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Articolo 21 quinquies Legge sul procedimento amministrativo

(L. 7 agosto 1990, n. 241)

[Aggiornato al 31/07/2021]

Revoca del provvedimento

Dispositivo dell'art. 21 quinquies Legge sul procedimento amministrativo

1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.

1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.

Spiegazione dell'art. 21 quinquies Legge sul procedimento amministrativo

La revoca del provvedimento amministrativo, unitamente all'annullamento d'ufficio, costituiscono ipotesi in cui l'amministrazione agisce in autotutela.

Tale potere si esercita tramite l'adozione di provvedimenti di secondo grado, con cui l'amministrazione incide su precedenti provvedimenti emessi dalla p.a..

L'impostazione dottrinale preponderante descrive l'autotutela come la potestà dell'amministrazione di “farsi ragione da sè”, fatto salvo comunque ogni sindacato giurisdizionale ex art. 113 Cost.. In via di principio, l'autotutela consiste nella possibilità attribuita alla p.a. di risolvere autonomamente vari conflitti, attuali o potenziali intercorrenti con i terzi, senza la necessitò di alcun intervento giurisdizionale.

Si distingue solitamente tra:

  • autotutela spontanea, quando la p.a. interviene d'ufficio sui propri provvedimenti, dopo essersi avveduta della sussistenza di profili di invalidità o inopportunità;

  • autotutela necessaria, di cui fanno parte i controlli;

  • autotutela contenziosa, la quale coincide con il potere di decidere sui ricorsi amministrativi;


Va precisato che l'autotutela è espressione del medesimo potere di amministrazione attiva di cui al precedente provvedimento, dato che consiste in una semplice rivalutazione dell'originaria valutazione che ha condotta la p.a.a ad adottare il provvedimento iniziale.

La revoca del provvedimento amministrativo, al contrario dell'annullamento d'ufficio di cui all'art. 21 novies, prescinde da vizi di legittimità, e può avere ad oggetto solo provvedimenti discrezionali ad efficacia durevole.

Per quanto concerne i presupposti per l'esercizio del potere di revoca, essi consistono in sopravvenuti motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto non prevedibile o nella nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (in quest'ultima ipotesi è fatto divieto di revoca in relazione a provvedimenti attributivi di vantaggi economici).

Il comma 1 bis prevede un obbligo di indennizzo in capo alla p.a. qualora la revoca riguardi rapporti negoziali, il quale tiene conto tuttavia (come sempre quando trattasi di indennizzo e non di risarcimento) solo del danno emergente e tiene altresì conto dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, o dell'eventuale concorso di terzi all'erronea valutazione della corrispondenza di esso all'interesse pubblico.

Innanzitutto l'indennizzo presuppone la legittimità della revoca. In caso contrario, il privato contraente potrà chiedere il risarcimento dei danni derivanti anche dall'illegittimità della revoca, comprensivo anche del lucro cessante, secondo in tradizionali parametri. La giurisprudenza ha comunque sottolineato che vi sono delle ipotesi in cui anche una revoca legittima possa dare adito ad un risarcimento, e non ad un mero indennizzo, come quando vi sia stata una lesione del legittimo affidamento del privato, e si possa dunque prospettare una responsabilità precontrattuale della p.a. per non aver rispettato i canoni di buona fede e correttezza.

Parecchi dubbi sono sorti dalla formulazione del comma 1 bis, ove limita l'indennizzo dovuto per l'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte del contraente della contrarietà dell'atto all'interesse pubblico. Dato che la valutazione dell'interesse pubblico e la sua compatibilità con i dettami amministrativi è appannaggio unico dell'amministrazione, la giurisprudenza ha ridotto l'applicabilità di tale disposizione alle sole ipotesi in cui il privato abbia avuto conoscenza della contrarietà ab origine dell'atto all'interesse pubblico, e quindi solo nel caso di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.

Inoltre, appare assai arduo comprendere perché il privato dovrebbe subire una decurtazione dell'indennizzo lui spettante a causa del concorso di “altri soggetti” con cui egli niente ha avuto in ipotesi a che fare.

Massime relative all'art. 21 quinquies Legge sul procedimento amministrativo

Cons. Stato n. 3174/2017

Alle pubbliche amministrazioni è impedito di sottrarsi per sopravvenute ragioni di inopportunità ai rapporti contrattuali in corso di esecuzione attraverso il potere di autotutela pubblicistica (ed in particolare attraverso la revoca ex art. 21 quinquies L. n. 241 del 1990), essendo invece consentito alle stesse di esercitare il potere di annullamento d'ufficio ai sensi del successivo 21 nonies sugli atti amministrativi presupposti alla stipula del negozio di diritto privato, purché affetti da vizi di legittimità.

Cons. Stato n. 5026/2016

In via generale, mentre la revoca resta impraticabile dopo la stipula del contratto d'appalto pubblico, dovendo utilizzarsi, in quella fase, il diverso strumento del recesso, prima del perfezionamento del documento contrattuale, al contrario, l'aggiudicazione è pacificamente revocabile (art. 21 quinquies L. n. 241/1990).

Cons. Stato n. 4177/2016

In tema di project financing, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato quindi il promotore privato, l'Amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione, posto che: a) tale scelta costituisce una tipica manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, tali da non potere essere rese coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa; b) la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all'interno della gara, una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta.

La nuova disciplina positiva dell'istituto della revoca del provvedimento amministrativo introdotta dall'art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241 ricomprende - oltre al tradizionale ius poenitendi che consente alla Pubblica Amministrazione di ritirare i provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto - anche il potere di rivedere il proprio operato in corso di svolgimento e di modificarlo se ritenuto affetto da inopportunità, in virtù di una rinnovata diversa valutazione dell'interesse pubblico originario.

In tema di project financing, l'indennizzo non può essere riconosciuto al privato promotore se non all'esito della procedura di gara per l'affidamento della concessione, quando del progetto dallo stesso presentato e dichiarato di pubblico interesse si giovi un aggiudicatario della concessione diverso, tenendo presente che la disciplina relativa alle concessioni di lavori pubblici in finanza di progetto prevede una specifica forma di ristoro per questa particolare ipotesi (art. 153 commi 12 e 19 D.L.vo 12 aprile 2006n. 163 e, in precedenza, art. 37 quater comma 5 L. 11 febbraio 1994 n. 109), mentre prima di questo momento non è configurabile alcun diritto all'indennizzo ai sensi dell'art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241. (Nella specie, era stata impugnata la revoca della dichiarazione di pubblico di interesse della proposta di project financing).

Cons. Stato n. 3237/2015

La revoca della dichiarazione di pubblico interesse della proposta di un progetto di finanza non attribuisce all'interessato il diritto all'indennizzo di cui all'art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241

Cons. Stato n. 2013/2015

Il provvedimento con il quale la Stazione appaltante, a seguito dell'aggiudicazione provvisoria della gara, revoca la procedura di gara per difficoltà finanziarie, procedendo al «ritiro del bando di gara e degli atti conseguenti ivi inclusa l'aggiudicazione», non può essere qualificato come una revoca dell'aggiudicazione provvisoria; in tal caso non è pertanto applicabile la giurisprudenza secondo cui tale provvedimento non è riconducibile al potere di autotutela amministrativa, tenuto conto del chiaro tenore motivazionale del provvedimento in questione e dei prodromici atti, nonché della medesima sequenza procedimentale dai quali emerge invece che la Stazione appaltante ha revocato in autotutela l'intera gara a partire dal bando. In tal caso, quindi, il provvedimento deve considerarsi espressivo del generale potere previsto dall'art. 21-quinquies della L. n. 241/1990.

Nel caso di legittima revoca della procedura di gara, disposta a seguito dell'aggiudicazione provvisoria della gara stessa, l'impresa dichiarata aggiudicataria provvisoria ha diritto ad avere ristorati i «pregiudizi» previsti dal primo comma art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, considerato l'affidamento maturato sulla positiva definizione della procedura di gara, ragionevolmente ingeneratosi dopo il conseguimento dell'aggiudicazione provvisoria. In tal caso, tuttavia, la quantificazione dell'indennizzo deve essere limitata alle spese inutilmente sopportate dalla impresa aggiudicataria provvisoria per partecipare alla gara, con esclusione di qualsiasi altro pregiudizio dalla stessa lamentato.

Cons. Stato n. 4919/2014

L'esercizio del potere di autotutela della P.A. (jus poenitendi) incontra un limite nell'esigenza di salvaguardare le situazioni dei soggetti privati che, confidando nella legittimità dell'atto rimosso, hanno acquisito il consolidamento delle posizioni di vantaggio loro attribuite; pertanto, il travolgimento di tali posizioni è legittimo solo se è giustificato dalla necessità d'assicurare il soddisfacimento di un interesse di carattere generale, prevalente come tale sulle posizioni individuali, dandone idonea contezza nella motivazione del provvedimento di rimozione, affinché ne sia consentito il controllo di legittimità in sede giurisdizionale. Tipico esempio di prevalenza dell'interesse generale su quello del singolo è da individuare nell'illegittimo esborso di denaro pubblico, elemento valutato dalla giurisprudenza in grado di rappresentare adeguatamente l'interesse pubblico, senza particolare ulteriore motivazione.

Cons. Stato n. 339/2013

In tema di contratti pubblici la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva del contratto di appalto è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli art. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, inidoneo di per sé ad ingenerare qualunque affidamento tutelabile con conseguente obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato della P.A.

L'obbligo generale di indennizzo dei pregiudizi arrecati ai soggetti interessati in conseguenza della revoca di atti amministrativi, di cui all'art. 21 quinquies L. 241/1990, sussiste esclusivamente in caso di revoca di provvedimenti definitivi e non anche in caso di revoca di atti a effetti instabili e interinali, quale l'aggiudicazione provvisoria.

Cons. Stato n. 5282/2012

In tema di appalto, posto che l'art. 12 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 (che regola la situazione in cui le offerte presentate non rispondono ai risultati previsti dalla Pubblica amministrazione secondo il criterio del id quod plerumque accidit) ha un ambito di applicazione diverso da quello dell'art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241 (che regola la situazione in cui nel corso della gara vengono a modificarsi fatti o parametri che erano stati determinanti nelle valutazioni della Stazione appaltante per fissare le regole della gara ed i risultati da conseguire), il Legislatore, mentre ha riconosciuto all'Amministrazione la facoltà di sottrarsi all'obbligo di contrarre quando la procedura di scelta del contraente non ha raggiunto l'obiettivo di assicurare l'economicità e il buon andamento dell'azione amministrativa, nella diversa ipotesi dello jus poenitendi, in osservanza dei principi di correttezza e di tutela dell'affidamento del soggetto inciso dal ritiro del provvedimento ed a bilanciamento dei contrapposti interessi, se la revoca comporta pregiudizi in danno degli interessati, ha posto a carico della Pubblica amministrazione l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.

Cons. Stato n. 4616/2012

L'art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241 ha accolto una nozione ampia di revoca del provvedimento amministrativo, prevedendo tre presupposti alternativi, che ne legittimano l'adozione:
a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
b) per mutamento della situazione di fatto;
c) per nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, con la conseguenza che tale misura è quindi, possibile non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi); pertanto, il soggetto che direttamente subisca un pregiudizio dalla revoca ha titolo ad un indennizzo sempre che sia legittimo il provvedimento (si verte cioè in materia di responsabilità della P.A. per atti legittimi), poiché nel diverso caso di revoca illegittima subentrerebbe eventualmente il diritto al risarcimento del danno.

Il soggetto che direttamente subisca un pregiudizio dalla revoca di un provvedimento amministrativo ha titolo ad un indennizzo se è legittimo il provvedimento di revoca (si verte cioè in materia di responsabilità della Pubblica amministrazione per atti legittimi), ovvero nel diverso caso di revoca illegittima subentra eventualmente il diritto al risarcimento del danno, con la precisazione che, alla luce dell'ontologica diversità delle due ipotesi, nel giudizio volto ad ottenere l'indennizzo la causa petendi deve essere ravvisata nella legittimità dell'atto di revoca adottato dall'Amministrazione che ha causato il pregiudizio, mentre nel giudizio risarcitorio, essa consiste nei fatto o nell'atto produttivo del danno, mentre il petitum è limitato al danno emergente con riferimento all'indennizzo e invece si estende al ristoro integrale (danno emergente e lucro cessante) nella diversa ipotesi di risarcimento del danno.

Nel giudizio avente per oggetto la revoca di un provvedimento amministrativo il giudice, pena la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell'art. 112 Cod. proc. civ., non può trasformare la domanda di indennizzo in quella diversa e distinta di risarcimento mutando quindi d'ufficio il petitum, attribuendo un bene diverso da quello richiesto o la causa petendi, con conseguente introduzione in giudizio di un diverso titolo da quello posto a fondamento della domanda, in quanto al più gli è consentito interpretare e qualificare le domande avanzate dalle parti, ma non di trasformarle.

Non va riconosciuto l'indennizzo previsto dall'art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241 nel caso di procedura d'appalto bloccata alla fase dell'aggiudicazione provvisoria in quanto, non risultando l'aggiudicazione definitiva, la gara non aveva ancora registrato l'adozione di un "provvedimento amministrativo ad efficacia durevole", che è presupposto richiesto dalla legge ai fini dell'attribuzione del beneficio in parola.

Cons. Stato n. 195/2012

In tema di contratti pubblici, la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva del contratto di appalto è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile con conseguente obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato della p.a. Inoltre, in tal caso, non spetta nemmeno l'indennizzo di cui all'art. 21 quinquies della legge 241/90 poiché si è di fronte al mero ritiro di un'aggiudicazione provvisoria (atto avente per sua natura efficacia interinale e non idonea a creare affidamenti) e non ad una revoca di un atto amministrativo ad effetti durevoli come previsto dalla predetta norma per l'indennizzabilità della revoca.

Cons. Stato n. 7334/2010

L'indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di un provvedimento va circoscritto al danno emergente, come espressamente stabilito nel comma 1 bis dall'art. 21-quinquies comma 1 bis L. 8 agosto 1990 n. 241, ma nel danno emergente debbono essere ricomprese le spese di partecipazione alla procedura per lesione della pretesa a non essere coinvolto in trattative inutili. La legittimità della revoca è il presupposto del diritto all'indennizzo, previsto dall'art. 21-quinquies L. n. 241/1990, atteso che il risarcimento del danno da responsabilità civile dell'amministrazione si fonda sul diverso presupposto della illegittimità del provvedimento.

Cons. Stato n. 4534/2010

Le fattispecie di "revoca-sanzione" o "revoca-decadenza", mediante le quali l'amministrazione può disporre, nei casi previsti dal legislatore, il ritiro di un provvedimento favorevole come specifica conseguenza della condotta del destinatario, quando essa violi specifiche previsioni normative, vanno distinte dall'ordinaria revoca dei provvedimenti amministrativi, disciplinata dall'art. 21-quinquies della legge n. 241/1990; in questi casi, infatti la revoca non dipende da valutazioni di opportunità, ma è la conseguenza (vincolata) di una violazione della legge.

Cons. Stato n. 2244/2010

Ai sensi dell'art. 21 quinquies, L. 7 agosto 1990 n. 241 tre sono i presupposti che in via alternativa legittimano l'adozione di un provvedimento di revoca da parte dell'Autorità emanante, e cioè sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto e nuova valutazione dell'interesse pubblico originario; segue da ciò che la revoca di provvedimenti amministrativi è da ritenersi ammissibile non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (c.d. "jus poenitendi").

Cons. Stato n. 1554/2010

Sussiste la giurisdizione esclusiva del g.a. sia in ordine alla domanda di indennizzo per revoca dell'atto di aggiudicazione e delio stesso bando di gara ai sensi dell'art. 21 quinquies comma 1 ultima parte L. n. 241 del 1990, sia con riguardo alla pretesa di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 7 comma 3 L. n. 1034 del 1971; il g.a. è, infatti, investito della riparazione patrimoniale del pregiudizio cagionato dall'esercizio del potere amministrativo, sia attraverso un provvedimento legittimo di revoca, sia attraverso la lesione di una situazione soggettiva degradata con provvedimento poi caducato con effetti "ex tunc".

È legittima la revoca di un provvedimento amministrativo nel caso in cui non sia stato contestualmente previsto un indennizzo, atteso che la mancata previsione dell'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990 in un provvedimento di revoca, non ha efficacia viziante o invalidante di quest'ultima, ma semplicemente legittima il privato ad azionare la pretesa patrimoniale innanzi al g.a. che potrà scrutinarne i presupposti.

Cons. Stato n. 4138/2009

L'indennizzo, previsto dall'art. 21-quinquies L. n. 241 del 1990 introdotto dalla L. n. 15 del 2005, nel caso di revoca del provvedimento amministrativo "per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario" non può confondersi con il risarcimento del danno.

Cons. Stato n. 4424/2008

Ai sensi degli artt. 21-quinquies e 11, comma 4, della legge 7 agosto 1990 n. 241 e dell'art. 7, comma 5, del D.P.R. 8 gennaio 2001 n. 41, l'indennizzo non può essere riconosciuto laddove la revoca del provvedimento ad efficacia durevole discenda esclusivamente dall'inadempimento della concessionaria e non da sopravvenuti motivi di interesse pubblico o da un apprezzamento dell'assetto degli interessi coinvolti diverso da quello che aveva determinato l'adozione dell'atto revocato.

Cons. Stato n. 4634/2007

La controversia avente ad oggetto l'atto di revoca della precedente deliberazione di una I.P.A.B., con la quale è stata recentemente accettata una proposta transattiva, avanzata dalle parti private, relativa alla detenzione di terreni agrari concessi in affitto, esula dalla giurisdizione del Giudice amministrativo; infatti, a prescindere dal nomen iuris utilizzato (revoca), l'atto su cui incide la contestata deliberazione (transazione) non ha carattere autoritativo, ma consiste in un atto privatistico e paritetico di accettazione di una proposta transattiva, in ordine alla quale non sono previste forme procedimentali, simili a quelle cui le amministrazioni sono vincolate per altri tipi di contratti.

Cons. Stato n. 3298/2007

Quando il procedimento di evidenza pubblica è giunto alla fase di individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, e anche in assenza della aggiudicazione formale della gara, acquista un particolare rilievo l'interesse di chi abbia formulato tale offerta, nel senso che l'amministrazione non è più senz'altro libera di revocare gli atti già emessi, per indire una nuova gara con un bando parzialmente diverso. Affinché la determinazione della revoca non appaia anomala e affetta da profili di eccesso di potere, occorre che l'amministrazione evidenzi motivatamente come le prestazioni previste dal precedente bando non siano tali da soddisfare gli interessi pubblici.

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Manuel M. chiede
domenica 11/07/2021 - Abruzzo
“Buongiorno, sono un tecnico di radiologia medica in servizio attualmente presso l'ASL XXX, ho partecipato nel 2020 ad un bando di mobilità presso altro ente pubblico. Nel febbraio 2021 sono stato chiamato e contestualmente ho fatto richiesta di nulla osta presso la mia azienda, la quale nel marzo 2021, mi ha concesso il nulla osta al trasferimento a decorrere dal 1/10/21. In aprile 2021 pertanto sottoscrivo il relativo contratto con l'azienda di destinazione.
Durante questi mesi purtroppo nell'azienda di mia provenienza, tra pensionamenti e dimissioni di altri colleghi, ci siamo ritrovati ad oggi in una situazione di grave carenza di personale.
In accordo verbale con il mio capo reparto siamo convenuti che avrei smaltito le mie ferie l'ultimo periodo (ovvero agosto/settembre).
Ad oggi però mi sono ritrovato nella situazione in cui vorrebbero che io rinunciassi a gran parte delle mie ferie, creandomi tra l'altro un danno, in quanto ho già lasciato casa in cui sono in affitto.
Ho fatto presente il mio disappunto sulla questione e sono stato anche "minacciato" che nel caso in cui non avessi accettato tale situazione, avrebbero in qualche modo fatto il possibile per revocare o spostare la decorrenza del mio nulla osta.
La mia domanda pertanto è:
può l'azienda di mia provenienza revocare o modificare la data di decorrenza del nulla osta nonostante io abbia già sottoscritto il contratto con l`azienda di mia destinazione?
Appare ovvio che la mia volontà è quella di evitare lo scontro con l'azienda per evitare ripercussioni sul nulla osta.
Allo stesso tempo posso se ho la certezza che non possono più agire sulla revoca o modifica del nulla osta, cambia la mia posizione di forza nei confronti dell'azienda e pretendere di fare le ferie (che tra l'altro non possono essere monetizzate)

Ringraziando anticipatamente
porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 16/07/2021
La concessione del nulla osta è un atto con il quale l'azienda formalizza la cessione del contratto di lavoro di quel dipendente ad un’altra amministrazione.

Per quanto concerne la sua revocabilità, viene in rilievo l’articolo 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che nel testo attualmente vigente conferisce ad una amministrazione pubblica la facoltà di revocare un provvedimento adottato per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.

Il trasferimento per mobilità, secondo quanto precisa il comma 1 dell’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si sostanzia nella cessione del contratto di lavoro del dipendente trasferito dall’amministrazione di appartenenza all’amministrazione di destinazione.

Tale cessione si perfeziona solo all’atto della firma del contratto individuale di lavoro che il dipendente trasferito deve sottoscrivere con l’amministrazione di destinazione.

Fino a quel momento l’amministrazione di appartenenza, applicando alla lettera quanto disposto dal comma 1 del citato articolo 21-quinquies può revocare il nulla osta concesso.

Tuttavia, la revoca del nulla osta può determinare il diritto ad un indennizzo, laddove sia dimostrabile e quantificabile un effettivo danno economico conseguente al mancato perfezionarsi del trasferimento per mobilità.

Nel caso di specie, la cessione del contratto si è ormai perfezionata, pertanto, non sembrerebbe possibile per l’amministrazione di provenienza revocare il nulla osta.

Sul punto, nell’ambito di un procedimento cautelare, il Tribunale di Ivrea con ordinanza del 25 Marzo 2016 ha ritenuto illegittima la deliberazione con la quale la Pubblica Amministrazione revochi il trasferimento del dipendente, disposto a seguito dell’accoglimento della domanda di mobilità volontaria, se adottata successivamente al perfezionamento del trasferimento stesso, che coincide con il momento in cui la Pubblica Amministrazione di provenienza concede il relativo nulla osta, non richiedendosi, ai fini del perfezionamento della fattispecie traslativa de qua, la stipulazione di un nuovo contratto di lavoro con la Pubblica Amministrazione di destinazione.

Nell’ambito del medesimo procedimento, il Tribunale ha ritenuto sussistente il periculum in mora sul presupposto che l’illegittima revoca del trasferimento disposta dalla Pubblica Amministrazione fosse idonea ad incidere sugli impegni familiari della ricorrente, che erano senz’altro aumentati, se non addirittura più che raddoppiati, in seguito alla nascita del secondo figlio.

Anche nel caso di specie, pertanto, sembrerebbero esserci le condizioni per ritenere illegittima l’eventuale revoca del nulla osta ed anche per l’eventuale concessione di un provvedimento cautelare (considerata l’avvenuta disdetta del contratto di affitto).

Per quanto riguarda le ferie, pur confermandosi l’irrinunciabilità delle stesse e il divieto di monetizzazione, si segnala, tuttavia, che, trattandosi di mobilità ai sensi dell’art. 30 D. Lgs. 165/2001 potrebbe configurarsi la possibilità di trasposizione delle ferie presso l’azienda cessionaria.

Infatti, non vi sarebbe novazione del rapporto e quindi la necessità di esaurire i periodi di ferie non godute.