(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
689 La locazione è un rapporto di durata che talora ha un minimo determinato dalle norme corporative (
art. 1628 del c.c.) e sempre un massimo fissato dalla legge (
art. 1573 del c.c.,
art. 1607 del c.c.,
art. 1629 del c.c.) Non sono valide le locazioni perpetue; e il minimo e il massimo di cui si è fatto cenno, è ovvio che dovranno automaticamente inserirsi nel contratto, in sostituzione di clausole difformi (arg.
art. 1339 del c.c.). L'omessa determinazione convenzionale della durata della locazione dovrebbe importare, secondo i principii, la facoltà di recesso salve preavviso (in tal senso gli
art. 1569 del c.c. e
art. 2118 del c.c.). Ciò infatti si è stabilito per le locazioni di beni produttivi che non siano fondi rustici (
art. 1616 del c.c.), ma, per ogni altra locazione, il codice ha fissato una durata che opera nel silenzio delle parti, allo scopo di garantire una persistenza del rapporto, adeguata al suo contenuto economico (
art. 1574 del c.c.). Sicché, tranne il caso dell'art. 1616, tutti i contratti di locazione sono a tempo determinato; con questa differenza, che quando la durata è stabilita dalla legge, il contratto non si scioglie se non vi è disdetta, mentre la disdetta non è necessaria quando la durata risulta dalla volontà delle parti. Nel codice civile abrogato (art. 1632), a proposito della locazione dei fondi rustici, si stabiliva che essa cessava di diritto con lo spirare del termine, anche se non fissato dalle parti. Tale trattamento non aveva ragion di essere ed è stato soppresso. La rinnovazione tacita (
art. 1597 del c.c.) basata sul fatto concludente di rimanere ed essere lasciati nella detenzione della cosa, non può configurarsi che per le locazioni a termine stabilito dalle parti, perché quelle a tempo indeterminato durano indefinitivamente se non sia intervenuta disdetta preventiva. Ma intervenuta disdetta, sia per le locazioni a termine, sia per quelle senza termine, non può essere opposto che il contratto si sia rinnovato tacitamente; tranne che, a motivo di fatti concludenti, diversi dal semplice rimanere ed essere lasciati rimanere, sia possibile cogliere il consenso del locatore alla rinnovazione del contratto (
art. 1597 del c.c., terzo comma). Rinnovazione alle stesse condizioni e proroga si equivalgono; si pone in essere sempre una nuova locazione con estinzione delle garanzie già prestate da terzi (
art. 1598 del c.c.). La nuova locazione, derivante da proroga o rinnovazione tacita, è regolata dalle stesse condizioni della precedente, tranne che per la durata: la durata non è quella stabilita dalle parti per la locazione scaduta, ma quella stabilita dalla legge per le locazioni senza determinazione di tempo (art. 1597, secondo comma). In conseguenza, una locazione a tempo fissato dalle parti, che sarebbe cessata di diritto con lo spirare del termine, una volta tacitamente rinnovata o prorogata non cesserà se non per disdetta.