Cass. civ. n. 26414/2018
In caso di contestazione di interposizione, i maggiori redditi devono essere attribuiti solamente al soggetto interponente, in qualità di titolare del reddito, e non al soggetto interposto, in quanto l'art.
37, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 600/1973 non prevede, in capo a quest'ultimo, una responsabilità sussidiaria.
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In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la disciplina antielusiva dell'interposizione di cui all'art.
37, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 non prevede una responsabilità aggiuntiva dell'interposto oltre a quella dell'interponente, poiché la norma ha la funzione di attribuire l'onere del pagamento delle imposte a carico dell'effettivo titolare dei redditi, mentre l'interposto non è soggetto passivo di imposta in quanto non ha il possesso dei redditi. (Cassa e decide nel merito, COMM. TRIBUTARIA II GRADO BOLZANO, 20/07/2010).
Cass. civ. n. 8085/2018
L'avviso di accertamento IRAP e IVA, emesso nei confronti di una società di persone, impone che il processo innanzi la Commissione tributaria competente si svolga con le modalità del litisconsorzio necessario, pena la nullità dei giudizi emessi, e quindi con l'inderogabile partecipazione dei soci anche nell'ipotesi in cui questi ultimi abbiano definito la propria posizione fiscale con riguardo all'IRPEF derivata per trasparenza dall'atto impositivo impugnato.
Cass. civ. n. 12953/2017
Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6/2003, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal Registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l'obbligazione della società non si estingue, atteso che ciò sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Da tale principio di diritto consegue che l'accertamento per IRAP ed IVA emesso nei confronti di una s.a.s. estinta è correttamente notificato ai suoi soci quali successori, anche, nelle correlative obbligazioni societarie. Peraltro, l'art. 28, co. 4, del D.Lgs. n. 175/2014, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal Registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva; ne consegue che il differimento quinquennale (operante nei confronti soltanto dell'Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell'estinzione della società derivanti dall'art. 2495, co. 2, c.c., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal Registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia stata presentata nella vigenza della nuova disciplina, ossia il 13 dicembre 2014 o successivamente.
Cass. civ. n. 29437/2008
Laddove il socio non abbia a contestare l'entità del reddito imputato alla società ma puramente e semplicemente la propria qualità di socio e l'esistenza del vincolo sociale, la controversia dedotta non è riconducibile alle ipotesi di litisconsorzio necessario secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, sent. n. 14815 del 2008.
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La sussistenza del vincolo sociale costituisce apprezzamento di fatto - la cui valutazione è demandata al giudice del merito - pregiudiziale al fine di legittimare l'accertamento ai fini delle imposte sui redditi fondato sulla convinzione dell'esistenza di una società di fatto della quale il contribuente sia parte integrante. Indice rivelatore di siffatta esistenza ben può essere identificato nella circostanza secondo la quale il corrispettivo delle commesse affidate ad un soggetto viene ad essere assolto da soggetto diverso ovvero nell'utilità tratta dall'intermediazione di un soggetto in favore di un altro.
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L'esistenza di un'attività imprenditoriale societaria richiede, ai fini fiscali, sia il requisito dell'apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi, quale indice rivelatore della reale esistenza di tale società, sia l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi di tale vincolo, che l'Amministrazione può provare anche in via presuntiva. L'indagine in tal senso va quindi condotta con riferimento agli elementi richiesti dall'art. 2247 c.c. per la sussistenza di un'attività societaria di fatto, consistenti nell'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro e conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi.
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Le manifestazioni esteriori di un vincolo societario non possono considerarsi, a fini fiscali, un elemento sufficiente per dimostrare l'esistenza di una società di fatto in quanto il comportamento tenuto dai presunti soci nei rapporti esterni non comporta necessariamente l'esistenza di una società nei rapporti interni.
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L'esistenza di una società di fatto in ambito tributario può essere desunta dalla condotta tenuta dai soci nei rapporti esterni a condizione che tale comportamento integri presunzioni gravi, precise e concordanti idonee a manifestare la sussistenza degli elementi costitutivi del contratto di società, cioè l'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro ed il conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi.
Corte cost. n. 360/2007
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9-bis, comma 18, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, il quale prevede che «L'intervenuta definizione da parte delle società od associazioni di cui all'articolo
5 del testo unico delle imposte sui redditi [...] costituisce titolo per l'accertamento, ai sensi dell'articolo 41- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, e successive modificazioni ed integrazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata [...]», censurato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, in quanto ritenuto applicabile anche alle persone fisiche che sono socie di società le quali abbiano definito con adesione i loro redditi sociali entro il termine del 15 dicembre 1995, fissato dagli artt. 2-bis e 3 del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656. Ed infatti, da un lato, è insufficiente la motivazione sulla rilevanza della questione, per evidenti carenze sia nella descrizione della fattispecie, sia nella individuazione della norma dalla quale discenderebbe il denunciato vulnus al diritto di difesa (se cioè la disposizione censurata ovvero il non censurato comma 8 dell'art. 2-bis, del D.L. n. 564 del 1994); dall'altro, è contraddittoria la motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza, in quanto il rimettente si duole del fatto che la disposizione censurata, ove applicabile anche alle persone fisiche che siano socie di società le quali abbiano definito i redditi sociali con adesione entro il termine del 15 dicembre 1995, violerebbe l'art.
24 Cost., e tuttavia ritiene che la medesima disposizione, ove invece non fosse applicabile ai soci suddetti, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i soci, a seconda che la società abbia provveduto o no alla definizione entro il termine indicato.
Cass. civ. n. 19238/2003
In tema di redditi prodotti in forma associata, qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della compagine sociale, con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della società devono essere imputati, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto (e, quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell'esercizio. Ciò in quanto una siffatta semplicistica ripartizione alla stregua del periodo di partecipazione non corrisponde necessariamente alla produzione del reddito da parte della società nei vari periodi (produzione non continua né uniforme nel tempo, e quindi insuscettibile di essere in tale misura frazionata), mentre secondo i principi civilistici in tema di ripartizione degli utili nelle società di persone - cui la disciplina tributaria coerentemente si uniforma - il diritto agli utili matura solo con l'approvazione del rendiconto.
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In tema di imposta sui redditi prodotti in forma associata, qualora nel corso di un esercizio sociale di una società di persone si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro i redditi della società devono essere imputati esclusivamente al contribuente che sia socio al momento dell'approvazione del rendiconto (e, quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell'esercizio.
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Quando, nel corso di un esercizio sociale di una società in nome collettivo, si sia verificato il mutamento della composizione sociale con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi di tale società devono esser imputati, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 del D.P.R. n. 597 del 1973 (ora art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986), esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente e a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell'esercizio.
Cass. civ. n. 903/1998
Ai fini della formazione del reddito di impresa e della sua valutazione, il combinato disposto degli artt. 62 e 64 del d.P.R. n. 597/73 va inteso nel senso che, per la valutazione dei titoli previsti nel precedente art. 53, l'art. 62 pone i criteri di valutazione, laddove l'art. 64 - oltre che immutare o integrare alcuni di tali criteri - nel comma quinto prevede unicamente la determinazione del "valore normale " dei titoli stessi, al quale fare riferimento nell'applicazione della previsione del comma quarto dell'art. 62. (cassa e decide nel merito, Comm.Trib.Centrale, 4 dicembre 1995)
Cass. civ. n. 8423/1994
Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 contenente l'istituzione e la disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, nell'ipotesi che nel corso di un esercizio sociale di una società in nome collettivo si sia verificato il mutamento della composizione della compagine sociale con il subentro di un socio nella posizione giuridica di un altro, i redditi della detta società devono essere imputati esclusivamente al contribuente che sia socio al momento della approvazione del rendiconto (e, quindi, al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già al socio uscente ed a quello subentrante attraverso una ripartizione in funzione della durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell'esercizio.
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Ove nel corso dell'esercizio sociale di una società di persone (società semplice, in nome collettivo o in accomandita semplice) si verifichi il trasferimento della posizione di socio mediante la cessione ad un terzo della partecipazione sociale, la quota di utili deve essere imputata per intero al cessionario che sia ancora socio al momento dell'approvazione del rendiconto e non già ad entrambi i soci (il cedente e il cessionario) in misura proporzionale (anno contestato: 1979).
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In tema di Irpef, qualora nel corso di un esercizio sociale di società in nome collettivo, si sia verificato il mutamento della compagine sociale, col subentro di un socio ad un altro, i redditi della società debbono essere imputati esclusivamente al contribuente che sia socio al momento dell'approvazione del rendiconto (e quindi al socio subentrante) proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, e non già ripartiti fra il socio uscente e quello subentrante, in regione della loro partecipazione alla società nel corso dell'esercizio.