L’introduzione nella trama del codice di rito di un’udienza predibattimentale in camera di consiglio risponde nella delega a più finalità.
Da un lato, infatti, essa serve a consentire un vaglio preliminare, più snello di quello previsto dagli articoli
416 ss. c.p.p., circa la fondatezza e la completezza dell’
azione penale; dall’altro lato, risponde allo scopo di concentrare in un momento anticipato, precisamente definito nella sua collocazione, tutte le attività prodromiche a quelle propriamente istruttorie e decisorie tipiche della fase
dibattimentale, per consentire una più efficiente organizzazione di questo momento dell’attività giudiziaria, liberando il giudice che vi è preposto da incombenze diverse da quelle istruttorie e decisorie.
Incombenze che, spesso, in ragione della loro non prevedibilità
ex ante, impediscono la predisposizione di un calendario effettivo del dibattimento e, in particolare, dell’istruttoria.
Per questa ragione, nell’adempimento della delega, all’udienza predibattimentale è stato assegnato il compito di definire il processo, quando, sulla base del complesso degli atti di indagine (che infatti sono ora trasmessi integralmente al giudice: cfr. art.
553), già emergano elementi che conducono a un
proscioglimento oppure si evidenzi che gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di
condanna.
Non si è ritenuto di esplicitare che un esito possibile è anche quello previsto dall’art.
131 bis c.p., in quanto tra gli esiti ordinari dell’udienza vi è anche la pronuncia di una
sentenza di non luogo a procedere in presenza di una
causa di non punibilità, che include, quindi, anche la pronuncia di cui all’art. 131
bis c.p. (su ciò rispetto all’
udienza preliminare si è espressa la Corte di cassazione: Sez. 5, Sentenza n. 21409 del 11/02/2016).
Accanto a queste funzioni, l’udienza predibattimentale è destinata, però, anche a definire tutti i profili prodromici al dibattimento vero e proprio, relativi, in primo luogo, alla costituzione delle parti (con necessaria anticipazione in questa sede della costituzione delle parti e conseguente adeguamento anche delle disposizioni contenute nell’articolo
79 c.p.p.), alle
questioni preliminari e all’accesso ai riti alternativi.
Queste opzioni sono state realizzate tramite l’introduzione degli articoli 554
bis e
554 ter c.p.p., che, per l’appunto, disciplinano quegli istituti e delineano le forme dell’udienza predibattimentale a seguito della
citazione diretta, che, in stretta aderenza alle previsioni della legge delega, si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del
pubblico ministero e del
difensore dell’imputato.
In conseguenza di quell’intervento sono state, inoltre, disciplinate la forma della
sentenza di non doversi procedere e le conseguenze rispetto alle spese, con richiamo, peraltro, alle assolutamente analoghe disposizioni di cui agli articoli
426 e
427 dettate per l’udienza preliminare.
In sede di richiami di norme previste per l’udienza preliminare si è inteso ribadire anche in questa sede l’applicazione dell’art.
425, comma 2, che legittima l’applicazione delle circostanze generiche e la loro comparazione ai fini dell’adozione della sentenza di non luogo a procedere.
Una disciplina particolare è stata, invece, dettata per l’
impugnazione della sentenza, in considerazione della peculiarità propria del rito con citazione diretta, con l’innesto, in aggiunta, della modifica imposta da altra parte della delega circa la non impugnabilità di alcune pronunce.
Parimenti, in conformità alla delega, che vuole che anche la sentenza in esame sia revocabile, se ne è dettata una disciplina specifica, come pure impone la delega, per tener conto del fatto che l’esito non può mai essere la riapertura delle indagini, in quanto in questo caso il rito era già passato ad una fase successiva all’esercizio dell’azione penale propriamente processuale.
Per questo, ove il giudice accolga la richiesta dispone procedersi al dibattimento.
Peraltro, all’udienza predibattimentale (analogamente a quanto previsto per l’udienza preliminare) è stato attribuito anche il compito di definire l’oggetto del giudizio, consentendo al giudice e alle parti di esaminare l’imputazione articolata ai sensi dell’articolo
552, comma 1, lettera c), sotto i plurimi profili connessi alla sua corrispondenza, in punto di fatto o di definizione giuridica, agli atti di indagine.
In questo modo, da un lato, si evita l’inutile restituzione degli atti al pubblico ministero, quando l’imputazione è formulata in termini tali da comportare la nullità, consentendo una modifica nel contraddittorio.
Ma, dall’altro lato, si evita anche che le più ampie e diverse problematiche connesse all’imputazione (se già emergono in questa fase dagli atti di indagine, come spesso accade) provochino solo in esito al dibattimento (a quel punto svolto inutilmente) un provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell’art.
521 c.p.p., oppure determino l’innestarsi delle vicende modificative disciplinate dagli articoli
516 ss. c.p.p., che, in ogni caso, sono causa di inefficienza e complicazioni.
Per effetto di questi interventi, salvo i casi in cui le novità emergano solo dal dibattimento, oggi il
thema decidendum diviene oggetto di verifica preliminare nel contraddittorio, anche in relazione alla definizione giuridica, come la delega ha imposto facendo riferimento al fatto che debba essere esaminata anche la correttezza degli articoli di legge richiamati.
In ogni caso, a maggior garanzia, si è però previsto che, nel caso in cui l’imputato non sia presente all’udienza, fisicamente o mediante collegamento a distanza, il
verbale contenente la modifica dell’imputazione sia a lui notificato, anche per consentire l’eventuale accesso ai
procedimenti speciali, e si è fissato un termine dilatorio per la celebrazione dell’udienza, alla quale il processo dovrà essere rinviato.
È solo il caso di precisare che non si è, invece, espressamente collocata nell’udienza predibattimentale la disciplina dell’art.
469 c.p.p., allo scopo di continuare a consentire l’operatività di quell’istituto anche nel rito a citazione diretta, per il caso in cui gli eventi lì indicati sopravvengano all’udienza predibattimentale, nella quale, invece, i medesimi esiti sono espressamente previsti e disciplinati.
Il tutto in continuità con il rapporto esistente tra pronuncia ex art. 425 c.p.p. e pronuncia ex art. 469 c.p.p. nei giudizi con udienza preliminare.
Qualora non sussistano condizioni ostative alla celebrazione del dibattimento e sia possibile formulare una ragionevole previsione di condanna, nell’impianto prescelto per il caso in cui non si addivenga all’esito previsto da un rito speciale, il giudice si limita ad indicare la data per la successiva udienza dibattimentale, che, in quanto collocata nella medesima fase, si pone quindi in continuità, seppure debba ovviamente svolgersi davanti ad un altro giudice persona fisica.
In ogni caso, si è previsto che l’udienza per l’apertura e la celebrazione del dibattimento non si possa fissare prima di venti giorni, anche per consentire alle parti di organizzare a quel punto la loro difesa in un’ottica propriamente dibattimentale. È, infatti, prima di questa udienza che debbono essere depositate le liste testi.
In forza dell’esigenza di effettuare un coordinamento tra le norme adottate e il complessivo sistema processuale e della finalità acceleratoria complessivamente imposta come finalità generale dalla delega, si è ritenuto che si imponesse anche un definitivo e chiaro superamento della limitazione, di fonte giurisprudenziale per vero, all’applicazione ai reati con citazione diretta del
giudizio immediato.
Per questo aspetto, infatti, per prima cosa il silenzio serbato dal titolo III (procedimenti speciali) del libro VIII (
Tribunale monocratico) sul giudizio immediato non poteva essere interpretato come una deliberata scelta di esclusione di quel rito nei procedimenti davanti al tribunale monocratico, perché la norma cardine del raccordo fra il complesso delle norme codicistiche, per così dire, ordinaria, e il procedimento davanti al tribunale monocratico è l’art.
549 c.p.p., il quale prevede una generalizzata applicazione di tutte le norme del codice, salvo quanto espressamente previsto in senso contrario e previa una valutazione in concreto di applicabilità.
Tanto è vero che anche la giurisprudenza non ha mai dubitato che il giudizio immediato si applicasse nel procedimento davanti al tribunale monocratico nel caso di reati che provenissero da udienza preliminare, che sono anch’essi giudizi monocratici disciplinati dal libro VIII.
E, difatti, la ragione per cui in sede giurisprudenziale si è escluso che il giudizio immediato fosse applicabile nei procedimenti azionabili con citazione diretta è stata individuata in una assunta incompatibilità, derivante dalla mancanza nel rito a citazione diretta di un’udienza preliminare, ritenuta presupposto implicito del giudizio immediato, in quanto esso sarebbe legittimato da un’evidenza probatoria intesa come
standard di fondatezza idonea ad escludere il vaglio dell’udienza preliminare.
Rispetto a ciò, a parte il fatto che con l’introduzione del cd. immediato cautelare il presupposto del rito è in parte mutato (con superamento del presupposto unico dell’evidenza della prova), quel che più rileva in questa sede è che proprio in ragione dell’introduzione dell’udienza predibattimentale, che, come l’udienza preliminare, ha tra i suoi scopi principali di vagliare preliminarmente la sostenibilità dell’azione penale, si impone l’applicazione di un rito che ha la funzione di evitare quel vaglio quando la prova appaia evidente (ad un giudice). Per questa ragione, si è espressamente estesa anche al rito monocratico con citazione diretta l’applicazione del giudizio immediato.
Peraltro, un simile intervento si rende necessario anche in ragione dell’ulteriore intervento effettuato in forza della delega, che ha ampliato i reati azionabili con la citazione diretta, rispetto ai quali si perderebbe la celerità propria del rito immediato, in modo tanto più irragionevole se si considera, come detto, che quel rito oggi si connota anche quale strumento di accesso rapido al giudizio nei casi in cui l’imputato sia sottoposto a
misura cautelare.