I tre requisiti per l’apertura di luci. L’inferriata
L'art. 901 pone tre requisiti per l'apertura di luci sul fondo del vicino: l'inferriata, la grata metallica fissa e una certa altezza da osservare tanto all'interno che all'esterno. Cominciamo dall'inferriata.
L'inferriata, di cui la finestra dev'essere munita, serve ad assicurare il vicino contro
furtive introduzioni sul suo fondo. A tale scopo il vecchio codice (art. 584) prescriveva che le maglie dell'inferriata non dovessero avere apertura maggiore di un decimetro: il nuovo codice non ripete tale specificazione, limitandosi a disporre (art. 901, n. 1), in generale, che l'inferriata deve essere idonea a garantire la sicurezza del vicino. Il proprietario ha facoltà di foggiare l'inferriata con un disegno di suo gusto, evitando l'antiestetica inferriata a scacchi, tuttavia una sola cosa è necessaria, che
l'ampiezza degli interstizi resti sempre tale da impedire il passaggio attraverso l'inferriata, altrimenti verrebbe meno l'intento della legge di garantire la sicurezza del vicino. Allo stesso modo deve essere osservato un congruo spessore nella sezione dei ferri, anche se né il codice vecchio né il nuovo contengano allo scopo una precisa determinazione.
Il legislatore, parlando di inferriata, ha inteso riferirsi ad una
struttura in ferro e non di altra materia: quindi deve escludersi che l'armatura possa essere fatta in altro metallo, se non ha una resistenza almeno pari a quella del ferro. A maggior ragione non può essere fatta in legno, perché anche a scegliere le qualità più resistenti, non avranno mai la resistenza del ferro. Nemmeno può essere fatta a struttura mista, di ferro e legno, perché tale armatura mista avrebbe la sola resistenza del legno e non quella del ferro. Infine, non basta che l'armatura sia di ferro, ma occorre altresì che le estremità dell' armatura di ferro siano saldamente ancorate, a regola d'arte, alla muratura della finestra: non soddisferebbe quindi ai requisiti di legge un'inferriata assicurata al telaio di legno della finestra.
La grata metallica fissa
Il requisito dell
' invetriata fissa posto dal vecchio codice (art. 584), sulla scia del codice francese, aveva dato luogo a fondate critiche. Tale requisito, diretto soprattutto ad evitare immissioni di fumo, odori, rumori, ecc., impedendo la circolazione dell'aria, veniva a togliere in gran parte il beneficio dell'apertura della finestra. Nei lavori preparatori del vecchio codice la Commissione legislativa napoletana aveva proposto di abolire il requisito dell'invetriata fissa «
perché sia provveduto alla pubblica igiene », ma la proposta non fu accolta, nonostante la maggior parte dei codici derivati dal codice francese non avessero riprodotto questo requisito.
Il nuovo codice, accogliendo l’antica richiesta della Commissione legislativa napoletana e fatto proprio da una parte della dottrina, ha sostituito al requisito dell'invetriata fissa quello della grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati, riannodandosi così al precedente del codice estense, ed assicurando alle luci anche la importante funzione della circolazione dell'aria.
Come l'invetriata nel vecchio codice, così anche la grata metallica nel nuovo, deve essere fissa. Generalmente si ritiene che il telaio della grata debba essere murato a calce per dimostrare il carattere permanente della fissazione.
Altezza della luce dalla parte interna
L'art. 901 prescrive, come terzo requisito, l'osservanza di una certa altezza, tanto dalla parte interna quanto all'esterno.
Dalla
parte interna la luce deve avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce ed aria, se la luce si apre al pian terreno, e non minore di due metri se si apre ai piani superiori (art. 901, n. 2).
Col prescrivere l'osservanza di tale altezza il legislatore non arriva ad impedire in modo assoluto la possibilità di introspezione nel fondo vicino, poiché il proprietario della luce può, salendo sopra una scala, guardare sul fondo vicino. Ma si tratta di una possibilità temporanea, che egli non si può procurare usualmente, e basta questo solo ostacolo perché l' introspezione avvenga di rado, o almeno non possa avvenire in via normale, ed al vicino sia assicurata una relativa libertà. Del resto, c'è tutto un angolo morto lungo il muro su cui la luce e aperta, che resta in ogni caso sottratto alla veduta: l'ampiezza di quest'angolo aumenta con l'aumentare dell'altezza della luce sul suolo del vicino, il che spiega la ragione della minore altezza prescritta dalla legge per le luci aperte ai piani superiori (m. 2) in confronto di quella prescritta per le luci al pian terreno (m. 2 e mezzo).
L' altezza si misura dal pavimento: se questo è in declivio o la luce si apre con soglia obliqua, l'altezza si misura dal punto più alto del pavimento sotto la finestra e dal punto più basso della soglia. Se poi la finestra è scavata obliquamente dentro lo spessore del muro, l'altezza si misura dalla soglia della finestra verso l'esterno.
Altezza dalla parte esterna sul suolo del vicino. Misurazione dell’altezza
Il codice francese prescrive il requisito dell'altezza solo dalla parte interna. Sull'esempio del codice Albertino il vecchio codice prescrisse il requisito dell'altezza di due metri e mezzo dal suolo anche dalla parte esterna, sul fondo del vicino, e la stessa disposizione è passata nel nuovo codice, prescrivendosi (art. 901, n. 3) che la luce deve avere il lato inferiore ad un'altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino. Con questa prescrizione si assicura al vicino una larga zona rasente il muro dell'edificio, in cui egli è al coperto dalla possibilità di veduta da parte del proprietario della luce.
Trattandosi di un requisito imposto nell'interesse del vicino, egli resta libero di alterare con riempimenti, ecc. il livello originario del suolo, in modo da diminuire l'altezza originaria della finestra aperta a due metri e mezzo, senza che il proprietario della luce possa impedirlo invocando la disposizione dell'art. 901, n. 3.
Il nuovo codice contiene una
modificazione rispetto all'art. 585 del precedente. Secondo l'art. 585 cit. l'altezza di due metri e mezzo dal suolo doveva sempre osservarsi sul fondo vicino, e quindi anche nel caso di dislivello tra il suolo del vano che si doveva illuminare e il livello del fondo vicino. Si giungeva così al risultato di rendere impossibile l'apertura di luci nel caso in cui l'altezza massima del vano da illuminare non eccedesse di due metri e mezzo il livello del fondo vicino, come avviene spesso per gli scantinati e seminterrati.
A questo inconveniente ha voluto ovviare il nuovo codice derogando al requisito di due metri e mezzo di altezza sul suolo del fondo vicino quando «
si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l'altezza stessa ».
L'innovazione viene giustificata nella Relazione del Guardasigilli: «
il nuovo codice si informa anche in questo punto al principio di socialità ed esclude l'obbligo dell'osservanza dell'altezza minima dal suolo del fondo vicino, quando si tratti di dare luce ed aria a un locale che si trovi in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare la prescrizione della legge. Si favorisce cosi la particolare situazione dei locali seminterrati, che nella moderna tecnica edilizia hanno assunto un notevole sviluppo ».
L'art.. 901 n. 3 richiede l'osservanza dell'altezza di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino. Ci si è chiesti se tale altezza debba osservarsi
anche sul tetto del vicino nel caso in cui sul fondo vicino esista un edificio. Alcuni ritengono che l'altezza debba osservarsi dal tetto, ma è preferibile l’opinione contraria: infatti, quando la legge ha voluto estendere le sue prescrizioni oltre che al suolo anche al tetto del vicino, l'ha detto esplicitamente, come nell'art.
905: mentre nell'art.
902 ha parlato soltanto di suolo.
Diversa soluzione deve invece adottarsi nel caso in cui si intenda aprire la luce
sul lastrico accessibile dell'edificio vicino: in questo caso è applicabile la prescrizione dell'altezza di due metri e mezzo, perché il lastrico accessibile ha funzione analoga a quella del suolo.
Inesistenza di altri requisiti, oltre i tre indicati, per l’apertura delle luci
Oltre i tre requisiti sopra esposti, la legge non ne pone altri: quindi
non c’è alcun limite alla grandezza della finestra. In alcune consuetudini era prescritto che l'inferriata dovesse essere fissata nel mezzo della grossezza del muro, ma il nostro codice non contiene alcuna limitazione in proposito, nè per l’ inferriata, né per la rete metallica, bastando che l'una e l'altra siano poste entro lo spessore del muro, senza peraltro fuoriuscire dalla superficie esterna del medesimo, poichè tale fuoruscita costituirebbe una invasione dell' area del vicino e quindi una indebita servitù di sporto.
Così pure nessuna limitazione è prevista per la
reciproca ubicazione dell'inferriata e della rete metallica: di solito, la rete metallica è posta all'interno e l'inferriata all'esterno, ma non è escluso che possa farsi il contrario. Pertanto l'obbligo dell'osservanza dei suddetti requisiti trova
sempre applicazione, senza distinguere se il muro in cui le finestre si vogliono praticare faccia parte o no di un edificio, se si tratti di una costruzione in muratura o in semplice legname.