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Articolo 87 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Plusvalenze esenti

Dispositivo dell'art. 87 TUIR

1. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95 per cento le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell'articolo 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell'articolo 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti:

  1. a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente;
  2. b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
  3. c) residenza fiscale o localizzazione dell'impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all'articolo 47 bis, comma 1, o, alternativamente, la dimostrazione, anche a seguito dell'esercizio dell'interpello di cui allo stesso articolo 47 bis, comma 3, della sussistenza della condizione di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo. Qualora il contribuente intenda far valere la sussistenza di tale ultima condizione ma non abbia presentato la predetta istanza di interpello ovvero, avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all'articolo 47 bis, comma 1, deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente; nei casi di mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi si applica la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Ai fini della presente lettera, la condizione indicata nell'articolo 47 bis, comma 2, lettera b), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; tuttavia, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, è sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d'imposta anteriori al realizzo stesso. Ai fini del precedente periodo si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o meno nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell'articolo 167 ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o meno nel territorio dello Stato(1);
  4. d) esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui all'articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola.

1-bis. Le cessioni delle azioni o quote appartenenti alla categoria delle immobilizzazioni finanziarie e di quelle appartenenti alla categoria dell'attivo circolante vanno considerate separatamente con riferimento a ciascuna categoria.

2. Il requisito di cui al comma 1, lettera c), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; tuttavia, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, è sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d'imposta anteriori al realizzo stesso. Ai fini del precedente periodo si considerano appartenenti allo stesso gruppo i soggetti residenti o meno nel territorio dello Stato tra i quali sussiste un rapporto di controllo ai sensi del comma 2 dell'articolo 167 ovvero che, ai sensi del medesimo comma 2, sono sottoposti al comune controllo da parte di altro soggetto residente o non residente nel territorio dello Stato. Il requisito di cui al comma 1, lettera d), deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo stesso(2).

3. L'esenzione di cui al comma 1 si applica, alle stesse condizioni ivi previste, alle plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente alle partecipazioni al capitale o al patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44, comma 2, lettera a) ed ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b). Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il loro intero ammontare gli utili relativi ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), che non soddisfano le condizioni di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo.

4. Fermi rimanendo quelli di cui alle lettere a), b) e c), il requisito di cui alla lettera d) del comma 1 non rileva per le partecipazioni in società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. Alle plusvalenze realizzate mediante offerte pubbliche di vendita si applica l'esenzione di cui ai commi 1 e 3 indipendentemente dal verificarsi del requisito di cui alla predetta lettera d).

5. Per le partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell'assunzione di partecipazioni, i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 si riferiscono alle società indirettamente partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle plusvalenze di cui all'articolo 86, comma 5-bis.

7. [Per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente, compresi i conti correnti reciproci per servizi resi intrattenuti tra aziende e istituti di credito, si considerano maturati anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto.](3)

Note

(1) La lettera c) è stata modificata dall'art. 5 comma 1 lett. f) del D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 142.
(2) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 5 comma 1 lett. f) del D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 142.
Il D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 142 ha inoltre disposto, con l'art. 13, comma 6, che la presente modifica si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, nonché agli utili percepiti e alle plusvalenze realizzate a decorrere dal medesimo periodo di imposta.
(3) Comma abrogato dal D.Lgs. 18/11/2005, n.247.

Massime relative all'art. 87 TUIR

Cass. civ. n. 8964/2020

In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esenzione riconosciuta dall'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986, richiede la sussistenza della duplice condizione dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dello svolgimento di attività peculiari che non siano produttive di reddito, sicché non spetta con riguardo agli immobili gestititi da aziende per l'edilizia residenziale pubblica e concessi in locazione, sia perché non soggetti ad utilizzazione diretta, sia perché la tenuità e modestia del canone corrisposto non esclude il carattere economico dell'attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto simbolico il canone percepito dall'Agenzia territoriale per la casa della Regione Piemonte, in quanto non superiore alla metà dei corrispettivi medi praticati nel territorio).

Cass. civ. n. 8715/2020

L'art. 61, comma 3-bis, del D.P.R. n. 917 del 1986, laddove prevede che le svalutazioni di partecipazioni estere, per perdite subite, di società con sede in Stati non appartenenti all'Unione europea sono deducibili dalle società residenti in Italia, sempre che siano in vigore accordi che consentano all'amministrazione finanziaria di acquisire le informazioni necessarie per l'accertamento delle condizioni ivi previste, va inteso, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, ispirata ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., nel senso che è, comunque, sempre consentito al contribuente residente di fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza dell'esistenza di tali componenti negativi di reddito, come del resto accade per la deducibilità dei costi da spese contratte con società site in Stati inclusi nelle "black list", ex art. 110 del D.P.R. n. 917 del 1986, per il regime PEX ("Participation exemption"), ex art. 87 del D.P.R. n. 917 del 1986, per le CFC ("Controlled Foreign Companies"), ex art. 167 del D.P.R. n. 917 del 1986, e in ogni ipotesi di elusione ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 212 del 2000.

Cass. civ. n. 6795/2020

In materia di ICI, l'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione ai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), presuppone la ricorrenza cumulativa sia del requisito soggettivo della natura non commerciale dell'ente, sia del requisito oggettivo della diretta destinazione dell'immobile allo svolgimento delle attività previste dal medesimo art. 7, tra cui rientrano quelle volte all'esercizio del culto e della cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi ed all'educazione cristiana, mentre resta irrilevante la successiva destinazione degli utili, eventualmente ricavati, al perseguimento di fini sociali o religiosi, siccome riguardante un momento successivo alla loro produzione, tale da non far venir meno l'eventuale carattere commerciale dell'attività. Peraltro, tale esenzione è compatibile con il divieto di aiuti di Stato, sancito dalla normativa unionale, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati, e l'attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico. (Nella specie la S.C., in processo relativo all'esenzione dal pagamento dell'Ici di una casa di riposo per anziani, svolta in un immobile nel possesso di fondazione religiosa eretta in ente morale, ma gestita da diverso soggetto che conduceva l'immobile in locazione, ha cassato con rinvio la decisione della corte di merito, rilevando che non era stata correttamente valutata la ricorrenza del presupposto oggettivo necessario per conseguire l'esenzione dal pagamento dell'ICI).

Cass. civ. n. 34601/2019

In tema d'imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esenzione riconosciuta dall'art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986 (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio d'attività commerciali), purché destinati esclusivamente - fra l'altro - allo "svolgimento d'attività assistenziali", non spetta alle Agenzie Territoriali per la Casa, istituite con l.r. Piemonte n. 11 del 1993, enti pubblici non economici che esercitano nell'ambito locale le funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari, non essendo sufficiente la pretesa destinazione "esclusiva" allo svolgimento di attività assistenziale, ma occorrendo la destinazione diretta e immediata dell'immobile allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'ente, aspetto non ravvisabile in caso di utilizzazione indiretta degli alloggi di edilizia residenziale pubblica concessi da parte di privati cittadini.

Cass. civ. n. 16697/2019

In tema di imposte sui redditi, ricorre l'ipotesi di esterovestizione allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione, da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell'attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all'estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa.

Cass. civ. n. 15184/2019

In tema di IRES, ai fini dell'individuazione della residenza fiscale delle società ed enti, in base all'art. 73 (già 87), comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 la nozione di "sede dell'amministrazione", in quanto contrapposta alla "sede legale", è assimilabile alla "sede effettiva" di matrice civilistica, intesa come il luogo di concreto svolgimento delle attività amministrative, di direzione dell'ente e di convocazione delle assemblee e, quindi, come luogo stabilmente utilizzato per l'accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente. (Fattispecie in tema di estero-vestizione di una società-madre avente sede in Olanda in cui la S.C., cassando la sentenza della C.T.R., ha ritenuto la nazionalità italiana ed inglese dei suoi amministratori non sintomatica dell'ubicazione della sede effettiva in Italia).

Cass. civ. n. 13360/2019

Il consorzio costituito per gli scopi previsti dall'art. 2602 c.c., non potendo avere per sé alcun vantaggio, in quanto lo stesso, al pari dell'eventuale svantaggio, appartiene unicamente e solo alle imprese consorziate, ha l'obbligo di ribaltare sulle stesse, secondo i criteri di legge o quelli legittimamente fissati dallo statuto, se non elusivi della causa consortile e delle relative norme fiscali, tutte le operazioni economiche realizzate da una o più imprese consorziate, oppure dallo stesso consorzio con strutture proprie o con impiego di imprese terze, sicché le singole consorziate sono tenute ad emettere fattura - ai fini IVA - nei confronti del consorzio in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei proventi delle commesse ad essa attribuiti, nonché autofattura, in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei relativi costi.

Cass. civ. n. 16229/2018

In tema di fondazioni bancarie, sussiste una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all'entità di partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull'attività dell'ente creditizio: ne deriva che detti soggetti, per fruire delle agevolazioni previste per le persone giuridiche di cui all'art. 10 bis della l. n. 1745 del 1962 ovvero dall'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 per gli enti ed istituti aventi finalità di assistenza, beneficienza, istruzione e cultura, sono tenuti a fornire, assolvendo all'onere a proprio carico ex art. 2967 c.c., la prova positiva - che può essere assolta mediante la produzione di estratti dei libri contabili o idonee certificazioni del collegio dei revisori o del collegio sindacale delle società partecipate - di avere nel complesso svolto, in concreto, attività di promozione sociale e non di mera gestione della partecipazione detenuta.

Cass. civ. n. 15447/2018

In tema di determinazione delle plusvalenze, gli artt. 10, 11 e 12, comma 3, della l. n. 342 del 2000, hanno previsto la possibilità, per i soggetti indicati dall'art. 87, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 917 del 1986, anche in deroga all'art. 2426 c.c. e ad ogni altra disposizione normativa vigente in materia, di rivalutare i beni materiali ed immateriali, risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2002, a decorrere da quello dell'esercizio successivo.

Cass. pen. n. 38016/2017

In tema di violazioni finanziarie, ricorre il reato di dichiarazione infedele in presenza di comportamenti simulatori - nella specie negozi collegati tra loro apparentemente finalizzati a cessione di partecipazione societaria - preordinati alla "immutatio veri" del contenuto della dichiarazione ex art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000 ed integranti una falsità ideologica che connota il fatto evasivo incidendo sulla veridicità della dichiarazione per occultare in tutto o in parte la base imponibile, sicché non si applica la disciplina dell'abuso del diritto ex art. 10 bis della l. n. 212 del 2000 che ha portata solo residuale. (annulla senza rinvio, App. Bologna, 17/03/2015).

In tema di violazioni finanziarie, l'istituto dell'abuso del diritto di cui all'art. 10-bis l. n. 212 del 2000 - che, per effetto della modifica introdotta dall'art. 1 del D.Lgs. n. 128 del 2015, esclude ormai la rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili - ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi. (Fattispecie relativa all'indebita indicazione di plusvalenza in regime di esenzione parziale, anziché ordinariamente tassabile e quindi determinante nella formazione del reddito IRES). (annulla senza rinvio, App. Bologna, 17/03/2015).

Cass. civ. n. 11872/2017

In tema di imposte sui redditi, l'operazione di "stock lending", ossia di prestito di azioni, che preveda, a favore del mutuatario, il diritto all'incasso dei dividendi dietro versamento al mutuante di una commissione (corrispondente, o meno, all'ammontare dei dividendi riscossi) realizza il medesimo fenomeno economico dell'usufrutto di azioni, senza che rilevi, ai fini tributari, che in un caso si verta su un diritto reale e, nell'altro, su un diritto di credito, sicchè è soggetta ai limiti previsti dall'art. 109, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986, restando il versamento della commissione costo indeducibile.

Cass. civ. n. 11648/2017

Gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall'obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della l. n. 218 del 1990 ed in base all'art. 12 del d.lgs. n. 356 del 1990, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati alle persone giuridiche di cui all'art. 10-bis della l. n. 1745 del 1962 (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d'acconto sugli utili, né agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell'aliquota sull'IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati, nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, né in via estensiva, poiché la sua "ratio" va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell'entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell'attribuire a tali enti, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 153 del 1999 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, ex art. 87, comma 1, lettera c), del T.U.I.R., non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all'attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l'esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all'entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull'attività dell'ente creditizio e, dall'altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di aver in concreto svolto un'attività, per l'anno d'imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un'attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anziché quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all'Amministrazione finanziaria l'onere di sollevare in proposito precise contestazioni. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata sull'assunto che la fondazione ricorrente, tenuta per statuto ad assegnare almeno il 50% dei proventi derivanti dalla partecipazione ad una banca ad una apposita riserva destinata a finanziare gli aumenti di capitale della banca medesima, non aveva provato lo svolgimento in via prevalente di attività "no profit").

Cass. civ. n. 24060/2014

Il giudice può procedere d'ufficio alla disapplicazione delle sanzioni per violazione di norme tributarie qualora abbia accertato che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell'interpretazione normativa, solo se vi sia una specifica domanda da parte del contribuente, avanzata nei modi e nei termini processuali appropriati. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Toscana, 11/02/2008).

La disposizione di cui all'art. 23, comma 16 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, (convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), nel prevedere che, in sede di recupero delle agevolazioni ex artt. 6 del d.P.R. 29 settembre 1073, n. 601 e 10 bis, della legge 19 dicembre 1962, n, 1745, nei confronti dei soggetti di cui al d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356, non sono dovute le sanzioni irrogate con "provvedimenti interessati anche da ricorso per revocazione", si interpreta nel senso che essa trova applicazione anche nel caso in cui sia pendente ricorso per cassazione sulla fondatezza nel merito della pretesa tributaria, non essendosi al riguardo formato il giudicato, quale limite impeditivo alla applicazione della norma citata. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Firenze, 11/02/2008).

Cass. civ. n. 12495/2014

In materia di ICI, l'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell'immobile da parte dell'ente proprietario, ancorché per finalità di pubblico interesse. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso l'applicabilità dell'esenzione agli immobili di proprietà di una congregazione religiosa locati ad un comune). (rigetta, Comm. Trib. Reg. del Lazio, sez. dist. di Latina, 07/05/2008).

Cass. civ. n. 9791/2014

In tema di IRPEG, l'esenzione dal relativo pagamento sancita dall'art. 88, primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguarda solo gli organi e le amministrazioni dello Stato, gli enti territoriali, i consorzi ed associazioni tra enti locali, nonché gli enti gestori di demani collettivi, non anche gli enti pubblici istituiti esclusivamente al fine dell'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie (nella specie l'Istituto Regina Margherita), che, invece, sono assoggettati al pagamento in forza del combinato disposto di cui agli artt. 87, primo comma, lett. c), 88, secondo comma, e 108 del d.P.R. cit. che assegna rilievo all'attività, non commerciale, per cui detti enti sono stati istituiti. Ne consegue che il reddito complessivo di questi ultimi va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, che mantengono la loro autonomia impositiva e non confluiscono nell'unica categoria del reddito d'impresa, senza che sia applicabile la deroga di cui all'art. 40 del d.P.R. n. 917 cit. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. della Sicilia, Sez. dist. di Messina, 21/11/2008).

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Consulenze legali
relative all'articolo 87 TUIR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. M. chiede
mercoledì 30/11/2022 - Lombardia
“faccio seguito alla Vs risposta al quesito n Q202232325 da me posto in precedenza, nel quale ho - erroneamente -ho invertito "fiduciante" con "fiduciario".

Il caso di mio interesse è quello in cui il Fiduciante è soggetto passivo IRES (XYZ Srl), mentre in fiduciario è soggetto passivo IRPEF (Mario Rossi).
Ovvero, le quote della società ABC Srl, sono intestate a Mario Rossi tramite intestazione fiduciaria, ma la "reale proprietà" è di XYZ Srl.
Quindi, il quesito corretto è: nel caso di vendita delle azioni di ABC Srl, la plusavalenza realizzata da XYZ Srl potrà godere della PEX anche se se le azioni risultato intestate (fiduciariamente) a Mario Rossi?
E nel caso in cui XYZ fosse una Srl semplificata?

Ringraziandovi,
Cordialità”
Consulenza legale i 07/12/2022
Per semplicità di lettura si riporta di seguito quanto premesso nella risposta al quesito precedente. La norma di comportamento AIDC (Associazione Italiana Dottori Commercialisti ) marzo 2022 n. 216 ha chiarito altresì il regime fiscale delle plusvalenze su partecipazioni in caso di intestazione fiduciaria di quote societarie.
La Corte di Cassazione ha pertanto ritenuto che "la proprietà della società fiduciaria, pur non potendosi dire fittizia, viene ad assumere, pur tuttavia, connotazione meramente formale mentre il fiduciante, nonostante la formale intestazione del bene alla fiduciaria ne conserva la proprietà sostanziale” (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031).
Questo principio di prevalenza della "sostanza" (fiduciante) sulla "forma" (società fiduciaria intestataria) è stata condiviso anche dalla Agenzia delle Entrate in tema di applicazione delle imposte sulle successioni e donazioni (cfr. Circolare 28/E del 27/3/2008).
In sostanza, si applica la normativa che spetterebbe in assenza di intestazione fiduciaria.
Pertanto, nel caso in cui vengano rispettati i requisiti previsti dall'art. 87 co. 1 del TUIR e quindi:
  • ininterrotto possesso della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell'avvenuta cessione (lett. a);
  • iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso (lett. b);
  • residenza fiscale della società partecipata in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata (lett. c);
  • esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale (lett. d);
allora in tal caso è applicabile il regime PEX.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo, tale regime si applica soltanto nei confronti dei soggetti per i quali la plusvalenza realizzata costituisce reddito di impresa. Nel caso di specie tale requisito viene rispettato in quanto la Srl semplificata ai fini delle imposte viene equiparata in tutto e per tutto alla Srl ordinaria.

D. M. chiede
lunedì 21/11/2022 - Lombardia
“Buonasera,

vi scrivo in merito alla Participation Exemption.
E' noto che una delle condizioni per potervi godere è il matenimento dell'ininterrorrotto possesso per almeno 13 mesi.
Dove, l'initerrorro possesso è, a mio intendimento, da vedersi appunto come disponibilità giuridica ed economico-sostanziale - nella fattispecie - della partecipazione azionaria, in linea con la definizione di possesso, ad esempio, data dall'articolo 1140 del codice civile.

A vostro parere, una intestazione di natura fiduciaria delle quote permette al fiduciario di godere della PEX sulla partecipazione?
Si precisa che nel caso di interesse, il fiduciante è soggetto fisico, passivo IRPEF, mentre il fiducairio è una S.r.l., soggetto passivo IRES.

Un saluto cordiale”
Consulenza legale i 28/11/2022
La norma di comportamento AIDC (Associazione Italiana Dottori Commercialisti) marzo 2022 n. 216 ha chiarito altresì il regime fiscale delle plusvalenze su partecipazioni in caso di intestazione fiduciaria di quote societarie.
L'intestazione fiduciaria permette di separare la titolarità del diritto di proprietà rispetto alla legittimazione al relativo esercizio.
Sul punto, la giurisprudenza ha ritenuto che "la proprietà della società fiduciaria, pur non potendosi dire fittizia, viene ad assumere, pur tuttavia, connotazione meramente formale mentre il fiduciante, nonostante la formale intestazione del bene alla fiduciaria ne conserva la proprietà sostanziale” (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031).
Questo principio di prevalenza della "sostanza" (fiduciante) sulla "forma" (società fiduciaria intestataria) è stata condiviso anche dalla Agenzia delle Entrate in tema di applicazione delle imposte sulle successioni e donazioni (cfr. Circolare 28/E del 27/3/2008).
In sostanza, si applica la normativa che spetterebbe in assenza di intestazione fiduciaria.
Pertanto in caso di cessione, della partecipazione intestata alla società fiduciaria, se il fiduciante è una persona fisica non imprenditore trovano applicazione l’ art. 67 del T.U.I.R. e art. 68 del T.U.I.R. che regolano i redditi diversi.
Inoltre, per la determinazione della plusvalenza occorre fare riferimento ai costi di sottoscrizione o di acquisto da terzi sostenuti dal fiduciante, fermo il diritto del fiduciante di accedere alla rivalutazione del costo di acquisto (non assume quindi rilevanza il valore della partecipazione alla data di conferimento del mandato fiduciario, non formandosi un corrispettivo per il trasferimento dell'intestazione fra mandante e società fiduciaria).
Ne consegue perciò l’inapplicabilità della disposizione dell’art. 87 (Participation Exemption) del TUIR applicabile solo in caso di tassazione del reddito delle società.

M.F. chiede
giovedì 11/11/2021 - Lombardia
“Una sas cede la propria partecipazione in una srl (quindi cessione in regime di impresa) conseguendo una plusvalenza.<br />
<br />
Come viene tassata la plusvalenza??”
Consulenza legale i 18/11/2021
Prima di fornire risposta in merito alla tassazione della plusvalenza realizzata dalla sas a seguito di cessione di partecipazione in srl, occorre fare una breve premessa in punto normativo, precisando che la suddetta plusvalenza contribuisce alla formazione del reddito d’impresa, base imponibile per le Sas, esclusivamente ai fini IRAP.

Ai fini delle imposte sui redditi, infatti, vige per le Sas il regime dell’imputazione del reddito ai soci per trasparenza ex art. 5 TUIR.

Detto questo occorrerà precisare ulteriormente che per la determinazione del reddito d’impresa da imputare poi ai soci, valgono per le Sas le medesime regole previste per i soggetti IRES, così come previsto dall’art. [nn56tuir]] TUIR.

Ne consegue che sarà applicabile alle Sas la norma di cui all’art. 86 comma 4 TUIR secondo cui “Le plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito, per l'intero ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, o a un anno per le società sportive professionistiche, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. La predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è stata realizzata. Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87, le disposizioni dei periodi precedenti si applicano per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni acquisiti in data più recente.”

Conseguentemente le plusvalenze, diverse da quelle di cui all’art 87 di cui parleremo di seguito, concorreranno a formare il reddito imponibile della società ai fini Irap per l’intero ammontare e contribuiranno per il medesimo ammontare a costituire il reddito da imputare ai soci in base al valore della partecipazione.

In capo ai soci il predetto reddito, che costituirà reddito da partecipazione, verrà tassato ordinariamente ai fini IRPEF, sommandosi ad altri redditi del socio.

Nel caso in cui invece ricorrano i requisiti di esenzione della plusvalenza da cessione di partecipazione in Srl previsti dall’art. 87 TUIR per le Sas vale la regola di cui all’art. 58 comma 2 TUIR secondo cui "Le plusvalenze di cui all'articolo 87 non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti limitatamente al 60 per cento del loro ammontare".

In sostanza le suddette plusvalenze concorreranno alla formazione del reddito d’impresa nei limiti del 40%.

Al sono fine di una completezza espositiva si può aggiungere che:
la disciplina delle plusvalenze realizzate a seguito della vendita di partecipazioni in esercizio di impresa è contenuta nell’art. 87 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
La normativa in parola contempla un sostanziale regime di esenzione dei plusvalori realizzati (c.d. participation exemption, nota anche come PEX) subordinato alla sussistenza congiunta di alcuni requisiti soggettivi ed oggettivi.
Tutto ciò al fine di evitare la duplicazione di tassazione (in capo alla società ed in capo al partecipante) del reddito societario.

Possono avvalersi della PEX i seguenti soggetti:
  • società di capitali;
  • società cooperative e di mutua assicurazione;
  • enti commerciali e non commerciali, limitatamente alle partecipazioni «detenute in regime di reddito d’impresa», ivi compresi i consorzi e le associazioni non riconosciute;
  • società di persone ed enti equiparati;
  • società ed enti non residenti con stabile organizzazione in Italia.
I soggetti che possono avvalersi del regime PEX di esenzione fiscale delle plusvalenze (ricordando che la società partecipata deve essere un’impresa commerciale) devono possedere tre requisiti necessari per fruire della partecipation exemption ovvero:
  • Possesso ininterrotto dal primo giorno del dodicesimo mese precedente la cessione;
  • Iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso dopo l’acquisto;
  • Residenza fiscale della società partecipata in un paese diverso da quelli inclusi nella lista degli stati a fiscalità privilegiata (c.d. paradisi fiscali).


    Ai fini dell’accesso alla pex, non rileva dunque la sussistenza di una determinata percentuale di possesso di diritti amministrativi o patrimoniali, bensì la soddisfazione congiunta di quattro requisiti, tassativamente individuati dall’art. 87, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986:
  • a) l’ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente;
  • b) la classificazione della partecipazione alienata nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie, nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso; nel caso di società di persone l’iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie deve risultare da elementi certi e precisi della contabilità, mentre sono esclusi a priori da tale regime i soggetti in contabilità semplificata per la mancata soddisfazione del requisito in commento.
  • c) la residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato oppure, alternativamente, l’avvenuta dimostrazione – tramite l’esercizio del diritto di interpello – che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati;
  • d) l’esercizio, ad opera della partecipata, di un’impresa commerciale ossia di un’attività che dia luogo a reddito ‘impresa.

I presupposti di cui ai punti a) e b) devono essere verificati in capo all’alienante: nel caso in cui l’oggetto della cessione plusvalenze sia rappresentato da azioni proprie, devono comunque essere rispettate le condizioni di cui all’art. 87, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, con particolare riferimento alla durata minima del possesso, nonché all’originaria iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie (C.M. n.36/E/2004).

I requisiti indicati ai sub c) e d) devono, invece, sussistere presso la partecipata, con riferimento al triennio precedente la cessione, salvo che sia costituita da un minor periodo: al ricorrere di tale ipotesi, l’esenzione può comunque essere invocata, se le azioni o quote vendute sono state iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio e si farà riferimento al minor periodo intercorso tra l’atto costitutivo e la cessione della partecipazione.
Come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 152/E del 15/12/2004, la ratio della previsione di cui all’art. 87 c. 1 lett. d) sta nella “volontà di impedire che la cessione della partecipazione nella società immobiliare si ponga su un piano di teorica equivalenza rispetto alla cessione degli immobili e che, quindi, tramite la cessione della partecipazione si trasferiscano in esenzione i beni di primo grado che il titolo rappresenta. […] In altri termini, l’esenzione della plusvalenza realizzata a seguito della cessione della partecipazione detenuta in una società immobiliare […] è consentita solo qualora sia ceduta un’effettiva attività d’impresa che abbia ad oggetto la costruzione o la vendita degli immobili e non alla gestione degli stessi
Secondo l’Agenzia, dunque, se la società si qualifica come società di costruzione e/o compravendita, ma di fatto esercita una attività di gestione del proprio patrimonio immobiliare, come per esempio la locazione a terzi degli immobili iscritti nell’attivo circolante, questi ultimi dovrebbero essere tenuti in conto ai fini della presunzione di non commerciabilità.

Nel caso di esercizio congiunto di attività commerciale e non, secondo le indicazioni contenute nella circolare 7/E/2013 per soddisfare il requisito della commercialità va verificata la prevalenza dell’esercizio di attività commerciale confrontando l’ammontare a valore corrente del patrimonio destinato a ciascuna attività o utilizzando altri criteri, quali l’ammontare dei ricavi, costi, redditi o numero di dipendenti impiegati in ciascuna attività.