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Articolo 1597 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Rinnovazione tacita del contratto

Dispositivo dell'art. 1597 Codice Civile

La locazione si ha per rinnovata(1) se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato [1574], non è stata comunicata la disdetta a norma dell'articolo precedente(2).

La nuova locazione è regolata dalle stesse condizioni della precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato [1574].

Se è stata data licenza, il conduttore non può opporre la tacita rinnovazione, salvo che consti la volontà del locatore di rinnovare il contratto [80 l.f.](3).

Note

(1) Si tratta di un'ipotesi di rinnovazione tacita.
(2) Nel caso di locazioni di immobili ad uso abitativo la disdetta deve essere inviata almeno sei mesi prima della scadenza del rapporto (v. art. 2 e 3, L. 9 dicembre 1998, n. 431); per le locazioni non abitative almeno dodici o diciotto mesi prima (v. art. 28, L. 27 luglio 1978, n. 392).
(3) La licenza (657 ss. c.p.c.), atto scritto, prevale sulla rinnovazione tacita.

Ratio Legis

Il legislatore presume che se il conduttore viene lasciato nella detenzione dell'immobile ovvero se non vi è una disdetta, le parti intendano proseguire nella locazione e, pertanto, le agevola escludendo la necessità di una nuova stipula.

Brocardi

Qui tacet consentire videtur

Spiegazione dell'art. 1597 Codice Civile

Rinnovazione tacita. Nozione

La continuazione nel possesso della res da parte del conduttore, non contrastata da atti univoci d'opposizione da parte del locatore, realizza una situazione di fatto alla quale la legge ricollega la rinnovazione del rapporto giuridico.
La rinnovazione tacita, come l'espressione stessa chiarisce, non rappresenta una proroga dell'antico negozio, ma una nuova e distinta locazione, la quale, fondandosi sul fatto della permanenza del conduttore nel godimento della cosa locata e sul silenzio del locatore si presume sempre conclusa sotto le stesse condizioni del precedente contratto, medesimi patti, l'identico corrispettivo. È il solo elemento della durata che riceve una diversa determinazione stabilita in base al criterio dettato per le locazioni a tempo indeterminato. L'esistenza di una nuova locazione rende indifferente la forma della locazione terminata: anche se questa era stata fatta per iscritto, la rinnovazione avviene per il solo consenso tacito.

La legge si propone un duplice intento: quello di interpretare la volontà delle parti quale risulta da non equivoche manifestazioni di volontà, e di provvedere nell'interesse dei fondi ad una amministrazione ininterrotta. Il fatto che il conduttore rimanga nel possesso del fondo locato e che il locatore ve lo lasci, riscuotendo magari il canone, costituiscono indubbie manifestazioni di dar vita ad un nuovo rapporto, continuatore del precedente. La regola che vale non soltanto per la prima rinnovazione, ma anche per le successive, è così affermata da ULPIANO : «Qui, impleto tempore conductionis, remansit in conductionem, reconduxisse videbitur » ed inoltre: « Qui ad certum tempus conduxit, finito quoque tempore, colonus est; intelligitur enim dominus, cum patitur colonum in fundo esse, ex integro locare ».

Nella riconduzione tacita, come in tutti i negozi giuridici formati con la manifestazione tacita della volontà, l'interprete, valutando il comportamento delle parti, risale alla loro volontà e vi rende ossequio. Perché però quel comportamento possa essere rivelatore della volontà di chi lo pone in essere è necessario che promani da libera elezione, il che non può ritenersi se il conduttore è lasciato nel godimento della cosa locata per la forza cogente di un provvedimento legislativo.
Fondata sul fatto concludente del conduttore che rimane nella detenzione della cosa e del locatore che ve lo lascia, la tacita rinnovazione è configurata particolarmente dalla legge per le locazioni a tempo determinato; per le altre e cioè per quelle comunemente ed impropriamente chiamate a tempo indeterminato, la legge pure parla di rinnovazione sebbene esse durino indefinitamente se non sia intervenuta disdetta nel termine fissato a norma del capoverso dell'art. 1596. Una volta intervenuta disdetta, sia per le locazioni a termine sia per quelle senza termine la tacita rinnovazione del contratto non potrò essere invocata, tranne che, a cagione di fatti univoci, che siano qualcosa di più e di diverso dal semplice rimanere ed essere lasciati rimanere, sia possibile stabilire il consenso del locatore alla rinnovazione del contratto. Occorreranno precise circostanze che inducano a ritenere che le parti convennero posteriormente alla disdetta in un tacito accordo circa la locazione della cosa, come ad es. il pagamento del corrispettivo in un periodo ulteriore.

Come si è accennato, la nuova locazione, derivante da rinnovazione tacita, si presume conclusa sotto le stesse condizioni del precedente contratto tranne che per la durata, che non è quella fissata dalle parti per la locazione precedente, ma è quella stabilita dalla legge nell'art. 1574 quando le parti non l'hanno determinata. Ne consegue che una locazione a termine convenuta dalle parti, che sarebbe cessata di diritto con lo spirare del termine (art. 1596), una volta tacitamente rinnovata, non cesserà se non per disdetta nel termine determinato dalle parti o dagli usi.

Prima condizione perché il nuovo rapporto continuatore del precedente sorga è che sia scaduto il termine della locazione originaria e che non ricorra soluzione di continuo. È stato rilevato che se la prima locazione fosse nulla oppure risolta prima della fine del termine stabilito, non potrebbe tacitamente rinnovarsi perché non può rinnovarsi ciò che non esiste, e d'altra parte la soluzione di continuità tra la prima e la seconda locazione dimostrerebbe la mancanza del concorso delle circostanze sulle quali la legge si fonda per presumere l'esistenza del con-senso tacito. Occorre inoltre che all'epoca della rinnovazione sussistano i requisiti di capacità dei contraenti che sarebbero stati necessari per la prima locazione.

La legge non stabilisce per quale durata minima di tempo il conduttore debba rimanere ed essere lasciato nella detenzione della cosa perché possa da lui eccepirsi la riconduzione tacita. È certo però che la continuazione del possesso debba avere una certa durata e debba superare almeno di un giorno quel periodo di tolleranza che gli usi locati accordano al conduttore per lasciare la cosa locata dopo scaduto il termine della locazione. Naturalmente non basterà l'ostruzionismo del conduttore a far superare il termine di tolleranza, e il giudice nel valutare tutte le circostanze dovrà dire se si è avuta un'ulteriore tolleranza di qualche giorno o la volontà di rinnovare il rapporto di locazione.

Anteriormente all'entrata in vigore del codice del '42, si discuteva se potessero essere tacitamente rinnovate le locazioni di cose mobili. Parte della dottrina l'ammetteva, altra parte era per la soluzione negativa, osservando che mancava ogni motivo di aver riguardo alla necessità di una continuità dell'amministrazione della cosa. Una casa disabitata, un fondo non coltivato - si osservava - deperiscono, mentre una cosa mobile in via normale dal non uso non puo che trar vantaggio. Si ammetteva quindi, come unica eccezione all'inammissibilita, della tacita rinnovazione in tema di mobili il caso dei mobili forniti dal locatore per l'arredamento di un fondo urbano, avuto riguardo alla natura ed allo scopo dei mobili medesimi e il caso di camere o di appartamenti mobiliati costituendo i mobili un accessorio della cosa principale. Se la questione poteva apparire dubbia sotto il regime del cessato codice, nessun dubbio può più esistere oggi. Le norme della locazione si applicano tanto alle cose mobili the agli immobili e laddove si è ritenuto di dare una disciplina particolare per le cose mobili si è avuto cura di dichiararlo come nel primo capoverso dell'art. 1589. D'altra parte non è esatto che la cosa mobile da non uso non può che trarne vantaggio basti pensare al deperimento delle macchine per il non uso prolungato.

Rispetto alla locazione dei mobili che per la loro natura implicano una determinata durata della locazione, es. macchine da usarsi per certe stagioni, si ritiene che la riconduzione comprenda il periodo determinato dalla consuetudine di durata dei lavori in cui tali mobili sono impiegati; però, in vista della fluttuazione dei prezzi si ritiene che il nolo, in caso di riconduzione sia ragguagliato ai corsi medi. Se tale principio è esatto per la determinazione della durata, non è ugualmente sicuro per quarto riguarda la misura del nolo. La nuova locazione si presume conclusa sotto le stesse condizioni del precedente contratto, ai medesimi patti, con il medesimo corrispettivo, e, in mancanza di determinazione pattizia, il nolo dovrà rimanere immutato quale che siano le variazioni dei prezzi.

Se più erano i conduttori ed uno solo è lasciato nel possesso, con lui soltanto s'intende formata la nuova locazione. Più delicato è il problema se possa la tacita rinnovazione riferirsi soltanto ad alcuni dei beni locati. La soluzione è negativa perchè gli elementi che costituiscono la nuova locazione devono essere i medesimi che formarono la precedente e quindi il consenso alla rinnovazione deve riferirsi al complesso dei beni il cui godimento costituiva l'oggetto del contratto primitivo. Può darsi che nel corso della locazione il godimento sia stato limitato ad alcuni beni e il corrispettivo sia stato ridotto in proporzione: allo spirare del termine potrà aversi tacita rinnovazione, ma non del contratto originario che più non esiste, ma del contratto per così dire ristretto ed essa si riferirà quindi a tutti i beni locati.

La rinnovazione tacita può aver luogo anche in tema di sublocazione. La legge non pone limitazioni al riguardo e basterà da una parte che il contratto di locazione sia mantenuto in vita e dall'altra che continui il godimento della cosa da parte del subconduttore.


Capacità dei contraenti

Il requisito della capacità dei contraenti dà luogo a diverse questioni. Innanzitutto non potrebbe parlarsi di tacita rinnovazione se allo scadere del termine una delle parti fosse divenuta incapace, ad es. per interdizione.
Il contratto è in tal caso annullabile (art. 427 cod. civ.) su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa. Lo stesso si dica nel caso di atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere e di volere al momento della rinnovazione del contratto (art. 428 cod. civ.).

La locazione può essere rinnovata tra gli eredi delle parti o di una di esse. Se una delle parti fosse morta senza eredi o la sua eredità fosse giacente e senza curatore, non potrà aversi rinnovazione. Se tutti gli eredi sono lasciati nella detenzione della cosa, la rinnovazione del contratto avverrà a favore di tutti in ragioni uguali, poiché alla formazione della riconduzione concorre il consenso e non la ragione successoria dei singoli. Se invece uno solo degli eredi è lasciato in possesso, a favore di questo solo si forma la tacita rinnovazione perché di esso solo può essere presunto il consenso.

Nel caso di locazioni contratte da persone giuridiche non sembra possa parlarsi di riconduzione, giacché riesce difficile concepire come possa sostituirsi alle forme rigorose dettate a garanzia dell' amministrazione dei beni degli enti morali un fatto materiale e come possa in esso riconoscersi l'espressione del consenso.


Licenza

Nell'ultima parte dell'articolo è stabilito che se fu intimata licenza, il conduttore non può opporre la tacita rinnovazione, salvo che consti la volontà del locatore di rinnovare il contratto e si è già accennato che tale volontà contraria a quella manifestata dalla licenza deve risultare da circostanze posteriori alla licenza medesima. Se tale volontà contraria non risulti, nessuna efficacia può essere accordata al fatto che il conduttore abbia continuato nel suo godimento. Per il tempo dell'ulteriore godimento, peraltro, il conduttore, dovrà corrispondere al locatore il corrispettivo, altrimenti avrebbe a trarre un ingiusto arricchimento a danno di quest'ultimo, e ciò a prescindere dai danni che il locatore può aver risentito per il rifiuto del conduttore di eseguire l'intimazione ricevuta. Poiché per l'art. 2764 cod. civ. il privilegio del locatore si estende ad ogni credito dipendente da inadempimento del contratto, anche per tale credito il locatore è privilegiato.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

413 La rinnovazione tacita avviene, secondo l'art. 452, non per il tempo determinato dagli usi locali (articoli 1610 cod. civ. e 453 progetto del 1936) , ma per la durata stabilita per le locazioni senza determinazione di tempo; il che fa intendere, non ostante più non lo si dica, come si faceva nell'art. 1610 cod. civ. e nell' art. 453 progetto del 1936, che, dopo la rinnovazione tacita, la locazione cessa soltanto a seguito di ulteriore disdetta data nel termine di cui all'art. 451 capoverso.
Ho dichiarato nell'ultimo comma dell'art. 452 che l'intimazione della licenza impedisce al conduttore di opporre la tacita rinnovazione solo quando non si abbiano circostanze univoche e concludenti atte a fare indurre la volontà del locatore di rinnovare il contratto.

Massime relative all'art. 1597 Codice Civile

Cass. civ. n. 33968/2022

In virtù del necessario coordinamento della disciplina generale degli artt. 1597, 1598 e 1938 c.c. con quella speciale degli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, la fideiussione prestata a garanzia delle obbligazioni del conduttore di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo si protrae, salva diversa volontà negoziale, fino alla scadenza del secondo sessennio di durata, posto che solo a partire da tale momento la locazione può cessare per un comportamento meramente potestativo delle parti (secondo la logica sottesa all'art. 1597 c.c.), mentre alla scadenza del primo sessennio la cessazione può intervenire solo per disdetta da comunicarsi nei termini stabiliti ovvero a seguito dell'esercizio della facoltà di diniego del rinnovo da parte del locatore per i motivi previsti nel citato art. 29 (dunque, in forza di un contegno non meramente potestativo, siccome caratterizzato da particolari modalità e termini).

Cass. civ. n. 34162/2020

Anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, di cui all'art. 42 della l. n. 392 del 1978, é applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione, che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione di tale rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della l. n. 392 del 1978 non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e presunta in virtù di un comportamento concludente -, ma deriva direttamente dalla legge.

Cass. civ. n. 34162/2019

Anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, di cui all'art. 42 della l. n. 392 del 1978, é applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione, che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione di tale rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della l. n. 392 del 1978 non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e presunta in virtù di un comportamento concludente -, ma deriva direttamente dalla legge.

Cass. civ. n. 19410/2016

In materia di contratti conclusi dalla P.A., è necessaria la stipulazione in forma scritta a pena di nullità e, conseguentemente, deve escludersi la possibilità di una rinnovazione tacita per "facta concludentia", posto che, altrimenti, si perverrebbe all'effetto di eludere il requisito formale suddetto. Tuttavia, quando la rinnovazione dell'originario contratto di locazione immobiliare stipulato in forma scritta sia prevista da apposita clausola contrattuale per un tempo predeterminato e sia subordinata al mancato invio di una disdetta del contratto entro un termine dalle parti prestabilito, la rinnovazione tacita per l'omesso invio di tale disdetta deve reputarsi ammissibile, in quanto la previsione della clausola, da un lato, non elude la necessità della forma scritta, e, dall'altro, attesa la predeterminazione della durata del periodo di rinnovazione, consente agli organi della P.A., deputati alla valutazione degli impegni di spesa e dei vincoli di bilancio correlati all'eventuale rinnovazione, di considerare l'opportunità, o meno, di avvalersi della disdetta

Cass. civ. n. 13886/2011

La rinnovazione tacita del contratto di locazione, ai sensi dell'articolo 1597 c.c., postula la continuazione della detenzione della cosa da parte del conduttore e la mancanza di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore, cosicché, qualora questi abbia manifestato con la disdetta la volontà di porre termine al rapporto, la rinnovazione non può desumersi dalla permanenza del locatario nell'immobile locato dopo la scadenza o dal fatto che il locatore abbia continuato a percepire il canone senza proporre tempestivamente azione di rilascio, occorrendo, invece, un comportamento positivo idoneo ad evidenziare una nuova volontà, contraria a quella precedentemente manifestata per la cessazione del rapporto.

La volontà della P.A. di obbligarsi non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto "ad substantiam"; pertanto, nei confronti della stessa P.A., non è configurabile alcun rinnovo tacito del contratto di locazione, né rileva, per la formazione del contratto, un mero comportamento concludente, anche protrattosi per anni.

Cass. civ. n. 8729/2011

L'intimazione di licenza per finita locazione, anche se sia processualmente inidonea allo scopo (nella specie, a causa dell'indicazione di una data di scadenza del contratto erronea ed anticipata rispetto a quella effettiva), costituisce pur sempre sul piano sostanziale una valida manifestazione delle volontà del locatore di recedere dal contratto; essa, perciò, produce gli effetti della disdetta, a partire dalla successiva scadenza contrattuale.

La volontà di prorogare tacitamente il contratto di locazione pervenuto a scadenza può essere manifestata anche tacitamente, ma deve essere inequivoca. Non può, pertanto, ravvisarsi come nella specie una tacita volontà di prorogare il contratto nella condotta del locatore che, dopo avere intimato licenza per finita locazione, ometta di iscrivere a ruolo l'atto di intimazione.

Cass. civ. n. 5464/2006

La rinnovazione tacita del contratto di locazione, ai sensi dell'articolo 1597 c.c., postula la continuazione della detenzione della cosa da parte del conduttore e la mancanza di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore, cosicché, qualora questi abbia manifestato con la disdetta la volontà di porre termine al rapporto, la rinnovazione non può desumersi dalla permanenza del locatario nell'immobile locato dopo la scadenza o dal fatto che il locatore abbia continuato a percepire il canone senza proporre tempestivamente azione di rilascio, occorrendo invece un comportamento positivo idoneo ad evidenziare una nuova volontà, contraria a quella precedentemente manifestata per la cessazione del rapporto. (Nella fattispecie, relativa alla impugnazione di sentenza dichiarativa della cessazione della locazione per spirare del termine, la S.C., ha rigettato la doglianza del conduttore, secondo cui la corte di merito non aveva corretto l'errore del giudice di primo grado che non aveva ritenuto rinnovata la locazione per effetto del lungo periodo trascorso tra la disdetta — 29 marzo 1989 — e la scadenza del contratto — 31 gennaio 1993).

Cass. civ. n. 12087/2002

Non può applicarsi ai contratti di locazione conclusi dalla P.A. l'istituto della rinnovazione tacita del contratto in quanto esso è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione della volontà di obbligarsi da parte della P.A., che non può desumersi da fatti concludenti ma deve essere espressa nelle forme previste dalla legge; tuttavia, qualora, dopo la scadenza del contratto, l'amministrazione locatrice continui a percepire i canoni di locazione richiedendo anche l'aumento Istat, può aversi non una vera e propria rinnovazione, ma una continuazione dell'originario rapporto, purché nel contratto originario sia inserita una apposita clausola in tal senso.

Cass. civ. n. 11701/2002

In materia di locazioni, l'art. 1597 c.c. Stabilisce che nell'ipotesi di rinnovazione tacita del contratto di locazione la nuova locazione è regolata dalle stesse condizioni della precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato, a tale stregua contemplando un rinvio all'art. 1574, c.c., recante elencazione delle diverse attività cui i locali possono essere adibiti che, essendo esso volto a regolare la durata di ogni specie di locazione, riveste necessariamente carattere non tassativo bensì meramente esemplificativo, ricomprendendo pertanto, al primo comma n. 1, anche la durata delle locazioni di locali adibiti a deposito.

Cass. civ. n. 12959/2001

La disdetta di un contratto di locazione successiva alla rinnovazione tacita già verificatasi, ai sensi dell'art. 1597 c.c., non può incidere sulla tacita riconduzione ormai prodottasi, e quindi può valere soltanto ad impedire un'altra rinnovazione tacita alla scadenza del contratto.

Cass. civ. n. 4472/2001

Il contratto di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo per il soddisfacimento di esigenze transitorie non può ritenersi incompatibile con l'istituto della rinnovazione tacita ex art. 1597 c.c., se dalle circostanze di fatto non risulti, tra le parti, una volontà novativa rispetto all'originaria convenzione negoziale, con relativa modificazione della fattispecie legale tipica da locazione transitoria a locazione abitativa primaria.

Cass. civ. n. 12833/1998

La volontà espressa dal locatore di non rinnovare il contratto di locazione alla scadenza comporta l'esaurimento dell'efficacia del contratto alla predetta data, che può essere superato soltanto mediante la manifestazione di una concorde volontà contraria rivolta alla costituzione di un nuovo rapporto, con l'ulteriore conseguenza che in caso di mancata dichiarazione di volontà da parte del locatore non può trovare applicazione la rinnovazione tacita prevista dall'art. 1597 c.c., per il caso in cui dopo la scadenza il conduttore sia rimasto nel godimento dell'immobile per un apprezzabile periodo di tempo.

Cass. civ. n. 5618/1994

La rinnovazione tacita della locazione, prevista dal comma 1, dell'art. 1597 c.c., nel caso in cui, scaduto il termine, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata, non richiede una volontà positiva del locatore, anche tacitamente manifestata, di rinnovazione del contratto, come, ai sensi dell'art. 1597, ultimo comma, c.c., è invece necessario per la rinnovazione dopo (e nonostante) la disdetta, perché nel caso considerato dal comma 1 del citato art. 1597, in cui è mancata una manifestazione della volontà di non consentire la rinnovazione, la legge attribuisce al fatto che il conduttore mantenga e sia lasciato nella detenzione dell'immobile il significato, che gli è normalmente proprio, di inequivoca manifestazione della comune volontà delle parti di continuare il rapporto.

Cass. civ. n. 8621/1990

Anche nell'ipotesi di cosiddetto noleggio di bene mobile (nella specie, macchina fotocopiatrice), trovano applicazione le regole della locazione, circa la revocabilità, pure tacitamente, della precedente disdetta alla scadenza, con la conseguenziale rinnovazione del rapporto e dei diritti ed obblighi ad esso inerenti. A tale principio non si sottrae la disdetta del locatario, ove risulti superata da comportamenti successivi di inequivoco segno contrario (mantenimento, per lungo periodo, della detenzione del bene, associata ad una utilizzazione dello stesso non diversa da quella goduta in forza dell'originario contratto).

Cass. civ. n. 3174/1989

Dall'abbandono da parte del locatore, per inattività o rinuncia, di un giudizio di rilascio nei confronti del conduttore, ancorché possa derivarne l'estinzione del processo (ma non dell'azione ai sensi del primo comma dell'art. 310 c.p.c.), non è desumibile in modo univoco la tacita volontà di rinnovare il contratto.

Cass. civ. n. 3187/1981

In materia di locazione, la rinnovazione del contratto posta in essere con una manifestazione tacita di volontà è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione, da parte della pubblica amministrazione, della volontà di obbligarsi, la quale non può desumersi da facta concludentia, ma deve essere espressa nelle forme di legge. Tale principio, peraltro, non trova applicazione quando si tratti non di vera e propria rinnovazione (o riconduzione) tacita, ma di continuazione dell'originario rapporto in forza di apposita clausola del contratto precedentemente concluso, poichè in tal caso la continuazione avviene in virtù della volontà manifestata dalle parti nel concludere il contratto, con la conseguenza che, ove questo risulti stipulato nel rispetto delle forme che regolano il procedimento di formazione e di manifestazione della volontà degli Enti pubblici, l'impegno in ordine alla protrazione del rapporto assunto dalla pubblica amministrazione con tale contratto deve ritenersi pienamente valido ed efficace.

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C. C. chiede
sabato 26/02/2022 - Lombardia
“Buongiorno, io (69 anni) e mio marito (74 anni), reddito al minimo e un figlio a carico, conduciamo in locazione un immobile (contratto 4+4) che, insieme a tanti altri, alla morte della proprietaria è stato ereditato da oltre 10 eredi. Premetto che abitiamo in questo appartamento da più di 30 anni e che il contratto, nonostante le numerose richieste, è stato registrato per la prima volta il 16/06/2008. Registrazione effettuata da noi, così come negli anni successivi, perché l'anziana proprietaria, soggetto del tutto particolare, non lo ha mai ritenuto necessario. Capisco che ciò non ha alcuna rilevanza riguardo al problema che voglio sottoporvi ma ve lo comunico per conoscenza.
In data 25/11/2019 ci giunge regolare disdetta per finita locazione da parte dell'avvocato figlia di un coerede e firmata solo dalla stessa che si presenta come amministratrice dell'asse ereditario senza specificare nulla riguardo alla sua nomina (durante una sua visita per visionare l'appartamento ci ha detto che non le era ancora stata concessa l'autorizzazione... non ha specificato relativa a cosa e noi per educazione o più per timidezza non glielo abbiamo chiesto. Forse l'autorizzazione ad amministrare l'eredità? E se così fosse poteva senza averne titoli inviarci la disdetta? E noi conduttori non dovremmo avere il diritto di sapere qualcosa in proposito? Non sappiamo nulla, neanche i nomi degli altri eredi e quanti siano).
In data 03/04/2020 a mezzo Pec comunichiamo, a risposta della disdetta, di aver bisogno di più tempo al fine di trovare una adeguata soluzione abitativa viste oltre alle difficoltà economiche anche le vicende di emergenza sanitaria e richiediamo una proroga di 5 mesi. Nessuna risposta. Silenzio assoluto. Giunge così il fatidico 16/06/2020 giorno in cui avremmo dovuto lasciare l'appartamento e l'angoscia, somma di tutte le domande che nel frattempo ci eravamo posti, comincia a salire. Continuiamo così a versare il canone di locazione sul c. c. intestato al solo coerede padre dell'avvocato firmatario della disdetta. Nel frattempo riusciamo a sapere che l'immobile fa parte di un patrimonio abbastanza consistente e che gli eredi vogliono vendere. Troviamo loro anche un acquirente (la nostra vicina avrebbe comprato per investimento lasciandoci continuare la locazione) e riusciamo a metterli in contatto. Il coerede prende tempo, è evasivo, non dà risposte esaurienti e la nostra vicina si stufa e lascia perdere. Tramite mail di un avvocato in data 13/07/2020 proponiamo alla proprietà la sottoscrizione di un nuovo contratto ad uso transitorio della durata di un anno a causa delle difficoltà economiche del momento e ci viene risposto che dopo aver provveduto ad inoltrare la proposta contrattuale agli eredi da lei rappresentati, ci avrebbe inviato opportuno riscontro della loro volontà. Ciò non è mai avvenuto. Silenzio totale sull'argomento ma, in data 10/07/2020, ci arriva un sms Wapp nel quale l'amministratrice ci chiedeva di pagare il canone di locazione (nessun riferimento a occupazione senza titolo) su un altro c. c. intestato a Eredi... Così abbiamo fatto e facciamo e il silenzio continua. Non vendono e non comunicano. Nel frattempo però, noi abbiamo provveduto a registrare il contratto, operazione necessaria per poter richiedere l'Isee e ottenere dei bonus per noi assolutamente necessari. Non sappiamo se abbiamo fatto bene o male ma I'Isee pretende un contratto di locazione registrato oltre al fatto che dalla mancata registrazione possono derivare effetti negativi anche per l'inquilino che dovrebbe poter procedere autonomamente alla registrazione. Ora il nostro contratto, in una ricerca fatta ALL'ADE, riporta la dicitura CONTRATTO REGISTRATO e prossimo adempimento il 15/06/2022. Nessuna voce riporta alla risoluzione (non avrebbe dovuto essere registrata?) e se le cose dovessero continuare così possiamo continuare a registrare il contratto autonomamente? Perdonate la lungaggine, ma pur nella consapevolezza che dobbiamo andar via sapere più o meno a cosa dobbiamo andare incontro e su quali tempi più o meno possiamo contare è per noi di fondamentale importanza. Grazie infinite”
Consulenza legale i 14/03/2022
Pur mancando una serie di elementi dai quali trarre informazioni più precise per fornire una risposta adeguata, (non si comprende, ad esempio, chi sia stato indicato quale locatore nel contratto registrato dai conduttori) proviamo comunque ad inquadrare la fattispecie e a fornire una risposta ai quesiti.

Se il rapporto tra le parti è interrotto prima della sua naturale scadenza si parla di risoluzione del contratto.
L’imposta di registro per la risoluzione del contratto non è dovuta se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca. L’imposta è dovuta se almeno un locatore non ha optato per la cedolare secca.
La risoluzione anticipata deve essere in ogni caso comunicata, entro 30 giorni dall’evento, con una delle seguenti modalità:
• tramite i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web);
• presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI cartaceo debitamente compilato.
Certamente dunque la risoluzione del contratto avrebbe dovuto essere registrata.

Quanto alla correttezza dell’operato dei conduttori fino a questo momento portata avanti si può affermare quanto segue:
ai sensi dell’Art 1597 c.c. “La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata comunicata la disdetta a norma dell'articolo precedente.
La nuova locazione è regolata dalle stesse condizioni della precedente, ma la sua durata è quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato
.”

Nei contratti a tempo determinato la locazione cessa di diritto con lo spirare del termine stabilito, senza che sia necessaria la disdetta o licenza. Per evitare, però, che il conduttore rimanga nella cosa locata e possa invocare la rinnovazione tacita del contratto, occorrerà da parte del locatore una qualsiasi manifestazione di volontà che, in modo non equivoco, informi il conduttore dell'intendimento del locatore di non prolungare il contratto oltre il termine stabilito.

Nel caso che ci occupa è stata inviata una disdetta. Tuttavia, dalle informazioni ricevute, non siamo in grado di comprendere se sia stata inviata da un soggetto a ciò legittimato o invece da un falsus procurator.

Di fatto potrebbe configurarsi la stipulazione di un contratto verbale di locazione tra i conduttori e gli eredi, atteso che l’invio dell’sms di accredito del canone di locazione su un conto corrente intestato agli eredi collettivamente ed impersonalmente lascerebbe presupporre la volontà congiunta di tutti gli eredi di proseguire il contratto di locazione.
In tal senso correttamente sarebbe stato registrato il contratto.

Va tenuto in considerazione che Secondo la Suprema Corte, “La rinnovazione tacita del contratto di locazione, ai sensi dell'articolo 1597 c.c., postula la continuazione della detenzione della cosa da parte del conduttore e la mancanza di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore, cosicché, qualora questi abbia manifestato con la disdetta la sua volontà di porre termine al rapporto, la suddetta rinnovazione non può desumersi dalla permanenza del locatario nell'immobile locato dopo la scadenza o dal fatto che il locatore abbia continuato a percepire il canone di locazione senza proporre tempestivamente azione di rilascio, occorrendo invece un suo comportamento positivo, idoneo ad evidenziare una nuova volontà contraria a quella precedentemente manifestata per la cessazione del rapporto.” (Corte di Cassazione ordinanza n. 708 del 18 gennaio 2021).
Secondo la Suprema Corte tale volontà può manifestarsi:
a) attraverso un negozio formale nel quale le parti si danno atto che la disdetta deve intendersi priva di effetti, se la cessazione si sia verificata, ovvero inidonea a determinare la cessazione, se la relativa scadenza (per cui è stata inviata) non si sia ancora verificata, e che, dunque, il rapporto si deve o si dovrà considerare tacitamente rinnovato come lo sarebbe stato se la disdetta non fosse (mai) stata inviata e fosse scattata la tacita rinnovazione ai sensi della previsione di legge regolatrice, nella specie quella dell’art. 28, primo comma, della l. n. 392 del 1978;
b) oppure attraverso comportamenti significativi di natura negoziale tacita implicanti la concorde volontà delle parti di determinare quello stesso effetto (Cassazione Civile, Sezione Terza Sentenza 10542 del 14/05/2014).
Nel caso che ci occupa, probabilmente la volontà contraria a quella di risolvere il contratto può desumersi dall’invio dell’amministratrice del messaggio contenente l’indicazione del nuovo conto corrente su cui versare il canone. Certo è però che tale volontà potrebbe essere oggetto, in giudizio, di una valutazione circa l’inequivocabilità del messaggio di rinuncia alla disdetta. In un contesto giudiziario potrebbe anche essere messa in dubbio da altri elementi che in questa sede potrebbero sfuggire.

Non è dato tuttavia comprendere, da quanto narrato, neanche quale tipo di contratto sia stato registrato e quali soggetti siano stati in esso indicati quali locatori. Conseguentemente tutti i pareri che vengono resi in questa sede potrebbero essere imprecisi per via delle scarse informazioni ricevute.

Una visura catastale eseguita sulla particella immobiliare potrebbe fornire qualche indicazione in più, quantomeno per capire se è stata formalmente fatta una successione e chi siano i soggetti proprietari dell’immobile, così come anche la richiesta di maggiori informazioni potrebbe essere inviata alla presunta amministratrice dell’eredità che, se tale, non avrà problemi ad esibire il provvedimento giudiziario di nomina.

Sempre che non si preferisca rimanere nell’incertezza che fino a data odierna sembra abbia consentito comunque di permanere nell’immobile...


Laura L. chiede
giovedì 16/11/2017 - Sardegna
“Buongiorno,
il quesito che vi sottopongo riguarda la necessità di rientrare nella disponibilità di una abitazione pervenutami in proprietà nel 2004 in forza di successione mortis causa.
Nel 2001 tale abitazione venne concessa in locazione dal de cuius fino al 31.05.2005, a fronte di un canone di € 650,00 mensili.
Già prima della sua morte il de cuius inviò lettera raccomandata di disdetta nei termini contrattualmente previsti.
Successivamente al decesso io stessa ho ribadito tale disdetta e, pertanto, il 31.05.2005 il contratto di locazione ebbe termine.
Tuttavia, da allora il conduttore non ha mai lasciato l'immobile.
E' da tenere presente che alla scadenza del contratto di locazione il conduttore aveva manifestato l'interesse ad acquistare l'abitazione.
Nelle more del raggiungimento dell'accordo sulla compravendita ho quindi consentito al conduttore di continuare ad abitare tale casa a fronte di una indennità di occupazione di € 650 mensili.
Raggiunto l'accordo sul prezzo, ancor prima della firma del contratto preliminare di compravendita, l'occupante mi aveva versato un acconto sul prezzo di € 20.000, tuttavia, nella fase di verifica delle condizioni per la concreta stipula del preliminare e del successivo definitivo, è emerso che il terreno su cui mio padre aveva edificato l'abitazione era gravato da diverse ipoteche, originariamente intestate al dante causa e poi, in virtù del contratto di compravendita del terreno, passate per l'appunto in capo a mio padre.
L'entità delle ipoteche era tale da non poter essere in grado di estinguerle.
D'altra parte l'occupante non accettava di farsene carico e, al contempo, mostrava di non avere nemmeno intenzione di lasciare l'abitazione.
Nel mentre si cercava di trovare una soluzione alla questione delle ipoteche, poiché l'occupante non pagava più il canone di occupazione, ad un certo punto ci si accordò per imputare i 20.000 € quale pagamento dei canoni mensili di occupazione scaduti, cosa che poi è concretamente avvenuta.
Sottolineo che, dopo la scadenza della locazione avvenuta nel maggio del 2005, non venne stipulato alcun altro contratto di locazione.
Raggiunta la compensazione con quei 20.000 € originariamente versati quale anticipo sul prezzo di vendita della casa, l'occupante riprese a versarmi, dietro espresso accordo, il già convenuto canone mensile di occupazione di € 650.
Tuttavia dal mese di novembre del 2014 egli non ha più versato alcuna somma e non ha più risposto ai miei tentativi di contatto, pur continuando ad occupare la casa con la sua famiglia.
Dopo molteplici tentativi, nel marzo del 2015 gli ho fatto inviare, tramite legale, una formale diffida di rilascio dell'immobile perché detenuto senza titolo.
L'occupante non ha mai lasciato la casa, non mi ha consentito di poterla ispezionare, e non mi ha nemmeno mai risposto, lasciando invece che lo facesse la moglie con lettera nella quale tale signora disse di ritenere che la casa fosse oramai di loro proprietà per averla sostanzialmente acquistata in virtù del pagamento di 650 € mensili per dieci anni.
Per ragioni personali ho dovuto temporaneamente accantonare tale questione, ora, tuttavia, ho assoluta esigenza di ritornare nel pieno possesso dell'immobile.
Tempo di essere oramai incorsa in decadenza e quindi di non poter più esperire un'azione di reintegra nel possesso, vi chiedo quindi: quali possibilità ho di poter riavere l'immobile e quale azione legale dovrei intraprendere?
Dimenticavo, le ipoteche sono ancora tutte in essere.
Vi ringrazio per l'attenzione e attendo il vostro parere.”
Consulenza legale i 24/11/2017
Va innanzitutto chiarito che una cosa è il rapporto di locazione ed altra cosa la trattativa per l’acquisto dell’immobile: le due vanno tenute ben distinte e la seconda non può avere alcuna influenza sulla prima.
Ciò per dire che se la disdetta è stata regolarmente inviata entro i termini, l’abitazione deve essere rilasciata, indipendentemente che a latere vengano condotte tra le parti della trattative affinché vi sia un passaggio di proprietà dal precedente locatore all’ex conduttore.

La circostanza, poi, per la quale il conduttore ha continuato a pagare € 650,00 per un determinato periodo di tempo, precisamente dieci anni, non implica certo che la casa sia stata da lui acquistata e ciò evidentemente perché:
a) la somma è stata corrisposta – su accordo tra le parti – ad altro titolo (indennità di illegittima occupazione dell’immobile) e non quale corresponsione di prezzo per l’acquisto;
b) l’acquisto di un immobile richiede un atto formale di compravendita avanti al notaio;
c) in difetto di tale atto notarile, è necessaria l’usucapione, che nel caso di immobili non si perfeziona certo con il decorso di dieci anni quanto piuttosto di venti anni.

Ciò chiarito e premesso, occorre valutare, piuttosto, se l’acquiescenza del locatore rispetto al protrarsi del possesso dell’immobile da parte dell’inquilino così a lungo possa aver determinato qualche conseguenza sul rapporto locatizio già intercorso (ad esempio il ripristino del rapporto stesso).

Sul punto la norma di riferimento è l’art. 1597 cod. civ., secondo il quale “La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata (...)”.
Ebbene, la rinnovazione tacita del contratto di locazione presuppone la continuazione della detenzione della cosa da parte del conduttore e la mancanza di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore, cosicché, qualora quest’ultimo abbia manifestato (ad esempio con la disdetta) la volontà di porre fine al rapporto, la suddetta rinnovazione non può desumersi dal totale silenzio mantenuto dal locatore dopo la disdetta stessa o dalla permanenza del conduttore nell’immobile oltre la scadenza del termine contrattuale. Occorre, invece, un comportamento positivo da parte del locatore che mostri una nuova volontà, contraria a quella precedentemente manifestata per la cessazione del rapporto.

Nel caso in esame, in primo luogo è intervenuta una disdetta, anzi una “duplice” disdetta, considerando anche quella inviata dall’erede subentrata al precedente locatore; è intervenuto poi un preciso accordo sul fatto che il conduttore avrebbe dovuto corrispondere un’indennità per mancata riconsegna (con ciò la proprietaria ha chiarito espressamente che la sua volontà era ed è quella di ritenere concluso definitivamente il rapporto e che la permanenza dell’inquilino nell’immobile era semplicemente “tollerata”); infine, nessuna contraria volontà è stata manifestata dal locatore, anzi, la trattativa per la possibile vendita dell’immobile dimostra proprio che entrambe le parti ritenevano ormai conclusa la locazione e che solo per ragioni di “opportunità” all’inquilino veniva concesso di rimanere nell’immobile (se l’avesse acquistato, non avrebbe avuto alcun senso spostarsi per poi ritornare nel medesimo appartamento).

In merito, la Cassazione ha precisato che neppure il fatto che il locatore continui a percepire il canone equivale a tacita accettazione sul rinnovo del contratto: “La rinnovazione tacita del contratto di locazione postula la continuazione della detenzione della cosa da parte del conduttore e la mancanza di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore, cosicché, qualora questi abbia manifestato con la disdetta la volontà di porre termine al rapporto, la rinnovazione non può desumersi dalla permanenza del locatario nell'immobile locato dopo la scadenza o dal fatto che il locatore abbia continuato a percepire il canone senza proporre tempestivamente azione di rilascio, occorrendo invece un comportamento positivo idoneo ad evidenziare una nuova volontà, contraria a quella precedentemente manifestata per la cessazione del rapporto” (Cassazione civile, sez. III, 26/06/2015, n. 13204).
Nel caso di specie, la somma concordata non è stata neppure corrisposta a titolo di canone di locazione: quand’anche, tuttavia, la causale del versamento fosse stata quest’ultima, abbiamo visto che, in forza della citata giurisprudenza, comunque si sarebbe potuto escludere il tacito rinnovo.
Precisa ancora la Cassazione: “La rinnovazione tacita del contratto di locazione non può desumersi dal fatto della permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata oltre la scadenza del termine, né dal pagamento e dall'accettazione dei canoni e neppure dal ritardo con il quale sia stata promossa l'azione di rilascio, occorrendo che questi fatti siano qualificati da altri elementi idonei a far ritenere in modo non equivoco la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locativo con rinuncia tacita, da parte del locatore, agli effetti prodotti dalla scadenza del contratto” (Cassazione civile, sez. III, 20/10/2014, n. 22234).

In buona sostanza, il fatto che – lo si ribadisce – le parti abbiano trattato per la vendita dell’immobile non può costituire in alcun modo indice della volontà del locatore di protrarre il rapporto, anzi costituisce, in modo evidente, indice del contrario.

Tutto ciò chiarito, per ottenere la liberazione dell’immobile – essendo intervenuta da tempo valida disdetta (bene ha fatto l'avvocato del locatore ad inviare una diffida formale nel marzo 2015, perché era quasi maturata la prescrizione), essendo esclusa la tacita rinnovazione ed essendo sfumata la vendita - occorre semplicemente intraprendere un’azione giudiziaria di sfratto, e precisamente uno sfratto per finita locazione avanti al Tribunale del luogo dove si trova l’immobile.
Per farla, è necessario farsi assistere da un avvocato.
Si tratta di azione sommaria, ovvero breve e senza bisogno di istruttoria complessa: sarà sufficiente, infatti, dimostrare documentalmente l’esistenza del contratto (regolarmente registrato) e l’invio entro il termine della disdetta per ottenere rapidamente la convalida dello sfratto ed una data per l’esecuzione forzata, che sarà eseguita da un Ufficiale Giudiziario. Quest’ultimo effettuerà uno, o al massimo due accessi presso l’immobile, provvedendo, qualora l’inquilino non se ne sia andato prima di sua spontanea iniziativa dopo aver ricevuto la notifica del provvedimento di convalida, a farlo sgomberare coattivamente ed a far modificare la serratura dal fabbro, con ciò reimmettendo il proprietario nel pieno possesso dell’immobile.