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Articolo 1339 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 10/10/2025]

Inserzione automatica di clausole

Dispositivo dell'art. 1339 Codice Civile

Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge o da norme corporative(1) sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti [1419](2).

Note

(1) L'espressione "o da norme corporative" è da ritenersi abrogata dal D. lgs.. 23 novembre 1944, n. 369, che ha soppresso l'ordinamento corporativo.
(2) La norma fa riferimento alle c.d. fonti eteronome, cioè quelle che non dipendono dalla volontà delle parti ma dalla legge.

Ratio Legis

La norma fa salve le determinazioni che la legge abbia stabilito in via imperativa circa alcuni elementi del contratto, atteso che nel fare ciò essa ha tenuto conto di esigenze ritenute preminenti e non derogabili dalle parti.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

168 Particolare aspetto dell'obbligo di contratto è il dovere di costituire il contratto con un contenuto predeterminato dalla norma.
In tali casi si può discutere se la nullità di una clausola contrattuale conduca alla nullità del contratto; ma, dato il pericolo a cui questo principio può condurre, la legge 3 aprile 1926, n. 563, ritenne di affermare, a proposito delle clausole del contratto individuale di lavoro difformi dal contenuto del contratto collettivo, che il contenuto medesimo dovesse inserirsi automaticamente nel contratto individuale.
Si è dubitato per molto tempo se questo effetto si dovesse riconoscere anche nel caso di difformità tra contratto individuale e accordo economico collettivo; ma la Corte suprema ha superato il dissidio affermando che anche la disciplina corporativa posta per i rapporti economici ha la forza di sostituirsi alle clausole contrarie dei contratti individuali.
Con l'art. 194 viene a farsi un passo più avanti: si stabilisce che ogni norma imperativa della legge supera la volontà delle parti ed entra nella disciplina contrattuale anche se ne fu voluta una diversa. Resta vietato così al giudice di indagare se la clausola sostituita appartiene all'essenza del contratto e se le parti avrebbero ugualmente contrattato senza il patto al quale la norma si sostituisce: i contraenti, in tal caso, rimangono tenuti al contratto e al suo contenuto legale per la superiore volontà della legge.

Massime relative all'art. 1339 Codice Civile

Cass. civ. n. 26316/2025

In materia di edilizia residenziale pubblica, il prezzo di cessione degli alloggi realizzati nell'ambito di un progetto di edilizia economica e popolare (PEEP) non può essere superiore a quello massimo stabilito dalle delibere comunali. La clausola del contratto preliminare che preveda un prezzo eccedente tale limite è automaticamente sostituita dal prezzo determinato dall'amministrazione competente, applicando l'art. 1339 c.c. (integrazione automatica delle clausole) e l'art. 1419, comma 2, c.c. (nullità parziale).

Cass. civ. n. 23655/2025

Qualora una locazione di immobile destinato all'esercizio di una delle attività previste dall'art. 27 della l. n. 392 del 1978 sia stipulata per una durata inferiore a quella legale, il contratto, ove sorga controversia, potrà essere ritenuto conforme al modello legale della locazione non abitativa transitoria - e, quindi, sottratto alla sanzione di nullità di cui all'art. 79 della legge stessa e alla eterointegrazione ex art. 1339 c.c. -, a condizione che la transitorietà sia espressamente enunciata con specifico riferimento alle ragioni che la determinano, in modo da consentirne la verifica in sede giudiziale e sempreché risulti, in esito ad essa, che le ragioni dedotte (delle quali si postula l'effettività, ricorrendo, diversamente, una fattispecie simulatoria) siano di natura tale da giustificare la sottrazione del rapporto al regime ordinario, vale a dire integrino ragioni obiettive che escludano esigenze di stabilità.

Cass. civ. n. 18208/2025

Le variazioni del tasso d'interesse di buoni fruttiferi postali disposte con decreto ministeriale e pubblicate in Gazzetta Ufficiale si integrano automaticamente ai contratti esistenti, prevalendo sulle clausole contrarie eventualmente riportate sui titoli, conformemente al meccanismo di integrazione automatica di cui all'art. 1339 c.c.

Cass. civ. n. 16205/2025

In materia di dismissione di immobili pubblici, il prezzo di cessione deve essere determinato secondo criteri legali prefissati al momento dell'offerta in opzione e non può essere modificato dalla libera contrattazione delle parti. Questo rispetto dei criteri legali garantisce che il prezzo sia conforme ai valori di mercato stabiliti dalla legge (Art. 1339 c.c.).

Cass. civ. n. 20997/2024

Il regime transitorio - dettato dall'art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994 e relativo al passaggio dei soggetti privati già convenzionati dal regime di convenzionamento esterno al nuovo sistema dell'accreditamento, previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992 - consente la prosecuzione dell'attività di erogazione delle prestazioni sanitarie, in attesa dei provvedimenti di accreditamento, subordinatamente alla stipula di un contratto con l'ASL con il quale la struttura accetta il sistema di remunerazione sulla base delle tariffe regionali, con la conseguenza che la fonte del rapporto con l'azienda sanitaria non è più la convenzione precedentemente stipulata in base alla l. n. 833 del 1978. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva negato a una casa di cura il pagamento di somme, a titolo di differenze tariffarie, per le prestazioni erogate nell'anno 1995, correttamente individuando la fonte regolatrice dei rapporti nell'accordo inter partes, anziché nella convenzione originaria, integrata ex lege, ai sensi dell'art. 1339 c.c., mediante l'inserimento automatico dei nomenclatori tariffari vigenti).

Cass. civ. n. 17096/2024

La sostituzione automatica delle clausole nulle con le norme imperative prevista dall'art. 1339 c.c. e richiamata dall'art. 1419, co. 2, c.c., ha una valenza inderogabile e impedisce sia l'estensione della nullità parziale al contratto intero sia la validità delle eventuali clausole cc.dd. di inscindibilità.

Cass. civ. n. 17094/2024

L'art. 1339 c.c. prevede la sostituzione automatica delle clausole nulle con le norme imperative di legge, assicurando così la conservazione del contratto e impedendo al giudice la valutazione dell'essenzialità della clausola per il consenso dei contraenti.

Cass. civ. n. 16674/2024

La nullità parziale di una clausola contrattuale non comporta necessariamente la nullità totale dell'accordo, soprattutto quando la clausola nulla viene sostituita automaticamente dalla norma imperativa prevista dalla legge. Inoltre, l'effetto estensivo della nullità parziale all'intero contratto è precluso al giudice in assenza di prova dell'interdipendenza tra le parti.  Una volta dichiarata la nullità di una clausola relativa al tempo impiegato dai lavoratori per recarsi presso i clienti e fare ritorno alla sede aziendale, il giudice deve accertare l'esistenza del diritto alle differenze retributive sulla base delle istanze presentate dalle parti e dei sistemi aziendali di geolocalizzazione degli automezzi utilizzati.

Cass. civ. n. 16522/2024

L'errore sul diritto rileva soltanto se concerne circostanze esterne influenti sulla valutazione soggettiva della convenienza del negozio; deve quindi escludersi la rilevanza dell'errore quando riguarda l'esistenza delle norme imperative da cui deriva l'integrazione del negozio a norma dell'art. 1339 cod. civ., e quindi la modifica del regolamento contrattuale.

Cass. civ. n. 16213/2024

La disciplina contenuta nell'abrogato art. 173 del D.P.R. n. 156/1973, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, ha natura cogente e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. le statuizioni negoziali delle parti.

L'estensione delle modificazioni anche in peius dei tassi di interesse non ha irragionevolmente leso l'affidamento dei risparmiatori sul tasso esistente al momento della sottoscrizione dell'investimento poiché opera solo per il futuro e bilancia l'esigenza di tutela del risparmio con quella di contenimento della spesa pubblica in rapporto all'andamento dell'inflazione e dei mercati nel caso di titoli emessi da enti a soggettività statale.

L'eventuale mancata messa a disposizione della tabella integrativa presso gli uffici postali può avere rilievo sotto il profilo risarcitorio solo se il risparmiatore dimostra un nesso di causalità tra l'omissione e l'esistenza di un danno.

La variazione in peius dei tassi di interesse sui buoni fruttiferi postali è opponibile al risparmiatore attraverso la sola pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, senza necessità di ulteriori valutazioni di illecita o abusività nell'esercizio del diritto.

Cass. civ. n. 16143/2024

La normativa contenuta nell'abrogato art. 173 del D.P.R. n. 156 del 1973, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, ha natura cogente e come tale è idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. le statuizioni negoziali delle parti.

L'applicazione dell'art. 1339 c.c., nel caso dei buoni postali fruttiferi emessi da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., comporta una sostituzione automatica delle clausole contrattuali relative ai tassi d'interesse in presenza delle norme cogenti previste dall'ex art. 173 del D.P.R. n. 156/1973.

Cass. civ. n. 16129/2024

La disciplina contenuta nell'abrogato art. 173 del D.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall'art. 1 del D.L. n. 460/1974, convertito in L. n. 588/1974, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, ha natura cogente e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c., le statuizioni negoziali delle parti.

L'estensione delle modificazioni anche in peius dei tassi di interesse non ha irragionevolmente leso l'affidamento dei risparmiatori sul tasso di interesse esistente al momento della sottoscrizione dell'investimento poiché la variazione sfavorevole opera solo per il futuro.

La conoscenza delle modifiche ai rendimenti e ai tassi d'interesse dei buoni postali fruttiferi è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; la prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa presso gli uffici postali ha finalità diverse dalla vincolatività della variazione per il risparmiatore.

Cass. civ. n. 15514/2024

La disciplina contenuta nell'abrogato art. 173 del D.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall'art. 1 del D.L. n. 460 del 1974, convertito in L. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, ha natura cogente e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c., la statuizioni negoziali delle parti.

L'emittente dei buoni postali fruttiferi è legittimamente variato il tasso per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di variazione; la prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha la diversa finalità di consentire al risparmiatore di verificare presso l'ufficio postale l'ammontare del proprio credito per interessi all'esito dell'intervenuta variazione.

Cass. civ. n. 8215/2024

In tema di contratto di fornitura di gas, le norme contenute nell'art. 10 d.lgs. n. 32 del 1998 sono imperative, cioè inderogabili dall'autonomia privata nell'interesse della parte più debole, impedendo la previsione di un diritto di esclusiva o di una libera durata del contratto; ne deriva che la loro violazione, anziché comportare la nullità dell'intero contratto, produce la nullità della singola clausola in contrasto con esse.

Cass. civ. n. 2979/2024

La determinazione delle partite pregresse ad opera delle competenti autorità amministrative nel settore del servizio idrico integrato deve essere conforme al principio europeo e nazionale del pieno recupero dei costi di investimento e gestione ottimale del servizio. Le determinazioni tariffarie delle Autorità di settore integrano ex art. 1339 cod.civ. il regolamento di fornitura.

Cass. civ. n. 36581/2023

In tema di buoni postali fruttiferi, la disciplina contenuta nel D.P.R. n. 156 del 1973, abrogato art. 173 come novellato dal D.L. n. 460 del 1974, art. 1 convertito in L. n. 588 del 1974 - che consentiva variazioni, anche "in pejus", del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l'interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. le statuizioni negoziali delle parti: ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale che ne disponeva l'emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie - istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con D.M. 13 giugno 1986 - di buoni postali fruttiferi distinta con la lett. "Q", fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza dal 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni.

Cass. civ. n. 29028/2023

Le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dal D.Lgs. n. 165/2001, art. 55-quater, comma 1, lett. da a) ad f), e comma 2, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi dell'art. 1339 c.c. e art. 1419 c.c., comma 2.

Cass. civ. n. 23162/2023

In materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, l'art. 3 del D.Lgs. n. 368 del 2001, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, costituisce norma imperativa, la cui ratio è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d'impiego riduce la familiarità con l'ambiente e gli strumenti di lavoro; ne consegue che, ove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1339 e 1419, secondo comma, c.c.

Cass. civ. n. 22619/2023

In tema di buoni postali fruttiferi, poiché l'interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l'indicazione, per i buoni postali della serie 'Q/P', di rendimenti relativi alla serie 'P' per l'ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie 'P', in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l'assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell'art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo.

Cass. civ. n. 18001/2023

In tema di concessione cimiteriale, ove il Comune abbia provveduto al rilascio di una concessione perpetua, antecedentemente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 800 del 1975, lo stesso ente territoriale non ne può modificare la disciplina, rideterminando unilateralmente il canone periodico, dal momento che i rapporti patrimoniali tra concedente e concessionario sono regolati dall'atto di concessione e non possono ammettersi interventi successivi dell'Amministrazione, diretti ad incidere negativamente nella sfera giuridica ed economica del destinatario, con l'eccezione della revoca per motivi pubblicistici legati all'insufficienza degli spazi rispetto ai fabbisogni cimiteriali comunali, purché siano decorsi cinquanta anni dalla tumulazione dell'ultima salma.

Cass. civ. n. 16031/2023

In tema di forniture di farmaci ad aziende sanitarie, deve escludersi che il meccanismo introdotto dalla l. n. 296 del 2006 (cd. "payback"), con finalità di salvaguardia dell'autonomia delle case farmaceutiche sulla fissazione del prezzo dei farmaci al pubblico, abbia natura imperativa e sostitutiva delle previsioni negoziali in corso al momento dell'entrata in vigore della predetta legge, giacché tale disciplina non ha affatto previsto la sostituzione delle condizioni di contratto tra società farmaceutiche e aziende ospedaliere, essendosi limitata, invece, a regolare la facoltà delle prime di lasciare immodificato il prezzo dei farmaci così da bloccarne la riduzione disposta dall'Agenzia del farmaco in cambio del versamento, in favore delle Regioni competenti, di una percentuale pari all'importo di tale riduzione.

Cass. civ. n. 14392/2023

In tema di locazioni ad uso abitativo, la rinnovazione tacita di un contratto con canone ultralegale, intervenuta successivamente all'entrata in vigore della l. n. 431 del 1998, legittima il conduttore ad esercitare l'azione prevista dall'art. 79 della l. n. 392 del 1978 onde ottenere l'applicazione del canone cd. equo, determinato ai sensi degli artt. 12 e ss. della legge da ultimo citata, a decorrere dal momento iniziale del contratto e fino alla sua naturale scadenza, "ivi" compreso il periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nel vigore della l. n. 431 del 1998, con sostituzione imperativa del canone convenzionale ai sensi dell'art. 1339 c.c..

Cass. civ. n. 12836/2023

Nei contratti di locazione ad uso non abitativo, il patto con il quale le parti concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato è nullo, anche se la sua previsione attiene al momento genetico, e non soltanto funzionale del rapporto; tale nullità "vitiatur sed non vitiat", con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, e ciò a prescindere dall'avvenuta registrazione.

Cass. civ. n. 5722/2023

La registrazione effettuata attraverso l'utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell'intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita. La fattispecie disciplinare di fonte legale si realizza, pertanto, non solo nel caso di alterazione o manomissione del sistema, ma in tutti i casi in cui la timbratura, o altro sistema di registrazione della presenza in ufficio, miri a far risultare falsamente che il lavoratore è rimasto in ufficio durante l'intervallo temporale compreso tra le timbrature o registrazioni in entrata ed in uscita. Peraltro, le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dall'art. 55- quater, comma 1, lett. da a) ad f), e comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva – le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, cod. civ. – per le quali compete soltanto al giudice, ex art. 2106 cod. civ., il giudizio di adeguatezza delle sanzioni.

Cass. civ. n. 2989/2022

L'art. 28 del d.l. n. 1 del 2012 e l'attuativo regolamento Isvap n. 40 del 2012 vanno interpretati, in forza della sottesa "ratio", nel senso per cui i contratti di assicurazione non conformi al detto regolamento sono nulli - con sostituzione automatica delle clausole ex art. 1339 c.c. - se "connessi" o "condizionati" ad un contratto di mutuo, per tali dovendosi intendere le polizze la cui stipula è stata pretesa, imposta o capziosamente indotta dal mutuante anche in via di mero fatto, a prescindere dall'inserimento nel contratto di mutuo di clausole formali che ne subordinino la validità o l'efficacia alla stipula del contratto assicurativo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza per non aver la Corte territoriale, rilevata la mancanza di una clausola formale, indagato, anche d'ufficio ed in base alle prove offerte, se nella specie la stipula del contratto di assicurazione sulla vita fu di fatto imposta oppure semplicemente "offerta", lasciando al mutuatario la facoltà di scegliere se accettarla).

Cass. civ. n. 29455/2020

In tema di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi ex art. 64 del d.lgs. n. 165 del 2001, il sindacato della Corte di cassazione, adita con ricorso immediato in base al comma 3 dello stesso art. 64, non è limitato alla decisione del giudice di merito sulla questione pregiudiziale, ma si estende, anche d'ufficio, ai presupposti di ammissibilità del subprocedimento ivi disciplinato, atteso che la sentenza della Cassazione mira alla rimozione "erga omnes" della situazione di incertezza sollevata e ha, ai sensi del comma 7, un'efficacia rafforzata sugli altri processi riguardanti la medesima questione, consentendo al giudice dei giudizi futuri di decidere nuovamente su di essa solo se non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORINO, 12/03/2019).

Cass. civ. n. 21683/2019

In materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, l'art. 3 del d.lgs. n. 368 del 2001, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, costituisce norma imperativa, la cui "ratio" è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d'impiego riduce la familiarità con l'ambiente e gli strumenti di lavoro. Ne consegue che, ove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c..

Cass. civ. n. 14083/2019

Il principio posto dall'art. 1339 c.c. è invocabile solo nell'ipotesi in cui si prospetti la sostituzione di clausole contrattuali difformi rispetto a norme imperative di legge e non invece, ove si invochi l'integrazione di lacune della manifestazione della volontà negoziale, al fine, peraltro, di ottenere effetti che possono dipendere solo dalle pattuizioni delle parti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che, per l'ipotesi di revoca anticipata del mandato al difensore, a fronte di una lacuna nel regolamento negoziale aveva disposto la liquidazione del compenso sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 585 del 1994 prescindendo dai criteri fissati dalla convenzione)

Cass. civ. n. 26354/2013

Nei contratti di somministrazione di servizi pubblici essenziali (nella specie, energia elettrica) l'inserimento di diritto di modifiche al regolamento contrattuale in forza dell'art. 1339 cod. civ. determina un nuovo momento genetico del rapporto dal quale discende l'obbligo per il contraente monopolista di applicare uniformemente, ove richiesto, le nuove condizioni generali di utenza anche ai rapporti già in essere, in forza dell'obbligo di parità di trattamento di cui all'art. 2597 cod. civ.

Cass. civ. n. 17746/2009

L'inserzione automatica di clausole, prevista dall'art. 1339 c.c., costituisce una restrizione significativa del diritto di libertà economica consacrato dall'art. 41 Cost. di cui è espressione l'autonomia privata; e deve quindi trovare il suo fondamento in una legge formale o in un altro atto avente valore di legge in senso sostanziale o da esso richiamato tramite rinvio integrativo; pertanto, con riferimento al contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi di vigilanza da parte di un istituto privato, tale integrazione non può aver luogo in base al decreto con cui il prefetto approva la relativa tariffa ai sensi dell'art. 135 del R.D. n. 773 del 1931, trattandosi di un mero atto amministrativo espressivo di un sindacato di congruità, avente natura di merito, del prezzo di una prestazione contrattuale, né l'ingerenza con efficacia reale sulla tariffa proposta dall'istituto e liberamente accettata dal committente può trovare fondamento nella generale potestà del prefetto di impartire prescrizioni nell'interesse pubblico, in sede di rilascio di autorizzazioni di polizia, ai sensi dell'art. 9 del R.D. n. 773 cit.

Cass. civ. n. 1689/2006

Relativamente ad un rapporto contrattuale di durata, l'intervento nel corso di essa, di una nuova disposizione di legge diretta a porre, rispetto al possibile contenuto del regolamento contrattuale, una nuova norma imperativa condizionante l'autonomia contrattuale delle parti nel regolamento del contratto, in assenza di una norma transitoria che preveda l'ultrattività della previgente disciplina normativa non contenente la norma imperativa nuova, comporta che la contrarietà a quest'ultima del regolamento contrattuale non consente più alla clausola di operare, nel senso di giustificare effetti del regolamento contrattuale che non si siano già prodotti, in quanto, ai sensi dell'art. 1339 c.c., il contratto, per quanto concerne la sua efficacia normativa successiva all'entrata in vigore della norma nuova, deve ritenersi assoggettato all'efficacia della clausola imperativa da detta norma imposta, la quale sostituisce o integra per l'avvenire (cioè per la residua durata del contratto) la clausola difforme, relativamente agli effetti che il contratto dovrà produrre e non ha ancora prodotto.

Cass. civ. n. 11264/1998

Il principio posto dall'art. 1339 c.c. (inserzione automatica di clausole) non è invocabile nell'ipotesi in cui si prospetti la sostituzione di clausole contrattuali difformi rispetto a norme imperative di legge ma solo l'integrazione di lacune della manifestazione della volontà negoziale, al fine, peraltro, di ottenere non già effetti derivanti dall'applicazione della norma imperativa ma effetti del tutto diversi, che possono dipendere solo dalle pattuizioni delle parti (nella specie, la S.C. ha escluso che la disciplina contrattuale relativa alla distribuzione su cinque giorni del lavoro settimanale dei piazzisti potesse essere integrata con la disciplina in tema di limiti all'orario di lavoro, di cui al R.D. 15 marzo 1923, n. 692, per derivarne la riduzione contrattuale dell'orario a quaranta ore settimanali e quindi il diritto ad un compenso ulteriore per il lavoro svolto — di sabato — oltre l'orario contrattuale ma entro i limiti legali).

Cass. civ. n. 2630/1981

L'inserzione automatica di clausole imposte dalla legge in sostituzione delle clausole contrattuali difformi, postulando che dal testo o dallo spirito della disposizione sia ricavabile l'invalidità di ogni clausola contraria, non è ipotizzabile quando sia prevista, per l'inosservanza del precetto normativo, una sanzione diversa dalla sostituzione o dalla invalidità della clausola contrattuale difforme.

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