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Articolo 2825 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Ipoteca su beni indivisi

Dispositivo dell'art. 2825 Codice Civile

L'ipoteca costituita sulla propria quota da uno dei partecipanti alla comunione produce effetto rispetto a quei beni o a quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione(1).

Se nella divisione sono assegnati a un partecipante beni diversi da quello da lui ipotecato, l'ipoteca si trasferisce su questi altri beni, col grado derivante dall'originaria iscrizione e nei limiti del valore del bene in precedenza ipotecato, quale risulta dalla divisione, purché l'ipoteca sia nuovamente iscritta con l'indicazione di detto valore entro novanta giorni dalla trascrizione [2646] della divisione medesima.

Il trasferimento, però, non pregiudica le ipoteche iscritte contro tutti i partecipanti, né l'ipoteca legale spettante ai condividenti per i conguagli [2817 n. 2].

I creditori ipotecari e i cessionari di un partecipante, al quale siano stati assegnati beni diversi da quelli ipotecati o ceduti, possono far valere le loro ragioni anche sulle somme a lui dovute per conguagli o, qualora sia stata attribuita una somma di danaro in luogo di beni in natura, possono far valere le loro ragioni su tale somma, con prelazione determinata dalla data di iscrizione o di trascrizione dei titoli rispettivi, nel limite però del valore dei beni precedentemente ipotecati o ceduti [1113](2).

I debitori delle somme sono tuttavia liberati quando le abbiano pagate al condividente dopo trenta giorni da che la divisione è stata notificata ai creditori ipotecari o ai cessionari senza che da costoro sia stata fatta opposizione [239 disp. att.](3).

Note

(1) Nell'ipotesi in cui si abbiano ad oggetto determinati beni indivisi, appartenenti pertanto in comunione a diversi soggetti, si deve prendere in considerazione la cosiddetta ipoteca su quota astratta, non ancora determinata nello specifico e relativa ai beni assegnati al condividente, nel momento successivo alla divisione.
(2) Qualora si venga a configurare l'ipotesi in cui il debitore ipotecario condividente riceva determinati beni differenti rispetto a quelli che erano stati individuati in un momento anteriore, la soluzione sarà ottenere quello che viene definito trasporto di ipoteca in relazione a quei medesimi beni. Si procede attraverso l'iscrizione sul bene assegnato nei 90 giorni successivi alla trascrizione della divisione e tenendo presente che il trasporto in questione non reca alcun danno alle ipoteche che siano state nel frattempo iscritte contro gli altri partecipanti. Invece, nella diversa circostanza in cui al debitore siano stati assegnati certi beni addirittura non ipotecabili, o ipotecabili in maniera limitata tramite un'aggiunta di conguaglio in denaro, l'ipoteca potrà avere ad oggetto tale conguaglio oppure una somma di denaro ad hoc al posto del solo bene ipotecabile attribuito ad un altro dei condividenti.
(3) Il legislatore ha sancito la necessità di un termine per i creditori ipotecari o per i cessionari per proporre opposizione al pagamento dei conguagli in denaro da parte dei debitori.

Ratio Legis

La disposizione in esame mira a contemperare le contrastanti esigenze del creditore e del comunista che non ha concesso l'ipoteca e prevede, tramite la sostituzione al bene ipotecato di un altro (v. art. 2742), un'ipotesi di vera e propria surrogazione reale, che pone eccezionalmente una deroga al principio di specialità (v. art. 2809).

Spiegazione dell'art. 2825 Codice Civile

L’ipoteca concessa dal condomino: effetti

Può concedere ipoteca anche il condomino. Questa facoltà era riconosciuta anche dal codice del 1865 il quale, all’art. 679, disponeva: “Ciascun partecipante ha la piena proprietà della suo quota e dei relativi utili o frutti. Egli può liberamente alienare, cedere, od ipotecare tale quota. Ma l’effetto dell’alienazione o dell’ipoteca si limita a quella porzione che verrà a spettare al partecipante nella divisione”. Lo stesso principio è stato adottato dal nuovo codice il quale, all’art. 1103, afferma che “ciascun partecipante può disporre del suo diritto a cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota”, rimandando al titolo Delle ipoteche le norme giuridiche relative alle ipoteche costituite da uno dei condomini.

E, infatti, nell’articolo in esame si regolano con ancora maggiore precisione di quella che non sia stata fatta nel precedente codice gli effetti dell’ipoteca concessa dal condomino sulla cosa comune.

È noto che, nel diritto romano, la divisione aveva carattere attributivo o traslativo. Poiché ciascuno dei condomini estende il suo diritto su tutte le molecole della cosa comune, quando a uno si assegna una parte materiale del fondo e un’altra all’altro condomino si avvera una specie di permuta, rinunciandosi uno al diritto di proprietà sulla cosa assegnata all’altro e viceversa. Nel caso, poi, che, per fare la divisione, venisse ad uno assegnato in tutto o in parte denaro in luogo della cosa si avvera una vendita. Da ciò la conseguenza che, quando uno dei condomini aveva concesso ipoteca sulla cosa comune, facendosi la divisione, si applicava la massima res transit cum onere suo, come per ogni altro negozio traslativo. Però non rimaneva vincolata solo la parte assegnata nella divisione al condomino debitore, ma rimaneva vincolata ciascuna porzione, ciascuna per la quota del debito.

Invece, nel diritto francese e nel nostro la divisione ha carattere dichiarativo o retroattivo, cioè si ritiene di esso sin dal primo momento, e che l’altro condomino non vi abbia mai avuto diritto di qualsiasi sorta (art. 754 del c.c.). Di qui la norma contenuta nel primo comma dell’articolo in esame: “L’ipoteca costituita sulla propria quota di uno dei partecipanti alla comunione produce effetto rispetto a quei beni o a quelle porzioni di beni che a lui verranno assegnati nella divisione”.


Garanzie concesse ai creditori ipotecari di un condomino: la surrogazione legale e suoi limiti

Una garanzia di ordine generale è data ai creditori ipotecarli dall'art. 1113 il quale impone ai partecipanti l'obbligo di chiamarli ad intervenire nella divisione, affinché questa possa avere effetto nei loro confronti. Ma essa, evidentemente, non è sufficiente perché benissimo può avvenire che, malgrado tale intervento, la cosa su cui uno dei parte­cipanti ha concessa ipoteca sia attribuita ad altri, specie quando si provvede col sorteggio. Di qui la necessità di regolare questa ipotesi. Ed è ciò che si è fatto con l'articolo in esame.

Nel sistema del codice preesistente si poteva verificare il grave in­conveniente che il creditore ipotecario rimanesse privo di ogni garanzia reale quando l'immobile ipotecato a favore di lui fosse stato attribuito ad un partecipante che non era un debitore. Nel sistema del nuovo co­dice tale inconveniente è stato eliminato.

Esso, infatti, conducendo alle estreme conseguenze il principio dichiarativo della divisione, concede al creditore ipotecario il diritto di trasferire la sua ipoteca (surrogazione reale) sui beni assegnati al suo debitore col grado derivante dall'originaria iscrizione, e nei limiti del valore del bene precedentemente ipotecato, con un doppio limite, e cioè : a) di provvedere alla nuova iscrizione con l'indicazione di detto valore entro novanta giorni dalla trascrizione della divisione ; b) senza pre­giudizio delle ipoteche iscritte contro tutti i partecipanti, né l'ipoteca legale spettante ai condividenti per conguagli, che, naturalmente, de­vono avere la precedenza.

Può avvenire, però, che i beni assegnati al debitore non siano suffi­cienti a coprire la garanzia del creditore ipotecario, ovvero che in luogo di beni in natura siano state assegnate a lui somme di danaro, e, in tal caso, si è attribuito al creditore ipotecario il diritto di far valere le sue ragioni su tali somme (pretium succedit in locum rei), con prelazione determinata dalla data di iscrizione e sempre nel limite del valore dei beni precedentemente ipotecati.

Per assicurarsi tale diritto, però, e al fine di salvaguardare i diritti dei terzi debitori, si è stabilito che essi siano liberati quando abbiano pagato al condividente le somme dovute dopo 30 giorni da che la divisione è stata notificata ai creditori ipotecari e questi non abbiano fatto opposizioni.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1150 L'art. 2825 del c.c., derivato, con alcuni emendamenti formali, dal disegno di legge sulla riforma della trascrizione presentato al Senato da Vittorio Scialoja nella tornata del 3 marzo 1910, mira a conciliare, come si osservava nella relazione all'anzidetto disegno di legge, la tutela dei creditori ipotecari e degli aventi causa dai partecipanti con l'interesse che muove i partecipanti medesimi a procedere alla divisione secondo le loro particolari convenienze. Se nella divisione vengono assegnati a un partecipante beni diversi da quelli da lui ipotecati, l'ipoteca permane, mutando l'oggetto, in quanto essa si trasferisce su questi altri beni, con il grado derivante dall'originaria iscrizione. Si esige, come condizione della surroga reale, che l'ipoteca sia nuovamente iscritta entro novanta giorni dalla trascrizione della divisione. La surroga non può importare però un'estensione della garanzia: il trasferimento dell'ipoteca su altri beni non si opera che nei limiti del valore dei beni in precedenza ipotecati, quale risulta dalla divisione. Inoltre, la surroga non pregiudica le ipoteche iscritte contro tutti i partecipanti nè l'ipoteca legale spettante ai condividenti per conguagli: a queste ipoteche è riservata la priorità. Un'ulteriore tutela appresta l'articolo in esame ai creditori ipotecari di un partecipante, estendendola ai cessionari. Nell'ipotesi infatti che al condividente siano assegnati beni diversi da quelli da lui ipotecati o ceduti, i creditori ipotecari e i cessionari possono far valere le loro ragioni anche sulle somme che al condividente sono dovute per conguagli e, qualora al condividente sia attribuita una somma di danaro in luogo di beni in natura, possono far valere le loro ragioni su questa somma. La prelazione è correlativa alla data di pubblicità dei diritti, e cioè alla data d'iscrizione dell'ipoteca o della trascrizione dei titoli d'acquisto. Anche in questi ultimi casi la surroga è circoscritta al valore dei beni sui quali i creditori ipotecari o i cessionari hanno originariamente acquistato i loro diritti. Allo scopo poi di agevolare la liberazione dei debitori delle somme anzidette, l'ultimo comma dell'articolo dà a costoro facoltà di pagare al condividente dopo trenta giorni dalla notificazione della divisione ai creditori ipotecari e ai cessionari, qualora dai medesimi non sia stata fatta opposizione. Facendosi decorrere il termine dal giorno in cui i creditori ipotecari e i cessionari hanno avuto diretta notizia della divisione, anzichè dal giorno in cui la trascrizione di questa è stata eseguita, si rafforza la tutela degli aventi diritto alla prelazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2825 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. G. chiede
venerdì 12/07/2024
“Salve, caso: una serie di terreni agricoli frutto di eredità dai genitori fratelli é condivisa tra parenti di 2 grado (cugini) in parti pressochè uguali. e le quote dei terreni. A uno dei cugini ( in grave disgrazia economica), vengono ipotecate le quote di suo possesso da Agenzia Entrate e da banca. IL cugino subisce anche un processo per cui il tribunale gli richiederà le spese legali.
d1) il tribunale può instaurare una nuova ipoteca con priorità rispetto a quelle precedenti?
d2) poichè il valore complessivo delle quote ipotecate è abnormemente inferiore al valore dei crediti vantati da A.E., banca e tribunale, questi soggeti, (isolati, tutti insieme o in successione di azione) possono pignorare e poi vendere all'asta tutta la intera eredità e successivamente girare agli altri eredi la ( improbabile ...) differenza residuante dalla vendita e al netto delle spese aggiuntive?
Ovviamente il cugino non ha altri redditi imponibili se non una modesta pensione.
Grazie.”
Consulenza legale i 18/07/2024
L’ipoteca, come è noto, è un diritto reale di garanzia, per effetto del quale il creditore consegue il potere di espropriare il bene sul quale l’ipoteca è costituita e di essere soddisfatto con preferenza sul ricavato dell’espropriazione (cfr. art. 2808 del c.c.).
Proprio in considerazione della particolare gravità del vincolo che da essa ne discende, uno dei caratteri principali dell’ipoteca è quello della sua pubblicità; non possono, infatti, esistere ipoteche occulte e chiunque deve essere in grado di sapere se un bene è ipotecato o meno.
A differenza della trascrizione immobiliare, la pubblicità dell’ipoteca ha carattere costitutivo, il che risulta espressamente sancito al secondo comma dell’art. 2808 c.c., nella parte in cui è detto che “L’ipoteca . . . si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari”.

In altri termini, la legge nel caso di ipoteca legale, il provvedimento di condanna del debitore nel caso di ipoteca giudiziale e la convenzione tra le parti nel caso di ipoteca volontaria attribuiscono al relativo creditore soltanto il diritto di ottenere l’iscrizione, ma l’ipoteca si costituisce soltanto nel momento in cui l’iscrizione viene effettivamente eseguita.
Dalla natura costitutiva dell’iscrizione ne deriva un’importante conseguenza, che consente di rispondere alla prima delle domande poste: l’ordine di preferenza tra le varie ipoteche, che vengono iscritte relativamente al medesimo bene, è determinato non già dalla priorità del titolo, ma da quella dell’iscrizione.
Ciò trova conferma nello stesso testo di legge, ed in particolare all’art. 2852 del c.c., ove è stabilito che l’ipoteca prende grado dal momento della sua iscrizione.
Ogni iscrizione, nel momento in cui viene effettuata, riceve un numero d’ordine che determina il grado ipotecario (cfr. art. 2853 del c.c.) e, dunque, l’ordine di soddisfacimento dei creditori.

Pertanto, facendo applicazione dei principi sopra detti al caso di specie, può dirsi che l’ipoteca iscritta dall’Agenzia delle Entrate e dall’istituto di credito non può che prevalere su qualunque altra iscrizione ipotecaria successiva, con la conseguenza che se il credito vantato da Agenzia delle Entrate e Banca è pari a 100 ed i beni ipotecati vengono venduti all’asta proprio per 100, solo la Banca e l’Agenzia delle entrate riusciranno a soddisfarsi.

Per quanto concerne il secondo problema, ovvero quello delle conseguenze derivanti dall’ipoteca iscritta su una quota di beni indivisi, deve farsi innanzitutto applicazione dell’art. 2825 c.c., rubricato proprio “Ipoteca su beni indivisi”, norma che si ritiene riferibile sia all’ipotesi di ipoteca volontaria che a quella legale e giudiziale.
In particolare, nel caso di ipoteca iscritta su quota astratta (qual è quella in esame), questa verrà iscritta su tutto il bene o i beni comuni ipotecati, ma nei limiti, ovviamente, della quota del debitore.
Intervenuta la divisione, in forza della sua efficacia retroattiva e della sua natura dichiarativa, l’ipoteca si considera come se fosse stata iscritta ab origine sui beni assegnati in sede di divisione, ed è su tali beni che il creditore potrà soddisfarsi in sede esecutiva.

Ora, come si è prima accennato, il creditore ipotecario ha diritto, in caso di inadempimento del debitore, di attivare l’ordinaria procedura esecutiva immobiliare (cfr. artt. 2910 c.c. e 555 e ss. c.p.c.), con la sola particolarità di essere preferito, secondo il grado della propria ipoteca, agli altri creditori nella ripartizione del ricavato.
In tema di procedura esecutiva immobiliare, norma di riferimento per il caso di specie sono gli artt. 599 e ss. c.p.c, i quali disciplinano appunto l’espropriazione di beni indivisi.
Ebbene, dalla loro lettura se ne deduce che, nel caso di pignoramento di un bene indiviso, il relativo atto deve essere notificato, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, con avvertimento specifico che è fatto loro divieto di permettere al debitore di separare la propria quota senza espresso ordine del giudice.
Eseguito tale adempimento, possono verificarsi le seguenti ipotesi:
  1. il giudice dell’esecuzione provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore e, conseguentemente alla sua vendita forzata;
  2. se la separazione in natura non viene chiesta o non dovesse risultare possibile, lo stesso giudice dell’esecuzione dispone che si proceda alla divisione della cosa comune, salvo che ritenga probabile una vendita parimenti fruttuosa della quota indivisa;
  3. se, infine, nessuna delle due predette situazioni appare realizzabile (ovvero la separazione della quota in natura o la divisione, per il caso di indivisibilità dei beni), il Giudice dell’esecuzione sarà costretto a procedere con la vendita forzata dell’intero bene, ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dall’art. 569 del c.p.c..

In quest’ultima ipotesi, ovviamente, il ricavato della vendita dovrà essere destinato pro quota agli altri comproprietari.
Pertanto, come si può facilmente intuire, quella della vendita dell’intero bene comune costituisce soltanto un’ipotesi residuale.


S. G. chiede
mercoledì 18/10/2023
“Ogg.: ipoteca contro un erede su quote di eredità di terreno: è possibile frazionare il terreno per liberare dalla ipoteca gli altri eredi?

Nel 2000 è stata fatta una successione di 4 terreni agricoli incolti di modesto valore economico, ognuno diviso in parti uguali tra 3 eredi; nel 2006 l' Agenzia Entrate ha imposto una ipoteca legale a carico di uno degli eredi. Solo un mese fa, essendosi verificata la possibilità di vendita di uno di questi terreni ad un pastore vicino per allargare la sua campagna, si è scoperta la ipoteca. Gli altri eredi, non volendo più avere a che fare con l'erede pignorato, vogliono frazionare il terreno in vendita in proporzione alla quota ipotecata, così da liberare dalla ipoteca tutta la parte rimanente, e poter così procedere alla vendita. E' possibile ciò, tenuto conto che la successione riguardava tutti i terreni agricoli ed era rimasta da allora suddivisa divisa egualmente pro quota tra tutti gli eredi (valore complessivo dei terreni ca. 4-5.000 euro, valore imponibile fiscale meno di 1000 euro)?”
Consulenza legale i 24/10/2023
La norma che può soddisfare le esigenze a cui si fa riferimento nel quesito è l’art. 2825 c.c., rubricato “Ipoteca su beni indivisi”.
Occorre partire dalla considerazione che attualmente ci si trova in una situazione di comunione ereditaria, dalla quale è possibile uscire soltanto a mezzo di divisione, sia essa volontaria o giudiziale, per effetto della quale sarà consentito assegnare a ciascuno dei condividenti porzioni il cui valore dovrà essere corrispondente alle quote astratte loro spettanti sui beni comuni.

Ora, succede non di rado che il bene o i beni da dividere si trovino gravati da ipoteca iscritta anteriormente all’atto di divisione ed in favore di uno o più creditori, i cui interessi devono necessariamente essere tutelati.
Proprio in virtù di tale necessità il legislatore impone che i creditori ipotecari siano chiamati ad intervenire nel rogito notarile di divisione, ponendo il relativo onere a carico degli stessi condividenti e non imponendo per il compimento di tale atto il rispetto di alcuna particolare forma.
Trattasi di un vero e proprio onere, posto nell’interesse degli stessi condividenti, e dal cui mancato assolvimento non se ne fa derivare l’invalidità dell’atto di divisione, bensì una sorta di inefficacia relativa, in quanto la divisione non sarà opponibile ai creditori ipotecari.
Il legislatore stabilisce che per rendere la divisione pienamente opponibile nei confronti dei creditori ipotecari è sufficiente che gli stessi siano chiamati ad intervenire al rogito notarile, ovvero che ne siano venuti a conoscenza al fine di poter tutelare i loro diritti, con la conseguenza che il loro volontario mancato intervento non potrà in alcun modo inficiare la validità di quell’atto (così art. 1113 c.c.).

Una volta chiamati i creditori ipotecari ad intervenire ed effettuata la divisione, potranno verificarsi le seguenti ipotesi:
A) al coerede, che sia anche debitore, vengono assegnati beni per un valore esattamente corrispondente alla quota astratta ipotecata: in questo caso l’ipoteca si concentra sui beni assegnati a seguito della divisione.
B) al coerede debitore gli vengono assegnati beni aventi un valore inferiore rispetto alla quota astratta ipotecata, ma con diritto ad un conguaglio in denaro a carico degli eredi che hanno ricevuto di più: in questo caso l’ipoteca rimane ferma sui beni assegnati e si trasforma in un pegno sul credito delle somme di denaro dovute dagli altri condividenti.

Per far sì che l’originaria iscrizione ipotecaria sulla quota astratta di tutti i beni indivisi venga, per così dire, traslata sul bene assegnato al coerede debitore in sede di divisione, occorre che il notaio incaricato di ricevere il relativo atto pubblico provveda ai necessari e conseguenziali adempimenti pubblicitari, ovvero
a far trascrivere l’ipoteca sul nuovo bene entro il termine di 90 giorni dall’atto di divisione (così dispone espressamente il secondo comma dell’art. 2825 c.c.).
A seguito di tale nuova iscrizione, l’ipoteca, tuttavia, manterrà il grado originario, il che consentirà al creditore di tutelare appieno le sue ragioni nei confronti di chiunque possa medio tempore aver potuto acquistare diritti o trascrivere atti in danno del suo debitore.

Da quanto fin qui detto e sinteticamente illustrato se ne deve dedurre che per conseguire il risultato desiderato non è sufficiente procedere a frazionamento catastale dell’immobile, bensì è indispensabile che dopo aver provveduto a tale frazionamento i coeredi escano dallo stato di indivisione, con attribuzione a ciascuno di essi di una distinta e ben definita porzione dell’immobile originario.
Solo a seguito dello scioglimento formale della comunione, ciascuno dei coeredi sarà considerato titolare esclusivo di una autonoma particella catastale, sulla quale, per il coerede debitore, si concentrerà l’ipoteca originariamente iscritta.

Ovviamente, nulla impedisce che in sede di frazionamento si possano venire a formare due distinte particelle catastali, delle quali una verrà assegnata al coerede debitore e l’altra indivisamente ai rimanenti coeredi, i quali passeranno dallo stato di comunione ereditaria a quello di comunione ordinaria.
A quel punto, i coeredi non debitori potranno liberamente alienare ad un terzo la particella loro assegnata, la quale risulterà libera da ogni iscrizione pregiudizievole, essendosi l’ipoteca concentrata sull’altra particella.

Puglisi G. chiede
martedì 30/06/2020 - Sicilia
“Spett/le REDAZIONE GIURIDICA
Ho un problema e quindi mi rivolgo a voi per avere suggerita la migliore soluzione nel rispetto della legge.
Mia nipote è proprietaria, insieme ad altre sei (6) persone, di un terreno agricolo indiviso della superficie complessiva di mq. 7.472 in ....... (ME).
Uno dei proprietari, proprietario di 1/9 del totale, ha avuto ipotecate le cose di sua proprietà, fra le quali la sua parte di terreno, e si pensa che, non provvedendo ad effettuare alcun pagamento, si arriverà ad una vendita giudiziaria nei suoi confronti.
Le sei particelle, che formano la superficie complessiva, sono ben delimitate sul posto ed in catasto, e solo due di esse sono state sempre di uso esclusivo del proprietario sul quale grava l'ipoteca.
Dato che l'intera proprietà è delimitata e facilmente divisibile, si dovrebbe vedere se è possibile eseguire una bonaria e concordata divisione fra i vari proprietari interessati.
In tale ipotesi le quattro particelle estranee al proprietario ipotecato verrebbero automaticamente intestate ai reali proprietari (e quindi escluse da azioni giudiziarie) e solo le rimanenti due resterebbero oggetto di eventuale vendita giudiziaria.
Dato che tutti i proprietari sono d'accordo su una bonaria divisione e desiderosi di semplificare la questione, vedere se è possibile arrivare ad una preventiva divisione bonaria del terreno in modo che si eviterebbe la vendita complessiva, liberando definitivamente i proprietari che con l'ipoteca in corso non hanno niente a che vedere.
Gradiremmo quindi sapere le possibilità che ci sono per arrivare ad una separazione amichevole e consensuale, con i precisi riferimenti alla normativa vigente in materia e con riferimento ai relativi articoli del c.c.

Ringraziando, invio distinti saluti”
Consulenza legale i 03/07/2020
Il caso che si sottopone all’attenzione è espressamente disciplinato dall’art. 2825 c.c., rubricato appunto “Ipoteca su beni indivisi”, applicabile anche alle ipotesi di ipoteca legale e giudiziale.
Infatti, così come l’ipoteca volontaria, anche queste due ultime tipologie di ipoteca possono riferirsi a beni indivisi o diritti reali in comunione.
In particolare, è il primo comma di tale norma a prendere in esame il caso di specie (cioè quello dell’ipoteca iscritta su un intero appezzamento di terreno agricolo, ma in ragione della quota indivisa di pertinenza del soggetto che ha concesso la medesima ipoteca, pari ad 1/9 dell’intero), disponendo che l’ipoteca produrrà i suoi effetti “rispetto a quei beni o a quella porzione di beni” che al comproprietario verranno assegnati in sede di divisione.

Il fondamento di tale disposizione viene individuato nella libera disponibilità che ha ciascun partecipante alla comunione di disporre del bene comune nei limiti della sua quota, in conformità oltretutto al principio dettato dall’art. 1103 del c.c. in tema di comunione in generale, il quale, a sua volta, richiama le disposizioni in tema di ipoteche costituite da uno dei partecipanti (contenute nel capo IV del titolo III del libro VI del codice civile).
In tali casi l’ipoteca viene iscritta su tutto il bene ipotecato, ma nei limiti della quota del concedente; una volta intervenuta la divisione, poiché questa ha efficacia retroattiva e natura dichiarativa, l’ipoteca si considera come se fosse stata iscritta sin dall’origine sui beni assegnati in sede di divisione.

In particolare, dalla lettura dei commi 4 e 5 della norma citata si ricava che possono verificarsi le seguenti ipotesi:
  1. al condividente concedente l’ipoteca su una quota astratta non viene assegnato alcun bene o gli vengono attribuiti beni di valore inferiore alla sua quota: in questo caso l’ipoteca si trasporterà sui conguagli in denaro;
  2. al condividente concedente l’ipoteca vengono assegnati beni per un valore superiore a quello della quota astratta: in questo caso l’ipoteca si estende a tutti i beni assegnati, salvo il diritto da parte degli altri condividenti di pretendere l’ipoteca legale qualora l’assegnatario debba loro versare dei conguagli in denaro.

In ogni caso, il legislatore si è anche preoccupato di evitare che possano essere effettuate divisioni in frode ai creditori ipotecari, stabilendo al terzo comma dell’art. 1113 del c.c. che questi devono sempre essere chiamati ad intervenire nella divisione perché la stessa possa avere effetto nei loro confronti.

Facendo adesso applicazione al caso di specie dei principi sopra illustrati, si consiglia di procedere nel seguente modo.
Considerato che l’art. 1111 del c.c. riconosce a ciascun partecipante il diritto di pretendere in qualunque momento lo scioglimento della comunione e considerato peraltro che quell’unico appezzamento di terreno è già catastalmente diviso in sei particelle autonome e che vi è accordo tra i comproprietari su come procedere alla assegnazione delle singole particelle a ciascuno di essi, sarà ben possibile procedere ad una divisione volontaria.

Tenuto conto della particolare situazione, ossia che una quota indivisa del bene è ipotecata, sarebbe opportuno far precedere la divisione da una perizia di stima (redatta da un professionista), sulla cui base determinare le singole porzioni da assegnare a ciascun condividente, di modo che dall’atto di divisione possa risultare che le particelle assegnate corrispondono alla quota che ogni proprietario ha sul bene comune, prevedendo dei conguagli in denaro se occorre riequilibrare le quote.

Nel procedere a tale divisione, tuttavia, ci si deve necessariamente attenere a quanto disposto dal terzo comma dell’art. 1113 c.c., nella parte in cui impone la chiamata dei creditori alla divisione dei beni immobili “perché la divisione abbia effetto nei loro confronti”.
Di tale previsione normativa si è in diverse occasioni occupata la giurisprudenza, ma sempre con riferimento alla divisione giudiziale, affermando che non sussiste un litisconsorzio nei confronti dei creditori e che nel caso in cui gli stessi non siano chiamati in giudizio o non siano intervenuti, la divisione non potrà essere loro opposta (cfr. Cass. 09.11.2012 n. 19529; Cass. 29.01.2016 n. 1719).
L’intervento dei creditori nella divisione giudiziale ha solo una funzione di stimolo, non avendo il potere di impugnare il progetto divisionale concordato tra i comproprietari (così Cass. 24.04.2008 n. 10476).
Questo per la divisione giudiziale.

Va però precisato che l’art. 1113 c.c. non si riferisce solo alla divisione giudiziale, ma anche a quella volontaria, il che comporta che anche il notaio sarà tenuto a “chiamare” i creditori nell’interesse dei condividenti, considerato che la divisione senza chiamata sarebbe loro inopponibile.
Laddove il creditore non venga chiamato, l’ipoteca eventualmente iscritta sul bene nella consistenza ante divisione, resterà in essere come se la divisione non si fosse mai realizzata.
La chiamata dei creditori ipotecari iscritti costituisce compito che rientra nella diligenza professionale dovuta dal notaio ai sensi del secondo comma dell’art. 1176 del c.c., in quanto sia i creditori iscritti che coloro che abbiano acquistato diritti in base ad atti soggetti a trascrizione, devono indicare il loro domicilio nella nota di trascrizione, la quale ha natura pubblica.

Nessuna forma particolare viene dettata dal codice per questa chiamata, il che comporta che, come per ogni atto recettizio, il notaio dovrà convocare, con adeguato anticipo, gli aventi diritto alla data fissata per la divisione, avvalendosi a tal fine di qualsiasi atto la cui ricezione sia documentabile (ossia, notifica a mezzo ufficiale giudiziario, o anche PEC, qualora il destinatario ne sia munito).
Il creditore od il terzo, secondo i primi due commi dell’art. 1113 c.c., possono opporsi alla divisione, ma tale opposizione non impedisce al notaio di procedere ugualmente alla divisione qualora le parti manifestino la volontà di procedere nonostante la contrarietà del terzo.

Sarà a quel punto compito del giudice decidere sulla controversia che ne deriverà, essendo sufficiente, agli effetti dell’opponibilità alle parti della decisione, che siano rispettate le formalità di pubblicità dell’atto indicate dall’art. 1113 c.c.
Nel corso dell’eventuale giudizio il giudice, poi, non potrà far altro che dare concreta attuazione a quanto disposto dall’art. 2825 c.c., illustrato nella prima parte di questa consulenza.



Vito S. chiede
giovedì 30/05/2019 - Sardegna
“Richiesta per un giudizio preliminare
In dipendenza del decreto ingiuntivo per sentenza di condanna del Tribunale di ...omissis... in data 19 novembre 2014, sono state iscritte presso il servizio di pubblicità immobiliare dell'Ufficio del Territorio di ...omissis... le seguenti ipoteche giudiziali:

in data 13/11/2015 ipoteca giudiziale per complessivi euro 45.000,00
a garanzia di un capitale di euro 34.884,09,
e spese per euro 10.000,00,
iscritta al n. .... di registro generale ed al n..... di registro particolare, a favore di
E.M. contro M. S.;

in data 13/11/2015 ipoteca giudiziale per complessivi euro 25.000,00
a garanzia di un capitale di euro 13.265,60,
e spese per euro 10.000,00,
iscritta al n. ..... di registro generale ed al n..... di registro particolare, a favore di
E.M. contro M. S.
Per un valore ipotecario complessivo di euro 67.000,00
sui beni immobili di proprietà esclusiva di S.M., e sulla quota di comproprietà pari a 6/60 dei beni ereditati da F. S.
Siamo 12 comproprietari, tra i quali anche S. M., di una massa immobiliare ereditata da F. S., costituita da terreni agricoli del valore complessivo di circa euro 323.000,00.
Per effetto di una lite giudiziaria per divisione ereditaria tra M. S. e le proprie due sorelle, il Giudice ordinò che a favore delle sorelle venisse versata da S. M. la somma complessiva di €. 48.149,69.
Per insolvenza del risarcimento da parte di S.M., le sorelle accesero n. 2 ipoteche Giudiziali del valore, comprensivo di spese e interessi, di €. 67.000,00, oltre che sui beni immobili di proprietà esclusiva di S.M. di un valore stimato superiore al valore ipotecario, anche sui beni che S.M. possiede in comproprietà con altre 11 persone, compreso me, in ragione di una quota di 6/60 (circa €. 32.300,00) della massa immobiliare ereditata da F. S. di cui sopra, e, che gli 11 comproprietari, nulla hanno a che fare col debito che S.M. ha nei confronti delle sorelle.
Per addivenire ad una conclusione amichevole per cancellare l’ipoteca sui beni ereditati da F. S., sono stati effettuati due tentativi di proposte alle due sorelle e a S.M. per una eventuale divisione e assegnazione a stralcio a S.M. della sua quota offrendo due alternative di scelta dei terreni agricoli del valore ciascuno corrispondente alla quota di S.M. di €. 32.300,00 ma senza alcun esito positivo.
Per quanto su esposto si richiede un parere giuridico preliminare, prima di affidare incarichi formali ad un legale, per la cancellazione dell’ipoteca accesa sui terreni in comproprietà con S. M. facenti parte della massa immobiliare dell’ereditata di F. S., con l’indicazione delle possibili soluzioni e delle reali probabilità di successo in un'eventuale causa legale nonché l’ammontare delle relative spese.
Cordiali saluti
Intestatari massa immobiliare ereditata da F. S.: ...omissis..

Consulenza legale i 05/06/2019
Il quesito posto attiene ad un caso, molto frequente nella pratica, di iscrizione ipotecaria su una quota di immobili in comproprietà con soggetti che non rivestono la posizione di debitori.
Si tratta di ipotesi che, proprio perché ricorrente, trova una esplicita regolamentazione nel codice civile, ed in particolare all’art. 2825 c.c., rubricato “Ipoteca su beni indivisi”.

Tale norma prevede espressamente ciò che qui gli altri comproprietari avrebbero voluto realizzare con un accordo bonario, ossia giungere ad una divisione amichevole, per effetto della quale M.S. sarebbe divenuta proprietaria esclusiva di uno o più beni determinati tra quelli caduti in successione, e sui quali l’ipoteca si sarebbe poi per legge ed automaticamente trasferita.

Presupposto dell’operatività di tale norma, come risulta abbastanza evidente, è che successivamente all’iscrizione ipotecaria, i titolari del bene o dei beni indivisi, la cui quota è gravata da ipoteca, giungano ad una divisione dei beni comuni, e la sua ratio va individuata nell’esigenza di contemperare il principio della tutela del comproprietario che non ha concesso ipoteca con quello della tutela del creditore ipotecario.
Prova ne è che la medesima norma, ai commi 4 e 5, ha anche previsto il caso in cui, in sede di divisione, al condividente la cui quota è ipotecata non venga assegnato alcun bene o vengano attribuiti beni di valore inferiore alla sua quota, disponendo che, per tale ipotesi, l'ipoteca si trasferirà sui conguagli in denaro.

Potrebbe anche verificarsi l’ipotesi inversa, ossia che al debitore vengano assegnati beni il cui valore superi quello della quota astratta; in questo caso l'ipoteca si estenderà a tutti i beni assegnati, salva il diritto all'ipoteca legale in favore degli altri condividenti qualora l'assegnatario risulti debitore di conguagli nei confronti di essi.

Ebbene, parlando di divisione di beni comuni, non si può fare a meno a questo punto di richiamare le norme che sempre il codice civile detta in materia di comunione, ed in particolare l’attenzione va spostata sul disposto dell’art. 1111 del c.c., rubricato “Scioglimento della comunione”, il quale, nel suo primo comma, riconosce espressamente a ciascuno dei partecipanti il diritto di domandare in qualunque momento lo scioglimento della comunione, facendo ricorso, in mancanza di consenso unanime, all’autorità giudiziaria onde ottenere una divisione in forma giudiziale.

Della particolare ipotesi in cui i beni comuni o una quota di essi risulti ipotecata si occupa espressamente il terzo comma dell’art. 1113 del c.c., il quale, al fine di evitare divisioni in frode ai creditori ipotecari, stabilisce che questi devono sempre essere chiamati ad intervenire nella divisione, e ciò al fine di consentire che la stessa abbia effetto nei loro confronti (nel caso di divisione giudiziale, infatti, i creditori ipotecari assumeranno la posizione di litisconsorti necessari).

Fatte queste considerazioni, dunque, può dirsi intanto che la prima e più lineare strada da seguire per ottenere la liberazione della propria quota di immobili da ogni vincolo ipotecario è quella di giungere ad una divisione che, in mancanza di accordo tra i condividenti, non può che assumere la forma della divisione giudiziale.
Nessun dubbio può insorgere in ordine alle probabilità di successo di tale soluzione, in quanto trattasi di un diritto che il summenzionato art. 1111 c.c. riconosce a ciascuno dei comproprietari e che può essere esercitato in qualunque momento.
Implicando lo svolgimento di un giudizio innanzi al Tribunale, le spese da sostenere per lo stesso ammonterebbero approssimativamente ad € 15.000,00 (normalmente, nei casi di giudizi divisori, i giudici propendono per la compensazione delle spese tra le parti, e pertanto ognuno dei condividenti dovrà sostenere le proprie spese).

Altra soluzione a cui si potrebbe pensare è quella di verificare se sussistono i presupposti per una riduzione dell’ipoteca.
Nel quesito, infatti, si dice che le due ipoteche giudiziali sono state iscritte “…oltre che su beni immobili di proprietà esclusiva di S.M. per un valore stimato superiore al valore ipotecario, anche sui beni che S.M possiede in comproprietà….”.
Proprio a tale ipotesi sono dedicati gli articoli dal 2872 al 2877 del codice civile; in particolare, condizioni per poter fruire di tale riduzione sono:
  1. che ne facciano domanda gli interessati o l’interessato;
  2. che la somma determinata dal creditore in fase di iscrizione ecceda di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta (art. 2874 del c.c.)
  3. che il valore dei beni sui quali l’ipoteca è stata iscritta superi di un terzo l’importo dei crediti iscritti, accresciuto degli accessori, e ciò secondo una valutazione (ossia una stima) che va fatta con riferimento al valore che i beni hanno sia alla data dell’iscrizione che posteriormente (così art. 2875 del c.c.).

Il problema che qui si pone è che la norma richiede che vi sia un’espressa domanda da parte dell’interessato, ove come tale non può che intendersi il debitore sui cui beni è stata iscritta l’ipoteca, con esclusione ovviamente degli eventuali altri comproprietari, la cui quota non viene in alcun modo intaccata.
Né, del resto, potrebbe pensarsi che anche gli altri comproprietari siano legittimati a domandare la riduzione per il solo fatto che quell’iscrizione ipotecaria su una quota indivisa viene di fatto a limitare la libera circolazione dell’intero bene, in quanto il rimedio naturale per un’ipotesi del genere è quello visto prima, ossia procedere alla divisione, con conseguente concentrazione dell’ipoteca sul bene o sui beni assegnati al debitore in via esclusiva.

In definitiva, ciò che si consiglia è di invitare bonariamente M.S. a tentare di ottenere una riduzione dell’ipoteca ex artt. 2874 e 2875 c.c., chiedendo che da tale garanzia ne venga esclusa la quota ereditaria ricevuta per successione al proprio padre e di cui è comproprietaria insieme ai propri fratelli.
Si tenga presente che ex art. 2877 del c.c. le spese necessarie per eseguire la riduzione sono a carico del richiedente, anche se eseguita con il consenso del creditore e salvo che abbia luogo per eccesso nella determinazione del credito (pertanto, per indurre M.S. ad addivenire a tale determinazione, e sempre che ne sussistano i presupposti, si potrebbe prospettare alla stessa M.S. di aver intenzione di partecipare alle spese occorrenti, considerato che se ne trarrebbe un sicuro beneficio economico in termini di futura commerciabilità dei beni).

Qualora neppure tale soluzione dovesse essere accolta con favore, purtroppo, non resta altra strada che quella di instaurare e portare avanti un giudizio di divisione ereditaria, con tutte le spese che dal medesimo ne deriveranno, ma con sicura probabilità di riuscita nell’intento desiderato.


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