Cass. civ. n. 8964/2020
In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esenzione riconosciuta dall'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986, richiede la sussistenza della duplice condizione dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore e dello svolgimento di attività peculiari che non siano produttive di reddito, sicché non spetta con riguardo agli immobili gestititi da aziende per l'edilizia residenziale pubblica e concessi in locazione, sia perché non soggetti ad utilizzazione diretta, sia perché la tenuità e modestia del canone corrisposto non esclude il carattere economico dell'attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto simbolico il canone percepito dall'Agenzia territoriale per la casa della Regione Piemonte, in quanto non superiore alla metà dei corrispettivi medi praticati nel territorio).
Cass. civ. n. 8715/2020
L'art. 61, comma 3-bis, del D.P.R. n. 917 del 1986, laddove prevede che le svalutazioni di partecipazioni estere, per perdite subite, di società con sede in Stati non appartenenti all'Unione europea sono deducibili dalle società residenti in Italia, sempre che siano in vigore accordi che consentano all'amministrazione finanziaria di acquisire le informazioni necessarie per l'accertamento delle condizioni ivi previste, va inteso, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, ispirata ai parametri di cui agli artt.
3 e
53 Cost., nel senso che è, comunque, sempre consentito al contribuente residente di fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza dell'esistenza di tali componenti negativi di reddito, come del resto accade per la deducibilità dei costi da spese contratte con società site in Stati inclusi nelle "black list", ex art. 110 del D.P.R. n. 917 del 1986, per il regime PEX ("Participation exemption"), ex art. 87 del D.P.R. n. 917 del 1986, per le CFC ("Controlled Foreign Companies"), ex art. 167 del D.P.R. n. 917 del 1986, e in ogni ipotesi di elusione ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 212 del 2000.
Cass. civ. n. 6795/2020
In materia di ICI, l'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione ai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), presuppone la ricorrenza cumulativa sia del requisito soggettivo della natura non commerciale dell'ente, sia del requisito oggettivo della diretta destinazione dell'immobile allo svolgimento delle attività previste dal medesimo art. 7, tra cui rientrano quelle volte all'esercizio del culto e della cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi ed all'educazione cristiana, mentre resta irrilevante la successiva destinazione degli utili, eventualmente ricavati, al perseguimento di fini sociali o religiosi, siccome riguardante un momento successivo alla loro produzione, tale da non far venir meno l'eventuale carattere commerciale dell'attività. Peraltro, tale esenzione è compatibile con il divieto di aiuti di Stato, sancito dalla normativa unionale, soltanto qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati, e l'attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico. (Nella specie la S.C., in processo relativo all'esenzione dal pagamento dell'Ici di una casa di riposo per anziani, svolta in un immobile nel possesso di fondazione religiosa eretta in ente morale, ma gestita da diverso soggetto che conduceva l'immobile in locazione, ha cassato con rinvio la decisione della corte di merito, rilevando che non era stata correttamente valutata la ricorrenza del presupposto oggettivo necessario per conseguire l'esenzione dal pagamento dell'ICI).
Cass. civ. n. 34601/2019
In tema d'imposta comunale sugli immobili (ICI), l'esenzione riconosciuta dall'art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 917 del 1986 (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio d'attività commerciali), purché destinati esclusivamente - fra l'altro - allo "svolgimento d'attività assistenziali", non spetta alle Agenzie Territoriali per la Casa, istituite con l.r. Piemonte n. 11 del 1993, enti pubblici non economici che esercitano nell'ambito locale le funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari, non essendo sufficiente la pretesa destinazione "esclusiva" allo svolgimento di attività assistenziale, ma occorrendo la destinazione diretta e immediata dell'immobile allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'ente, aspetto non ravvisabile in caso di utilizzazione indiretta degli alloggi di edilizia residenziale pubblica concessi da parte di privati cittadini.
Cass. civ. n. 16697/2019
In tema di imposte sui redditi, ricorre l'ipotesi di esterovestizione allorché una società, la quale ha nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione, da intendersi come luogo in cui si svolge in concreto la direzione e gestione dell'attività di impresa e dal quale promanano le relative decisioni, localizzi la propria residenza fiscale all'estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa.
Cass. civ. n. 15184/2019
In tema di IRES, ai fini dell'individuazione della residenza fiscale delle società ed enti, in base all'art. 73 (già 87), comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 la nozione di "sede dell'amministrazione", in quanto contrapposta alla "sede legale", è assimilabile alla "sede effettiva" di matrice civilistica, intesa come il luogo di concreto svolgimento delle attività amministrative, di direzione dell'ente e di convocazione delle assemblee e, quindi, come luogo stabilmente utilizzato per l'accentramento, nei rapporti interni e con i terzi, degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente. (Fattispecie in tema di estero-vestizione di una società-madre avente sede in Olanda in cui la S.C., cassando la sentenza della C.T.R., ha ritenuto la nazionalità italiana ed inglese dei suoi amministratori non sintomatica dell'ubicazione della sede effettiva in Italia).
Cass. civ. n. 13360/2019
Il consorzio costituito per gli scopi previsti dall'art. 2602 c.c., non potendo avere per sé alcun vantaggio, in quanto lo stesso, al pari dell'eventuale svantaggio, appartiene unicamente e solo alle imprese consorziate, ha l'obbligo di ribaltare sulle stesse, secondo i criteri di legge o quelli legittimamente fissati dallo statuto, se non elusivi della causa consortile e delle relative norme fiscali, tutte le operazioni economiche realizzate da una o più imprese consorziate, oppure dallo stesso consorzio con strutture proprie o con impiego di imprese terze, sicché le singole consorziate sono tenute ad emettere fattura - ai fini IVA - nei confronti del consorzio in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei proventi delle commesse ad essa attribuiti, nonché autofattura, in proporzione della quota consortile, per il ribaltamento dei relativi costi.
Cass. civ. n. 16229/2018
In tema di fondazioni bancarie, sussiste una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all'entità di partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull'attività dell'ente creditizio: ne deriva che detti soggetti, per fruire delle agevolazioni previste per le persone giuridiche di cui all'art. 10 bis della l. n. 1745 del 1962 ovvero dall'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 per gli enti ed istituti aventi finalità di assistenza, beneficienza, istruzione e cultura, sono tenuti a fornire, assolvendo all'onere a proprio carico ex art. 2967 c.c., la prova positiva - che può essere assolta mediante la produzione di estratti dei libri contabili o idonee certificazioni del collegio dei revisori o del collegio sindacale delle società partecipate - di avere nel complesso svolto, in concreto, attività di promozione sociale e non di mera gestione della partecipazione detenuta.
Cass. civ. n. 15447/2018
In tema di determinazione delle plusvalenze, gli artt. 10, 11 e 12, comma 3, della l. n. 342 del 2000, hanno previsto la possibilità, per i soggetti indicati dall'art. 87, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 917 del 1986, anche in deroga all'art. 2426 c.c. e ad ogni altra disposizione normativa vigente in materia, di rivalutare i beni materiali ed immateriali, risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2002, a decorrere da quello dell'esercizio successivo.
Cass. pen. n. 38016/2017
In tema di violazioni finanziarie, ricorre il reato di dichiarazione infedele in presenza di comportamenti simulatori - nella specie negozi collegati tra loro apparentemente finalizzati a cessione di partecipazione societaria - preordinati alla "immutatio veri" del contenuto della dichiarazione ex art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000 ed integranti una falsità ideologica che connota il fatto evasivo incidendo sulla veridicità della dichiarazione per occultare in tutto o in parte la base imponibile, sicché non si applica la disciplina dell'abuso del diritto ex art. 10 bis della l. n. 212 del 2000 che ha portata solo residuale. (annulla senza rinvio, App. Bologna, 17/03/2015).
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In tema di violazioni finanziarie, l'istituto dell'abuso del diritto di cui all'art. 10-bis l. n. 212 del 2000 - che, per effetto della modifica introdotta dall'art. 1 del D.Lgs. n. 128 del 2015, esclude ormai la rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili - ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi. (Fattispecie relativa all'indebita indicazione di plusvalenza in regime di esenzione parziale, anziché ordinariamente tassabile e quindi determinante nella formazione del reddito IRES). (annulla senza rinvio, App. Bologna, 17/03/2015).
Cass. civ. n. 11872/2017
In tema di imposte sui redditi, l'operazione di "stock lending", ossia di prestito di azioni, che preveda, a favore del mutuatario, il diritto all'incasso dei dividendi dietro versamento al mutuante di una commissione (corrispondente, o meno, all'ammontare dei dividendi riscossi) realizza il medesimo fenomeno economico dell'usufrutto di azioni, senza che rilevi, ai fini tributari, che in un caso si verta su un diritto reale e, nell'altro, su un diritto di credito, sicchè è soggetta ai limiti previsti dall'art. 109, comma 8, del d.P.R. n. 917 del 1986, restando il versamento della commissione costo indeducibile.
Cass. civ. n. 11648/2017
Gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall'obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della l. n. 218 del 1990 ed in base all'art. 12 del d.lgs. n. 356 del 1990, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati alle persone giuridiche di cui all'art. 10-bis della l. n. 1745 del 1962 (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d'acconto sugli utili, né agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell'aliquota sull'IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati, nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, né in via estensiva, poiché la sua "ratio" va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell'entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell'attribuire a tali enti, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 153 del 1999 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, ex art. 87, comma 1, lettera c), del T.U.I.R., non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all'attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l'esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all'entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull'attività dell'ente creditizio e, dall'altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di aver in concreto svolto un'attività, per l'anno d'imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un'attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anziché quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all'Amministrazione finanziaria l'onere di sollevare in proposito precise contestazioni. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata sull'assunto che la fondazione ricorrente, tenuta per statuto ad assegnare almeno il 50% dei proventi derivanti dalla partecipazione ad una banca ad una apposita riserva destinata a finanziare gli aumenti di capitale della banca medesima, non aveva provato lo svolgimento in via prevalente di attività "no profit").
Cass. civ. n. 24060/2014
Il giudice può procedere d'ufficio alla disapplicazione delle sanzioni per violazione di norme tributarie qualora abbia accertato che le stesse sono state commesse in presenza ed in connessione con una situazione di oggettiva incertezza nell'interpretazione normativa, solo se vi sia una specifica domanda da parte del contribuente, avanzata nei modi e nei termini processuali appropriati. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Toscana, 11/02/2008).
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La disposizione di cui all'art. 23, comma 16 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, (convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), nel prevedere che, in sede di recupero delle agevolazioni ex artt. 6 del d.P.R. 29 settembre 1073, n. 601 e 10 bis, della legge 19 dicembre 1962, n, 1745, nei confronti dei soggetti di cui al d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356, non sono dovute le sanzioni irrogate con "provvedimenti interessati anche da ricorso per revocazione", si interpreta nel senso che essa trova applicazione anche nel caso in cui sia pendente ricorso per cassazione sulla fondatezza nel merito della pretesa tributaria, non essendosi al riguardo formato il giudicato, quale limite impeditivo alla applicazione della norma citata. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Firenze, 11/02/2008).
Cass. civ. n. 12495/2014
In materia di ICI, l'esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell'immobile da parte dell'ente proprietario, ancorché per finalità di pubblico interesse. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso l'applicabilità dell'esenzione agli immobili di proprietà di una congregazione religiosa locati ad un comune). (rigetta, Comm. Trib. Reg. del Lazio, sez. dist. di Latina, 07/05/2008).
Cass. civ. n. 9791/2014
In tema di IRPEG, l'esenzione dal relativo pagamento sancita dall'art. 88, primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguarda solo gli organi e le amministrazioni dello Stato, gli enti territoriali, i consorzi ed associazioni tra enti locali, nonché gli enti gestori di demani collettivi, non anche gli enti pubblici istituiti esclusivamente al fine dell'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie (nella specie l'Istituto Regina Margherita), che, invece, sono assoggettati al pagamento in forza del combinato disposto di cui agli artt. 87, primo comma, lett. c), 88, secondo comma, e 108 del d.P.R. cit. che assegna rilievo all'attività, non commerciale, per cui detti enti sono stati istituiti. Ne consegue che il reddito complessivo di questi ultimi va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, che mantengono la loro autonomia impositiva e non confluiscono nell'unica categoria del reddito d'impresa, senza che sia applicabile la deroga di cui all'art. 40 del d.P.R. n. 917 cit. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. della Sicilia, Sez. dist. di Messina, 21/11/2008).