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Articolo 2484 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Cause di scioglimento

Dispositivo dell'art. 2484 Codice Civile

Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono [2250, 2485, 2486, 2519, 2710, 2711]:

  1. 1) per il decorso del termine [2272, n. 1, 2328, n. 13];
  2. 2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo [2272, n. 2, 2328, n. 3], salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;
  3. 3) per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea [2409];
  4. 4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482 ter [2327];
  5. 5) nelle ipotesi previste dagli articoli 2437 quater e 2473;
  6. 6) per deliberazione dell'assemblea [2272, n. 3, 2369];
  7. 7) per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto [2272, n. 5].
  8. 7-bis) per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata(1).

[La società semplificata a responsabilità limitata si scioglie, oltre che i motivi indicati nel primo comma, per il venir meno del requisito di età di cui all'articolo 2463-bis, in capo a tutti i soci](2).

La società inoltre si scioglie per le altre cause previste dalla legge; in queste ipotesi le disposizioni dei seguenti articoli si applicano in quanto compatibili.

Gli effetti dello scioglimento si determinano, nelle ipotesi previste dai numeri 1), 2), 3), 4) e 5) del primo comma, alla data dell'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori(5) ne accertano la causa e, nell'ipotesi prevista dal numero 6) del medesimo comma, alla data dell'iscrizione della relativa deliberazione.

Quando l'atto costitutivo o lo statuto prevedono altre cause di scioglimento, essi devono determinare la competenza a deciderle od accertarle, e ad effettuare gli adempimenti pubblicitari di cui al precedente comma.

Note

(1) Numero introdotto dal D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, così come modificato dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36.
(2) Comma inserito dall'art. 3 D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella L. 24 marzo 2012, n. 27, poi decaduto in sede di conversione.

Ratio Legis

Il legislatore detta con tale norma una disciplina unitaria dello scioglimento e della liquidazione, valevole per tutte le società di capitali, nel tentativo di conferire maggiore organicità e razionalità alla materia.

Spiegazione dell'art. 2484 Codice Civile

Il verificarsi di una causa di scioglimento della società non determina l'immediata estinzione dell’ente societario, bensì l’avvio del procedimento di liquidazione del patrimonio sociale. Solo l’esaurimento della fase di liquidazione, dunque, sancisce l’estinzione della società come persona giuridica.
Lo scioglimento, piuttosto, incide in maniera considerevole sugli obblighi degli amministratori, i quali, sin dal momento della verificazione di una causa di scioglimento, a prescindere dal momento del suo accertamento, saranno tenuti ad orientare la gestione della società alla mera conservazione del patrimonio sociale, nell’ottica di garantire il soddisfacimento dei creditori e dei soci in sede di liquidazione.


Le cause di scioglimento previste dalla norma sono le seguenti:
1) decorso del termine: se tale termine è stato indicato nello statuto. Il termine di durata può essere tuttavia prorogato dall'assemblea, sia prima che dopo la scadenza del termine.
2) conseguimento dell'oggetto sociale: si ritiene che lo scioglimento sia tuttavia sospensivamente condizionato ad una eventuale deliberazione di modifica dell'oggetto sociale, la cui assunzione può peraltro essere sollecitata dagli amministratori;
3) impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale: secondo l’orientamento prevalente, deve trattarsi di impossibilità oggettiva, assoluta ed irreversibile. Rimane pertanto dubbio se lo scioglimento possa verificarsi anche in caso di perdita della continuità aziendale, nei casi di crisi o insolvenza della società;
3) impossibilità di funzionamento dell’assemblea o sua protratta inattività: deve trattarsi di una paralisi oggettiva e assoluta dell'organo, che precluda l'adozione di deliberazioni necessarie ed essenziali per il funzionamento della società (es: approvazione del bilancio di esercizio). Lo scioglimento può essere accertato nel caso in cui si riscontri un protratto disinteresse dei soci, manifestato principalmente tramite il persistente assenteismo;
4) riduzione del capitale al disotto del minimo legale: lo scioglimento si verifica qualora l’assemblea non assuma i provvedimenti di cui agli art. 2447 e 2482 ter. In ogni caso, il Codice della Crisi e dell’Insolvenza dispone la sospensione della causa di scioglimento in caso di accesso della società all’accordo di ristrutturazione dei debiti o alla procedura di concordato preventivo;
5) recesso del socio: qualora siano falliti i tentativi di collocazione presso terzi della partecipazione sociale receduta e i soci optino per lo scioglimento, oppure la riduzione del capitale sociale sia impedita dall’accoglimento dell’opposizione formulata dai creditori;
6) deliberazione dell'assemblea: nella s.p.a. la deliberazione deve essere assunta dall'assemblea straordinaria e il verbale deve essere redatto da notaio;
7) per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto

Ad esclusione dello scioglimento volontario (n. 6), le altre cause di scioglimento dovranno essere accertate dal consiglio di amministrazione e la relativa dichiarazione dovrà essere iscritta tempestivamente nel registro delle imprese.
Nel caso di scioglimento volontario, ad essere iscritta dovrà essere la delibera dell’assemblea straordinaria (nelle s.p.a.) o la decisione dei soci in tal senso (s.r.l.).

Gli effetti dello scioglimento si determinano alla data dell'iscrizione nel registro delle imprese, che ha funzione di pubblicità costitutiva.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

12 Le direttive della delega in tema di scioglimento e liquidazione fondamentalmente prevedevano: a) una accelerazione e semplificazione del procedimento, disciplinandone e chiarendone l'inizio, lo svolgimento ed il termine; b) una disciplina attenta alla possibilità di conservare l'eventuale valore residuo dell'impresa; c) una disciplina che chiarisse la redazione dei bilanci in fase di liquidazione. L'innovazione fondamentale rispetto al sistema vigente consiste nella netta separazione tra il verificarsi di una causa di scioglimento, e la determinazione del momento in cui ha effetto. Le cause di scioglimento previste all'art. 2484 del c.c. sono rimaste sostanzialmente invariate. Il momento in cui la causa di scioglimento prende effetto si è in ogni caso fissato all'iscrizione nel registro della deliberazione del consiglio che l'accerta, ovvero, ovviamente, all'iscrizione della deliberazione assembleare che dispone lo scioglimento. Ciò al fine essenziale di eliminare l'incertezza, per tutti, sul momento in cui lo scioglimento si determina. In coerenza con la nuova disciplina sull'efficacia della causa di scioglimento all'art. 2484 si è precisato l'obbligo degli amministratori di accertarla e di effettuare la relativa iscrizione. Sempre in questa impostazione, si è ritenuto di stabilire, in caso di ritardo od omissione, una responsabilità dell'organo amministrativo per danni conseguenti. In ordine ai poteri degli amministratori all'art. 2486 del c.c. si è ritenuto di porre una limitazione non basata sul concetto, ambiguo, di "nuova operazione", ma sulla strumentalità, o meno, alla conservazione del valore dell'impresa sociale. Conseguentemente la responsabilità in caso di violazione non investe più l'operazione in sé, ma l'eventuale danno conseguente. Conservata l'attuale competenza sulla nomina dei liquidatori, all'art. 2487 del c.c. si è ritenuto di demandare all'assemblea la determinazione dei relativi poteri, prevedendo la possibilità di un, limitato, esercizio dell'impresa sociale, al fine di evitare i danni che una repentina cessazione può apportare al valore di essa. Nel nuovo sistema, all'art. 2487-bis si è chiarita la successione tra amministratori e liquidatori. Si è altresì previsto per gli amministratori uscenti, unitamente alla consegna dei libri sociali, la consegna di una "situazione dei conti" alla data di effetto dello scioglimento, per consentire, sostanzialmente, la possibilità di individuare quanto posto in essere prima e dopo. La revoca dello stato di liquidazione, richiesta dalla delega, è stata consentita all'art. 2487-ter alla condizione che non sia iniziata la distribuzione dell'attivo, distribuzione inconcepibile, come atto liquidatorio, con la continuazione dell'impresa. Naturale e coerente la tutela dei creditori. Sul piano generale, la modifica di base alla disciplina della liquidazione consegue al cambiamento di impostazione già segnalato in premessa relativamente alla disciplina dell'efficacia del verificarsi di una causa di scioglimento. In effetti, l'impianto del codice del 1942 sostanzialmente partiva dal principio che il verificarsi della causa di scioglimento sciogliesse il contratto sociale, e a ciò conseguiva la permanenza di una struttura organizzativa limitata alla funzione di gestire una liquidazione modellata sulla disciplina della liquidazione di società di persone. Si è ritenuto che la delega, anche in funzione dell'esigenza di conservazione del valore dell'impresa, imponesse di valorizzare la permanenza di una organizzazione sociale. Ovvio il richiamo all'art. 2489 del c.c. per individuare i poteri dei liquidatori agli atti "utili", ancorché in via strumentale, per la realizzazione della liquidazione; altrettanto ovvio il richiamo al regime di diligenza e responsabilità degli amministratori. La carenza di una disciplina dei bilanci in fase di liquidazione è fortemente sentita, e del resto, seppure a effetti fiscali, bilanci sono richiesti; si è perciò ritenuto all'art. 2490 del c.c. di affermare espressamente l'esigenza di formazione del bilancio, richiamando in principio le disposizioni vigenti per la società in ordinario funzionamento, con l'ovvio limite della compatibilità con la natura, finalità e stato della liquidazione. Posto che l'intervenuto stato di liquidazione modifica i criteri di valutazione dei beni, si è imposto ai liquidatori di illustrare nella nota integrativa i criteri adottati, criteri in ordine ai quali non si è ritenuto di individuare principi specifici, ritenendo necessario il rinvio ai principi contabili, anche poi diversi da caso a caso. Completa le informazioni che i liquidatori devono offrire, l'esigenza che in relazione essi individuino non solo i criteri adottati, ma anche le prospettive temporali della liquidazione stessa. La nuova impostazione generale, e l'espressa previsione dei bilanci in fase di liquidazione, ha richiesto, nell'art. 2490, al comma 4, che si prevedesse nel primo bilancio (che pressoché fatalmente comprende un periodo di gestione ordinaria), l'indicazione delle variazioni che lo stato di liquidazione ha imposto ai criteri di valutazione fino allora adottati. La possibilità di continuare sia pure parzialmente l'esercizio dell'impresa, al fine esclusivo di non disperderne il valore, ha imposto che le poste di bilancio relative all'azienda o al ramo d'azienda continuato, poste che ovviamente potranno avere un criterio di valutazione diverso, abbiano una indicazione separata. Per la residua disciplina (artt. 2491-2496) si è ritenuto di poter riprodurre sostanzialmente la disciplina esistente, salvo la possibilità, con le opportune cautele, di distribuire acconti durante la liquidazione.

Massime relative all'art. 2484 Codice Civile

Cass. civ. n. 9723/2010

La chiusura del fallimento di una società per ripartizione finale dell'attivo od insufficienza tale da impedire l'utile continuazione della procedura, disposta ai sensi dell'art. 118 legge fallimentare previgente, applicabile "ratione temporis", non ne determina l'estinzione, sia perché con essa non si produce indefettibilmente la definizione di tutti i rapporti che fanno capo alla società, sia perchè si verifica, con la fine dello "spossessamento", il riacquisto della libera disponibilità dei propri beni da parte del fallito. Ne consegue che quando la chiusura del fallimento sia avvenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio di insinuazione tardiva di un credito, l'accantonamento a tal fine disposto costituisce un residuo attivo del patrimonio sociale, da restituire alla società.

Cass. civ. n. 27387/2005

La deliberazione di scioglimento anticipato di una società può essere invalidata, in difetto delle ragioni tipiche all'uopo previste, sotto il profilo dell'abuso della regola di maggioranza, quando risulti arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci. La relativa prova incombe sul socio di minoranza il quale dovrà a tal fine indicare i «sintomi» di illiceità della delibera deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente in modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare se effettivamente abuso vi sia stato. Peraltro, all'infuori della ipotesi di un esercizio «ingiustificato» ovvero «fraudolento» del potere di voto ad opera dei soci maggioritari, resta preclusa ogni possibiIità di controllo in sede giudiziaria Sui motivi che hanno indotto la maggioranza alla votazione della delibera di scioglimento anticipato della società, essendo insindacabili le esigenze relative all'economia individuale del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva.

Non è impugnabile per conflitto di interessi la delibera di scioglimento anticipato della società ex art. 2448 n. 5 c.c. (ora art. 2484 n. 6 c.c.) in quanto la situazione di conflitto rilevante ai fini dell'art. 2373 c.c. deve essere valutata con riferimento non già a confliggenti interessi dei soci, bensì a un eventuale contrasto tra l'interesse del socio e l'interesse sociale inteso come l'insieme degli interessi riconducibili al contratto di società tra i quali non è ricompreso l'interesse della società alla prosecuzione della propria attività, giacché la stessa disciplina legale del fenomeno societario consente che la maggioranza dei soci ponga fine all'impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione.

Cass. civ. n. 1035/1995

La causa di scioglimento della società prevista dall'art. 2448, n. 1, c.c. (decorso del tempo) opera automaticamente con ii suo verificarsi
avendo l'accertamento del suo verificarsi carattere esclusivamente dichiarativo, non già costitutivo dello stato di scioglimento dell'ente sociale e fa sorgere immediatamente a carico degli amministratori il divieto di nuove operazioni.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2484 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Rosalba A. chiede
venerdì 15/07/2022 - Piemonte
“Buongiorno,
il mio quesito è il seguente:
una società a responsabilità limitata con socio unico venuto a mancare nell'anno 2010 - cessa per scadenza naturale come da statuto il 31/12/2015 - non è passata in successione a nessuno - l'amministratore oggi , quindi dopo sette anni, non avendo potuto cancellarla dal registro imprese non essendoci più una proprietà, si vede recapitare tramite pec dall'Agenzia delle Entrate la richiesta di rilascio di una dichiarazione art. 492 c.p.c. comma 4 ove deve dichiarare che la società non ha beni utilmente pignorabili su cui si possano soddisfare.
Essendo trascorsi orma sette anni dalla scadenza naturale della società prevista nello statuto stesso, l'amministratore come si deve comportare? Può ancora firmare questa dichiarazione o non è obbligato senza incorrere però nelle sanzioni previste dall'art. 388 del c.p.?
In attesa di un vostro riscontro, porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 21/07/2022
Dalle informazioni fornite, sembra di comprendere che il socio unico sia deceduto senza eredi, oppure che gli eredi abbiano rinunciato all’eredità.
Nel caso in cui non sussista nessuno dei successibili indicati negli artt. 565 ss. del c.c., l'eredità è devoluta allo Stato ai sensi dell’art. 586 del c.c..
In tali eventualità, il Tribunale competente nomina un curatore dell’eredità giacente, che si occupa della liquidazione del patrimonio sociale, del pagamento dei creditori e di tutte le formalità necessarie.
Se ciò non si è verificato, può significare che sussistono ancora dei soggetti chiamati all’eredità, i quali non hanno ancora rinunciato.
Il quesito, tuttavia, non fornisce sufficienti informazioni per chiarire questo aspetto.

In ogni caso, l’amministratore, che rimane in carica ha la facoltà di gestire la società, della quale rimane l’organo amministrativo a ciò preposto.
Si consiglia, pertanto, di recarsi presso un commercialista affinché la posizione della società possa essere regolarizzata; il professionista incaricato, con tutte le informazioni necessarie, potrà meglio valutare la situazione e svolgere le attività necessarie.

La società in questione, infatti, può essere dichiarata sciolta ai sensi dell’art. 2284 del c.c.; la norma disciplina lo scioglimento delle società di capitali, elencandone le seguenti cause:
  • il decorso del termine;
  • il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;
  • l'impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell'assemblea;
  • la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli artt. 2447 e 2482 ter del c.c.;
  • nelle ipotesi previste dagli artt. 2437 quater e 2473;
  • per deliberazione dell'assemblea;
  • per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto;
  • per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata;
  • altre cause previste dalla legge;

Fra le cause di scioglimento delle società di capitali, l’art. 2484 del c.c. prevede al n. 1 il "decorso del termine", circostanza che si è certamente verificata nel caso esposto.
In merito a detta causa di scioglimento, la giurisprudenza di Cassazione, concordemente, ritiene che operi automaticamente, cioè senza bisogno che venga deliberata.

Va precisato, tuttavia, che lo scioglimento di per se stesso non determina l’estinzione della società, bensì la messa in stato di liquidazione (ex artt. 2457 e 2497 del c.c.) della stessa, mentre l’estinzione seguirà solo al momento della cancellazione dal Registro delle Imprese, salvo casi particolari; tutto ciò comporta che, a seguito dello scioglimento, si ha un cambiamento dello scopo sociale che non sarà più quello di esercitare un’attività economica al fine di conseguire un utile da dividere fra i soci, ma quello di realizzare il guadagno già conseguito e ripartirlo fra i soci.
Alle società di capitali non viene, infatti, applicato in via analogica l’art. 2273 del c.c., dettato in tema di proroga tacita per le società di persone; una società di capitali può essere prorogata solo espressamente e solo prima della scadenza del termine (a sostegno: Cass. civ., Sez. I, 4 giugno 1998, n. 5472).

Non sembrano essersi verificate, al contrario, cause di cancellazione d’ufficio della società dal Registro delle Imprese; non quella di cui all’art. 2490 del c.c. per il mancato deposito del bilancio in fase di liquidazione per tre anni consecutivi; né quelle di cui all’art 40 del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, (“Decreto semplificazioni”).
Si tratta della fattispecie dell’omesso deposito dei bilanci di esercizio per 5 anni consecutivi, ovvero del mancato compimento di atti di gestione, nei casi in cui l’inattività e l’omissione si verifichino in concorrenza con almeno una delle seguenti circostanze: il permanere dell’iscrizione nel Registro delle imprese del capitale sociale in lire; l’omessa presentazione all’ufficio del Registro delle imprese dell’apposita dichiarazione per integrare le risultanze del Registro delle imprese a quelle del libro soci, limitatamente alle Società a responsabilità limitata e alle Società consortili a responsabilità limitata.

Dette circostanze non sembrano essersi verificate.
A conferma, si rileva che l’Agenzia delle Entrate sembra aver indirizzato la comunicazione alla PEC della società, potendosi da ciò ipotizzare che questa non risulti cancellata.

Tanto premesso, necessario per chiarire la situazione societaria, venendo alla questione del debito tributario per il quale l’Agenzia delle Entrate sta procedendo, l’Amministratore è ancora formalmente tale, pertanto, ai sensi dell’art. 492 del c.p.c., comma 4, dovrà riscontrare la PEC pervenuta sull’indirizzo della società indicando eventuali beni sui quali essa potrà soddisfarsi.

Sarebbe opportuno, infine, valutare per che tipo di debito tributario l’Agenzia delle Entrate sta procedendo, così da verificare eventuali responsabilità solidali dell’amministratore con la società stessa.

Donatella P. chiede
domenica 11/04/2021 - Lombardia
“In relazione al quesito n. Q202127917, posso partecipare comunque all'assemblea della s.r.l., per sentire la discussione ma astenermi dal votare la messa in liquidazione e quindi non incorrere nella decadenza del beneficio di inventario (lo statuto a riguardo non prevede nulla) senza che gli altri soci mi possano imputare nulla? Serve autorizzazione del tribunale anche se è una messa in liquidazione per impossibilità di funzionamento comma 3 del 2484 c.c., ossia perché non si trovano amministratori/liquidatori e quindi bisogna rivolgersi al Tribunale per la nomina di un liquidatore giudiziario?”
Consulenza legale i 15/04/2021
La mera partecipazione all’assemblea dei non pone particolari problemi, in quanto non costituisce di per sé un atto di straordinaria amministrazione.

Per quanto riguarda la possibilità di astensione, occorre fare alcune precisazioni.
L’art. 2476 del c.c., comma 8, stabilisce che “Sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.”
A tal proposito si può affermare che la decisione o autorizzazione dei soci a cui la norma fa riferimento implichi una condotta commissiva dei soci e sia limitata ai soli atti dolosi, cioè le autorizzazioni e decisioni con le quali i quotisti abbiano voluto cagionare nocumento.
L’astensione a cui vorrebbe ricorrere difficilmente potrebbe essere ricondotta alla fattispecie di cui alla norma citata e, al contempo, ingenerare una qualsivoglia responsabilità; in ogni caso, nell’eventualità in cui decidesse di non richiedere l’autorizzazione del Tribunale e semplicemente astenersi, per una maggior tutela si consiglia di far verbalizzare le ragioni della Sua astensione, da rinvenire nella carenza in capo a colui che ha accettato l’eredità con beneficio di inventario di deliberare la messa in liquidazione della società.

In relazione alla seconda questione, l’impossibilità di funzionamento a cui l’art. 2484 del c.c., c. 1, n. 3, fa riferimento ad una paralisi oggettiva e assoluta dell’assemblea che precluda l'adozione di deliberazioni necessarie ed essenziali per il funzionamento della società.
Si deve rammentare che in una s.r.l., al limite, potrebbe essere la stessa assemblea a provvedere all’amministrazione della società e anche la scelta, per quanto forzata, di non nominare un amministratore costituisce comunque un’espressione di volontà dell’organo.

Pur in presenza di una delle cause di scioglimento di cui all’art. 2484 cc, nel caso di specie, sulla scorta delle informazioni che ci ha fornito, la decisione assembleare di porre in liquidazione la società e ricorrere ad un liquidatore, a prescindere dalla sussistenza di un accordo sul soggetto da nominare, costituisce comunque una deliberazione qualificabile come atto di straordinaria amministrazione, così come argomentato nella risposta al precedente quesito.
In qualità di erede che ha accettato l’eredità con beneficio di inventario, per poter deliberare in tal senso senza incorrere nella decadenza dal beneficio stesso, si consiglia di richiedere l’autorizzazione al Tribunale competente ai sensi dell’art. 747 del c.p.c., circostanza preferibile anche all’astensione.