Che cosa significa "Equità"?
Viene definita come principio di contemperamento di contrapposti interessi rilevanti secondo la coscienza sociale. All'interno del nostro ordinamento l'equità può assumere diverse funzioni, come ad esempio criterio di valutazione (es.: nella determinazione del danno, ex art. 1226 del c.c.), o criterio di soluzione delle controversie (artt. 113 e 114 c.p.c.), o ancora come principio fondamentale ai fini dell'integrazione o dell'interpretazione del contratto, contribuendo a determinare gli effetti giuridici che il contratto produrrà, ed a contemperare gli interessi delle parti relativamente all'affare concluso in concreto (c.d. equità integrativa).
Nell'ambito processuale, l'equità assume il valore di criterio di giudizio in base al quale il giudice, nel decidere una controversia, fa ricorso a criteri di convenienza e di comparazione degli interessi delle parti, prescindendo dall'applicazione di una norma giuridica.
È bene precisare che in dottrina si distinguono due forme di equità, una integrativa, che si ha quando il legislatore rinuncia a predisporre la disciplina legale di particolari aspetti di una fattispecie e preferisce affidare al giudice il compito di intervenire caso per caso (es., la liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c.); e l'altra sostitutiva, che comporta l'attribuzione al giudice del potere di sostituire integralmente l'applicazione della norma con una propria decisione equitativa (si cfr. artt. 113 e 114 c.p.c.).
Nell'ambito processuale, l'equità assume il valore di criterio di giudizio in base al quale il giudice, nel decidere una controversia, fa ricorso a criteri di convenienza e di comparazione degli interessi delle parti, prescindendo dall'applicazione di una norma giuridica.
È bene precisare che in dottrina si distinguono due forme di equità, una integrativa, che si ha quando il legislatore rinuncia a predisporre la disciplina legale di particolari aspetti di una fattispecie e preferisce affidare al giudice il compito di intervenire caso per caso (es., la liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c.); e l'altra sostitutiva, che comporta l'attribuzione al giudice del potere di sostituire integralmente l'applicazione della norma con una propria decisione equitativa (si cfr. artt. 113 e 114 c.p.c.).