La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione(1) deve essere suscettibile di valutazione economica(2) e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale(3), del creditore.
La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione(1) deve essere suscettibile di valutazione economica(2) e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale(3), del creditore.
(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 24071/2017
In tema di obbligazioni e contratti, il "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ex art. 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell'art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli artt. 1175 e 1375 c.c., opera anche, nella materia contrattuale, in relazione a quegli aspetti che non attengono alla esecuzione della prestazione principale, ma ad interessi ulteriori, che insorgono, anche al di fuori di uno specifico vincolo contrattuale, tutte le volte in cui le parti instaurino una "relazione qualificata" e cioè agiscano di concerto in vista del conseguimento di uno scopo.Cass. civ. n. 21850/2017
Nel trasporto aereo di merci, l'attività svolta dall'impresa esercente il servizio di c.d. "handling" aeroportuale non viene resa in esecuzione di un autonomo contratto di deposito a favore di terzo, concluso tra l' "handler" (promittente) e il vettore (stipulante) a beneficio del mittente o del destinatario, ma rientra, come attività accessoria, nella complessiva prestazione che forma oggetto del contratto di trasporto, la quale non si esaurisce nel mero trasferimento delle cose ma comprende anche la fase ad esso antecedente (allorché l' "handler" riceve la merce dal mittente in funzione della consegna al vettore, nell'aeroporto di partenza) e la fase ad esso successiva (allorché riceve la merce dal vettore in funzione della messa a disposizione del destinatario, nell'aeroporto di destinazione), atteso che tale prestazione deve corrispondere, ai sensi dell'art. 1174 c.c., all'interesse del creditore ad ottenere la riconsegna delle cose trasportate nel luogo, nel termine e con le modalità indicate nel contratto medesimo; consegue da ciò che: a) l'operatore di "handling" assume la qualifica di ausiliario del vettore, in quanto soggetto terzo rispetto al contratto di trasporto, della cui opera il debitore si avvale per l'esecuzione di una parte della prestazione che ne forma oggetto; b) nell'ipotesi di perdita o avaria delle cose trasportate nella fase in cui le stesse sono affidate all' "handler", il proprietario di esse può agire contrattualmente nei confronti del vettore, il quale è responsabile del fatto colposo del proprio ausiliario, ai sensi dell'art. 1228 c.c.; c) nella medesima ipotesi, l'operatore di "handling" non risponde nei confronti del mittente o del destinatario a titolo contrattuale, non essendo parte del rapporto obbligatorio nascente dal contratto di trasporto, ma risponde, in solido con il vettore, a titolo extracontrattuale in quanto autore di un comportamento doloso o colposo imputabile ai sensi dell'art. 2043 c.c.; d) in quanto ausiliario del vettore aereo, l' "handler", pur rispondendo a titolo extracontrattuale, beneficia delle limitazioni di responsabilità previste, in favore del vettore medesimo e dei suoi dipendenti od incaricati, dagli artt. 22 e 30 della Convenzione di Montreal sul trasporto aereo (già artt. 22 e 25/A della Convenzione di Varsavia), nonché della disciplina uniforme convenzionale, dettata in tema di decadenza dall'azione risarcitoria e di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, dall'art. 35 della Convenzione di Montreal (già art. 29 della Convenzione di Varsavia), salva l'ipotesi di condotta dolosa o coscientemente colposa, nella quale, ai sensi dell'art. 30, comma 3, della Convenzione di Montreal, la responsabilità dell'ausiliario resta illimitata.Cass. civ. n. 8153/2014
Nel contratto di sponsorizzazione, in quanto rapporto caratterizzato da un rilevante carattere fiduciario, assumono particolare importanza i doveri di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., contribuendo essi ad individuare obblighi, ulteriori o integrativi di quelli tipici del rapporto stesso, il cui inadempimento è patrimonialmente valutabile, ai sensi dell'art. 1174 cod. civ., e tale da giustificare una richiesta di risarcimento danni, purché siano specificati e provati i comportamenti pregiudizievoli e i loro concreti effetti lesivi.Cass. civ. n. 7083/2006
Il cosiddetto contratto di sponsorizzazione - figura non specificatamente disciplinata dalla legge - comprende una serie di ipotesi nelle quali un soggetto - il quale viene detto "sponsorizzato" (ovvero, secondo la terminologia anglosassone, "sponsee") - si obbliga, dietro corrispettivo, a consentire ad altri l'uso della propria immagine e del proprio nome per promuovere presso il pubblico un marchio o un prodotto; tale uso dell'immagine pubblica può anche prevedere che lo "sponsee" tenga determinati comportamenti di testimonianza in favore del marchio o del prodotto oggetto di commercializzazione. L'obbligazione assunta dallo sponsorizzato ha natura patrimoniale, ai sensi dell'art.1174 cod. civ., e corrisponde all'affermarsi, nel costume sociale, della commercializzazione del nome e dell'immagine personale e viene accompagnata, di regola, da un diritto di "esclusiva". Da tali caratteristiche non discende, peraltro, che il contratto di sponsorizzazione debba necessariamente essere concluso dallo sponsorizzato, potendo l'obbligazione relativa all'adempimento della sua prestazione essere assunta anche da un terzo, il quale in tal caso risponde, nei confronti dell'utilizzatore, ai sensi dell'art.1381 cod. civ. (Cassa con rinvio, App. Bologna, 19 Luglio 2002).Cass. civ. n. 9880/1997
Il cosiddetto contratto di «sponsorizzazione» figura non specificamente disciplinata dalla legge comprende una serie di ipotesi nelle quali si ha che un soggetto il quale viene detto «sponsorizzato» (ovvero, secondo la terminologia anglosassone, sponsee) si obbliga a consentire, ad altri, l'uso della propria immagine pubblica e del proprio nome, per promuovere un marchio o un prodotto specificamente marcato, dietro corrispettivo; tale uso dell'immagine pubblica può prevedere anche che lo sponsee tenga anche determinati comportamenti di testimonianza in favore del marchio o del prodotto oggetto della veicolazione commerciale. La obbligazione assunta dallo sponsorizzato ha piena natura patrimoniale ai sensi dell'art. 1174 c.c., e corrisponde all'affermarsi, nel costume sociale, della commercializzazione del nome e dell'immagine personali, e viene accompagnata ordinariamente da una «esclusiva», ovvero dall'obbligo, per le parti contraenti, di non consentire anche per un certo tempo dopo la cessazione del rapporto almeno all'interno del medesimo comparto commerciale, analoga veicolazione. Da un tal complesso di caratteristiche non discende peraltro che un contratto di sponsorizzazione debba, indefettibilmente, essere concluso da uno sponsor il quale sia egli stesso il produttore industriale di una determinata merce, ovvero il titolare del diritto di marchio da veicolare, ben potendo il requisito della patrimonialità dell'obbligazione riconoscersi sussistente anche in presenza di un contratto nel quale il contraente sponsor sia altro soggetto, che tragga utilità dallo sfruttamento dell'immagine in questione, ancorché diverso risulti l'organizzatore della relativa produzione. Da ciò consegue che, nel caso in cui lo sponsor sia il distributore esclusivo, per l'Italia, di un certo prodotto, dalla sua relazione di affari con il produttore e dal fatto che anche quest'ultimo tragga vantaggio dalla maggiore penetrazione del suo marchio presso i consumatori, non può trarsi, in via automatica, la conclusione per cui egli sia un contraente in conto altrui, dovendo invece tale eventuale qualità accertarsi in fatto.Cass. civ. n. 3881/1985
Qualora il metodo adottato da un imprenditore, per realizzare determinati prodotti od applicazioni in favore dei clienti (nella specie, trattamenti estetici di protesi capillare), manchi di esclusività e segretezza, il contratto di cessione di tale metodo (cosiddetta cessione di know how) resta privo di un oggetto economicamente apprezzabile, ove si esaurisca nella mera enunciazione astratta delle cognizioni del cedente, non anche nel diverso caso in cui preveda una assistenza del cessionario, per la sicura e facile attuazione concreta di dette cognizioni mediante l'utilizzazione dell'esperienza del cedente stesso, stante la rilevanza patrimoniale di un siffatto apporto.
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