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Articolo 904 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Diritto di chiudere le luci

Dispositivo dell'art. 904 Codice Civile

La presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro(1) medesimo né di costruire in aderenza.

Chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo edificio(2).

Note

(1) Vedasi gli artt. 874 e 875.
(2) Chi acquisisce la comunione del muro avente una luce compresa nella relativa struttura non ha anche il diritto di chiuderla: esso si acquista esclusivamente se, oltre alla comunione del muro, si costruisca un immobile in appoggio al muro.

Spiegazione dell'art. 904 Codice Civile

Diritto di chiudere le luci aperte sul muro vicino. Costruzione in aderenza. Appoggio di edificio, previo acquisto della comunione del muro

Nel silenzio del codice francese (art. 676) in Francia si riteneva che l'esistenza di luci non impedisse l' acquisto della comunione del muro da parte del vicino; ma una volta ottenuta la comunione, le luci dovevano chiudersi perché nel muro comune non era permessa l'esistenza di luci. Decorso il trentennio l'acquirente della comunione perdeva il diritto di farle chiudere.

Il codice napoletano (art. 597) sanzionò per primo esplicitamente il diritto del vicino di acquistare la comunione del muro nonostante l'esistenza di luci e il diritto anche di chiuderle appoggiandovi il proprio edificio. E tale disposizione, attraverso il codice sardo (art. 608), passò nell'ultimo capov. dell'art. 584 del vecchio codice.
Il nuovo codice (art. 904) riproduce il principio per cui la presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro. Riproduce poi nel capoverso la disposizione del vecchio codice secondo cui chi acquista la comunione del muro non può chiudere le luci se ad esso non appoggia il suo edificio.

Avendo poi il nuovo codice riconosciuto il diritto del vicino di costruire in aderenza all'edificio preesistente sul confine, senza acquistare la comunione del muro (art. 877 del c.c.), l’articolo in esame aggiunge che la presenza di loci nel muro non impedisce al vicino di costruire in aderenza.

In conclusione, poiché l'apertura di luci sul muro proprio costituisce esercizio del diritto di proprietà, che non comporta una menomazione dei diritti del vicino, questi conserva inalterato il diritto di chiedere la comunione del muro (art. 874 del c.c.) e appoggiarvi e anche quello di costruirvi in aderenza (art. 877 del c.c.).


Oscuramento delle luci mediante piantagioni attigue al muro comune

Escluso il caso della costruzione in aderenza o dell'appoggio dell'edificio previo acquisto della comunione, esplicitamente previsti dall'art. 904, ci si chiede se il vicino possa oscurare le luci esistenti nel muro di cui ha acquistato la comunione, mediante piantagione di alberi.

L'ultimo capov. dell'art. 892 dispensa dall'osservanza delle distanze prescritte per le piantagioni quando sul confine esiste un muro divisorio comune, se le piante sono tenute ad altezza che non eccede la sommità del muro. Ora, se esistendo delle luci nel muro di esclusiva proprietà del vicino il proprietario limitrofo ne domanda la comunione — e può farlo in base all'art. 904 — può egli oscurare le luci del vicino piantando contiguamente al muro comune una siepe o una fitta alberata, come gli consente l'art. 892 ult. capov.? La risposta è affermativa, perché è vero che l'articolo nega che l'acquisto della comunione del muro autorizzi di per

sè solo la chiusura delle luci, ma quando esso prescrive che l'acquirente non può chiuderle se non fabbricandovi a ridosso, non garantisce con ciò le luci dall'oscuramento, maggiore o minore, che può provenire alle medesime dalle opere che il vicino ha diritto di fare nel proprio fondo, come sarebbe appunto il piantamento di alberi a norma dell'art. 892 ult. capov. citato.


Quid iuris nel caso di luci aperte sul muro comune?

La facoltà concessa dall'art. 904 di chiudere le luci si può esercitare solo nel caso in cui le luci siano state aperte dal proprietario sul muro.

La facoltà riconosciuta al vicino di chiudere la luce mediante l'appoggio dell'edificio costituisce facoltà legale e come tale imprescrittibile, anche se ha formato oggetto di una concessione convenzionale, o sia stata affermata o riconosciuta in speciali stipulazioni. Quid iuris se le luci sono state aperte sul muro comune? Infatti in questo caso l'apertura non poteva essere fatta nell'esercizio del diritto di proprietà, iure propietatis, vietandolo l'art. 905 ma solo a titolo di servitù.

E allora, qualora la servitu si sia legittimamente acquistata, quale ne sarà il contenuto? Si limiterà a portare una deroga alla norma dell'art. 905, che vieta l'apertura delle luci sul muro comune, obbligando il vicino a subirla? O giungerà anche ad impedirgli di chiuderla fabbricandovi a ridosso?

Si ritiene che la questione debba risolversi nel primo senso. In particolare, se il diritto di tenere luci sul muro comune si è acquistato per prescrizione, questa produrrà soltanto l'effetto di estinguere il diritto del vicino di pretenderne la chiusura, ma non avrà nessun effetto acquisitivo, nel senso di impedire al proprietario vicino la libera disposizione della sua proprietà, e quindi il diritto di oscurare la luce ed anche di chiuderla fabbricandovi a ridosso.


Quid iuris nel caso delle luci irregolari?

Sotto la vigenza del vecchio codice era molto dibattuta la questione del regime giuridico delle luci irregolari. Mancando qualcuno dei requisiti di legge, si discuteva anzitutto se decorso il periodo di prescrizione il proprietario vicino perdesse il diritto di pretendere la regolarizzazione della luce. Ammessa la prescrizione del diritto, si discuteva se egli avesse tuttavia i1 diritto di chiudere le luci fabbricandovi a ridosso.

Entrambe le questioni sono state risolte dal nuovo codice (art. 902, capov.), in quanto si prevede che il vicino abbia sempre il diritto di esigere che la luce irregolare sia resa conforme alle prescrizioni di legge.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

426 I1 nuovo codice accoglie la distinzione tradizionale delle finestre in luci e vedute (art. 900 del c.c.). Sensibilmente attenuato è il rigoroso regime stabilito per le finestre lucifere dal codice del 1865 (art. 584), il quale consentiva bensì al proprietario del muro contiguo al fondo altrui di aprire luci di qualsiasi dimensione, ma gli imponeva di munirle di una grata di ferro, le cui maglie non avessero un'apertura maggiore di un decimetro, e di un telaio a invetriata fissa. In tal modo la difesa del fondo del vicino da eventuali immissioni o indiscrezioni era spinta fino a inibire il passaggio dell'aria attraverso le finestre lucifere. Con maggiore comprensione delle necessità della convivenza sociale e soprattutto delle esigenze igieniche, il nuovo codice (art. 901 del c.c.) abolisce l'onerosa prescrizione del telaio a invetriata fissa, sostituendola con l'altra di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati. Fa obbligo inoltre di munire le finestre lucifere di un'inferriata, ma, senza stabilire l'apertura massima delle maglie, si limita a prescrivere che l'inferriata deve essere idonea, per le sue caratteristiche, a garantire la sicurezza del vicino. Come nel codice precedente, l'apertura delle luci è subordinata all'osservanza di un'altezza minima, tanto dal pavimento o dal suolo che si vuole illuminare, quanto dal suolo del fondo vicino; senonché il nuovo codice, informandosi anche in questo punto al principio di socialità, esclude l'obbligo dell'osservanza dell'altezza minima dal suolo del fondo vicino, quando si tratta di dare luce e aria a un locale che si trovi in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare la prescrizione della legge. Si favorisce così la particolare situazione dei locali seminterrati, che nella moderna tecnica edilizia hanno assunto un notevole sviluppo. Ma anche per altro verso si facilita (art. 903 del c.c.) l'apertura delle finestre lucifere. Il codice del 1865 (art. 586) esigeva per l'apertura di esse il consenso del vicino non solo nel caso in cui si volesse aprirle in un muro comune, ma anche nel caso in cui si volesse aprirle nella sopraelevazione di un muro comune alla quale il vicino non avesse contribuito. Quest'ultima limitazione è sembrata eccessiva, in quanto la parte sopraedificata del muro comune resta di proprietà esclusiva di chi l'ha costruita fino a quando il vicino non ne abbia chiesto e ottenuto la comunione. Né la soluzione accolta dal nuovo codice può pregiudicare gli interessi del vicino, poiché questi conserva la facoltà di rendere comune anche la parte sopraedificata e di chiudere le luci in essa aperte, appoggiandovi il suo edificio (art. 904 del c.c.). E' codificato il principio, già affermato dalla giurisprudenza, che un'apertura, la quale non abbia i caratteri di veduta o di prospetto, in quanto non consenta di affacciarsi e di guardare sul fondo vicino, è considerata come luce, è quindi soggetta al regime relativo, anche se non sono state osservate le prescrizioni stabilite dalla legge (grata fissa, inferriata). Il vicino può sempre chiudere tale finestra, acquistando la comunione del muro e appoggiandovi la propria fabbrica. Egli ha inoltre il diritto di esigere che l'apertura sia resa conforme alle prescrizioni dettate dalla legge per le finestre lucifere (art. 902 del c.c.).

Massime relative all'art. 904 Codice Civile

Cass. civ. n. 28804/2018

In tema di apertura di luci irregolari nel muro divisorio tra proprietà confinanti, bisogna distinguere se esse siano state realizzate sul manufatto di proprietà esclusiva di colui che compie tale attività e, quindi, "iure proprietatis", ovvero sul muro comune o di proprietà esclusiva del confinante e, pertanto, "iure servitutis", poiché solo in quest'ultima ipotesi il diritto a mantenere la relativa servitù può essere acquisito per usucapione. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di appello che aveva affermato la non usucapibilità di una servitù di luce, prescindendo dalla concreta individuazione del regime dominicale del muro sul quale detta luce era stata aperta).

Cass. civ. n. 25635/2014

In tema di proprietà e rapporti di vicinato, il sacrificio del diritto del vicino di tenere le luci nel muro è subordinato alla effettiva erezione di una costruzione, in appoggio o in aderenza al muro stesso, e non anche in relazione alla semplice intenzione di costruire, sicché, in assenza di tale presupposto, è inammissibile per carenza di interesse la domanda volta ad ottenere la mera declaratoria del diritto a chiudere le luci esistenti nel muro di proprietà della controparte.

Cass. civ. n. 13618/2013

La tutela possessoria delle luci è consentita, oltre che nel caso di servitù di luce, anche allorché le aperture siano state eseguite e mantenute "iure proprietatis", costituendo l'apertura di luce sul confine manifestazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà e del possesso, salvo che il vicino costruisca in appoggio o in aderenza a norma dell'art. 904 cod. civ., ipotesi nella quale viene meno la tutela della luce sia in sede petitoria, sia in quella possessoria.

Cass. civ. n. 12864/2011

La norma dell'art. 904 c.c. consente al vicino di chiudere la luce aperta nel muro in quanto esso ne acquisti la comunione avvero costruisca in aderenza, esercitando, pertanto, le facoltà rispettivamente previste dagli artt. 874 e 877 c.c.. Nell'ipotesi in cui il muro sia stato reso comune, la chiusura della luce è consentita a condizioni che la costruzione, consistente in un edificio, avvenga in appoggio. (Nella specie la S.C. ha cassato per vizio di motivazione la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima una costruzione in aderenza, con chiusura delle luci esistenti sul muro frontistante, per il solo fatto che tale costruzione era stata eseguita su suolo di proprietà del costruttore, ma senza previamente accertare, come invocato dall'attore, se questi fosse anche condòmino del muro sul quale si aprivano le luci).

Cass. civ. n. 3391/2007

In tema di tutela possessoria, qualora un'apertura lucifera sia stata ostruita dall'accumulo di macerie e dalla presenza di uno scheletro di un fabbricato oggetto di sequestro, il vicino non può invocare il diritto di chiudere le luci spettante, ai sensi dell'art. 904 c.c., al proprietario che abbia realizzato una costruzione in aderenza; tale non può essere, infatti, considerata l'accumulo delle macerie, mentre la presenza di uno scheletro di un fabbricato sequestrato non può significare che lo stesso sarà completato e comunque neppure che le dimensioni ed il posizionamento di esso siano definitivi, atteso che la condizione dei luoghi deve essere valutata al momento dello spoglio e non in relazione ad una situazione in divenire.

Cass. civ. n. 12016/2004

In tema di proprietà e rapporti di vicinato, il sacrificio del diritto del vicino di tenere luci nel muro è subordinato alla effettiva erezione di una costruzione, in appoggio o in aderenza al muro stesso, che apporti una concreta utilità a chi l'ha costruita, e che non si rileva necessariamente collegata al soddisfacimento di esigenze abitative. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d'appello che aveva ritenuto legittimamente esercitata la facoltà di cui all'art. 904 c.c. nella ipotesi di realizzazione di un ampio ripostiglio, avente comunque una utilità che escludeva finalità meramente emulative).

Cass. civ. n. 8671/2001

L'art. 904 c.c. prevede due distinte ipotesi diversamente regolate, nelle quali la facoltà del proprietario del muro al mantenimento delle luci aperte su di esso è considerata recessiva rispetto al diritto potestativo del vicino di chiuderle: la prima, che ha come presupposto l'esercizio da parte del vicino del diritto di acquistare la comunione del muro altrui, nella quale la chiusura delle luci su tale muro esistenti è subordinata alla condizione che questi, acquistata la comunione, realizzi in appoggio al muro stesso un'opera qualificabile come «edificio»; la seconda, che attiene alla realizzazione da parte del vicino di un manufatto posto solo in aderenza al muro altrui dotato di luci, senza l'acquisto della comunione di esso, né di appoggio ad esso, nella quale, riconoscendo il diritto potestativo di chiudere dette luci, nessuna specifica caratteristica o modalità di realizzazione dl manufatto è prevista, salvo che integri i requisiti di una «costruzione» stabile e permanente tale da recare da sola un'utilità al proprietario o a chi ne usi (Nella specie, la S.C., sulla base di detto principio, ha confermato la decisione della Corte di merito che aveva statuito la legittimità della costruzione di una recinzione che occludeva una luce aperta sul muro del vicino).

Cass. civ. n. 15442/2000

Il proprietario del fondo confinante con il muro in cui il vicino ha aperto luci, regolari o irregolari che siano — salva in quest'ultimo caso la facoltà di chiederne la regolarizzazione, ai sensi dell'art. 902 comma secondo c.c. — ha diritto di chiuderle soltanto se erige una vera e propria costruzione in appoggio o in aderenza al predetto muro, dopo averlo reso comune, essendo questa la condizione richiesta dall'art. 904, comma secondo, c.c., per sacrificare il diritto del vicino di tenere le luci nel muro.

Cass. civ. n. 2127/1997

Poiché ai sensi dell'art. 904 c.c. il vicino può costruire in aderenza al muro su cui si trovano le luci altrui, senza dover osservare alcuna modalità o limite a tutela di esse, se sopraeleva la sua costruzione, e in conseguenza di ciò tali luci non rispettano più, nel loro lato inferiore, l'altezza minima prevista dall'art. 901 n. 2 c.c. rispetto alla costruzione sopraelevata, il proprietario di questa può pretenderne la chiusura.

Cass. civ. n. 2293/1996

La tutela possessoria delle aperture lucifere è consentita, oltre che nel caso di servitù di luce, anche in quello in cui le aperture siano state eseguite e mantenute iure proprietatis, costituendo l'apertura di luce sul confine manifestazione di una facoltà rientrante nel contenuto del diritto di proprietà e del possesso, salvo che il vicino costruisca in aderenza a norma dell'art. 904 c.c., venendo meno nella suddetta ipotesi la tutela della luce sia in sede petitoria, sia in quella possessoria.

Cass. civ. n. 3889/1994

La servitù di luce e aria, che consente al proprietario del fondo dominante di tenere una luce con modalità diverse da quelle previste dall'art. 904 c.c., comprende, se non è diversamente previsto nel titolo, anche il divieto, per il proprietario del fondo servente, di sopprimerla costruendo in aderenza o in appoggio, dopo aver chiesto la comunione del muro confinante. (Nella specie, la C.S. in base all'enunciato principio ha annullato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto che, non essendo espressamente previsto nel titolo, la servitù di luce ed aria non poteva comprendere anche il divieto di soppressione della servitù).

Cass. civ. n. 8744/1993

Poiché l'art. 9, terzo comma, L. 25 novembre 1962, n. 1684 prescrive, con riguardo alle costruzioni nelle zone sismiche, l'adozione nei fabbricati contigui di appositi giunti di oscillazione, il concetto generale di costruzioni in aderenza deve essere adeguato nelle località anzidette al disposto della legislazione speciale e va, pertanto, riferito a quelle che fra i due edifici contigui preveda la sola distanza configurata dal giunto idoneo a consentire la libera ed indipendente oscillazione. Ne discende che la facoltà del vicino di chiudere le altrui finestre lucifere è consentita, ai sensi dell'art. 904 c.c., quando costruisca in aderenza con la osservanza delle disposizioni antisismiche, lasciando fra i due fabbricati il giunto di oscillazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 904 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. M. chiede
mercoledì 24/05/2023
“Quesito. Una delle camera del mio appartamento a piano terra è sita dal lato seminterrato ed è illuminata da finestrini all'altezza del pavimento del giardino di proprietà di un condomino del primo piano. Da alcuni mesi questi ha sistemato un lungo dondolo ligneo proprio davanti ai lucernari (finestre Hopper) coprendolo poi con un drappo che riduce ulteriormente la luce e la circolazione d'aria. Prima di una eventuale azione vorrei sapere se , come penso, questo fatto lede i miei diritti.”
Consulenza legale i 01/06/2023
Le aperture descritte nel quesito parrebbero essere delle luci normativamente previste all’ art. 900 del c.c. Tale norma definisce le luci come quelle aperture che danno passaggio alla luce e all’aria ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino.
Per giurisprudenza assolutamente unanime la presenza di un tale tipo di apertura nel muro divisorio comporta la costituzione di una servitù di luce ed aria a favore del fondo che beneficia della apertura (nel caso specifico rappresentato dall’appartamento dell’autore del quesito, il quale giuridicamente può definirsi fondo dominante), e a carico dei fondi confinanti (giuridicamente anche detti fondi serventi), i quali devono sopportare tale apertura ed in particolare lo scorcio che esso garantisce sulla proprietà altrui.

Posto ciò, i proprietari dei fondi serventi non devono porre in essere comportamenti che possono impedire il passaggio di luce e aria attraverso l’apertura e quindi turbare il proprietario del fondo dominante dal godimento del suo legittimo diritto di servitù.
Questo è proprio quello che è successo nel caso specifico, in cui il vicino sta impedendo con il suo comportamento all’autore del quesito di poter usufruire del passaggio di luce ed aria garantito dalla apertura.Vi è inoltre da tener conto del fatto che l’apertura predetta stata realizzata su un muro di confine e quindi necessariamente in comune tra i due proprietari dei fondi confinanti. L’art. 904 c.c. dispone chiaramente come il comproprietario del muro in comune non può chiudere le luci a meno che egli non costruisca in aderenza, costruzione in aderenza che certo non è presente nella vicenda descritta.

Per tale motivo si ritiene vi siano tutti i presupposti innanzi tutto per procedere con l’invio al vicino di una raccomandata, redatta con l’ausilio di un legale, con la quale diffidare controparte a rimuovere ogni ostacolo che impedisce il libero godimento della servitù di luce ed aria, per poi procedere, se questo primo passaggio non fosse sufficiente, a ricorrere alla tutela possessoria rappresentata in particolare dall’ art. 1170 del c.c. e quindi all’intervento giudiziario. In tutto questo rimane sempre possibile sullo sfondo, la possibilità di trovare con la vicina un accordo bonario, anche per mezzo dell’istituto della mediazione ex D.Lgs. n.28/2010, strada questa sicuramente da consigliare visto le caratteristiche del caso descritto.




D. C. chiede
domenica 21/11/2021 - Veneto
“Buongiorno,
abito in una casa di circa 50 mq. su 2 piani (p.t e 1p).
Come pertinenze dell’abitazione vi è, al livello stradale, una terrazza e adiacente un lastrico solare di proprietà esclusiva.
La particolarità di quest’ultimo è che si trova al di sotto del livello della terrazza di circa 80 cm e ancora di più dal manto stradale. Chiuso sui 4 lati forma una piccola piscina.
Terrazzo e lastricato fanno da copertura a dei magazzini interrati di altra proprietà e sulla parete verticale che li collega vi sono 2 luci (se possibile vorrei presentare delle foto).
Chiedo:
- Il muro verticale su cui vi sono le luci è in comunione oppure è di proprietà del vicino?
- Se questo muro è del vicino posso acquisirne la comunione ed avvalermi dell’articolo 904 Codice Civile per costruire un garage o un magazzino dato l’esiguità della mia abitazione?
- In alternativa è possibile avvalersi dell’articolo 1127 del Codice Civile e sopraelevare, magari parzialmente, il lastricato solare? E in questo caso com’è possibile determinare “la luce e l’aria da riconoscere ai piani inferiori ”?”
Consulenza legale i 27/11/2021
Per procedere ad un parere più preciso e corretto, si dovrebbe avere un confronto con un geometra o comunque un tecnico edile, che chiarisca meglio al legale le caratteristiche della parte dell’edificio oggetto del quesito. Ad ogni modo sulla base di quanto riferito e del materiale fotografico a supporto si ritiene che le due luci a cui si fa riferimento siano necessarie per garantire il passaggio di luce ed aria nei confronti dei magazzini e delle proprietà sottostanti. Molto probabilmente quindi si è costituita per usucapione o per destinazione del padre di famiglia una servitù condominiale di luce e aria a favore delle proprietà interrate (fondi dominante) e a carico delle unità immobiliari in superfice (fondi serventi). Nel caso in cui sia stato costituito un diritto di servitù di luce e aria essa presuppone anche il divieto di chiudere le predetti luci e di sopprimerle costruendovi in aderenza o in appoggio (così Cass.Civ. n. 3889 del 23.04.1994). La facoltà di cui all’art. 904 del c.c. deve quindi considerarsi preclusa.

Posto che l’edificio di cui al quesito è di piccole dimensioni, in linea teorica potrebbe trovare applicazione il diritto di sopraelevare di cui all’art.art. 1127 del c.c.del c.c. Tuttavia, si nutrono forti dubbi che la costruzione che si intende realizzare rispetti le distanze prescritte dalla legge e dalle norme locali e comunque è probabile che si andrebbe a pregiudicare la luce e l’aria delle unità immobiliari sottostanti, aprendosi quindi a facili contestazioni con i condomini delle proprietà interrate, le quali sarebbero facilmente vinte da costoro in un ipotetico giudizio. Ad ogni modo sotto questo ultimo aspetto per una disamina più approfondita e puntuale sarebbe necessario un confronto con un tecnico edile che chiarisca la fattibilità dell’intervento sia da un punto di vista civilistico sia anche da un punto di vista urbanistico ed edilizio.


R.F. chiede
martedì 07/09/2021 - Campania
“Il nostro vicino ha costruito sul confine con il nostro terreno a quota inferiore di circa mt 2 una villetta. Dapprima era un deposito senza finestre poi è stato allargato ulteriormente. Il tutto è stato realizzato dal 1983 al 1996 approfittando prima del terremoto degli anni 80 poi di un esproprio che ha coinvolto tutto il nostro terreno ed anche della nostra assenza. Dopo tanto tempo è possibile promuovere un'azione legale per avere la comunione forzosa del muro sul confine che al momento non ha finestre sul nostro terreno ma solo una luce ingrediente?”
Consulenza legale i 15/09/2021
La comunione forzosa del muro sul confine è disciplinata dall’art. 874 c.c., il quale attribuisce al proprietario di un fondo contiguo al muro altrui la facoltà chiederne la comunione per tutta l'altezza o per parte di essa, a condizione lo faccia per tutta l'estensione della sua proprietà.
Inoltre, per ottenere la comunione egli deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito, nonché eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.
Il tempo trascorso dalla edificazione del muro non incide sulla possibilità di chiederne la comunione: come ha precisato sin da epoca risalente la Corte di Cassazione (n. 566/1963), tale facoltà non costituisce un diritto di servitù soggetto a prescrizione estintiva per non uso, bensì una facoltà rientrante nel diritto di proprietà e, come tale, imprescrittibile.
La costituzione della comunione forzosa non è preclusa neppure dalla presenza di un’apertura sul muro in questione: infatti, ai sensi dell’art. 904 c.c., “la presenza di luci in un muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro medesimo né di costruire in aderenza” (precisando che chi acquista la comunione del muro può chiudere le luci solo se appoggia ad esso il suo edificio).