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Articolo 53 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Redditi di lavoro autonomo

Dispositivo dell'art. 53 TUIR

1. Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l'esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell' articolo 5.

2. Sono inoltre redditi di lavoro autonomo:

  1. a) [[LETTERA ABROGATA DAL D.L. 31 MAGGIO 2024, N. 71]](1);
  2. b) i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali;
  3. c) le partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell'art. 41 quando l'apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro;
  4. d) le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
  5. e) le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia;
  6. f) i redditi derivanti dall'attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della legge 12 giugno 1973, n. 349;
  7. f-bis) le indennità corrisposte ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari.

3. [SOPPRESSO](2)

Note

(1) La lettera a) è stata abrogata dall'art. 3, comma 2 del D.L. 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2024, n. 106.
(2) Comma soppresso dall'art. 51, comma 2, del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36.
Il D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, come modificato dal D.L. 22 marzo 2021, n. 41, ha disposto (con l'art. 51, comma 1) che "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 31, le disposizioni recate dal presente decreto si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2022, ad esclusione di quelle di cui agli articoli 25, 26, 27, 28, 29, 30, 32, 33, 34, 35, 36, 37 che si applicano a decorrere dal 1° luglio 2022".

Massime relative all'art. 53 TUIR

Cass. civ. n. 21694/2020

In tema di imposte sui redditi, il meccanismo delineato dall'art. 54, comma 8, T.U.I.R. (nel testo applicabile "ratione temporis"), relativamente ai redditi derivanti dall'utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore (nella specie cantante), di opere dell'ingegno, qualora non conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali, non attribuisce alcun beneficio fiscale, ma individua in maniera predeterminata la base imponibile dell'imposta, corrispondendo la prevista riduzione percentuale del 25 o 40 per cento ad una forfettizzazione delle spese che, mirando a favorire le attività artistiche, nell'assunto che molte spese non sono agevolmente documentabili, osta alla deduzione analitica dei costi sostenuti dall'autore per la realizzazione dell'opera, anche se regolarmente documentati; pertanto, tale previsione, siccome non introduce un beneficio, trova applicazione a prescindere dal comportamento del contribuente, a nulla rilevando che il suo reddito sia stato percepito interponendo un soggetto fittizio (nella specie tre società estere la cui totalità o maggioranza delle attività, del giro d'affari e dei proventi erano sovrapponibili a quelli del contribuente).

In tema di violazioni in materia di IVA, in relazione agli illeciti penal-tributari di cui al Titolo II D.Lgs. n. 74 del 2000 va escluso che il procedimento amministrativo sanzionatorio debba essere dichiarato improcedibile in ragione dell'intervenuta sentenza penale irrevocabile di assoluzione ancorché pronunciata con l'ampia formula "perché il fatto non sussiste", la quale determina l'ineseguibilità definitiva della sanzione tributaria, ferma la necessità di accertare, in concreto, nel giudizio avente ad oggetto l'eventuale riscossione avviata dall'Ufficio, l'identità del "fatto" rispetto agli elementi costitutivi sia dell'illecito amministrativo tributario che della corrispondente fattispecie incriminatrice.

In tema di violazioni in materia di IVA, è producibile in cassazione ex art. 372 c.p.c. la sentenza penale irrevocabile di assoluzione, relativa ai medesimi fatti oggetto della sanzione tributaria controversa, ove il contribuente intenda far valere l'improcedibilità, l'improponibilità o, comunque, l'estinzione, in tutto o in parte, del giudizio tributario per violazione - pur dedotta per la prima volta in sede di legittimità e sempreché pertinente alle questioni ritualmente in giudizio - di principi di ordine pubblico unionale (nella specie, del "ne bis in idem"); diversamente, tale produzione non è ammissibile ai fini delle contestazioni in materia di imposte dirette, per le quali non viene in rilievo l'esigenza di effettività del diritto unionale.

I compensi per diritti discografici sono soggetti ad IRAP, qualora ricorra il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione, nonché ad IVA, in quanto venga in rilievo la cessione di diritti (o beni similari a quelli) d'autore verso corrispettivo e, dunque, una prestazione di servizi che, in quanto tale, è operazione imponibile; sono fuori campo IVA, invece, le cessioni relative ai diritti d'autore in senso stretto operate dall'autore (o dai suoi eredi), salvo che riguardino disegni, opere di architettura o dell'arte cinematografica.

In tema di sanzioni tributarie in materia di IVA, è irrilevante e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'impossibilità di instaurare o di proseguire un procedimento amministrativo volto all'irrogazione di una sanzione penale formalmente amministrativa ma avente natura sostanzialmente penale, per violazione dell'art. 117 Cost., in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU, in quanto il rapporto tra il suindicato procedimento amministrativo ed il processo penale trova una specifica disciplina negli artt. 19 e 21 del D.Lgs. n. 74 del 2000.

In tema d'imposte sui redditi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 T.U.I.R. e 43 c.c., deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all'estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d'imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi ed a prescindere dalla sua iscrizione nell'AIRE.

Cass. civ. n. 3387/2020

In tema d'IVA, la fornitura al personale dipendente degli indumenti da lavoro da indossare durante l'attività lavorativa non costituisce prestazione di servizi, bensì messa a disposizione di strumenti da lavoro, rientrante tra gli obblighi contrattuali dell'imprenditore sicché, trattandosi di un costo, non costituisce elemento positivo del reddito e, non essendo assoggettabile ad IVA, ne è preclusa la rivalsa nei confronti dei dipendenti.

Comm. Trib. Reg. Umbria n. 241/2017

Sulla scorta della sentenza n. 18030 del 24 luglio del 2013 della Corte di Cassazione, l’attività di prostituzione - nella specie non negata dall’interessata - è fonte di reddito tassabile e, come tale, deve essere denunciata all’Erario.

Cass. civ. n. 19327/2016

In tema d'IRAP, non realizza il presupposto impositivo l'esercizio dell'attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e controllo di enti di categoria, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all'interno di un'associazione professionale, senza ricorrere ad un'autonoma organizzazione. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 24/09/2013).

Cass. civ. n. 17741/2006

Le indennità percepite da un segretario comunale per il servizio dei protesti cambiari non sono inquadrabili fra i redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente, ai sensi dell'art. 47, lett. b), del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597, atteso che il servizio dei protesti, ancorché sia attribuito al segretario comunale, nei casi previsti dalla legge, in considerazione della sua qualifica, è estraneo ai suoi compiti istituzionali e si concreta in una attività che presenta caratteri analoghi a quelli del lavoro autonomo, e necessita di strutture organizzative con le relative spese, non potendo all'uopo essere utilizzate quelle dell'ente comunale, non preordinate a tale scopo. Pertanto, i redditi prodotti dal segretario comunale nell'espletamento dell'anzidetto servizio sono soggetti non alle detrazioni forfettarie previste per i lavoratori dipendenti, ma a quelle dei redditi di lavoro autonomo. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 8 Febbraio 2000).

Cass. civ. n. 5866/1999

I compensi erogati in favore di giocatori professionisti dalla federazione italiana gioco calcio (organo del c.o.n.i.) in relazione alla loro partecipazione a squadre nazionali in incontri calcistici di tipo internazionale (nella specie, ai campionati del mondo del 1982), hanno carattere di redditi di lavoro autonomo, tenendo conto che detta partecipazione, ai sensi della legge 23 marzo 1981 n. 91 sul professionismo sportivo, configura un'attività lavorativa, ma difetta dei connotati della subordinazione, non essendo, in particolare, ricollegabile a "comando" o "distacco" da parte delle singole società sportive di appartenenza (le quali non hanno, al riguardo, alcun obbligo di effettuarlo, ma sono soltanto soggette a consentire l'impiego dei calciatori alle loro dipendenze in quelle squadre nazionali). (cassa e decide nel merito, Comm.Trib.Reg. Torino, 3 dicembre 1996).

Cass. pen. n. 11695/1991

I proventi della attività di chiromante sono soggetti alle imposte sui redditi in quanto non costituiscono, di per sé e salvo l'accertamento di specifiche ipotesi di reato, reddito di attività illecita, poiché la attività chiromantica risponde a criteri o principi uniformi propri di una disciplina parapsicologica soggetta nella storia ad approfonditi studi, il cui intelligente e prudente esercizio in alcuni settori della antropologia culturale può ancora costituire oggetto di dibattito scientifico. (Nella specie l'imputata era accusata di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Il giudice di merito aveva dichiarato non doversi procedere per amnistia ex art. 2 D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75. La Corte, su gravame del P.M., ha annullato la sentenza, ritenendo trattarsi di attività commerciale. (annulla con rinvio, G.I.P. Trib. Perugia, 10 ottobre 1990).

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Consulenze legali
relative all'articolo 53 TUIR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

S. M. chiede
giovedì 27/09/2018 - Sardegna
“Sono un medico di Base convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale che ha cessato completamente l'attività professionale il 30/09/2017 per pensionamento.Dico di fatto in quanto,pur avendo interrotto completamente le prestazioni professionali, ho conservato la partita IVA al fine di poter definire alcuni rapporti giuridici rimasti pendenti dopo l'interruzione delle prestazioni professionali, consistenti in crediti strettamente connessi con l'attività a suo tempo esercitata.
Come Titolare di partita IVA, per l'anno 2017 devo determinare il reddito compilando il Quadro RE-Redditi entro il 31/10/2018.
Solitamente al quadro RE-Redditi deve essere allegato il modello STUDI DI SETTORE.
Nel mio caso,AVENDO CESSATO DI FATTO COMPLETAMENTE L'ATTIVITA' DURANTE IL PERIODO DI IMPOSTA,PUR CONSERVANDO LA PARTITA IVA per poter definire alcuni rapporti giuridici rimasti pendenti,SONO SOGGETTO ALLA COMPILAZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE A TUTTI GLI EFFETTI? OPPURE SONO ESCLUSO DALLA SUA COMPILAZIONE?OPPURE DEVO COMPILARLO AI SOLI FINI STATISTICI PUR RIMANENDO ESCLUSO DALLA FASE ACCERTATIVA ?
QUALORA FOSSI ESCLUSO DALLA SUA COMPILAZIONE O DOVESSI COMPILARLO AI SOLI FINI STATISTICI PUR ESSENDO ESCLUSO DALLA FASE ACCERTATIVA, QUALE E' LA CAUSA DI ESCLUSIONE DA INDICARE FRA QUELLE ELENCATE NEL QUADRO RE-Redditi, RIGO RE1, COLONNA 2?”
Consulenza legale i 03/10/2018
Gli studi di settore si applicano agli esercenti attività di impresa o di lavoro autonomo che svolgono, come “attività prevalente”, una o più delle attività per le quali risulta approvato un apposito studio di settore e che non presentano una causa di esclusione o di inapplicabilità.
Le istruzioni generali alla compilazione degli studi di settore, al punto 2.4, individuano le cause di esclusione dall’applicazione degli studi di settore tra le quali, quelle maggiormente attinenti alla fattispecie considerata, riguarderebbero l’ipotesi di cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta; ovvero, l’ipotesi di trovarsi in un periodo di non normale svolgimento dell’attività.
Di norma, la cessazione dell’attività è associata all’invio della comunicazione di cessazione della partita IVA; mentre, per “periodo di non normale svolgimento dell’attività” deve intendersi anche il periodo in cui il contribuente ha sospeso l’attività ai fini amministrativi dandone comunicazione alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.

Nel caso di specie, non è stata ancora comunicata la cessazione della partita IVA e, del resto, non potrebbe effettuarsi dal momento che, al riguardo, valgono le indicazioni date dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, in cui è stato precisato che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale”.
La cessazione dell’attività per il professionista non coincide, infatti, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali.

Pertanto, nella fattispecie prospettata, il medico non può procedere alla chiusura della partita IVA, fintanto che non sia avvenuta la riscossione dei compensi relativi all’attività professionale espletata.
Come precisato nella Risoluzione n. 232/E del 20.08.2009, tali crediti dovranno essere regolarmente assoggettati ad IVA, atteso che, al momento della loro riscossione, risulteranno essere soddisfatti i requisiti richiesti ai fini dell’imponibilità, di cui all’art. 1 del DPR n. 633 del 1972.
D’altra parte, neppure può parlarsi di un periodo di normale svolgimento dell’attività dal momento che, l’attività professionale è, di fatto, interrotta per effetto del pensionamento.

Tenuto conto di ciò, occorrerà comunque procedere alla compilazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, così come indicato nelle istruzioni alla compilazione del quadro RE del Modello UPF 2818 – periodo di imposta 2017 (fascicolo 3), indicando, in RE1, colonna 2, il codice “7” – altre situazioni di non normale svolgimento dell’attività e, precisando nelle note che, nel periodo di imposta, è stata interrotta l’attività professionale per effetto del pensionamento e che si mantiene la titolarità della partita IVA al solo scopo di consentire la fatturazione dei crediti ancora da incassare e, nel rispetto delle indicazioni date dalla stessa Amministrazione finanziaria.

Salvatore M. chiede
giovedì 06/09/2018 - Sardegna
“In data 30/09/2017 ho cessato l'attività di Medico di Base e, qualche giorno dopo, ho chiuso la partita IVA. Nel mese di ottobre,a partita IVA chiusa, ho dismesso i beni strumentali autofatturandoli e avendo ricevuto da parte dell'ASL di appartenenza i compensi relativi al mese di settembre, ho numerato e registrato il relativo foglio di liquidazione( che a tutti gli effetti sostituisce la fattura). E' stato legittimo fatturare i beni strumentali e numerare e registrare il foglio di liquidazione ASL a partita IVA chiusa? Quest'anno ho ricevuto dall'INAIL e da parte dell'ASL dei compensi arretrati con i relativi fogli di liquidazione. Devo numerare e registrare tali fogli pur essendo la partita IVA chiusa? I dati relativi a tali fogli sono da comunicare ai fini dello spesometro? I compensi corrispondenti costituiscono reddito di lavoro autonomo o sono classificati come redditi diversi?”
Consulenza legale i 15/09/2018
Come stabilito dall’Agenzia delle Entrate, i medici di base rientrano nella categoria dei percettori di redditi di lavoro autonomo e, pertanto, sono titolari di partita IVA e devono determinare analiticamente il proprio reddito compilando il quadro RE – Redditi di lavoro autonomo - del modello di dichiarazione predisposto per le persone fisiche (con riferimento al periodo di imposta 2017, Modello Redditi Persone Fisiche 2018, fascicolo 3).

Tenuto conto di ciò, in ordine alla individuazione del momento in cui è possibile effettuare la cessazione della partita IVA, valgono le indicazioni date dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, in cui è stato precisato che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale”.

La cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali.
Pertanto, nella fattispecie prospettata, in linea generale, il medico non avrebbe potuto procedere alla chiusura della partita IVA, fintanto che non fosse avvenuta l’auto-fatturazione dei beni strumentali nonché la riscossione dei compensi relativi al mese di settembre e degli ulteriori arretrati.
Come precisato nella Risoluzione n. 232/E del 20.08.2009, tali crediti dovranno essere regolarmente assoggettati ad IVA, atteso che, al momento della loro riscossione, risulteranno essere soddisfatti i requisiti richiesti ai fini dell’imponibilità, di cui all’art. 1 del DPR n. 633 del 1972.

Anche la Suprema Corte di Cassazione (Sentenza n. 8059 del 21.04.2016) ha stabilito che il compenso percepito per prestazioni professionali svolte nell'esercizio di impresa, arti e professioni è imponibile ai fini IVA anche se incassato dopo la cessazione dell’attività, stante il fatto che il regime impositivo cui è assoggettata la prestazione è determinato al momento in cui materialmente si fa la prestazione, indipendentemente dalla soggettività passiva Iva del percipiente al momento dell’incasso.
Tale orientamento è in linea con le Direttive comunitarie in materia di IVA, ancorché la legislazione nazionale (art. 6 del d.P.R. n. 633/72) disponga che le prestazioni di servizi, in assenza di anteriore fattura, “si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo”.

Da ciò deriva anche la successiva affermazione, condivisa dall’Amministrazione finanziaria, in base alla quale, laddove il professionista volesse procedere ugualmente alla chiusura della partita IVA, l’unica soluzione possibile sarebbe quella di anticipare la fatturazione delle prestazioni, assolvendo anticipatamente anche ai connessi obblighi di registrazione, liquidazione e dichiarazione dei compensi successivamente percepiti. Nel caso di specie, nonostante sia stata chiusa la partita IVA, non è stata effettuata l’anticipazione della fatturazione.

L’unica soluzione possibile, per sanare l’errore commesso, è quello di presentare un’istanza, presso l’Ufficio territorialmente competente dell’Agenzia delle Entrate, con cui si chiede l’annullamento della comunicazione di cessazione della Partita IVA a suo tempo presentata e, la contestuale riapertura della stessa. Nella predetta istanza dovranno essere precisati i motivi per i quali viene effettuata tale richiesta che, ovviamente, consistono nella necessità di dovere ancora assolvere, come previsto dalla risoluzione sopra citata, ai propri obblighi tributari, quali il dovere procedere all’emissione delle fatture per crediti incassati in un periodo successivo alla data precedentemente comunicata di chiusura della partita IVA nonché, la necessità di auto-fatturare i cespiti a se stesso assegnati.

La riapertura della partita IVA, inoltre, consentirà di assolvere a tutti gli ulteriori obblighi, ivi compreso quello dichiarativo tanto ai fini dell’imposta sul valore aggiunto quanto ai fini delle imposte sui redditi, a tal fine, compilando l’apposito quadro RE del Modello Redditi Persone Fisiche 2018, fascicolo 3.
L’istante potrà così anche assolvere all’obbligo di trasmissione delle Comunicazioni Dati Fatture emesse e ricevute di cui all’articolo 4 del Decreto Legge n. 193 del 22 ottobre 2016 – c.d. “nuovo spesometro”, indicando i dati delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto effettuate.
Al riguardo, è opportuno tenere conto del fatto che, in ogni caso, in assenza di una richiesta di riapertura della partita IVA, il software di controllo segnalerebbe ai destinatari l’inserimento di fatture ricevute da fornitori con partita IVA cessata al fine di non consentire l’esercizio del diritto alla detrazione o di stimolare il ravvedimento laddove lo stesso sia stato comunque esercitato.

Le considerazioni espresse valgono anche in riferimento al caso delle operazioni esenti, quali sono quelle mediche del caso prospettato, poiché sono comunque operazioni del mondo IVA per le quali sussistono i medesimi obblighi gravanti sui soggetti che effettuano operazioni imponibili (fatturazione, registrazione, liquidazione, comunicazione e dichiarazione), sebbene dovrà essere indicato, in fattura, il riferimento alla norma di esenzione.

ALFREDO C. chiede
lunedì 04/12/2017 - Lazio
“Una persona fino al 31/12/2015 ha svolto una collaborazione (COCOPRO) con una azienda svolgendo attività di "consulenza commerciale".
A gennaio 2016 ha aperto una partita iva col regime Forfettario per svolgere attività di "ricerche di mercato".
La domanda: può considerarsi nuova attività e quindi pagare le imposte Irpef con l'aliquota dl 5%
Grazie e cordiali saluti.

Consulenza legale i 09/12/2017
È da ritenere che il richiedente si riferisca ai nuovi regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni di cui ai commi da 54 a 89 dell’art. 1 della Legge n. 190/2014, introdotti per effetto delle disposizioni di cui all’art. 11, comma 1, della legge di delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23.

Più in particolare, ci si riferisce al nuovo regime forfettario, destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni.

Tale regime, applicabile dal 1° gennaio 2015, poi significativamente modificato dall’articolo 1, commi da 111 a 113, della legge n. 208 del 2015 (c.d. “legge di stabilità per il 2016”), ha inteso razionalizzare la tassazione delle attività produttive di ridotte dimensioni - sia per i soggetti in attività che per coloro che intraprendono una nuova impresa, arte o professione - e superare, progressivamente, le criticità e le sovrapposizioni generate dalla coesistenza di più regimi di favore destinati a soggetti con caratteristiche simili.

In particolare, il comma 65 del citato articolo 1 ha previsto ulteriori vantaggi volti a favorire la nascita di nuove iniziative economiche.
La norma, nella versione originaria applicabile per l’anno di imposta 2015, prevedeva che i contribuenti in regime forfettario beneficiassero della riduzione di 1/3 dell’imponibile determinato con le modalità fissate al comma 64, al lordo delle deduzioni.

Con l’intento di favorire ulteriormente le nuove iniziative economiche e di consentire la definitiva abrogazione del regime c.d. di vantaggio, di cui all’articolo 27 co.2 del D.L. n. 98 del 2011, il legislatore con la legge di stabilità per il 2016, ha modificato il comma 65 disponendo che, a decorrere dal 2016, il reddito determinato con i criteri sopra richiamati, sia assoggettato ad un’imposta sostitutiva del 5%, per i primi 5 anni di attività.

Per poter beneficiare degli ulteriori vantaggi in termini di tassazione è, tuttavia, necessario che:

a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell’attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;
b) l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
c) qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 54.

I suddetti requisiti sono analoghi a quelli previsti dall’articolo 27 del D.L. n. 98 del 2011 per l’accesso al regime di vantaggio, descritti nella circolare n. 17/E del 2012, paragrafi da 2.2.1 a 2.2.3, alla quale si potrà fare rifermento anche in relazione al caso di specie e a cui, pertanto, si rinvia per ulteriori approfondimenti.

Volendo dunque riassumere le caratteristiche più significative delle suddette disposizioni, va detto che, laddove la norma richiama il precedente triennio quale limite di riferimento per l’avvio di una precedente iniziativa economica, intende riferirsi al triennio calcolato secondo il calendario gregoriano, e non al periodo d’imposta né all’anno solare.

Pertanto, nel caso di specie, per avviare la nuova attività a gennaio 2016, beneficiando delle agevolazioni in parola, il soggetto avrebbe dovuto concludere la precedente attività entro dicembre del 2012; ed ancora la preclusione in argomento, in ogni caso, non opera qualora i redditi percepiti nel triennio siano riconducibili ad un contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro, né in caso di partecipazione ad una società inattiva.

Si ricorda anche, per ciò che qui maggiormente rileva, che il vincolo che la nuova attività non sia mera prosecuzione di una precedente attività d’impresa, di lavoro dipendente o di lavoro autonomo (salvo l’eccezione prevista per la pratica obbligatoria) persegue, in generale, una finalità antielusiva, poiché mira ad evitare che il beneficio possa essere fruito da soggetti che si limitino a modificare la sola veste giuridica dell'attività esercitata in precedenza o dispongano, scientemente, la mera variazione del codice ATECO sfruttando il cambio di denominazione previsto per il “rinnovo” dell’attività.

Al riguardo, come precisato nella Circolare n. 10E del 04.09.2016, restano valide tutte le considerazioni già svolte con riguardo ai precedenti regimi, nel senso che la prosecuzione dell’attività deve essere valutata sotto il profilo sostanziale e non formale.

A tal fine, pertanto, è indispensabile valutare se la nuova attività si rivolge alla medesima clientela e necessita delle stesse competenze lavorative.

Ciò significa che ci sarà continuità quando il contribuente sceglierà di esercitare la medesima attività, svolta precedentemente come lavoratore dipendente rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento. Si ritiene che la prosecuzione rilevi anche quando la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per cause indipendenti dalla volontà del dipendente, tenuto conto che la norma in esame non fa riferimento a specifiche agevolazioni per i lavoratori in mobilità.

Con più documenti di prassi l’amministrazione finanziaria ha, altresì, chiarito che la continuità non sussiste quando la nuova attività o il mercato di riferimento siano diversi, ovvero quando la precedente attività abbia il carattere di marginalità economica, ossia il lavoro dipendente o assimilato sia svolto, in base a contratti a tempo determinato o di collaborazione coordinata o a progetto per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio.

Muovendo da queste considerazioni, si ritiene che, la risposta al quesito non possa che essere data esaminando in concreto l’attività svolta per effetto del contratto di collaborazione e quella che il soggetto sta svolgendo, da gennaio 2016, in modo autonomo: infatti, nella misura in cui la stessa si rivolge alla medesima clientela e necessita delle medesime competenze, non potrà che essere considerata mera prosecuzione di quella in precedenza svolta e, quindi, esclusa dal regime agevolativo in trattazione.

In questa sede, può soltanto farsi osservare che, in linea del tutto teorica, può ritenersi che l’attività di “ricerche di mercato” richieda competenze analoghe a quelle necessarie per lo svolgimento dell’attività di “consulenza commerciale”.

Il contratto di consulenza commerciale è, infatti, un contratto stipulato tra un'impresa e un consulente, che nella maggior parte dei casi ha l'incarico di individuare o procacciare nuovi clienti per i prodotti o servizi dell’impresa committente, o di studiare nuove strategie commerciali per la vendita degli stessi prodotti o servizi.

È evidente che questo tipo di attività presuppone necessariamente lo studio e l’analisi dei comportamenti espressi e dei processi decisionali (motivazioni) dei consumatori ai quali ci si rivolge e, tale attività è finalizzata a selezionare tutti gli elementi rilevanti di informazione utilizzabili per le decisioni in tema di prodotti, distribuzione, efficacia della pubblicità e tecniche promozionali, nonché alla valutazione della posizione complessiva dell'impresa per la quale si richiede il supporto professionale del consulente commerciale, così come l’attività di “ricerca di mercato”.

Tuttavia, a titolo di esempio, se in concreto la nuova attività è svolta in riferimento ad una quota di mercato diversa, per zona geografica o per tipologia di prodotto, da quella alla quale ci si è in precedenza rivolti, svolgendo l’attività di consulente commerciale, la nuova attività di ricerca di mercato potrebbe non essere considerata una mera prosecuzione di quella precedente e beneficare, pertanto, del regime agevolativo.

L’esame, quindi, non può che essere condotto in concreto ed esaminando ogni singolo caso.

Resta comunque il fatto che, pur non potendo usufruire del regime di cui al predetto comma 65, laddove sussistano gli ulteriori requisiti di legge, il soggetto potrà comunque applicare il regime forfettario previsto dagli atri commi dell’art. 1 della Legge n. 190/2014.

ALFREDO C. chiede
sabato 04/11/2017 - Lazio
“Una società srl ha un locale dove ha alcuni apparecchi medicali che affitta a medici oculisti per poter operare i Loro pazienti.
Alcuni medici introitano dal cliente l'intero importo della prestazione medica, altri l'importo della loro prestazione e il paziente paga la società per l'utilizzo degli apparecchi sanitari. La domanda:
* quando la società introita la somma dal medico e/o dal paziente deve emettere fattura con Iva oppure comunque la prestazione è esente?
Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 09/11/2017
In base alla disposizione di cui all’art. 10, comma 1, n. 18 del d.P.R. n. 633/72, sono esenti da impostale prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.

Come precisato nella Risoluzione n. 39/E del 16 marzo 2004, il regime di esenzione non è condizionato dalla forma organizzativa della struttura che fornisce le prestazioni, purché la direzione tecnica sia affidata ad un medico abilitato all’esercizio delle stesse.

In presenza di questa condizione, il regime di esenzione sarebbe applicabile anche alle fatture emesse dalla struttura nei confronti del paziente.

Andando al caso di specie, la società S.r.l. svolge una prestazione esclusivamente a favore dei medici, dal momento che, come precisato nel quesito, la stessa ha un locale dove ha alcuni apparecchi medicali che affitta a medici oculisti per poter operare i loro pazienti.

In considerazione di ciò, le prestazioni assicurate dalla società S.r.l. non sono riconducibili tra quelle di cui al citato n. 18 del comma 1 dell’art. 10: la società S.r.l., infatti, non fornisce direttamente le prestazioni sanitarie e di diagnosi, ma si limita a dare in affitto ai medici, che forniscono le predette prestazioni, i locali ed i necessari apparecchi medicali.

La prestazione sanitaria di diagnosi, cura e riabilitazione, dunque, non è resa dalla struttura ma dal medico, seppure lo stesso si avvalga dei locali e degli apparecchi medicali presi in affitto dalla società S.r.l.
Pertanto, mentre la prestazione del medico può essere considerata esente in applicazione delle disposizioni di cui al citato art. 10, comma 1, n. 18 del d.P.R. n. 633/72, quella della società S.r.l. è pienamente imponibile, trattandosi di una prestazione di servizio riconducibile tra quelle di cui all’art. 3, comma 2, n. 1) del d.P.R. n. 633/72, resa nell’esercizio di un’attività di impresa, così come individuate dall’art. 4 dello stesso d.P.R., all’interno del territorio nazionale.

La società, quindi, deve sempre rilasciare fattura con IVA anche se, in base alla prospettazione effettuata, la fattura andrebbe emessa esclusivamente a favore dei medici che si avvalgono dei locali e delle apparecchiature medicali della società e, non anche nei confronti dei pazienti con i quali la stessa sembra non avere, giuridicamente, alcuna relazione.

La risposta data tiene conto del fatto che, nel quesito, la Società S.r.l. non viene indicata come poliambulatorio medico privato e che, quindi, non trova applicazione il regime della riscossione accentrata dei corrispettivi spettanti ai medici e paramedici che operano, privatamente, presso le strutture sanitarie private di cui all’articolo 1, commi da 38 a 42, della legge 27 dicembre 2006, numero 296, in vigore dal 01.03.2007.

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