Un’altra limitazione relativa, ma totale, a ricevere per testamento è quella che deriva dalla qualità di tutore o protutore del testatore.
La ragione di essa è intuitiva: si propone lo scopo di garantire la libertà testamentaria del pupillo e di assicurargli il rendimento del conto, il che spiega anche l’eccezione fatta nel secondo comma. Infatti, in tutti i casi in esso contemplati vi è la presunzione che il pupillo disponga in favore del testatore per il vincolo del sangue e dell’affetto che lo lega a lui, non già per le pressioni che quegli potesse esercitare. Inoltre, si tratta di persone che sono successori legittimi e persino (salvo i fratelli e sorelle) legittimari.
Se la disposizione testamentaria fosse fatta prima dell’assunzione della tutela, sarebbe valida. Ciò è stato espressamente detto nell’articolo in esame, risolvendo legislativamente una questione che era sorta nella interpretazione dell’art. #769# del codice del 1865, ritenendosi da alcuni scrittori (Ricci, Polacco) che l’incapacità colpisse anche chi fosse stato nominato tutore dopo la formazione del testamento che conteneva una disposizione a suo favore, opinione non seguita dalla maggioranza degli scrittori (Pacifici-Mazzont, Losana, Coviello).
Il codice del 1865 non parlava del protutore. Alcuni scrittori sostennero che la stessa incapacità che colpisce il tutore deve colpire anche il protutore, allorquando una disposizione testamentaria sia fatta in favore suo dopo l’apertura della tutela e prima del rendimento e dell’approvazione del conto. Altri, invece, distinguevano, ritenendo l’incapacità solo quando la disposizione fosse stata fatta nel tempo in cui il protutore sostituiva il tutore. Questa opinione è stata accolta dal codice attuale che ha tolto, così, ogni ragione di dubbio.
È vero che il codice precedente non parlava affatto del protutore e che si era di fronte ad una disposizione di carattere eccezionale, ma era troppo evidente che lo scopo della legge non sarebbe stato interamente raggiunto se non si fosse ritenuto incapace di ricevere per testamento dal suo pupillo il protutore quando la disposizione coincide con l'epoca in cui egli sostituisce il tutore.
La limitazione colpisce anche il tutore dell’interdetto legale.
Nessun dubbio poteva esistere, al riguardo, nemmeno di fronte al codice precedente, il quale, all'espressione del codice napoleonico “il minore non potrà disporre per testamento a vantaggio del suo tutore”, aveva sostituito l'altra “il tutore non può mai trarre profitto dalle disposizioni testamentarie del suo amministrato”. Il codice attuale, anche più chiaramente, ha detto: “sono nulle le disposizioni testamentarie della persona sottoposta a tutela in favore del tutore”.
Ciò è confermato anche dal secondo comma dell'articolo in esame (corrispondente al secondo comma dell’art. #769# del codice del 1865) che eccettuava dalla limitazione il tutore che sia ascendente, discendente, fratello, sorella o coniuge del testatore.
Ora, il coniuge può essere tutore non già del minore, ma dell’interdetto. Alcuni scrittori (Gianturco, Melucci) ritenevano, però, che l'incapacità non esistesse per il tutore dell'interdetto legale, perché fra l'uno e l'altro non corrono quei rapporti di vita e relazioni personali che fanno sospettare dell’influenza dell'uno sull'animo e la volontà dell altro. Tale opinione, però, non può accogliersi, per la ragione che se la limitazione colpisce anche il tutore dell'interdetto non si può distinguere fra interdizione legale e giudiziale. Né potrebbe dirsi che l’interdetto giudiziale non può testare in favore di nessuno, perché l’incapacità dura finché non sia stato reso ed approvato il conto definitivo o sia estinta l’azione per il rendimento del conto medesimo.