Locazione di case
La durata è un elemento essenziale del contratto di locazione e deve essere determinata non esistendo in concreto locazioni senza determinazione di tempo. La locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trent'anni e se è stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, deve essere ridotta al trentennio (art. 1573).
Eccezione al principio della riduzione
Il principio riceve un' eccezione in tema di locazione di fondi urbani e non si fa luogo alla riduzione nel caso che la locazione di una casa per abitazione sia stata pattuita per tutta la durata della vita dell'inquilino ed anche per un periodo non superiore a due anni dopo la sua morte. La durata della vita umana non è mai prevedibile neppure per approssimazione, ma solo secondo un calcolo di probabilità, che è assai spesso fallace: una siffatta stipulazione potrà portare in molti casi ad una locazione la cui durata supererà il trentennio. La casa locata deve essere destinata ad abitazione perché lo scopo della norma è quello di favorire il desiderio di non cambiare alloggio per tutta la vita e per consentire ai familiari, dopo la morte dell'inquilino, di sistemare i loro interessi e trattare una nuova locazione senza l'assillo di un breve termine che scade. L'eccezione al principio non troverebbe piu applicazione se la locazione venisse stipulata per impiantare nella casa un'industria, un commercio, un ufficio o uno studio e in tal caso la locazione sarebbe suscettibile di riduzione. Non è però mutata la destinazione della casa se l'inquilino in parte di essa impianti il suo studio o ufficio. Non è infatti necessario che l'abitazione si estenda a tutta la casa, e nulla vieta, in mancanza di patto espresso, all'inquilino, ad es. ad un professionista, di impiantare il proprio studio in parte della privata abitazione.
Se la casa sia stata presa in affitto da più persone per tutta la loro vita e sino a due anni dopo (per es. da due coniugi) la locazione cesserà due anni dopo la fine di quello di loro che morirà per ultimo, e ciò perché il diritto di godimento appartiene indivisibilmente a ciascuno degli inquilini e i superstiti sono investiti della porzione di cui godeva il defunto.
Se nel corso della locazione il conduttore muta la destinazione della cosa, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto. Tale facoltà deve riconoscersi al solo locatore, non pure al conduttore, altrimenti sarebbe assai facile a quest'ultimo di malafede di cessare di abitare la casa, impiantarvi un ufficio qualsiasi e liberarsi in tal modo dagli obblighi che gli incombono per contratto.
La locazione di una casa per abitazione non muta natura quando sia stata stipulata per una durata corrispondente a quella della vita dell'inquilino, anche se la pigione sia stata pattuita in una somma globale calcolata sulla probabilità della durata della vita dell'inquilino medesimo.
La pattuizione della locazione per tutta la durata della vita dell'inquilino e per un periodo successivo alla sua morte superiore ai due anni, va ristretta alla vita dell'inquilino e al biennio successivo alla morte. Ciò si desume dallo spirito della disposizione e una dichiarazione di nullità dell'intero contratto sarebbe iniqua oltre che antieconomica.
Nulla è disposto per la forma di una locazione quale è prevista nell'articolo in esame. Come è stato già rilevato, una locazione contenente la clausola della durata per tutta la vita dell'inquilino e per due anni successivi alla sua morte devesi considerare locazione ultranovennale e come tale da farsi per atto pubblico o per scrittura privata sotto pena di nullità (art. 1350 n. 8 cod. civ.).