L'attività del sequestratario
L'attività del sequestratario è definita come attività di custodia e di amministrazione.
In linea generale non si può dire che tali due specie possano unificarsi in un unico concetto ed anche il codice ha voluto tenerle distinte. La custodia, che pure si risolve in un fare, ha esclusivamente uno scopo statico rispetto al suo oggetto, di cui mira semplicemente ad assicurare lo status quo; l'amministrazione è, invece, in funzione dinamica dello stesso e involge una potestà discrezionale di gestione, relativa alla normale attivazione economica del bene.
È peraltro vero che nel s. c. l'amministrazione assume un particolare aspetto e precisi limiti in funzione dello scopo cautelare per cui è concessa. In vista di tale comune denominatore con l'attività di custodia essa tende a confondersi con questa ed a minimizzare la propria differenza dalla stessa, sotto specie di conservazione.
I diversi atteggiamenti di custodia o di amministrazione che il sequestratario assumerà saranno pertanto giustificati e legittimati solo in ordine a tale scopo e in relazione alla natura del bene ed alle circostanze. Sarà inutile riscontrare nei singoli casi se essi ricadono sotto un'attività di custode o di amministratore. Ugualmente inutile la distinzione tra un'amministrazione ordinaria ed una straordinaria.
Il codice, richiamando per l'una o l'altra attività due diversi gruppi di norme (quelle del deposito per la custodia e quelle del mandato per l'amministrazione), ha seguito uno schema troppo rigido ed astratto, che non tiene sufficientemente conto dell'autonomia unitaria della funzione cautelare del sequestratario e della particolare esigenza della sua discipline. Dire, ad esempio, che per l'amministrazione del sequestratario si applicano le norme del mandato, può non significare alcunché. Indubbiamente i sequestranti possono attribuire al sequestratario uno specifico mandato per l'amministrazione della cosa. È in tal caso evidente che egli rimane vincolato secondo le norme determinate dai mandanti. Ma la funzione dell'art. 1800 è proprio quella di supplire ad una manifestazione di volontà delle parti
circa i limiti ed il contenuto dell'amministrazione.
Allora come richiamare il mandato, che presuppose una determinazione convenzionale del contenuto degli atti che il mandatario è legittimato a compiere? Quale sarà il limite del potere e dell'obbligo del sequestratario, di fronte ad una contrastante volontà dei sequestranti circa un'attività di amministrazione che, al momento del negozio, essi non determinarono, o determinarono solo in parte?
La risposta (cfr. commento art. prec.) può essere data solo svincolando il sequestratario dalla figura di semplice mandatario o rappresentante, e considerandolo invece investito dalle parti di un potere di conservazione della cosa, in vista dell'esito della controversia; di un ufficio di diritto privato che egli assume in proprio ed al cui discrezionale svolgimento costituiscono successivi limiti la volontà concorde dei sequestranti, la legge e lo scopo cautelare in funzione del quale poteri sono attribuiti.
La legge interviene con due particolari disposizioni: da una parte conferendo al sequestratario la facoltà di alienare la cosa se vi è imminente pericolo di perdita o di gravi deterioramenti, dall'altra limitando la facoltà di locare la cosa per un tempo non superiore a quello stabilito per le locazioni a tempo indeterminato. L'una e l'altra disposizione si sarebbero facilmente ed ugualmente dedotte dalla natura del contratto.
I limiti dell'azione del sequestratario convenzionale e del sequestratario giudiziale, quando non siano diversamente estesi dalle rispettive fonti costitutive (convenzione o provvedimento), appaiono dunque sostanzialmente uguali, essendo il potere discrezionale in funzione dell'identico scopo.
Come il codice di procedura civile ha giustamente rinunciato a precisare i poteri del sequestratario giudiziale e del custode, dovendo l'indagine degli stessi essere condotta «caso per caso, essendo intuitivo che la sfera di essi è in diretta relazione con la natura, destinazione, entità delle cose sottoposte al sequestro», così un'elencazione dei poteri specifici del sequestratario sarebbe sempre incompleta ed incerta in relazione ai singoli casi. Si potranno comunque utilmente consultare quelle che sono state fatte dalla dottrina a proposito del sequestratario diziale.
I poteri del sequestratario devono essere esercitati con la diligenza media «del buon padre di famiglia». Ciò ai fini della responsabilità che incombe sul sequestratario, dal momento che il loro esercizio costituisce anche un dovere. Ma la responsabilità si attenua per il caso che il contratto sia stato stipulato a titolo gratuito (art. 1768, 2° comma).
La situazione della cosa soggetta a sequestro
Il fatto che il sequestratario eserciti propri poteri sulla cosa, non toglie senz'altro validità ed efficacia agli atti dei singoli sequestranti sulla cosa stessa. Quanto alla loro validità fra le parti (sequestrante e terzo) essi non soffrono limite al di fuori di quello che deriva dalla effettiva legittimazione del sequestrante per la loro conclusione (legittimazione che di regola verrà accertata a controversia finita); quanto alla loro efficacia immediata troveranno ostacolo nel precostituito vincolo cautelare sulla cosa e, perciò, nei poteri che il sequestratario può sulla stessa esercitare al fine cautelare; sopratutto nel suo possesso.
La situazione della cosa soggetta a s. c. è dunque, anche ai fini degli atti di disposizione che in ordine alla stessa ponga in essere l'uno o l'altro dei sequestranti, la stessa della cosa soggetta a sequestro giudiziale e, perciò, con successivo riferimento la medesima della cosa pignorata. Per il che è ancora necessario un rinvio. La particolarità della forma convenzionale della cautela importa solo che l'atto di disposizione compiuto concordemente da tutti i sequestranti spieghi immediatamente la sua efficacia; ciò per la subordinazione e la stretta dipendenza del potere del sequestratario dalla comune volontà dei sequestranti. E ciò conferma ancora una volta la rilevanza privata del s. c.