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Articolo 729 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Assegnazione o attribuzione delle porzioni

Dispositivo dell'art. 729 Codice Civile

L'assegnazione delle porzioni eguali è fatta [730 c.c.] mediante estrazione a sorte. Per le porzioni diseguali si procede mediante attribuzione(1). Tuttavia, rispetto a beni costituenti frazioni eguali di quote diseguali, si può procedere per estrazione a sorte(2).

Note

(1) Esempio: qualora ai tre coeredi (Tizio, Caio e Sempronio) spettino rispettivamente porzioni di due terzi, un sesto ed un sesto, non si formeranno sei porzioni da un sesto, sorteggiandone poi due a favore di Caio e Sempronio, e attribuendo le restanti a Tizio, ma si formeranno tre porzioni (tante quanti sono i condividenti), attribuendo quella di due terzi a Tizio e quelle di un sesto a Caio e Sempronio.
(2) La norma può essere derogata ove vi sia il consenso di tutti i condividenti o qualora vi siano ragioni di convenienza economica.

Ratio Legis

L'estrazione a sorte delle quote di ciascun erede impedisce ogni favoritismo nell'assegnazione delle porzioni.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

352 Nell'art. 729 del c.c. ho soppresso, come negli altri articoli di questo capo, la disposizione, di carattere processuale, del primo comma dell'art. 268 del progetto (art. 277 testo precedente), il secondo comma del quale era già stato modificate per renderne più chiaro il significato. A prima vista la norme del progetto, stabilendo che l'autorità giudiziaria decideva rispetto a quali porzioni si dovesse procedere per estrazione a sorte, e aggiungendo che, d'altro lato, per le quote eguali ere obbligatoria l'estrazione a sorte, sembrava contenere una contraddizione in termini. In realtà la norma voleva dire che per le porzioni diseguali, quando in ogni quota potessero essere compresi beni di valore eguale, l'autorità aveva facoltà di stabilire l'estrazione a sorte per queste frazioni di egual valore da includere nelle diverse quote. Questo concetto è stato ora posto in maggiore evidenza.

Massime relative all'art. 729 Codice Civile

Cass. civ. n. 11857/2021

In tema di scioglimento della comunione ereditaria, il criterio dell'estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall'art. 729 c.c. a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale e, pertanto, è derogabile in base a valutazioni discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del difetto di motivazione. Ne consegue che, a fronte della richiesta della parte di attribuzione di una delle quote di identico valore, il giudice non è obbligato a darvi seguito, avendo solo l'onere di adeguatamente giustificare la scelta in favore della conferma ovvero della deroga al principio del sorteggio, con onere motivazionale più pregnante in tale ultima evenienza, attesa la necessità di porre un limite all'applicazione della volontà del legislatore. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 01/08/2018)

Cass. civ. n. 4426/2017

In tema di scioglimento della comunione ereditaria, il criterio dell'estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall'art. 729 c.c. a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, e, pertanto, è derogabile in base a valutazioni discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del difetto di motivazione, non solo ove il giudice di merito abbia ritenuto di derogare al criterio suddetto, ma anche se abbia scelto di respingere la richiesta di deroga avanzata dalla parte.

Cass. civ. n. 3461/2013

In tema di scioglimento della comunione ereditaria, il criterio dell'estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall'art. 729 c.c. a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, essendo pertanto derogabile in base a valutazioni prettamente discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione è sindacabile in sede di legittimità esclusivamente sotto il profilo del difetto di motivazione. (Nel caso di specie, tali fattori soggettivi sono stati ravvisati nell'interesse di uno dei condividenti a vedersi attribuire il lotto, comprendente l'appartamento occupato da molti anni con la propria famiglia, del quale nessun altro dei condividenti aveva richiesto l'attribuzione).

Cass. civ. n. 21319/2010

In tema di scioglimento della comunione relativa ad un immobile comodamente divisibile, il giudice di merito gode di un'ampia discrezionalità nell'esercizio del potere di attribuzione delle porzioni ai condividenti, salvo l'obbligo di darne conto in motivazione; nell'esercizio di tale potere discrezionale, egli può considerare anche gli interessi individuali delle parti aventi ad oggetto beni estranei alla comunione - confrontandoli con gli altri interessi rilevanti nella specie - allo scopo di compiere la scelta più appropriata. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, assegnando ad uno dei condividenti un lotto corrispondente al valore della quota, ai sensi dell'art. 727 c.c., aveva respinto la richiesta dello stesso di vedersi assegnata, invece, la porzione di terreno confinante con un altro immobile di sua proprietà esclusiva, sicché la sentenza aveva in tal modo determinato l'interclusione di quest'ultimo fabbricato).

Cass. civ. n. 2394/2009

In materia di divisione ereditaria, non essendo applicabile l'art. 1115 c.c. - secondo il quale il partecipante che abbia adempiuto obbligazioni contratte in solido per la cosa comune ha diritto, in sede di divisione, ad un incremento della quota in misura corrispondente al rimborso dovutogli - se eredi legittimi sono soltanto i due figli del "de cuius", ciascuno di essi ha diritto ad una metà del patrimonio relitto, senza che il coerede che abbia sostenuto oneri anche nell'interesse dell'altro possa vedersi riconoscere il diritto ad un corrispondente incremento della propria quota o anche soltanto alla scelta tra le quote uguali predisposte nel progetto di divisione, dovendosi ritenere che, a parità di quote, il metodo tendenziale di assegnazione, derogabili solo in presenza di situazioni di apprezzabile opportunità, sia quello del sorteggio previsto dall'art. 729 c.c.

Cass. civ. n. 21085/2007

In tema di divisione di comunione ereditaria, con parità di quote, qualora alcuni dei condividenti vogliono mantenere la comunione con riferimento alla quota loro spettante, ottenendo l'assegnazione congiunta di una quota pari alla somma delle loro singole quote, deve ritenersi sussistere ai sensi dell'articolo 729 c.c. una ipotesi di porzioni diseguali con conseguente impossibilità di procedere alla assegnazione delle quote mediante sorteggio e la necessità, quindi, di disporre l'attribuzione delle quote stesse da parte del giudice; cioè in quanto l'alterazione della originaria uguaglianza delle quote ereditarie, dovuta alla richiesta di alcuni coeredi di attribuzione di una porzione corrispondente ad una quota pari alla somma delle singole quote loro spettanti, determina un inevitabile riflesso sulle modalità di attuazione della divisione e giustifica la mancata adozione del criterio di estrazione a sorte. (Nella specie è stata ritenuta legittima la scelta di procedere alla attribuzione delle porzioni del patrimonio del defunto genitore, invece che ricorrere alla estrazione a sorte, perchè alcuni dei figli avevano manifestato la volontà di ammassarsi al fine di consentire a quella di loro che era invalida civile di continuare a vivere nella casa paterna, oggetto di quota indivisa dell'eredità).

Cass. civ. n. 15079/2005

In tema di divisione ereditaria, il criterio dell'estrazione a sorte previsto dall'art. 729 c.c. nel caso di uguaglianza di quote a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo,può essere derogato soltanto in presenza di ragioni oggettive legate alla condizione dei beni quale risulterebbe dall'applicazione della regola del sorteggio, essendo irrilevante al riguardo la volontà presunta delle parti legata a fattori soggettivi. (Nella specie, è stata cassata la decisione impugnata che, nel derogare al criterio dell'estrazione a sorte, aveva attribuito l'immobile al condividente che già vi risiedeva sul rilievo che altrimenti il medesimo avrebbe potuto essere costretto a lasciare l'abitazione ).

Cass. civ. n. 8833/2005

In tema di divisione ereditaria, il principio posto dall'art. 729 c.c. secondo il quale, nell'ipotesi di uguaglianza di quote, l'assegnazione delle porzioni uguali è fatta mediante estrazione a sorte non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, ed è, pertanto, derogabile, in presenza di valide ragioni, in base a valutazioni prettamente discrezionali, insindacabili in sede di legittimità salvo che sotto il profilo dell'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. In particolare, non costituisce una valida ragione la richiesta di alcuni dei condividenti di assegnazione delle quote relativa ad un bene immobile adibito ad attività commerciale, in quanto, in tal caso, aderendo a tale richiesta, da un lato non si raggiungerebbe l'obiettivo dello scioglimento della comunione (dandosi invece luogo ad una nuova, seppur minore comunione ), e dall'altro si violerebbe il principio della par condicio dei condividenti, che è alla base del criterio del sorteggio.

Cass. civ. n. 15540/2000

L'uguaglianza delle quote, per procedere al sorteggio tra coeredi, ai sensi dell'art. 729 c.c., va riferita al momento della divisione e non a quello dell'aperta successione, sia perché la norma non qualifica le quote in questione come ereditarie, ed è pertanto da intendere come misura della partecipazione alla comunione, come risultante anche dagli atti dispositivi dei condividenti, sia perché il diritto di prelazione, di cui all'art. 732 c.c., volto a favorire fra l'altro la concentrazione delle quote nei condividenti, è previsto anche per facilitare tendenzialmente la formazione delle porzioni.

Cass. civ. n. 14165/2000

L'art. 720 c.c. disciplina l'ipotesi in cui l'immobile oggetto di comunione non sia divisibile o comodamente divisibile a prescindere dal fatto che le quote dei condividenti siano o meno eguali, mentre l'art. 729 c.c. riguarda la divisione degli immobili divisibili con conseguente formazione di quote uguali o diseguali, procedendosi nel primo caso all'estrazione a sorte e nel secondo all'attribuzione. Ne consegue che nell'ipotesi dell'immobile indivisibile, deve escludersi nella divisione il criterio del sorteggio. Del pari resta estraneo alla disciplina dell'art. 720 c.c. l'eventualità di un frazionamento in natura del bene, mentre la vendita all'incanto è configurata come rimedio residuale cui ricorrere quando nessuno dei condividenti voglia giovarsi della facoltà di attribuzione dell'intero.

Cass. civ. n. 3846/1995

In caso di domanda di divisione ordinaria proposta nei confronti dei coeredi di uno degli originari comunisti, qualora questi non facciano richiesta della loro quota indivisa, ma chiedano lo scioglimento anche di tale comunione, quali successori a titolo universale del de cuius, le porzioni da attribuire ai condividenti divengono diseguali, quand'anche la misura del diritto del loro dante causa fosse stata uguale a quella dell'altro comunista, talché trova applicazione l'art. 729 c.c. che, in caso di quote diseguali, ne prevede l'attribuzione in luogo dell'estrazione a sorte.

Cass. civ. n. 8772/1994

Nella divisione tra coeredi aventi diritto a porzioni uguali, l'assegnazione di queste non può che avvenire mediante estrazione a sorte, a norma dell'art. 729, primo inciso, c.c., criterio che è inteso a garantire i singoli condividenti contro ogni possibile favoritismo. L'uguaglianza o meno delle quote va valutata con riferimento al momento dell'apertura della successione, mentre la circostanza che taluno dei coeredi si sia, per convenzione, reso cessionario della quota di altro coerede non può avere l'effetto di alterare il criterio direttivo per la determinazione e valutazione delle singole quote in confronto degli altri condividenti rimasti estranei alla convenzione.

Cass. civ. n. 4891/1993

In tema di divisione ereditaria il principio posto dall'art. 729 c.c., secondo cui l'assegnazione delle porzioni eguali è fatta mediante estrazione a sorte non ha carattere assoluto, essendo consentito al giudice di derogarvi allorché la predetta soluzione presenti degli inconvenienti, che peraltro debbono essere opportunamente valutati. Ne deriva che il principio anzidetto è violato quando, pur risultando la coincidenza di valore dei vari lotti, il giudice proceda con il criterio dell'assegnazione diretta, senza indicare alcuna ragione per l'esclusione del sorteggio.

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P. D. S. chiede
martedì 17/09/2024
“Espongo il caso di un asse ereditario composto da tre appartamenti, ereditati da tre figli in comunione, per cui ognuno si trova idealmente proprietario di un terzo di ogni appartamento.

Per far si che ognuno dei figli divenga proprietario di un singolo appartamento, occorre procedere a divisione, a vendita di una parte all'altra di una donazione o cosa altro?

E' possibile con un unico atto di divisione innanzi al notaio definire che l'asse venga diviso come sopra rappresentato? In caso differenza di valori occorre produrre una stima giurata e poi procedere la conguaglio da parte di prende l'appartamento di maggior valore nei confronti di colui che lo prende di valore minore?”
Consulenza legale i 23/09/2024
L’apertura della successione determina, in caso di più soggetti chiamati all’eredità e che decidono di accettarla, una situazione di comunione ereditaria, in relazione alla quale ci si è spesso chiesti se possa dirsi esistente, accanto ad una comproprietà sull’intera massa comune, anche una comproprietà sui singoli beni che la compongono.

Una prima tesi sostiene che il singolo coerede non può considerarsi titolare di una quota di comproprietà su ogni singolo bene (c.d. quotina), ma soltanto di una quota sull’intero asse ereditario (c.d. quotona) unitariamente considerato; in conseguenza di ciò gli eredi sarebbero contitolari della quota ereditaria, ma non avrebbero la disponibilità diretta dei singoli beni che compongono la massa fino allo scioglimento della stessa comunione ereditaria.
In tal senso si è espressa Cass. 1° luglio 2002 n. 9543, secondo cui nella comunione ereditaria non esiste una quota ideale della proprietà di un singolo bene in capo al coerede, il quale è titolare soltanto di una quota di eredità, intesa come universum, che è comunque già di per sé un diritto alienabile (cfr. art. 1542 e ss. c.c.).

Altra tesi, al contrario, ammette l’esistenza della c.d. quotina, ovvero della comproprietà su singoli beni facenti parte della più ampia massa ereditaria, argomentando sotto il profilo normativo dagli artt. 1102 e 714 c.c. (quest’ultima norma, in particolare, prospetta il godimento separato di beni comuni da parte di uno o più coeredi).
I sostenitori di tale tesi ritengono, pertanto, che il coerede, avendo la piena disponibilità della c.d. quotina, sia legittimato a disporre della stessa con efficacia immediatamente traslativa della sua quota di comproprietà su un singolo bene, venendosi così ad alterare la comunione originaria con la creazione di due comunioni (quella tra gli originari partecipanti, avente ad oggetto la massa comune escluso il bene alienato pro quota, e la nuova comunione, avente ad oggetto il bene alienato pro quota, nella quale all’originario partecipante è sostituito l’acquirente della cosa).

Tuttavia, si è fatto rilevare che in questo modo si giungerebbe all’assurda conseguenza che, per pervenire allo scioglimento della comunione di tutti i beni appartenenti all’originaria massa comune, si dovrebbero effettuare tante divisioni quante sono le comunioni che si sono venute a creare.

In considerazione di quanto sopra, la giurisprudenza ha preferito adottare una soluzione per così dire intermedia, distinguendo da una parte l’atto di alienazione della quota di eredità (il quale ha immediata efficacia traslativa, dando luogo alla prelazione ereditaria ex art. 732 del c.c.) e, dall’altra parte, l’atto di alienazione della c.d. quotina, il quale ha efficacia meramente obbligatoria, in quanto i suoi effetti restano sospesi fino all’esito della divisione ereditaria, in maniera da consentire agli originari coeredi di porre in essere un’unica divisione ereditaria.

Quanto fin qui esposto si ritiene possa essere utile per comprendere come debba escludersi nel caso in esame che si possa giungere allo scioglimento della comunione ereditaria mediante la conclusione di un contratto di permuta c.d. reciproca, considerato, appunto, che i coeredi possono vantare un diritto concorrente sull’intera massa comune e non sui singoli beni che la compongono.

L’unico modo, pertanto, per giungere allo scioglimento di tale comunione è quello di stipulare un negozio giuridico di divisione, secondo la disciplina dettata dagli artt. 713 e ss. c.c.
In particolare, dispone l’art. 726 del c.c. che, dopo aver provveduto alla stima di ciò che è presente nella massa ereditaria, secondo il valore venale dei singoli beni, si procede alla formazione di tante porzioni quanto sono gli eredi, comprendendo in ciascuna porzione una quantità di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, proporzionati all’entità di ciascuna quota (cfr. art. 727 del c.c.).

Eseguita tale operazione (che nel caso in esame risulta abbastanza semplice considerato che vi sono tre eredi e che il patrimonio ereditario risulta composto da tre immobili), si passa all’assegnazione o attribuzione delle porzioni secondo quanto disposto dall’art. 729 c.c., ovvero mediante estrazione a sorte in caso di porzioni di eguale valore ovvero con attribuzione per le porzioni diseguali.
L’eventuale ineguaglianza delle quote verrà compensata con un equivalente in denaro.
In termini pratici ciò significa che, non essendo gli appartamenti di eguale valore (secondo ciò che viene riferito nel quesito), i coeredi, in sede di stipula dell’atto di divisione, potranno concordemente stabilire come attribuire gli immobili a ciascuno di essi (avvalendosi anche del sistema dell’estrazione a sorte), per poi eguagliare il valore delle quote con il versamento di una somma di denaro.
Per la determinazione del valore dei beni non occorre avvalersi della stima giurata di un esperto, potendosi tener conto del valore che il notaio, incaricato di stipulare l’atto di divisione, andrà a determinare ai fini della relativa tassazione sulla base della rendita catastale.

Si tenga presente, infatti, che la divisione ha un regime fiscale abbastanza favorevole, in quanto va versata un'imposta di registro pari all'1% dell'intero valore della massa da dividere.
Lo stesso Consiglio Nazionale del Notariato, nello studio n.123-2018/T, ha chiarito che anche per le divisioni vige il limite al potere d’accertamento dell’Amministrazione Finanziaria dal valore “tabellare” (rendita catastale o reddito dominicale moltiplicati per i coefficienti e moltiplicatori previsti nell’art. 52 del T.U.R.), il che significa, appunto, che ai fini del calcolo dell’imposta di registro è possibile fare riferimento al valore catastale della massa (sul punto si conferma anche la circolare 6/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate e la nota prot. n. 909-6231/2008 dell’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale dell’Emilia Romagna).