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Articolo 705 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Divieto di proporre giudizio petitorio

Dispositivo dell'art. 705 Codice di procedura civile

Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita (1) (2).

Il convenuto può tuttavia proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l'esecuzione del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell'attore.

Note

(1) Con la pronuncia del 3-2-1992, n. 25, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità di questo comma nella parte in cui "subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria o all'esecuzione della decisione nel caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto".
(2) Il provvedimento possessorio è pur sempre un provvedimento cautelare, pertanto la sua esecuzione dovrà avvenire seguendo le regole dettate dal disposto di cui all'art. 669duodecies.

Ratio Legis

La ratio del divieto di promuovere il giudizio petitorio fino al momento in cui non sia esaurito, anche nella fase esecutiva quello possessorio, si riscontra nell'esigenza di assicurare che il giudizio possessorio miri esclusivamente al ripristino della situazione di fatto lesa, indipendentemente dalla circostanza che la situazione del possessore sia legittimata o meno, senza alcuna anticipazione circa l'esito del giudizio petitorio.
Diversamente, si verifica l'ipotesi del cumulo delle due azioni, quando durante la pendenza del giudizio petitorio, attore o convenuto vogliano proporre giudizio possessorio e la relativa domanda dovrà essere proposta al giudice che conosce del petitorio. Infine, ulteriori ipotesi in cui risulta possibile promuovere entrambe le azioni si verificano quando nelle more del giudizio possessorio e nella fase di attuazione del relativo provvedimento derivi o possa derivare al convenuto un pregiudizio irreparabile o quando la mancata esecuzione del provvedimento possessorio dipenda da fatto imputabile all'attore.

Brocardi

Orta proprietatis et possessionis lite, prius possessionis quaestio decidenda est

Spiegazione dell'art. 705 Codice di procedura civile

La norma in esame dispone che il convenuto non può approfittare della pendenza del giudizio possessorio per proporre la domanda concernente la proprietà o gli altri diritti reali in relazione allo stesso bene (si intende così evitare che la tutela possessoria possa essere ostacolata dall'eventuale istanza petitoria).

Occorre precisare che la preclusione riguarda solo il convenuto e non anche l'attore, il quale può eventualmente proporre le due istanze, possessoria e petitoria, anche congiuntamente, oltre che, naturalmente, disgiuntamente.
Perché la disposizione possa considerarsi operante si richiede la corrispondenza fra l'oggetto ed i soggetti del giudizio possessorio rispetto a quello petitorio.

Inoltre, ai fini della sua applicazione è molto importante determinare con esattezza il momento a partire dal quale il giudizio possessorio deve considerarsi pendente.
Sembra pacifica, sia in dottrina che in giurisprudenza, la tesi secondo cui la pendenza della lite possessoria si determina al momento del deposito del ricorso, in quanto è con questo che si può ritenere integralmente e compiutamente formulata l'istanza di tutela ed instaurato il rapporto processuale.

Il divieto posto per il convenuto continua ad operare finchè il giudizio possessorio non sia definitivo e la relativa decisione non venga messa in esecuzione.
In giurisprudenza è stato anche affermato che debba equipararsi a tali condizioni l'ipotesi di sostanziale cessazione del giudizio possessorio per aver il convenuto spontaneamente reintegrato l'attore, a cui invece non può assimilarsi il diverso caso in cui la reintegrazione sia avvenuta non spontaneamente, ma in esecuzione di un ordine provvisorio emesso dal giudice in pendenza del procedimento.

Per aggirare il chiaro divieto posto dal primo comma di questa norma, la dottrina, avallata anche dalla giurisprudenza, ha prospettato la possibilità di formulare le difese di carattere petitorio per mezzo di un'eccezione, la c.d. eccezione petitoria; in tal modo si consente al convenuto di difendersi e di ottenere il rigetto della domanda possessoria, facendo valere anche ragioni di carattere petitorio, ma riservando alla sede più appropriata (a cognizione piena) e al giudice competente la pronuncia con effetto di giudicato sul diritto reale.

Una sola pronuncia, rimasta isolata, ha ritenuto inammissibile la predetta eccezione petitoria, allorchè il convenuto non prospetti anche l'esistenza di un danno irreparabile al suo diritto.

Massime relative all'art. 705 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 16000/2018

Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 3 febbraio 1992, che ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 705 c.p.c., nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria ed alla esecuzione della relativa decisione anche quando da tale esecuzione possa derivare al convenuto pregiudizio irreparabile, il convenuto in giudizio possessorio può opporre le sue ragioni petitorie quando dalla esecuzione della decisione sulla domanda possessoria potrebbe derivargli un danno irreparabile, purché l'eccezione sia finalizzata solo al rigetto della domanda possessoria (e non anche ad una pronuncia sul diritto con efficacia di giudicato) e non implichi, quindi, una deroga delle ordinarie regole sulla competenza. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato l'improponibilità dell'eccezione petitoria, sollevata dal resistente, senza indagare sulla irreparabilità del pregiudizio che gli sarebbe derivato dall'esecuzione dell'ordine di demolizione del muro in cemento armato da lui realizzato in violazione del possesso della servitù di veduta vantato dai ricorrenti).

Cass. civ. n. 22628/2012

Al convenuto nel giudizio possessorio, non potendo egli proporre nei confronti dell'attore alcun giudizio petitorio, ai sensi dell'art. 705 c.p.c., finché il primo giudizio non sia definito e la relativa decisione non sia stata eseguita è inibita la domanda di riscatto agrario nei confronti del concedente, che abbia proposto azione di reintegrazione del possesso.

Cass. civ. n. 10588/2012

Il divieto di proporre giudizio petitorio, previsto dall'art. 705 c.p.c., riguarda il solo convenuto nel giudizio possessorio, trovando la propria "ratio" nell'esigenza di evitare che la tutela possessoria chiesta dall'attore possa essere paralizzata, prima della sua completa attuazione, dall'opposizione diretta ad accertare l'inesistenza dello "ius possidendi". Ne consegue che l'attore in possessorio, diversamente dal convenuto, può, anche in pendenza del medesimo giudizio possessorio, proporre autonoma azione petitoria, dovendosi interpretare tale proposizione come finalizzata ad un rafforzamento della tutela giuridica, e non già come rinuncia all'azione possessoria; detta facoltà, tuttavia, non può essere esercitata nello stesso giudizio possessorio, ma soltanto con una separata iniziativa, introducendo la domanda petitoria una "causa petendi" ed un "petitum" completamente diversi, dal che deriva l'inammissibilità della stessa se proposta dall'attore nella fase di merito del procedimento possessorio, la quale costituisce mera prosecuzione della fase sommaria.

Cass. civ. n. 2371/2012

In tema di concorso tra giudizio possessorio e giudizio petitorio, il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto di separata domanda di accertamento della proprietà, proposta da parte dell'attore in possessorio, non fa automaticamente venir meno la protezione giuridica del potere di fatto, a prescindere dal titolo che lo possa giustificare, né preclude al giudice del procedimento possessorio, in ipotesi ancora pendente, di emettere una pronuncia di reintegrazione, giacché la tutela del possesso è destinata a cedere non a fronte dell'accertamento, nel giudizio petitorio, che il possessore non è proprietario, quanto del diritto incompatibile spettante all'autore dello spoglio.

Cass. civ. n. 17245/2011

L'azione per lo spostamento del luogo di esercizio della servitù ha natura petitoria; pertanto, il convenuto nel giudizio possessorio di spoglio della servitù di passaggio non può proporre autonoma domanda ai sensi dell'art. 1068 c.c., finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita.

Cass. civ. n. 4728/2011

Il divieto per il convenuto in giudizio possessorio di proporre domanda di natura petitoria, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita, produce effetti già al momento del deposito del ricorso e non soltanto dalla successiva notificazione del provvedimento interinale che fissa l'udienza di comparizione, essendo rilevante, al fine indicato, la formulazione della domanda possessoria e l'individuazione della parte convenuta e non, invece la costituzione del contraddittorio. Ne consegue che, nel giudizio possessorio, il convenuto resta tale a partire dal deposito del ricorso in cancelleria e da allora opera il divieto del cumulo fino a che il giudizio possessorio non sia stato definito e la sentenza abbia avuto esecuzione.

Il divieto per il convenuto nel giudizio possessorio di proporre il giudizio petitorio fino a quando il primo non sia stato definito e la decisione eseguita, essendo previsto a tutela degli interessi generali ed ispirato all'esigenza di ordine pubblico del ripristino immediato della situazione possessoria lesa o compromessa, non costituisce una norma disponibile, con la conseguenza che la violazione del divieto può essere fatta valere anche d'ufficio, indipendentemente dall'eccezione di controparte.

Cass. civ. n. 1795/2007

Nelle azioni possessorie, l'eccezione feci sed iure feci sollevata dal convenuto che deduca di essere compossessore della cosa rende necessario l'esame del titolo, per stabilire, sia pure ad colorandam possessionem l'esistenza e l'estensione del diritto che si allega. Pertanto, tale eccezione deve ritenersi ammissibile se il convenuto tenda a dimostrare di aver agito nell'ambito della sua relazione di fatto, esclusiva o comune, con il bene, mentre deve ritenersi inammissibile se il convenuto miri a fare accertare il suo diritto sul bene medesimo, non potendo la prova del possesso essere in sede di procedimento possessorio desunta dal regime legale o convenzionale del corrispondente diritto reale, occorrendo viceversa dimostrare l'esercizio di fatto del vantato possesso indipendentemente dal titolo. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha altresì precisato che esso deve considerarsi applicabile anche successivamente alla declaratoria di parziale incostituzionalità dell'art. 705 c.p.c., giacché il convenuto in giudizio possessorio può opporre le sue ragioni solo quando dalla esecuzione della decisione sulla domanda possessoria potrebbe derivargli un danno irreparabile, e sempre che l'eccezione sia finalizzata solo al rigetto e della domanda possessoria e non implichi, quindi, deroghe alle regole generali sulla competenza).

Cass. civ. n. 9285/2006

Qualora sia invocata la tutela possessoria delle distanze legali (nella specie, delle vedute dalle costruzioni), ha natura petitoria — e, come tale, non può trovare ingresso nel relativo giudizio, ai sensi dell'art. 705 c.p.c. — l'eccezione sollevata dal convenuto in ordine alla legittimità della costruzione, perché realizzata nel rispetto delle norme urbanistiche vigenti. Al riguardo, infatti, non può invocarsi il principio formulato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 1992 che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 705, comma primo, c.p.c. (nella parte in cui detta norma subordinava la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria e all'esecuzione della decisione nel caso derivasse o potesse derivare un pregiudizio irreparabile al convenuto), infrange soltanto il divieto, per il convenuto in possessorio, di agire in petitorio «finché il primo giudizio non è finito o la decisione non sia stata eseguita», senza per contro estendere i suoi effetti nell'ambito del giudizio possessorio, ponendo nel nulla il divieto per il convenuto di sollevare difese di natura petitoria.

Cass. civ. n. 8367/2001

Il divieto di cumulo tra giudizio petitorio e giudizio possessorio ha carattere soggettivo e non può spiegare effetto nei confronti di persone diverse da quelle convenute in sede possessoria. Tuttavia, da ciò non può ricavarsi specularmente che al convenuto sia preclusa l'azione petitoria esclusivamente nei confronti di chi ha instaurato il giudizio possessorio. Invero, per ammettere la proponibilità del petitorio contro possessori rimasti estranei alla lite, è necessario accertare, ai fini della preclusione processuale posta dall'art. 705 c.p.c., non soltanto che tale giudizio sia promosso nei confronti di soggetti diversi dall'attore in reintegra o in manutenzione, ma anche che esso riguardi un bene diverso da quello in relazione al quale si è invocata la tutela possessoria.

Le condizioni che, ai sensi dell'art. 705 c.p.c., consentono al convenuto in giudizio possessorio di instaurare giudizio petitorio, (costituite dalla definizione del giudizio con sentenza non più soggetta ad impugnazione e o all'esecuzione della relativa decisione), possono trovare l'equipollente solo nell'ipotesi in cui vi sia stata una sostanziale cessazione del giudizio possessorio per aver il convenuto spontaneamente reintegrato l'attore. Ne consegue che deve escludersi l'instaurabilità del giudizio petitorio quando la reintegrazione sia avvenuta non spontaneamente ma in esecuzione di un ordine provvisorio emesso dal giudice in pendenza del procedimento.

Cass. civ. n. 5242/1999

Il divieto di proporre il giudizio petitorio da parte del soggetto convenuto nel giudizio possessorio non rileva quando i due giudizi non riguardano la stessa questione e hanno ciascuno un petitum diverso, come nel caso in cui i proprietari di due fondi confinanti si contestino reciprocamente d'avere costruito a distanza inferiore a quella regolamentare.

Cass. civ. n. 5110/1998

La ratio della norma di cui all'art. 705 c.p.c. (a mente della quale il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio finché il primo giudizio non sia stato definito e la decisione non sia stata eseguita) non è, in alcun modo, ostativa alla proposizione, da parte dell'attore in possessorio, della separata azione petitoria, né tale proposizione può legittimamente interpretarsi come fatto incompatibile con la volontà di proseguire nel giudizio possessorio, onde ottenere la più rapida tutela ad esso riconducibile. Il divieto di cumulo delle due azioni è, difatti, normativamente sancito per il solo convenuto, sì che l'inizio del giudizio petitorio, da parte dell'attore, in pendenza di quello possessorio, non è che indice della volontà di quest'ultimo di rafforzare, e non già di limitare, la difesa del diritto che si assume violato.

Cass. civ. n. 951/1995

Il convenuto in un giudizio possessorio è legittimato — ai sensi dell'art. 705, comma 1, c.p.c., quale risultante a seguito della pronunzia di parziale illegittimità costituzionale emessa con sentenza n. 25 del 3 febbraio 1992, e dell'art. 1168, comma 4, c.c., nell'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza citata — a far valere nel giudizio possessorio le proprie ragioni petitorie nel caso in cui la tutela chiesta dall'attore sia da attuare mediante distruzione di un bene immobile e la cognizione di tali ragioni, per la sede processuale e la forma in cui sono dedotte, non implichi deroga alle ordinarie regole di competenza.

Cass. civ. n. 3825/1994

Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 25 del 3 febbraio 1992, che ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 705 c.p.c., nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria ed alla esecuzione della relativa decisione anche quando da tale esecuzione possa derivare al convenuto pregiudizio irreparabile, il convenuto in giudizio possessorio può opporre le sue ragioni petitorie quando dalla esecuzione della decisione sulla domanda possessoria potrebbe derivargli un danno irreparabile, purché l'eccezione sia finalizzata solo al rigetto della domanda possessoria (e non anche ad una pronuncia sul diritto con efficacia di giudicato) e non implichi, quindi, deroga delle ordinarie regole sulla competenza.

Cass. civ. n. 2391/1994

Colui che è convenuto con l'azione di manutenzione per asserita violazione di distanze rispetto alla preesistente costruzione dell'attore, non viola il divieto di cumulo del petitorio con il possessorio se contesta che, a causa dell'illegittimo esercizio del diritto di prevenzione compiuto dall'attore nell'erigere la sua costruzione, egli non era tenuto al rispetto delle distanze.

Cass. civ. n. 1501/1994

Alla stregua della ratio connotante l'art. 705 c.p.c. — secondo cui il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio finché il primo non sia stato definito e la decisione non sia stata eseguita — la proposizione da parte dell'attore in possessorio dell'azione petitoria non costituisce un fatto incompatibile con la volontà di invocare la tutela possessoria. Ne segue che deve escludersi la deducibilità, da tale proposizione, dell'intento di rinunciare a quest'ultima. Invero da un lato il divieto di cumulo delle due azioni è rivolto al convenuto, e non all'attore; dall'altro inizio del giudizio petitorio da parte del medesimo, mentre ancora pende quello possessorio, è indice della volontà di rafforzare la difesa del diritto che si assume violato, e non già di limitarla.

Cass. civ. n. 1392/1992

La disposizione dell'art. 705 c.p.c. (divieto del cumulo fra il giudizio petitorio ed il giudizio possessorio) tende a rafforzare la tutela possessoria alla stregua del principio tradizionale secondo cui spoliatus ante omnia restituendus ed assolve alla funzione di porre un impedimento temporaneo alla proposizione dell'azione, onde evitare il pericolo che il giudizio possessorio non porti ad alcun risultato repressivo nei confronti dello spoliatore. Il divieto anzidetto ha pertanto carattere soggettivo e non può spiegare effetto nei confronti di persone diverse da quelle convenute in sede possessoria.

Cass. civ. n. 6881/1991

Il divieto stabilito dall'art. 705 c.p.c. di proporre il giudizio petitorio finché non sia definito il giudizio possessorio, e la decisione eseguita, opera non per l'attore, ma unicamente per il convenuto, e trova la sua giustificazione nell'esigenza che l'azione petitoria, diretta ad accertare l'inesistenza della ius possidendi, in capo all'attore in possessorio, possa essere esercitata dal convenuto in possessoria prima che la tutela della situazione di fatto (ius possessionis) sia integralmente attuata; tuttavia ove nel corso del giudizio possessorio sia proposta dall'attore in possessorio l'azione petitoria è in facoltà del convenuto eccepire l'improcedibilità di tale domanda, in quanto caratterizzata da un petitum e da una causa petendi del tutto autonomi rispetto a quelli della precedente domanda possessoria.

Cass. civ. n. 11122/1990

L'art. 705 c.p.c., il quale sancisce il divieto per il convenuto nel giudizio possessorio di proporre il giudizio petitorio fino a quando il primo non sia stato definito e la decisione eseguita, essendo ispirato all'esigenza di ordine pubblico del ripristino immediato della situazione possessoria lesa o compromessa, per ragioni che vanno al di là degli interessi delle parti private, non costituisce una norma disponibile. Ne consegue che il rilievo della violazione del divieto, può essere fatto anche di ufficio indipendentemente dall'eccezione della controparte.

Cass. civ. n. 3116/1985

La norma di cui all'art. 705 c.p.c. — per la quale il convenuto in giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita — comporta la improponibilità della domanda petitoria sino a quando con l'esecuzione della sentenza emessa nel giudizio possessorio non sia ripristinata, nella sua integrità la situazione di fatto del possessore sulla cosa, a nulla rilevando — per escludere detta sanzione processuale — che sopravvenga l'esecuzione (nella specie, spontanea) della sentenza possessoria nel corso del giudizio petitorio ovvero che i possessori spogliati abbiano lasciato decorrere il termine di efficacia del precetto senza iniziare l'esecuzione forzata.

Cass. civ. n. 2413/1984

Ai fini dell'applicabilità dell'art. 705 c.p.c. — che, in linea generale, fa divieto al convenuto in possessorio di proporre giudizio petitorio finché il primo non sia definito e la sentenza non sia stata eseguita — petitorio è il giudizio concernente la proprietà o altro diritto reale sulla cosa della quale si contende in sede possessoria e non già ogni controversia estranea al tema del possesso, come quella originata da una pretesa di carattere restitutorio e fondata sull'esistenza o meno di rapporti obbligatori. (Nella specie, la controversia verteva sulla opponibilità o meno ai nuovi proprietari del contratto di locazione stipulato dal debitore che aveva subito l'espropriazione senza porre in discussione la proprietà o altro diritto reale sugli stessi beni).

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DE S. R. chiede
martedì 06/10/2020 - Lombardia
“Buongiorno,

ho fatto una azione possessoria per reintegrazione nel possesso di una parte condominiale (si tratta di una porzione di colonna di scarico fognario che il condomino del piano sottostante ha reciso, demolendo il muro in cui era inserita, per aprire una porta che dà sul pianerottolo accanto all'ascensore).

Avendo io acquistato il piano soprastante all'asta, ho scoperto solo a posteriori tale circostanza, nel mentre da ricerche presso il Comune ho rilevato che la demolizione risaliva a tre anni prima, ma ho inteso fare l'azione possessoria perché ritengo che la demolizione fosse stata fatta in modo occulto (non si poteva vedere la colonna fognaria dentro il muro e l'apertura della porta era rimasta anche nascosta da due pareti di cartongesso, che il condomino aveva eretto abusivamente sul pianerottolo).

Il tutto è potuto accadere perché le parti comuni in questione non erano utilizzate da altri e l'immobile era inutilizzato e rimasto all'asta per 15 anni, inoltre l'amministratore del Condominio non era (e non è) minimamente interessato a tutelare le parti comuni.

Il giudice ha rigettato il ricorso, perché tardivo (oltre l'anno dalla demolizione), considerando che il custode giudiziario avrebbe potuto accorgersi dello spoglio.

Ora ho chiesto la prosecuzione nel merito, perché intendo far valere il diritto a che il condomino ripristini quanto demolito, e l'udienza è stata fissata, ma mi è venuto il dubbio che la fase di merito non mi consenta di svolgere domande integrative (ossia l'azione petitoria) in prosecuzione, nella fase merito della possessoria.

La mia esigenza, quindi, è sapere se quanto intendo fare sia possibile, oppure se debba lasciar perdere ed avviare una nuova azione.

Ringarzio e saluto cordialmente.

rds”
Consulenza legale i 13/10/2020
In materia di procedimento possessorio l’art. 703 c.p.c., nel testo introdotto con D.L. n. 35/2005, conv. in L. n. 80/2005, stabilisce che ciascuna parte, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in mancanza, del provvedimento che accoglie o respinge la domanda, può chiedere la prosecuzione del giudizio nel merito.
Come ha chiarito la giurisprudenza, “il procedimento possessorio, così come risultante dalle modifiche apportate all'art. 703 c.p.c. dal D.L. n. 35 del 2005 (convertito dalla legge n. 80 del 2005), pur essendo diviso in due fasi, conserva una struttura unitaria, nel senso che la fase eventuale di merito non è che la prosecuzione della fase sommaria” (così Cass. 4845/2012).
Dunque la fase - eventuale - di merito, che può seguire la fase “interdittale” del giudizio possessorio, è la sede in cui la domanda possessoria viene esaminata alla luce di una cognizione piena e non sommaria.
Ora, la domanda di ripristino della porzione di muratura demolita potrà essere proposta (o meglio, riproposta, in quanto presumibilmente già avanzata con la domanda di reintegra) solo qualora risulti fondata sulle medesime ragioni della domanda possessoria; in proposito, occorrerà valutare la effettiva convenienza nel portare avanti una domanda possessoria già rigettata in fase sommaria per asserita violazione del termine annuale di cui all’art. 1168 del c.c.
Al riguardo può essere utile ricordare che, “in tema di spoglio, il decorso del termine di decadenza di cui all'art. 1168 c.c. non è rilevabile d'ufficio dal giudice ed è soggetto al regime delle preclusioni, in primo come in secondo grado, giacché, vertendosi in materia di diritti disponibili, deve essere eccepito, ex art. 2969 c.c., dalla parte interessata la quale, peraltro, nel sollevare l'eccezione deve manifestare chiaramente la volontà di avvalersi dell'effetto estintivo dell'altrui pretesa, ricollegato dalla legge al decorso dell'anno dall'asserito spoglio” (così Cass. n. 1455/2018).
Qualora, invece, la domanda di ripristino dello stato dei luoghi fosse fondata su ragioni attinenti alla tutela del diritto di proprietà, è chiaro che la stessa dovrebbe essere proposta in separato giudizio (appunto giudizio petitorio).
Rispetto ai rapporti tra giudizio possessorio e petitorio, l’art. 705 del c.p.c. vieta al convenuto nel giudizio possessorio di proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita (salvo il caso che ne derivi o possa derivarne un pregiudizio irreparabile al convenuto: così Corte Cost. n. 25/1992). Tuttavia, la Cassazione (1666/2004) ha precisato che “il divieto di cumulo del giudizio petitorio con il giudizio possessorio stabilito dall'art. 705 c.p.c. opera, con le limitazioni di cui alla sent. n. 25 del 1992 della Corte Costituzionale, nei soli confronti del convenuto, e non anche dell'attore”.
Ed ancora, per Cass. 13495/2005, “il divieto sancito dall'art. 705 c.p.c., secondo cui il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre l'azione petitoria finché il primo giudizio non sia stato definito e la decisione non sia stata eseguita, non è ostativo alla proposizione da parte dell'attore in possessorio della separata azione petitoria, né tale proposizione può interpretarsi come fatto incompatibile con la volontà di proseguire nel giudizio possessorio onde ottenere la più rapida tutela ad esso riconducibile; infatti, il divieto di cumulo delle due azioni è normativamente sancito per il solo convenuto in possessorio, sicché l'inizio del giudizio petitorio da parte dell'attore in pendenza di quello possessorio non è che indice della volontà di quest'ultimo di rafforzare, e non già di limitare, la difesa del diritto che si assume violato; d'altra parte, attesa la assoluta diversità degli elementi costitutivi ("causa petendi" e "petitum") delle due azioni, dalla contemporanea pendenza delle relative controversie non può profilarsi una questione di litispendenza”.