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Articolo 420 quater Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato

Dispositivo dell'art. 420 quater Codice di procedura penale

1. (1)Fuori dei casi previsti dagli articoli 420 bis e 420 ter, se l’imputato non è presente, il giudice pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato.

2. La sentenza contiene:

  1. a) l’intestazione “in nome del popolo italiano” e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata;
  2. b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo, nonché le generalità delle altre parti private;
  3. c) l’imputazione;
  4. d) l’indicazione dell’esito delle notifiche e delle ricerche effettuate;
  5. e) l’indicazione della data fino alla quale dovranno continuare le ricerche per rintracciare la persona nei cui confronti la sentenza è emessa;
  6. f) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati;
  7. g) la data e la sottoscrizione del giudice.

3. Con la sentenza il giudice dispone che, fino a quando per tutti i reati oggetto di imputazione non sia superato il termine previsto dall’articolo 159, ultimo comma, del codice penale, la persona nei cui confronti è stata emessa la sentenza sia ricercata dalla polizia giudiziaria e, nel caso in cui sia rintracciata, le sia personalmente notificata la sentenza.

4. La sentenza contiene altresì:

  1. a) l’avvertimento alla persona rintracciata che il processo a suo carico sarà riaperto davanti alla stessa autorità giudiziaria che ha pronunciato la sentenza;
  2. b) quando la persona non è destinataria di un provvedimento applicativo della misura cautelare degli arresti domiciliari o della custodia in carcere per i fatti per cui si procede, l’avviso che l’udienza per la prosecuzione del processo è fissata:
  3. 1) il primo giorno non festivo del successivo mese di ottobre, se la persona è stata rintracciata nel primo semestre dell’anno(2);
  4. 2) il primo giorno non festivo del mese di marzo dell’anno successivo, se la persona è stata rintracciata nel secondo semestre dell’anno(2);
  5. c) l’indicazione del luogo in cui l’udienza si terrà;
  6. d) l’avviso che, qualora la persona rintracciata non compaia e non ricorra alcuno dei casi di cui all’articolo 420 ter, si procederà in sua assenza e sarà rappresentata in udienza dal difensore.

5. Alla sentenza si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 546.

6. Decorso il termine di cui al comma 3 senza che la persona nei cui confronti è stata emessa la sentenza sia stata rintracciata, la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo non può più essere revocata.

7. In deroga a quanto disposto dall’articolo 300, le misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere perdono efficacia solo quando la sentenza non è più revocabile ai sensi del comma 6. In deroga a quanto disposto dagli articoli 262, 317 e 323, gli effetti dei provvedimenti che hanno disposto il sequestro probatorio, il sequestro conservativo e il sequestro preventivo permangono fino a quando la sentenza non è più revocabile ai sensi del comma 6. (1)

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE ALLA RIFORMA CARTABIA E ULTERIORI SUCCESSIVE MODIFICHE*
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


(Sospensione del processo per assenza dell'imputato)
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 420-bis e 420-ter e fuori delle ipotesi di nullità della notificazione, se l'imputato non è presente il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria.
2. Quando la notificazione ai sensi del comma 1 non risulta possibile, e sempre che non debba essere
pronunciata sentenza a norma dell'articolo 129, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente. Si applica l'articolo 18, comma 1, lettera b). Non si applica l'articolo 75, comma 3.
3. Durante la sospensione del processo, il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento,
acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili.

__________________

(1) Articolo integralmente sostituito dall'art. 23, co. 1, lett. e) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia"). Per la disciplina transitoria, l'art. 89, co. 2 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha stabilito che "Quando, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, nell'udienza preliminare o nel giudizio di primo grado è stata disposta la sospensione del processo ai sensi dell'articolo 420-quater, comma 2, del codice di procedura penale nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto e l'imputato non è stato ancora rintracciato, in luogo di disporre nuove ricerche ai sensi dell'articolo 420-quinquies del codice di procedura penale nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale come modificato dal presente decreto. In questo caso si applicano gli articoli 420-quinquies e 420-sexies del codice di procedura penale, come modificati dal presente decreto".
(2) Numero modificato dall'art. 2, comma 1, lettera o) del D. Lgs. 19 marzo 2024, n. 31.


Ratio Legis

La disciplina dell’assenza dell’imputato (come rivista dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) vuole garantire l’effettiva conoscenza della pendenza del processo (non del procedimento o dell’accusa) da parte dell’imputato. In tal modo, si è cercato di assicurare il diritto dell’imputato a partecipare al processo, ma equilibrandolo con la necessità di non bloccare lo svolgimento del processo a causa dell’assenza consapevole e volontaria da parte dell’imputato stesso. E la ratio del nuovo art. 420-quater c.p.p. deve ritrovarsi proprio nella volontà del legislatore di rispettare il principio della ragionevole durata dei processi (art. 111 Cost.).

Spiegazione dell'art. 420 quater Codice di procedura penale

La disciplina dell’assenza è stata largamente rivista dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022) e, in particolare, l’art. 420-quater c.p.p. è stato riformulato completamente. Secondo la vecchia formulazione della norma, se mancavano i presupposti per procedere in assenza dell’imputato, veniva disposta la sospensione del processo. Invece, con la riforma Cartabia, il legislatore ha previsto l’emanazione di una sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato.

Il comma 1 dell’art. 420-quater c.p.p. stabilisce che, al di fuori dei casi previsti dall'art. 420 bis del c.p.p. e dall'art. 420 ter del c.p.p. (ossia, in caso di regolarità delle notificazioni, quando non ci sono le condizioni per dichiarare l’assenza dell’imputato o se non c’è legittimo impedimento), se l’imputato non è presente, il giudice pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato.

Questa pronuncia, da un lato, chiude il processo (o, meglio, comporta una stasi del processo) e, dall’altro lato, mantiene in essere comunque un’attività di ricerca della persona nei cui confronti è stata emessa la sentenza.

Poi, il comma 2 indica il contenuto della sentenza. Nello specifico, la sentenza deve presentare i seguenti elementi:
  1. l’intestazione (“in nome del popolo italiano”) e l’indicazione dell’autorità che l’ha emessa;
  2. le generalità dell’imputato e delle altre parti private;
  3. l’imputazione;
  4. l’indicazione dell’esito delle notifiche e delle ricerche effettuate;
  5. l’indicazione della data fino alla quale le ricerche dovranno continuare per rintracciare la persona nei cui confronti è stata pronunciata la sentenza (ci si riferisce al doppio del termine di prescrizione del reato, come precisato dal successivo comma 3);
  6. il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati;
  7. la data e la sottoscrizione del giudice.

Peraltro, il comma 5 stabilisce che alla sentenza si applicano le disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 546 del c.p.p. in tema di sottoscrizione e nullità della sentenza.

Poi, ai sensi del comma 3, con la sentenza, il giudice dispone che – fino a quando per tutti i reati oggetto di imputazione non sia superato il termine di prescrizione previsto dall’ultimo comma dell’art. 159 del c.p. – la persona, nei cui confronti è stata emessa la sentenza, sia ricercata dalla polizia giudiziaria e, nel caso in cui sia rintracciata, le sia personalmente notificata la sentenza.
A tal riguardo, si deve necessariamente precisare che, insieme alla riscrittura dell’art. 420-quater c.p.p., anche l’ultimo comma dell’art. 159 del c.p. è stato modificato: quando è pronunciata la sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater c.p.p., il termine di prescrizione rimane sospeso fino al momento in cui è rintracciata la persona nei cui confronti è stata pronunciata, ma comunque non può essere superato il doppio dei termini di prescrizione stabiliti dall’art. 157 del c.p..

Proprio per l’eventualità in cui la persona venga rintracciata e le sia personalmente notificata la sentenza, il comma 4 prevede che il provvedimento debba contenere una serie di avvertimenti da fare al rintracciato:
  1. l’avvertimento che il processo a suo carico sarà riaperto davanti alla stessa autorità giudiziaria che ha pronunciato la sentenza;
  2. se la persona non è destinataria della misura cautelare degli arresti domiciliari o della custodia in carcere, l’avviso che l’udienza per la prosecuzione del processo è fissata il primo giorno non festivo del successivo mese di ottobre (se è stato rintracciato nel primo semestre dell’anno) o il primo giorno non festivo del mese di marzo dell’anno successivo (se è stato rintracciato nel secondo semestre dell’anno);
  3. l’indicazione del luogo in cui l’udienza si terrà;
  4. l’avviso che, qualora non compaia e non ci sia un legittimo impedimento ex art. 420 ter del c.p.p., si procederà in sua assenza e sarà rappresentato in udienza dal difensore.
Il legislatore ha voluto inserire tali avvertimenti al rintracciato con lo scopo di evitare che, nella prosecuzione del processo, possano nuovamente sorgere gli stessi problemi che hanno bloccato in passato il processo.

Però, come precisato dal comma 6, una volta decorso il termine massimo di prescrizione previsto dal predetto comma 3 (cioè, il doppio del termine di prescrizione del reato) senza che sia stato rintracciato la persona verso cui è stata emesso il provvedimento, la sentenza diventa irrevocabile.

Infine, il comma 7 stabilisce che le misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere perdono efficacia solo quando la sentenza diviene irrevocabile. Si tratta di una deroga a quanto previsto dall’art. 300 del c.p.p. che sancisce il principio dell’immediata perdita di efficacia delle misure cautelari con la pronuncia di un’archiviazione oppure di una sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento.
Allo stesso modo, in deroga a quanto previsto dagli artt. 262, 317 e 323 c.p.p., gli effetti dei provvedimenti, che hanno disposto il sequestro probatorio o il sequestro conservativo o il sequestro preventivo, si mantengono fino a quando la sentenza diviene irrevocabile.

La ratio del comma 7 si ritrova nella considerazione che, nel caso in cui il processo venga ripreso (nell’ipotesi di rintraccio della persona), appare utile conservare l’efficacia delle misure cautelari personali e reali e del sequestro probatorio eventualmente disposti.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Muovendo dalla previsione della legge di delega, che ha stabilito la definizione con sentenza di non doversi procedere dei giudizi nei quali non siano soddisfatte le condizioni per procedere in assenza, il principale nodo problematico è stato rappresentato dalle caratteristiche da attribuire a tale sentenza, dalla disciplina delle sue conseguenze e dalle modalità di riapertura del processo. La pronuncia di cui all’art. 420 quater definisce il procedimento, sicché il destinatario della medesima non è più imputato e il fascicolo va specificamente archiviato per un più agevole recupero (a tal fine si è modificato l’art. 143 bis disp. att., v. infra).


Con la pronuncia della sentenza si apre un periodo di ricerca del prosciolto, che è stato determinato, sulla base della legge delega, nella misura del doppio dei termini stabiliti dall’art. 157 c.p. ai fini della prescrizione. Si tratta, invero, di un periodo di tempo che può essere anche molto lungo, durante il quale sono previste ricerche del prosciolto, ai fini della revoca della sentenza di non doversi procedere e della riapertura del processo.
Tuttavia, la delega prevede che mentre le ricerche sono in corso, il giudice che ha pronunciato la sentenza debba assumere, a richiesta di parte, eventuali prove non rinviabili. A tal fine si è previsto di fare rinvio alla disciplina ‘operativa’ dell’incidente probatorio.


Decorso tale periodo, la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo non può più essere revocata, ponendo fine alle ricerche che, altrimenti, sarebbero infinite. Per questo motivo, si prevede che la sentenza debba dare indicazione della data di prescrizione di ciascun reato, per l’effetto previsto dal comma 2. Per questa ragione si è effettuato un connesso intervento sulle norme sostanziali in materia di prescrizione, per chiarire che per il tempo necessario alle ricerche, e in ogni caso con il limite massimo del doppio dei termini previsti dall’art. 157 c.p., la prescrizione resta sospesa.


La legge delega prevede che il destinatario della sentenza di non doversi procedere sia avvisato che il provvedimento sarà revocato e il processo sarà riaperto. Ai fini della più efficace trasposizione di tale previsione, si è, quindi, previsto che la sentenza di non doversi procedere contenga l’espresso avviso della riapertura del processo.


Per evitare il rischio che una volta rintracciato l’imputato e notificatagli la sentenza, la successiva ripresa del procedimento possa incappare in problematiche analoghe a quelle che hanno impedito di procedere, si è previsto che nella sentenza sia anche già dato avviso all’imputato della data in cui si terrà l’udienza per la riapertura.


Il destinatario, grazie alla notifica della sentenza, conosce, quindi, l’imputazione a suo carico, è informato dalla pendenza del processo, è informato che il procedimento riprenderà il suo corso ed è già messo nelle condizioni di sapere la data in cui il procedimento riprenderà. Per questo aspetto si è previsto che nella sentenza sia specificato che l’udienza per la prosecuzione del processo è da intendere sempre fissata:
a) il primo giorno non festivo del successivo mese di settembre, se l’imputato è stato rintracciato nel primo semestre dell’anno;
b) il primo giorno non festivo del mese di febbraio dell’anno successivo, se l’imputato è stato rintracciato nel secondo semestre dell’anno.
Con indicazione anche del luogo in cui l’udienza si terrà. Informazioni che saranno ulteriormente dettagliate dalla polizia giudiziaria allorché avrà rintracciato l’imputato e gli avrà notificato la sentenza, perché in quel momento sarà tenuta a dare avviso della data effettiva dell’udienza, individuata nei termini di cui sopra.


Da ciò la conseguente norma di attuazione che onera i dirigenti degli uffici giudicanti di adottare provvedimenti organizzativi che assicurino la celebrazione di udienze destinate alla riapertura dei procedimenti definiti con sentenza resa ai sensi dell’articolo 420 quater (nonché alla celebrazione dei processi nei quali è stata pronunciata l’ordinanza di cui all’articolo 598 ter, comma 2), il primo giorno non festivo del mese di febbraio e il primo giorno non festivo del mese di settembre di ogni anno.


In ragione della circostanza che la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere è del tutto sui generis, in quanto destinata nella sua fisiologia ad essere revocata, tanto che nella stessa sentenza sono disposte le ricerche che dovranno condurre alla sua revoca, è divenuto necessario disciplinare gli effetti della sentenza sui provvedimenti cautelari, reali e personali, nonché su quei provvedimenti che sono adottati proprio in considerazione di una loro strumentalità all’accertamento in corso (come i sequestri probatori). Tutti provvedimenti che, altrimenti, perderebbero efficacia in presenza di una sentenza di non luogo a procedere.


Peraltro, rispetto all’ipotesi più grave (quella in cui sia stata emessa ordinanza di custodia cautelare e non ricorrano i presupposti per la dichiarazione di latitanza) è la stessa delega a richiedere che siano previste opportune deroghe alla disciplina della sentenza di non luogo a procedere.
In ragione di ciò, con la previsione di cui all’art. 420 quater, comma 7, si è stabilito che in deroga a quanto disposto dall’articolo 300, le misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere non perdano efficacia, se non quando la sentenza non è più revocabile e parimenti che non perdano efficacia i provvedimenti che hanno disposto il sequestro probatorio, il sequestro conservativo e il sequestro preventivo, anch’essi fino a quando la sentenza non è più revocabile ai sensi del comma 6.
In modo connesso si è dovuto disciplinare con un’apposita modalità la ripresa dell’udienza, almeno per il caso in cui ad essere rintracciato sia un soggetto ricercato (anche) per l’applicazione di una misura custodiale.

Massime relative all'art. 420 quater Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 24955/2017

All'imputato non comparso senza allegare alcun legittimo impedimento, quando non ne sia dichiarata la contumacia, deve essere necessariamente comunicato il rinvio dell'udienza, non potendo egli ritenersi rappresentato dal difensore ex art. 420 quater, comma secondo, cod. proc. pen., tuttavia l'omissione dell'avviso, non integrando un'ipotesi di mancata citazione dell'imputato, determina una nullità di ordine generale e a regime intermedio, che deve essere eccepita nella prima occasione processuale utile dal difensore.

Cass. pen. n. 24494/2017

L'art. 420 quater c.p.p., che prevede, nella formulazione introdotta dalla legge n. 67/2014, la “sospensione del processo” e non, genericamente, del “procedimento”, per assenza dell'imputato, non può trovare applicazione nell'ambito dei procedimenti cautelari (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui, su appello proposto dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 310 c.p.p. e nonostante l'irreperibilità dell'indagato, era stata disposta l'applicazione nei confronti di quest'ultimo di una misura cautelare).

Cass. pen. n. 46481/2014

La formale rinuncia dell'imputato a presenziare al dibattimento può essere revocata soltanto con una manifestazione di volontà che, sia pure esplicitata attraverso un comportamento concludente, abbia l'obiettivo significato di neutralizzare il precedente consenso espresso alla celebrazione del processo "in absentia". (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la nullità del processo celebrato in assenza dell'imputato che, detenuto per altra causa, dopo aver formalmente rinunciato a comparire alla prima udienza, non aveva più espresso alcuna volontà di segno contrario, né posto in essere comportamenti interpretabili in tal senso).

Cass. pen. n. 1497/2014

In tema di giudizio contumaciale, ove risulti perfezionata la "vocatio in ius" e le parti non abbiano addotto circostanze dimostrative dell'impossibilità di partecipare al giudizio, l'omissione formale di una tempestiva dichiarazione di contumacia non incide sullo status da attribuire all'imputato che - così come quello formalmente dichiarato contumace - deve considerarsi rappresentato dal difensore, con la conseguenza che l'avviso dato a quest'ultimo dell'eventuale rinvio ad udienza fissa vale come avviso dato all'imputato.

Cass. pen. n. 1784/2012

La comparizione in giudizio dell'imputato già dichiarato contumace determina il venir meno della situazione di fatto che aveva dato luogo alla relativa declaratoria, sicché la contumacia viene a cessare indipendentemente dalla esistenza di un formale provvedimento di revoca. Ne deriva che, in tal caso, il termine per proporre appello avverso la sentenza del giudice di pace depositata nel pieno rispetto del termine di cui all'art. 544, comma secondo, c.p.p., decorre dalla scadenza del termine di deposito della motivazione, ex art. 585, comma secondo, lett. c), c.p.p..

Cass. pen. n. 17218/2009

Il potere di rappresentanza dell'imputato contumace da parte del difensore opera non solo nel corso delle udienze dibattimentali, ma anche nel caso di sospensione del dibattimento. (La Corte ha, in applicazione di tale principio, ritenuto legittima la notifica all'imputato contumace, nella persona del difensore, del rinvio effettuato fuori udienza).

Cass. pen. n. 24573/2006

La mancata comparizione in udienza dell'imputato detenuto, che abbia rinunciato ad essere presente ed abbia quindi accettato il giudizio in sua assenza, non dà luogo a contumacia, ma ad una mera assenza, sicché non sussiste alcun obbligo di notifica dell'avviso di deposito, con estratto, della sentenza.

Cass. pen. n. 1519/2006

L'art. 486, quinto comma, c.p.p. prescrive che il legittimo impedimento del difensore deve essere « prontamente» comunicato, onde consentire all'ufficio, che lo ritenga giustificato, di predisporre tutti gli adempimenti necessari a evitare ingiusti oneri agli altri soggetti processuali e a consentire la celebrazione in data successiva e prossima del dibattimento rinviato. Ne consegue che il difensore è obbligato a comunicare l'impedimento non appena esso si verifica e non in prossimità della celebrazione del processo. In particolare, allorché l'impedimento riguardi altro dibattimento, non può il difensore riservarsi di scegliere fino al giorno prefissato, ma deve, appena ricevuta la comunicazione dei due giudizi, effettuare la scelta e darne pronta comunicazione al giudice cui chiede il rinvio.

Cass. pen. n. 45276/2003

Il giudizio celebrato in contumacia nei confronti di imputato detenuto all'estero per reati colà commessi, la cui richiesta di presenziare al dibattimento sia stata respinta dalla competente autorità straniera, non essendone consentita l'estradizione, né la consegna temporanea all'Italia, è affetto da nullità assoluta e non sanabile neanche per effetto del consenso successivamente prestato dal medesimo imputato a partecipare al giudizio di appello in videoconferenza internazionale, che non può essere inteso come equipollente a una tacita rinuncia alla precedente richiesta di partecipazione personale, dovendo la rinuncia stessa risultare in modo espresso o almeno non equivoco per facta concludentia.

Cass. pen. n. 22416/2003

Non può essere dichiarata la contumacia dell'imputato, il quale si trovi all'estero in stato di libertà provvisoria con obbligo di soggiorno, nell'ambito di un procedimento penale a suo carico, nel caso in cui la competente autorità straniera abbia respinto l'istanza del predetto, volta ad ottenere il permesso di lasciare lo Stato estero e recarsi in Italia per la celebrazione del processo.

Cass. pen. n. 30286/2002

Nell'ipotesi in cui l'imputato, che già si sia rifiutato di sottoporsi all'esame richiesto dal P.M. ed abbia rilasciato dichiarazioni spontanee, chieda nuovamente di essere interrogato, è inapplicabile, in via analogica, l'art. 420 quater, comma 3, c.p.p., che prevede la possibilità, in sede di udienza preliminare, di rendere dichiarazioni spontanee e di chiedere di essere interrogato. Deve riconoscersi, infatti, una sostanziale diversità tra la posizione di colui che, pur essendo presente, si sottrae all'esame per scelta difensiva rispetto a quella del contumace tardivamente comparso, come pure alla funzione dell'interrogatorio medesimo, mezzo di prova nel primo caso e mezzo di difesa nel secondo.

Cass. pen. n. 6/2002

È corretta la dichiarazione di contumacia dell'imputato ritualmente citato e non comparso pur quando essa sia adottata contestualmente all'ordinanza con la quale il giudice, previa nomina di un difensore d'ufficio, disponga il rinvio del dibattimento ad altra udienza (di cui fissi al tempo stesso la data), per riconosciuto, legittimo impedimento del difensore di fiducia dello stesso imputato. Ne deriva che a quest'ultimo - a differenza che al difensore impedito - non deve essere notificato alcun avviso della nuova udienza, essendo egli rappresentato a tutti gli effetti, ai sensi dell'art. 420 quater, comma 2, c.p.p., dal difensore d'ufficio.

Cass. pen. n. 39930/2001

L'assoluto impedimento a comparire dell'imputato, indicato dall'art. 420 quater comma 1 c.p.p., sussiste anche in relazione ad una malattia a carattere cronico, purché determini un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall'imputato e a lui non ascrivibile (in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto l'invalidità dell'ordinanza con cui il giudice di merito aveva dichiarato la contumacia dell'imputato sul presupposto che non sussistesse l'ipotesi di impedimento a comparire, trattandosi di una malattia di natura cronica e, come tale, non suscettibile di prevedibili futuri miglioramenti).

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Damiano S. chiede
mercoledì 24/02/2021 - Emilia-Romagna
“Gent.ma Redazione Brocardi.it

in data 1 Febbraio 2021 mi è stato notificato un "ordine di carcerazione e decreto di sospensione del medesimo" in quanto riconosciuto colpevole dei reati, ex:
Art. 81 c.2 C.P., Art. 635 c.2 C.P. ed Art. 625 n. 7 C.P. il 3/12/2015.

Da quanto mi è stato detto all'atto del ritiro dell'"ordine di carcerazione e decreto di sospensione" (che invio in allegato) sono stato condannato in un processo che è avvenuto in mia assenza il 29/11/2016, con pena divenuta definitiva il 1/01/2017, sono cioè stato condannato in contumacia. A tal punto, vorrei far notare che, essendo io residente abituale in Bologna, con dimora e residenza fissa dal 2008, mai cambiata ed essendo sempre stato reperibile, non sono stato mai avvisato di nessun procedimento a mio carico, nonostante nell'"ordine di esecuzione per la carcerazione" viene detto che sono stato assistito in giudizio dal difensore affidatomi ma con il quale non ho mai avuto contatti se non dopo il 1 Febbraio 2021, giorno del ritiro dell'atto a mio carico. Sono stato così affidato ad un collega del sopracitato avvocato il quale ha inviato una "istanza di restituzione nel termine" alla Corte d'Appello di Bologna per cercare di ottenere un nuovo processo (richiesta che invio in allegato).
Inoltre nel 2019, a causa di un colloquio di lavoro, sono andato personalmente a ritirare una "Visura del casellario giudiziale" (che invio in allegato) dal quale risulta nessun procedimento ("NULLA") iscritto a mio carico.
Si precisa che al momento è, sia a me che all'avvocato, non noto il fascicolo relativo al mio caso, nonostante ne sia stata fatta richiesta.
Ammesso che mi sento estraneo alle accuse che mi sono state fatte, la mia domanda è se è possibile avanzare qualche denuncia alla Procura di Bologna per avermi condannato in contumacia e per non avermi mai notificato alcun atto e se si entro quanto tempo, considerando che il fascicolo del procedimento a mio carico è ancora tutt'oggi non noto, sia a me che al mio difensore; nel caso sia possibile, non essendo noto il fascicolo, contro chi fare una denuncia o un esposto. Ne ho provato a parlare con il mio primo avvocato, quello che poi mi ha affidato ad un suo collega, dicendogli che da qualche parte avevo letto che c'è una scadenza di 30 giorni per la denuncia che vorrei fare io, ma egli ha risposto che non ci sono scadenze, non essendo nemmeno noto il fascicolo del caso...
Vorrei precisare che ho provato a ricercare sulla cronologia di Windows del mio laptop se per caso fossi a casa quel giorno, dato che passo molto tempo al computer per motivi di studio. Sfortunatamente la cronologia è presente, tutta, ma solo a partire dal 2018, anno in cui ho cambiato computer a causa di rottura del precedente. Sono convinto che se fossi stato avvisato in tempo del procedimento a mio carico avrei potuto dimostrare con la cronologia di Windows del laptop che sono estraneo ad i fatti, cosa che mi è assolutamente preclusa dopo oltre 5 anni dai fatti dei quali sono accusato; da qui la mia volontà di sporgere una denuncia, perchè mi è stato precluso un giusto processo e le rimanenti mie difese per dimostrare l'estraneità ad i fatti si trovano fortemente indebolite dal fatto che nemmeno potrei trovare testimoni di avvenimenti accaduti oltre 5 anni fa!

Attendendo con ansia una vostra risposta,
vi ringrazio ed invio i miei cordiali saluti!”
Consulenza legale i 02/03/2021
La risposta al quesito è, purtroppo, negativa.

Nell’ambito del procedimento penale vige la regola per la quale l’imputato può essere sottoposto a processo (e, in caso, condannato) soltanto ove questi sia consapevole di tale circostanza e sia messo nelle condizioni di parteciparvi in modo attivo, per esercitare il legittimo diritto di difesa.
Diritto che, si badi bene, non si realizza per la sola assistenza difensiva, partendo dal presupposto che quest’ultimo diritto possa concretamente integrare le facoltà difensive solo attraverso la piena consapevolezza dell’imputato di ciò che accade.

Ciò che è successo nel caso di specie sembra essere purtroppo riconducibile ad un mero errore delle cancellerie del tribunale bolognese - e dello stesso giudice che ha trattato il processo - i quali, non rendendosi conto delle evidenti anomalie riguardanti le notifiche che pongono l’indagato/imputato nelle condizioni di conoscere del processo a suo carico, hanno comunque proceduto alla celebrazione del processo in parola, omettendo tutte le formalità riguardanti l’irreperibilità e la sospensione (cfr. art. 420 quater c.p.p.).

Nonostante ciò, si sconsiglia di presentare una denuncia - querela in relazione a quanto accaduto.

Ciò per l’assorbente ragione che quanto verificatosi – quasi sicuramente – non sembra riconducibile ad una condotta dolosa da parte degli uffici e degli organi del tribunale di Bologna, ma ad un mero – quanto spiacevole e grave – errore di fatto, che difficilmente potrebbe configurare una qualsivoglia fattispecie delittuosa.

Quanto, invece, al termine di decadenza di giorni 30 richiamato nella richiesta di parere, per mero dovere di precisione si specifica che una qualsivoglia querela può essere proposta entro tre mesi dal momento in cui la persona offesa dal reato abbia avuto contezza del reato posto in essere in suo danno.
Tale principio (espresso dall’art. 124 c.p.), applicato al caso di specie, ci induce a ritenere che, anche nella denegata ipotesi in cui dovesse sussistere un fatto di rilevanza penale, il termine per il deposito della querela comincerebbe a decorrere da quando si è presa visione del fascicolo processuale e, dunque, si è avuta precisa contezza di quanto accaduto.

Nel caso di specie, dunque, si suggerisce – come del resto già si sta facendo – di munirsi di un difensore al fine di eccepire la violazione commessa e ottenere la celebrazione di un nuovo processo.