(massima n. 1)
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9-bis, comma 18, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 1997, n. 140, il quale prevede che «L'intervenuta definizione da parte delle società od associazioni di cui all'articolo
5 del testo unico delle imposte sui redditi [...] costituisce titolo per l'accertamento, ai sensi dell'articolo 41- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, e successive modificazioni ed integrazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata [...]», censurato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, in quanto ritenuto applicabile anche alle persone fisiche che sono socie di società le quali abbiano definito con adesione i loro redditi sociali entro il termine del 15 dicembre 1995, fissato dagli artt. 2-bis e 3 del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656. Ed infatti, da un lato, è insufficiente la motivazione sulla rilevanza della questione, per evidenti carenze sia nella descrizione della fattispecie, sia nella individuazione della norma dalla quale discenderebbe il denunciato vulnus al diritto di difesa (se cioè la disposizione censurata ovvero il non censurato comma 8 dell'art. 2-bis, del D.L. n. 564 del 1994); dall'altro, è contraddittoria la motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza, in quanto il rimettente si duole del fatto che la disposizione censurata, ove applicabile anche alle persone fisiche che siano socie di società le quali abbiano definito i redditi sociali con adesione entro il termine del 15 dicembre 1995, violerebbe l'art.
24 Cost., e tuttavia ritiene che la medesima disposizione, ove invece non fosse applicabile ai soci suddetti, creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i soci, a seconda che la società abbia provveduto o no alla definizione entro il termine indicato.