a condizione che questi ultimi siano emanati in via primaria ed immediata per la cura degli interessi pubblici e non per la soddisfazione di aspettative dei privati.

Cons. Stato n. 2394/2019

La controversia promossa per ottenere l'annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le volte in cui l'amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l'erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall'esercizio di poteri di autotutela dell'amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l'interesse pubblico.

Cass. civ. n. 9678/2019

In tema di certificazione biologica dei prodotti agricoli, disciplinata dal reg. n. 2092/1991/CEE, sostituito dal reg. n. 834/2007/CE e succ. modif., gli organismi privati autorizzati dal Ministero delle Politiche agricole e forestali, ai sensi del d.lgs. n. 220 del 1995, ad effettuare i controlli ed a rilasciare la certificazione, non assumono la veste di P.A. ex art. 7, comma 2, c.p.a., né partecipano all'esercizio di un pubblico potere, svolgendo essi un'attività ausiliaria, valutativa e certificativa (prelievi e analisi), sotto la sorveglianza dell'autorità pubblica, che si sostanzia in apprezzamenti ed indagini da compiersi sulla base di criteri esclusivamente tecnici e scientifici, costituente espressione di una discrezionalità meramente tecnica, in relazione alla quale sorgono in capo ai soggetti privati destinatari del controllo posizioni di diritto soggettivo la cui tutela rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. (Fattispecie relativa a domanda risarcitoria avanzata da un produttore di limoni nei confronti dell'organismo privato autorizzato che aveva "ingiustamente e negligentemente" disposto, in esecuzione del contratto di certificazione "bio", il divieto di commercializzazione del prodotto come biologico sulla base del prelevamento di un solo campione dello stesso).

Cons. Stato n. 2088/2019

Dalla giurisdizione del giudice amministrativo sono escluse le controversie relative al pagamento di indennità, canoni od altri corrispettivi solo quando non sia necessaria un'indagine sul contenuto del rapporto e sugli atti posti in essere dal concedente nel corso del suo svolgimento. Infatti, restano devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie che coinvolgono l'esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell'indennità o altri corrispettivi e comunque l'asserita violazione degli obblighi nascenti dal rapporto concessorio.

La giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto della stessa tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, il quale deve essere identificato soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscano manifestazione.

Cass. civ. n. 7207/2019

Poiché la pronuncia di rigetto del giudice amministrativo si esaurisce nella conferma del provvedimento impugnato e non si sostituisce all'atto amministrativo - conservando l'autorità che lo ha emesso tutti i poteri che avrebbe avuto se l'atto non fosse stato impugnato, eccetto la possibilità di ravvisarvi i vizi di legittimità ritenuti insussistenti dal giudice -, non è ipotizzabile in tale tipo di pronuncia uno sconfinamento nella sfera del merito e quindi della discrezionalità e opportunità dell'azione amministrativa.

Cons. Stato n. 1520/2019

In materia di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per tutte le controversie attinenti alla fase successiva al provvedimento di assegnazione, giacché nell'ambito di detta fase la P.A. non esercita un potere autoritativo, ma agisce quale parte di un rapporto privatistico di locazione. Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto l'atto di revoca/decadenza dell'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, fondato sul successivo venir meno dei presupposti per il mantenimento del diritto all'occupazione dell'alloggio. Infatti, solo la sussistenza di profili ostativi all'atto della disposta assegnazione e la conseguenziale adozione di un atto di annullamento dell'assegnazione medesima possono configurare un'ipotesi di sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di profilo incidente sulla fase del procedimento amministrativo in cui la P.A. esplica poteri autoritativi.

Cons. Stato n. 1490/2019

In tema di contributi e finanziamenti, sussiste una situazione giuridica soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario. Se la controversia riguarda la fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo.

Corte cost. n. 179/2016

Se, di norma, la p.a. è parte resistente nel processo amministrativo, dapprima l'art. 11, comma 5, L. 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) ed in seguito l'art. 133, comma 1, lettera a), numero 2), d.lg. n. 104 del 2010, hanno devoluto alla giurisdizione esclusiva del g.a. tutte le controversie che trovano titolo negli accordi procedimentali che sostituiscono o integrano i provvedimenti amministrativi. In tali controversie, anche quando parte attrice sia l'amministrazione, la giurisprudenza di legittimità, sia ordinaria, sia amministrativa, riconosce la giurisdizione del g.a. In quanto inserite nell'ambito del procedimento amministrativo, le convenzioni e gli atti d'obbligo stipulati tra pubblica amministrazione e privati costituiscono pur sempre espressione di un potere discrezionale della stessa p.a. Tali moduli convenzionali di esercizio del potere amministrativo non hanno, quindi, specifica autonomia. In coerenza con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale, il fondamento di tali ipotesi di giurisdizione esclusiva viene legittimamente individuato nell'esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, del potere pubblico.

L'attribuzione di controversie alla giurisdizione esclusiva del G.A. «in particolari materie indicate dalla legge», ai sensi dell'art. 103 Cost., va fatta in riferimento esclusivo alle materie prescelte dal legislatore ed all'esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, di un potere pubblico. Da ciò discende la necessità, ai fini della compatibilità costituzionale delle norme di legge devolutive di controversie alla detta giurisdizione: a) che siano coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse; b) che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di "blocchi di materie", ma di materie determinate; c) che l'amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi, che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali, sia mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell'esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio.

È infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata con riferimento agli artt. 103 e 113 Cost. - dell'art. 133, comma 1, lettera a), numero 2), e lettera f), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui, secondo il diritto vivente, ricomprende, nelle materie di giurisdizione esclusiva indicate, anche le controversie nelle quali sia la pubblica amministrazione - e non l'amministrato - ad adire il giudice amministrativo.

Cass. civ. n. 11713/2016

Va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere una controversia avente ad oggetto il conferimento da parte della P.A. ad un soggetto esterno dell'incarico dirigenziale apicale (nella specie si trattava degli atti con i quali la Regione aveva proceduto, previo apposito avviso interno e poi anche esterno, al conferimento dell'incarico dirigenziale di direttore della Direzione regionale Politiche sociali). In tal caso, infatti, si è infatti di fronte ad una procedura selettiva che non può essere considerata di carattere concorsuale, facendo difetto la previsione sia della nomina di una commissione esaminatrice con poteri decisori, sia della formazione di una graduatoria finale di merito dei candidati all'esito di una valutazione comparativa, e connotandosi quindi l'individuazione del soggetto cui conferire l'incarico quale frutto di una valutazione di carattere discrezionale, che rimette all'Amministrazione la scelta, del tutto fiduciaria, del candidato da collocare in posizione di vertice.

Cass. civ. n. 11711/2016

Le controversie relative al conferimento degli incarichi dirigenziali, anche se implicanti l'assunzione a termine di soggetti esterni, sono di pertinenza del giudice ordinario, in applicazione dell'art. 63, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, purché la selezione del destinatario dell'incarico non abbia carattere concorsuale.

In tema di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a rapporti di lavoro pubblico privatizzato, spetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi. E ciò sul rilievo che possono darsi situazioni nelle quali la contestazione in giudizio della legittimità degli atti, espressione di poteri pubblicistici, previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo, nella quale il rapporto di lavoro non costituisce l'effettivo oggetto del giudizio, ma, per così dire, lo sfondo rilevante ai fini di qualificare la prospettata posizione soggettiva del ricorrente, derivando gli effetti pregiudizievoli direttamente dall'atto presupposto.

Cass. civ. n. 11710/2016

In materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, è necessario distinguere la fase procedimentale di valutazione della domanda di concessione, nella quale la legge - salvi i casi in cui riconosca direttamente il contributo o la sovvenzione - attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse primario, con apprezzamento discrezionale, da quella successiva alla concessione del contributo, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione ed all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione. Resta in ogni caso attribuita alla cognizione del giudice ordinario ogni fattispecie che prenda le mosse, tra l'altro, dall'accertato inadempimento alle condizioni imposte in sede di erogazione del contributo, una volta che il finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge ed alla P.A. sia demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza poter procedere ad apprezzamenti discrezionali dì sorta circa l'an, il quid e il quomodo dell'erogazione, nonché ogni fattispecie che riguardi la revoca della già concessa agevolazione per ragioni non attinenti a vizi dell'atto amministrativo, bensì a comportamenti posti in essere dallo stesso beneficiario nella fase attuativa dell'intervento agevolato.

Cass. civ. n. 6450/2016

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario un'azione risarcitoria proposta da un privato nei confronti della P.A. che si fonda non già su di un'illegittimità provvedimentale riconducibile a un potere discrezionale dell'Amministrazione, ma su di una condotta illecita, derivante dall'affidamento incolpevole su di un provvedimento amministrativo, in violazione del generale principio del neminem laedere. In tal caso, infatti, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, poiché l'attore lamenta una lesione della sua integrità patrimoniale ex art. 2043 c.c., rispetto alla quale l'esercizio del potere amministrativo non rileva in sé, ma per l'efficacia causale del danno-evento da affidamento incolpevole.

Cass. civ. n. 25211/2015

In materia di controversie relative a contributi e sovvenzioni pubbliche, ai fini della determinazione della giurisdizione, di regola occorre distinguere la fase procedimentale di valutazione della domanda di concessione, nella quale la legge - salvo il caso in cui riconosca direttamente il contributo o la sovvenzione - attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il beneficio, previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse primario, apprezzando discrezionalmente l'an, il quid e il quomodo dell'erogazione, da quella successiva alla concessione del contributo, in cui il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto dì sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione. Anche nella fase successiva all'erogazione del finanziamento pubblico, nella quale la posizione del privato si concreta normalmente in una situazione di diritto soggettivo, sono predicabili casi di «regressione» della posizione giuridica del soggetto privato, allorché la mancata erogazione (o il ritiro/revoca di essa) consegua all'esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della P.A., sia per vizi di legittimità, sia per contrasto, originario o sopravvenuto, con l'interesse pubblico. In tali casi la devoluzione della controversia al giudice amministrativo postula la necessità di un sindacato, da parte dell'autorità giudiziaria adita, sul corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi, valutati in sede di erogazione e venuti meno, in tutto o in parte, in presenza della quale l'indicata situazione degradi ad interesse legittimo. Resta in ogni caso attribuita alla cognizione del giudice ordinario ogni fattispecie: a) che prenda le mosse, tra l'altro, dall'accertato inadempimento alle condizioni imposte in sede di erogazione del contributo, una volta che il finanziamento sia riconosciuto direttamente dalla legge ed alla P.A. sia demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza poter procedere ad apprezzamenti discrezionali di sorta circa l'an, il quid e il quomodo dell'erogazione; b) ovvero che attenga alla revoca della già concessa agevolazione per ragioni non attinenti a vizi dell'atto amministrativo, alla sua forma, alla sua motivazione, bensì a comportamenti posti in essere dallo stesso beneficiario nella fase attuativa dell'intervento agevolato.

Cass. civ. n. 17586/2015

Anche nell'assetto normativo scaturito dal codice del processo amministrativo, non è possibile ritenere che l'azione di risarcimento danni per affidamento incolpevole del beneficiario del provvedimento amministrativo emesso illegittimamente e poi rimosso per annullamento in autotutela divenuto definitivo o per annullamento in sede giurisdizionale possa spettare alla giurisdizione del giudice amministrativo in forza della norma dell'art. 7, comma 4, c.p.a., nel presupposto che si tratti di una controversia relativa al risarcimento del danno per la lesione di un interesse legittimo, dovendosi in tal caso viceversa ritenere che la giurisdizione spetta al giudice ordinario, avendo la pretesa azionata natura di diritto soggettivo.

Cons. Stato n. 6/2014

In materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, pur dopo l'introduzione del codice del processo amministrativo, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato sulla base del generale criterio fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che: a) sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica Amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione; b) qualora la vertenza attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo, in quanto in tal caso il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione; c) viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la questione riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione dei beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario. (Nella specie, la revoca del contributo finanziario era stata disposta perché il beneficiario aveva realizzato un programma di investimento diverso da quello approvato per l'ottenimento delle agevolazioni).

Cons. Stato n. 17/2013

Nelle controversie aventi ad oggetto la revoca di agevolazioni finanziarie concesse dalla p.a., il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge (e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa) da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario apprezzando discrezionalmente l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione.

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488 e ciò, ancorché il finanziamento medesimo sia stato già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7. Infatti, la revoca del finanziamento non è oggetto di un provvedimento vincolato dall'intervenuto accertamento dell'insussistenza di un presupposto puntualmente indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente qualora "calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali"; e dunque nell'esercizio di un potere discrezionale, in relazione al quale la posizione del privato è di interesse legittimo.

Cons. Stato n. 10/2011

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in caso di impugnazione di atti unilaterali prodromici ad una vicenda societaria, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società, o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima, in quanto trattasi di una scelta organizzativa afferente al perseguimento dell'interesse pubblico, che si esercita mediante un atto di natura pubblicistica. Sussiste invece la giurisdizione ordinaria sugli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo o meno del modello societario (e salve specifiche espresse attribuzioni di giurisdizione al giudice amministrativo, come nel caso di cui all'art. 2, D.L. n. 332/2004): in tal caso, infatti, l'ente pubblico esercita i poteri ordinari dell'azionista che si traducono in atti societari sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, coerentemente con i principi di diritto comunitario che non ammettono poteri speciali da parte dell'azionista pubblico.

Cass. civ. n. 6594/2011

L'attrazione della tutela risarcitoria nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può verificarsi esclusivamente qualora il danno, patito dal soggetto che ha proceduto alla impugnazione dell'atto, sia conseguenza immediata e diretta dell'illegittimità dell'atto amministrativo impugnato.

Cons. Stato n. 1672/2011

Anche in sede di giustizia amministrativa può essere dedotta la sussistenza di danni c.d. esistenziali, che vanno ricondotti nell'alveo dei danni non patrimoniali, la cui risarcibilità è subordinata a precise condizioni, rappresentate alternativamente dalla sussistenza di una delle ipotesi previste dalla legge e dalla violazione di un diritto della persona costituzionalmente garantito a condizione, in quest'ultimo caso, che la violazione sia stata grave e che le conseguenze della lesione non siano stati futili. La pretesa risarcitoria esige un'allegazione di elementi concreti e specifici da cui desumere, secondo un criterio di valutazione oggettiva, l'esistenza e l'entità del pregiudizio subito, il quale non può essere ritenuto sussistente in re ipsa, né è consentito l'automatico ricorso alla liquidazione equitativa. Va esclusa la risarcibilità del danno non patrimoniale consistito in meri disagi e fastidi, non scaturenti da lesioni di diritti costituzionalmente garantiti.

Cons. Stato n. 808/2011

L'art. 7, comma 8, c.p.a, secondo cui "il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa", in base alle esigenze di certezza dell'ordinamento e dei rapporti giuridici e di tutela dell'affidamento, si applica solamente ai ricorsi proposti successivamente alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

Cons. Stato n. 511/2011

È inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso proposto avverso la nota del direttore generale della AUSL con cui è stato richiesto il rimborso delle somme pagate per prestazioni eccedenti la capacità operativa stabilita con l'accreditamento; infatti, in materia di soggetti convenzionati con il SSN, sussiste una posizione di interesse legittimo a fronte dell'esercizio del potere autoritativo di programmazione sanitaria espresso attraverso la fissazione della capacità operativa della struttura, mentre sussiste una posizione di diritto soggettivo, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, azionabile esclusivamente dinanzi al giudice ordinario, relativamente alle controversie riguardanti diritti patrimoniali per il riconoscimento di prestazioni rese in eccedenza rispetto ai limiti massimi predeterminati per ciascuna struttura.

Cons. Stato n. 8648/2010

La cognizione della controversia avente ad oggetto il provvedimento prefettizio, adottato ai sensi dell'art. 128 Codice della Strada, disponente la revisione della patente di guida, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, sicché va annullato con rinvio al medesimo Tar, ai sensi dell'art. 105 comma 1, c.p.a., e per gli effetti di cui al comma 3 del citato art. 105, la sentenza del giudice amministrativo che ha declinato la propria giurisdizione.

Cons. Stato n. 5379/2010

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 7 comma 2 del codice del processo amministrativo, la controversia concernente un bando della Rai s.p.a. per la selezione di giornalisti professionisti.

Corte cost. n. 35/2010

Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la q.l.c. dell'art. 4 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, conv., con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, impugnato, in riferimento all'art. 103, comma 1, cost., in quanto devolve alla giurisdizione esclusiva dell'a.g.a. tutte le controversie, anche relative a diritti costituzionalmente tutelati, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. Premesso che la giurisprudenza della Corte ha chiaramente definito i confini della g.a. esclusiva, esigendo, ai fini della compatibilità costituzionale delle norme di legge devolutive di controversie alla detta giurisdizione, che vi siano coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse; che il legislatore assegni al a.g.a. la cognizione non di "blocchi di materie", ma di materie determinate; e che l'amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi, che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali, sia mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell'esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio; la disposizione impugnata, ove interpretata alla luce delle indicate condizioni prescritte dalla giurisprudenza costituzionale, non viola l'art. 103, comma 1, cost. Infatti, il legislatore, nell'attribuire alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, ha, innanzitutto, individuato una "particolare" materia, rappresentata appunto dalla "gestione dei rifiuti", ed ha considerato l'attività amministrativa preordinata all'organizzazione o all'erogazione del servizio pubblico di raccolta e di smaltimento dei rifiuti. Inoltre, l'espresso riferimento normativo ai comportamenti della p.a. deve essere inteso nel senso che quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall'amministrazione al di fuori dell'esercizio di un'attività autoritativa. Nella specie, venendo in rilievo questioni meramente patrimoniali connesse al mancato adempimento da parte dell'amministrazione di una prestazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio, i comportamenti posti in essere dall'amministrazione stessa non sono ricompresi nell'ambito di applicazione della norma impugnata e rientrano, invece, nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, correttamente adita. Per l'affermazione che l'art. 103, comma 1, cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario un'assoluta e incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al a.g.a. di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della p.a. investe anche diritti soggettivi, v. le citate sentenze n. 204/2004 n. 191/2006 e n. 140/2007. Nel senso che la cognizione del a.g.a., in sede di giurisdizione esclusiva, possa avere ad oggetto, nel necessario concorso degli altri requisiti indicati dalla giurisprudenza costituzionale, anche soltanto diritti soggettivi, v. la citata sentenza n. 259/2009.

Corte cost. n. 191/2006

La previsione contenuta nell'art. 53 comma 1, il quale individua (anche) nei "comportamenti" della p.a. il fatto causativo del danno ingiusto, è costituzionalmente illegittima là dove la locuzione, prescindendo da ogni qualificazione di tali "comportamenti", attribuisce alla giurisdizione esclusiva dell'a.g.a. controversie nelle quali sia parte - e per ciò solo che essa è parte - la P.A., e cioè fa dell'a.g.a. il giudice dell'amministrazione piuttosto che l'organo di garanzia della giustizia nell'amministrazione, laddove, nelle ipotesi in cui i "comportamenti" causativi di danno ingiusto - e cioè, nella specie, la realizzazione dell'opera - costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all'esercizio del pubblico potere dell'amministrazione, la norma si sottrae alla censura di illegittimità costituzionale, costituendo anche tali "comportamenti" esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della p.a.

Corte cost. n. 4/2004

Nel disegno voluto dal costituente, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non può mai avvenire per il solo fatto che parte in causa sia la p.a., ma deve avvenire sulla base della concreta situazione giuridica dedotta in giudizio (diritto soggettivo od interesse legittimo). Nel determinare quali siano le particolari materie che, ai sensi dell'art. 103 cost., possono essere devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il legislatore non gode di discrezionalità illimitata, ma è tenuto a rispettare il principio secondo cui le materie di giurisdizione esclusiva debbono essere sempre individuate in base: a) al fatto che in esse la p.a. agisca attraverso l'esercizio di poteri autoritativi; b) al fatto che esse coinvolgano comunque (anche) interessi legittimi.

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Consulenze legali
relative all'articolo 7 Codice del processo amministrativo

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. G. C. chiede
giovedì 06/06/2024
“Egregi Signori, ho in atto una causa civile del lavoro previdenziale contro INPS per un provvedimento di disconoscimento periodo lavorativo che ha causato la revoca della pensione. I provvedimenti impugnati hanno, a mio avviso, tanti vizi e ritardi ai sensi del Capo IV della Legge sui procedimenti amministrativi 241/90 che potrebbero renderli nulli o annullabili, ma mi dicono che la L.241/90 non si applica a tali cause previdenziali. Nella mia ignoranza legale, leggendo, credo che solo l'art. 10bis non si applica, ma tutto il resto si, in particolare il Capo IV.
Vorrei avere conferma che la Legge 241/90 è applicabile anche ai procedimento giudiziari del lavoro previdenziali.
Grazie”
Consulenza legale i 18/06/2024
Per dare una risposta esauriente sarebbe opportuno conoscere quali sono gli atti ritenuti in violazione del Capo IV della Legge 241/90 e quali sarebbero le motivazioni.

In generale, ai procedimenti in materia di previdenza ai sensi dell’art. 442 c.p.c. si applicano le norme di cui al Capo I del Titolo IV del Codice di Procedura Civile (Norme per le controversie in materia di lavoro) e non quelle relative al procedimento amministrativo.

Si tenga altresì presente che ai sensi dell’art. 20, comma 5-bis, della legge 241/90 “Ogni controversia relativa all'applicazione del presente articolo è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

Pertanto, se la questione dovesse vertere sul silenzio assenso, il giudice del lavoro non potrà esprimersi sul punto, essendo la giurisdizione riservata al giudice amministrativo.

Allo stesso modo, l’annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo è rimesso alla giurisdizione del giudice amministrativo, a mente dell’art. 7 del Codice del Processo Amministrativo.

Compito del giudice del lavoro, invece, nell’ambito di un procedimento per disconoscimento del periodo lavorativo è solitamente quello di verificare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto di lavoro.

Se l’Inps disconosce delle giornate di lavoro, è onere del dipendente provare che in quei giorni ha effettivamente lavorato dietro compenso.


D. A. chiede
lunedì 12/02/2024
“Spett. Brocardi,
Caso: delibera di "Programma triennale dei LLPP", il privato aveva proposto preventive "Osservazioni" allo schema dei LLPP che il Dirigente UTC ha riscontrato con propria nota di rigetto .
2 Domande:
1)il privato nel proporre ricorso al Tar avverso la delibera del Progr Trienn. LLPP e annessi, può chiamare in giudizio oltre che il Comune anche il Dirigente? (ho visto schemi di ricorsi che si rivolgono sia all'Ente che al Dirigente)
In caso affermativo qual'é il vantaggio di agire anche direttamente contro il Dirigente?
2) Oltre la domanda di annullamento dell'atto, se ne ricorrono i motivi, é possibile proporre domanda di risarcimento danni, oppure ci si può soltanto riservare di proporre tale risarcimento in un secondo momento ? e a quale giudice?
Saluti”
Consulenza legale i 26/02/2024
Quanto alla prima domanda, non si vede la necessità o il motivo di proporre l’eventuale ricorso anche direttamente contro il Dirigente che ha emanato l’atto impugnato. Infatti, il Dirigente non agisce “in proprio”, ma semplicemente come organo dell’Amministrazione, alla quale rimane imputabile l’atto (peraltro, nella fattispecie non è ben chiaro il ruolo del Dirigente, posto che il programma triennale delle opere pubbliche è un atto che rientra nella competenza del Consiglio comunale).
Circa il secondo quesito, si rileva che il Codice del processo amministrativo ammette la possibilità di avanzare domande di risarcimento danni non solo in caso di violazione di diritti soggettivi, ma anche di interessi legittimi.
In tal caso, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, al quale viene rivolta la domanda di annullamento e l’azione risarcitoria può essere avviata contestualmente a questa o entro il termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha accolto il ricorso (30).
Nella fattispecie, si nota che il provvedimento che si vorrebbe impugnare è un atto di programmazione a contenuto generale e, quindi, non è immediatamente chiaro come potrebbe essere inquadrata la domanda risarcitoria, che per essere accolta presuppone la dimostrazione di un danno da parte del ricorrente.
In ogni caso, deducendo debitamente in giudizio gli elementi suddetti, si potrebbe certamente formulare anche la domanda risarcitoria davanti al Giudice amministrativo.