Il bene giuridico tutelato è stato individuato sia nell'interesse pubblico all'inviolabilità del patrimonio, sia nella salvaguardia dei rapporti di
credito, sia, più in generale, nella
buona fede contrattuale.
Lo
stato di insolvenza, che non si sovrappone alla nozione civilistica né a quella della legge fallimentare, è rappresentata solo dalla effettiva incapacità del
debitore di garantire il soddisfacimento del credito altrui. Tale impossibilità soggettiva di
adempimento può essere sia generale, sia riferita alla singola
obbligazione contratta.
L'insolvenza sopravvenuta non integra il reato, quantomeno nei casi in cui il debitore non potesse in alcun modo prevederla.
La condotta si articola in tre momenti:
-
la dissimulazione del proprio stato di insolvenza, in cui anche il silenzio può assumere rilievo, se preordinato al futuro inadempimento;
-
l'assunzione di un'obbligazione, che può avere ad oggetto sia un dare, sia un facere. Viene negata la rilevanza penale dell'inadempimento di una obbligazione di un non facere. Deve comunque trattarsi di un'obbligazione valida o almeno produttiva di effetti giuridici. Se dunque sono irrilevanti le obbligazioni naturali, non altrettanto può dirsi per quelle meramente annullabili;
-
un inadempimento, definito come condizione obiettiva di punibilità.
Per quanto concerne l'elemento soggettivo, è richiesta la
specifica intenzione di assumere una obbligazione con il proposito di non adempierla, non essendo sufficiente l'accettazione del mero rischio di non poter adempiere.
///SPIEGAZIONE ESTESA
Ci si trova di fronte ad un’ipotesi di insolvenza fraudolenta nel caso in cui un soggetto, dopo aver
dissimulato il proprio stato di
insolvibilità per contrarre un’
obbligazione con il
proposito di
non adempierla, si renda
effettivamente inadempiente.
Pur trattandosi di un
reato comune, il
soggetto attivo può, di fatto, essere soltanto colui che abbia la
capacità di
obbligarsi, costituendo un presupposto del reato
ex art. 641 del c.p. il fatto che venga contratta un’
obbligazione giuridicamente valida. Alla luce di ciò, non potrebbe, quindi, compiere il
delitto in esame un soggetto che sia incapace di obbligarsi.
Presupposto necessario per la configurazione del delitto di insolvenza fraudolenta è la sussistenza dello
stato di insolvenza dell’agente nel momento in cui contrae l’obbligazione, da intendersi quale
incapacità di
soddisfare le proprie
obbligazioni, qualunque sia la
natura della prestazione richiesta.
Si tratta di un reato a
condotta mista, articolandosi, al suo interno, in tre diversi momenti: la dissimulazione dello stato di insolvenza, la contrazione di un’obbligazione e, infine, il suo mancato
adempimento.
Per quanto riguarda, innanzitutto, la
dissimulazione, essa consiste in un comportamento, positivo o negativo, idoneo a
nascondere uno
stato di
insolvenza e, quindi, a mantenere la vittima in uno stato di ignoranza in relazione alla reale condizione della controparte. È proprio tale elemento, il quale rappresenta, di fatto, l’espediente usato dall’agente al fine di ottenere un vantaggio dalla vittima, a
differenziare il delitto in esame da quello di
truffa,
ex art. 640 del c.p., il quale ricorre, invece, nel caso in cui il reo abbia utilizzato degli
artifici o dei
raggiri. Questi ultimi consistono, infatti, in un comportamento idoneo a
simulare uno
stato di
solvibilità, in modo tale da indurre in errore la vittima.
Il secondo momento in cui si articola la condotta criminosa è rappresentato dalla
contrazione di un’
obbligazione.
Si deve, innanzitutto, trattare di un’obbligazione che abbia la propria
fonte in un
contratto, posto che la lettera dell’
art. 641 del c.p. parla di “contrarre”. La stessa deve, inoltre, essere
valida o, quantomeno,
produttiva di
effetti giuridici, anche se annullabile; nonché
azionabile, ossia tutelabile mediante un’azione e, quindi, non soltanto naturale. Si deve, infine, trattare di un’obbligazione avente ad
oggetto un
dare o un
facere.
Per finire, l’agente deve rendersi
inadempiente in relazione all’obbligazione contratta.
L’
oggetto materiale del reato è rappresentato dalla
sfera psichica della
vittima, su cui la condotta criminosa agisce, dando luogo sia ad un falso giudizio in ordine alla solvibilità dell’agente, sia ad un atto di volontà viziato.
L’
evento tipico è rappresentato, in via
immediata, dall’
alterazione della
sfera conoscitiva della
vittima che, a causa della condotta criminosa, giudica erroneamente la solvibilità dell’agente, e, in via
mediata, dalla
manifestazione di
volontà che rende concreta la
prestazione.
Il delitto di insolvenza fraudolenta si considera, però,
consumato soltanto nel momento in cui si verifica l’
inadempimento dell’obbligazione, il quale si realizza nel momento in cui essa non venga soddisfatta nel tempo e nel luogo stabilito.
Prevale la tesi per cui è da
escludere la possibilità di avere un
tentativo di insolvenza fraudolenta, posto che, di fronte ad un’obbligazione non contratta, non assume alcun rilievo né il tentativo di contrarla, né il tentativo di non adempierla.
Non si ritiene configurabile un concorso tra le fattispecie di
insolvenza fraudolenta e di
truffa,
ex art. 640 del c.p., posto che si può avere la prima soltanto qualora non ricorrano gli estremi della seconda. È, invece,
ammissibile un
concorso tra il reato di
insolvenza fraudolenta e quello di
bancarotta fraudolenta, di cui all’
art. 216 della l. fall., limitatamente, però, al caso in cui siano
diversi i
fatti che danno luogo all’insolvenza fraudolenta e alla bancarotta, nonché soltanto qualora il delitto di
insolvenza fraudolenta risulti essersi perfezionato
anteriormente alla
dichiarazione di fallimento. In caso contrario, infatti, l’unicità del fatto comporterebbe l’assorbimento dell’insolvenza fraudolenta all’interno del reato di bancarotta.
Ai fini dell’integrazione del delitto in esame, è necessario che sussista, in capo all’agente, il
dolo specifico, posto che la norma richiede espressamente che egli contragga un’obbligazione con il proposito di non adempierla.
Il secondo comma prevede che il
reato di insolvenza fraudolenta debba ritenersi
estinto qualora l’
obbligazione contratta dall’agente venga
adempiuta prima della pronuncia della sua
condanna irrevocabile. A tal fine è, però, necessario sia che l’obbligazione sia adempiuta
totalmente e non soltanto parzialmente, sia che essa non si sia estinta per un’altra causa. È, altresì, indifferente che l’adempimento avvenga per opera di un terzo, piuttosto che del
debitore stesso.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA