Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 1607 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Durata massima della locazione di case

Dispositivo dell'art. 1607 Codice Civile

(1)La locazione di una casa per abitazione può essere convenuta per tutta la durata della vita dell'inquilino e per due anni successivi alla sua morte(2).

Note

(1) Si veda la L. 9 dicembre 1998, n. 431 (Legge sulle locazioni abitative).
(2) Si tratta di una eccezione alla regola della durata limitata della locazione (v. 1573 c.c.).

Ratio Legis

La norma si giustifica in considerazione della necessità di garantire una continuità al singolo, nonchè alla sua famiglia, nel diritto ad un'abitazione.

Spiegazione dell'art. 1607 Codice Civile

Locazione di case

La durata è un elemento essenziale del contratto di locazione e deve essere determinata non esistendo in concreto locazioni senza determinazione di tempo. La locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trent'anni e se è stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, deve essere ridotta al trentennio (art. 1573).


Eccezione al principio della riduzione

Il principio riceve un' eccezione in tema di locazione di fondi urbani e non si fa luogo alla riduzione nel caso che la locazione di una casa per abitazione sia stata pattuita per tutta la durata della vita dell'inquilino ed anche per un periodo non superiore a due anni dopo la sua morte. La durata della vita umana non è mai prevedibile neppure per approssimazione, ma solo secondo un calcolo di probabilità, che è assai spesso fallace: una siffatta stipulazione potrà portare in molti casi ad una locazione la cui durata supererà il trentennio. La casa locata deve essere destinata ad abitazione perché lo scopo della norma è quello di favorire il desiderio di non cambiare alloggio per tutta la vita e per consentire ai familiari, dopo la morte dell'inquilino, di sistemare i loro interessi e trattare una nuova locazione senza l'assillo di un breve termine che scade. L'eccezione al principio non troverebbe piu applicazione se la locazione venisse stipulata per impiantare nella casa un'industria, un commercio, un ufficio o uno studio e in tal caso la locazione sarebbe suscettibile di riduzione. Non è però mutata la destinazione della casa se l'inquilino in parte di essa impianti il suo studio o ufficio. Non è infatti necessario che l'abitazione si estenda a tutta la casa, e nulla vieta, in mancanza di patto espresso, all'inquilino, ad es. ad un professionista, di impiantare il proprio studio in parte della privata abitazione.

Se la casa sia stata presa in affitto da più persone per tutta la loro vita e sino a due anni dopo (per es. da due coniugi) la locazione cesserà due anni dopo la fine di quello di loro che morirà per ultimo, e ciò perché il diritto di godimento appartiene indivisibilmente a ciascuno degli inquilini e i superstiti sono investiti della porzione di cui godeva il defunto.
Se nel corso della locazione il conduttore muta la destinazione della cosa, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto. Tale facoltà deve riconoscersi al solo locatore, non pure al conduttore, altrimenti sarebbe assai facile a quest'ultimo di malafede di cessare di abitare la casa, impiantarvi un ufficio qualsiasi e liberarsi in tal modo dagli obblighi che gli incombono per contratto.

La locazione di una casa per abitazione non muta natura quando sia stata stipulata per una durata corrispondente a quella della vita dell'inquilino, anche se la pigione sia stata pattuita in una somma globale calcolata sulla probabilità della durata della vita dell'inquilino medesimo.
La pattuizione della locazione per tutta la durata della vita dell'inquilino e per un periodo successivo alla sua morte superiore ai due anni, va ristretta alla vita dell'inquilino e al biennio successivo alla morte. Ciò si desume dallo spirito della disposizione e una dichiarazione di nullità dell'intero contratto sarebbe iniqua oltre che antieconomica.
Nulla è disposto per la forma di una locazione quale è prevista nell'articolo in esame. Come è stato già rilevato, una locazione contenente la clausola della durata per tutta la vita dell'inquilino e per due anni successivi alla sua morte devesi considerare locazione ultranovennale e come tale da farsi per atto pubblico o per scrittura privata sotto pena di nullità (art. 1350 n. 8 cod. civ.).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

423 Ho ripristinato il penultimo comma dell'articolo 1571 cod. civ. che la Commissione reale non aveva riprodotto nell'articolo 417 del suo progetto evidentemente perché aveva ammesso che la locazione poteva durare novantanove anni.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Modelli di documenti correlati all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 1607 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L.A. chiede
venerdģ 15/10/2021 - Marche
“E’ possibile stipulare una locazione ad uso abitativo tra comproprietari a canone concordato o a canone libero, il tutto pro quota, cioè i locatori comproprietari danno in locazione la loro quota totale di possesso immobile al conduttore comproprietario che possiede la rimanente quota? O è previsto un contratto di indennità di occupazione esclusiva annuale pro quota?
- l’importo del canone/indennità in una locazione a canone libero o in un contratto di indennità occupazione, è limitato dalla legge, dal valore di locazione di mercato o può essere in accordo tra le parti?
- la locazione ad uso abitativo perpetua (a vita) è possibile? Oppure al massimo la durata è di 30 anni?
- è possibile fare una locazione ad uso abitativo a canone libero 8+4 o 9+4 piuttosto che quella ordinaria 4+4?
- in una locazione a canone libero ad uso abitativo è possibile derogare IN ACCORDO TRA LE PARTI, ai casi particolari di legge previsti per i soli locatori per richiedere la risoluzione del contratto e liberare l’immobile per motivi particolari (vendita, uso, figli, etc.)?
Grazie”
Consulenza legale i 20/10/2021
In risposta alla prima domanda, si osserva quanto segue.
In linea di principio, una pluralità di locatori integra comunque una parte contrattuale unica.
Al suo interno poi trova applicazione quanto previsto dalla legge in tema di comunione: in base all’art. 1103 c.c., infatti, ciascun partecipante della comunione può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota.
Nello specifico di quanto richiesto nel quesito, sarà quindi possibile sottoscrivere un contratto di locazione in cui i comproprietari locano l’immobile ad altro comproprietario.
E’ parimenti possibile che, anche in caso di più comproprietari, uno solo di essi sia il firmatario del contratto.
Dal lato suo, il conduttore potrà pagare l’intero canone anche a uno soltanto dei locatori oppure, se specificato nel contratto, versare ad ogni locatore l’importo proquota del canone.

Come ha evidenziato la Corte di Cassazione nella sentenza n.18069 del 2019Secondo principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, invero, qualora in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, nei confronti del conduttore, alla medesima prestazione, così come, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all'art. 1292 c.c., che non determina, tuttavia, la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori”.

Con riguardo la seconda domanda contenuta nel quesito, possiamo rispondere quanto segue.
Il canone di locazione (nei contratti a canone libero) non è predeterminato dalla legge e può essere determinato dalle parti.
Soltanto a fini fiscali, onde evitare accertamenti da parte della Agenzia delle Entrate è previsto un canone minimo. Infatti, la Legge Finanziaria 2005 (Legge n. 344 del 30/12/2004) prevede che non è soggetto ad accertamento amministrativo quel canone di affitto annuo stabilito per contratto in misura non inferiore al 10% del valore catastale dell’immobile calcolato sulla base della valutazione automatica.
Quanto all’indennità di occupazione è la somma di danaro che bisogna corrispondere al proprietario del bene occupato senza titolo ( e quindi illegittimamente) occupato.
Il relativo importo lo si desume da quanto previsto lo si desume dall’art. 1591 c.c. secondo cui “il conduttore in mora restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna”.
Come aveva osservato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10926/2018In materia di locazione, anche se il rapporto viene risolto - sia contrattualmente, sia giudizialmente - l'obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e permane per tutto il tempo in cui rimanga nella detenzione del bene, fino al momento dell'effettiva riconsegna, che può avvenire mediante formale restituzione al locatore ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile.”

Con riguardo alla terza domanda, la risposta è contenuta nell’art. 1573 c.c. secondo cui “ salvo diverse norme di legge, la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trent'anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto.”
L’eccezione a tale regola è contenuta nell’art. 1607 c.c. secondo cui se si tratta di locazione di abitazioni la relativa durata “può essere convenuta per tutta la durata della vita dell'inquilino e per due anni successivi alla sua morte”.

Circa poi la quarta domanda se sia possibile fare una locazione ad uso abitativo a canone libero 8+4 o 9+4 piuttosto che quella ordinaria 4+4, la risposta è contenuta nella Legge 431/98 la quale all’art. 2 stabilisce che le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni.
Ne possiamo quindi dedurre che in linea di principio sia ammissibile una prima scadenza di durata superiore a 4 anni, mentre il rinnovo - come stabilito espressamente dalla norma - può essere soltanto di 4 anni. Ricordiamo infatti che sempre la L. 431/98 all'art. 13 comma 3 stabilisce che: " è nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge."
Dunque, le durate indicate nel quesito (8+4 o 9+4), per quanto inusuali, apparirebbero conformi a legge.

Infine, con riguardo all’ultima domanda contenuta nel quesito si osserva quanto segue.
I casi in base ai quali il locatore può alla prima scadenza avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi sono tassativi e sono solo quelli indicati dal primo comma dell’art.3 della predetta L.431/98.
Che siano tassativi è specificato espressamente al comma 2 del predetto articolo.
Quindi la risposta alla domanda deve intendersi negativa, non potendo le parti - neppure se d'accordo - derogare a quanto previsto dalla normativa in materia (i.e.: normativa inderogabile).