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Articolo 9 bis Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 10/10/2024]

Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili

Dispositivo dell'art. 9 bis Testo unico edilizia

1. Ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi previsti dal presente testo unico, le amministrazioni sono tenute ad acquisire d'ufficio i documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli catastali, che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e sull'autenticità di tali documenti, informazioni e dati.

1-bis. Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34 ter, 36, 36 bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare concorrono, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all'articolo 34 bis. Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi(1).

1-ter. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio, di cui all'articolo 1117 del codice civile. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell'edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso(2).

Note

(1) Il comma 1-bis è stato inserito dall'art. 10, comma 1, lett. d) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 e, successivamente, modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b) del D.L. 29 maggio 2024, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2024, n. 105.
(2) Il comma 1-ter è stato introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera b-bis) del D.L. 29 maggio 2024, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2024, n. 105.

Spiegazione dell'art. 9 bis Testo unico edilizia

L'articolo in commento costituisce un'espressione del principio della "decertificazione" consacrato nella Legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012), che ha definitivamente sollevato i cittadini dall'onere di produrre certificati attestanti informazioni o dati che la P.A. è in grado di reperire d'ufficio.

La norma si inserisce nel filone delle disposizioni del Testo Unico improntate all'obiettivo di semplificare gli adempimenti burocratici dei procedimenti di rilascio dei titoli abilitativi, nel quale possono essere ricomprese anche le disposizioni relative allo Sportello Unico per l'edilizia (art. 5) e per certi versi anche alla SCIA (art. 22).

Nel 2020 l'articolo 9 bis ha visto l'aggiunta del comma 1 bis concernente la nozione di stato legittimo dell'immobile, che assume particolare rilevanza in merito agli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e del mantenimento delle distanze pre-esistenti, ai sensi dell'art. 3 del Testo Unico.

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Consulenze legali
relative all'articolo 9 bis Testo unico edilizia

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. B. chiede
giovedì 15/02/2024
“Gentile Staff di brocardi.it sottopongo il seguente quesito.

Mi sono recentemente interessato alla vendita di un immobile tramite asta in procedura giudiziaria.

L'immobile è stato costruito nel 1972: dalla lettura della relazione tecnica redatta dal C.T.U. risulta che l’unico documento Urbanistico-Edilizio disponibile è rappresentato da un Permesso di Abitabilità datato 1974.
Infatti la pratica edilizia risulta regolarmente censita nel registro delle licenze edilizie del Comune ma nonostante ciò risulta fisicamente irreperibile.
Il perito conclude nella relazione tecnica che in assenza di documentazione Urbanistico-Ediliza utile ad effettuare i necessari riscontri non è in grado di potersi esprimere su eventuali difformità Urbanistico-Edilizie.

I quesiti che vi sottopongo sono i seguenti:

1) qualora acquistassi questo immobile all’asta, il quale essendo datato avrebbe bisogno di interventi di ripristino e manutenzione straordinaria, in assenza di reperimento del fascicolo con i titoli urbanistici abilitativi e con la sola presenza del certificato di abitabilità che al suo interno rimanda agli estremi del titolo abilitativo, i quali estremi a loro volta risultano presenti nei registri delle licenze edilizie del Comune, rischierei di vedermi rifiutate le autorizzazioni per effettuare nuovi interventi edilizi sull’immobile?

2) lo stato legittimo dell’immobile, quando non è possibile reperire autorizzazioni, licenze o concessioni può essere desunto e dimostrato anche tramite documenti o elementi indiretti come per es. il già menzionato certificato di abitabilità?

3) Sto pensando all’acquisto di questo immobile non per impiego di risparmio o a fini speculativi bensì per adibirlo a mia abitazione principale.
Epperò in un futuro più o meno prossimo, qualora intendessi mettere l’immobile sul mercato, l’assenza del fascicolo urbanistico-edilizio e di titoli abilitativi potrebbe inficiare la sua commerciabilità con conseguente impossibilità di vendita dell’immobile?

Grazie mille per le delucidazioni che vorrete fornirmi.

Saluti cordiali.”
Consulenza legale i 23/02/2024
La definizione di stato legittimo di un immobile è stabilita all’interno del Testo Unico Edilizia all’art. 9-bis comma 1-bis che prevede “Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare – recita la norma in parola – è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

L’ultimo periodo della norma sopra riportata risolve il quesito che ci ha posto sub 2), ossia la possibilità di provare lo stato legittimo dell’immobile, in assenza delle copie dei titoli edilizi di cui, però, si abbia un “principio di prova” ossia un qualche documento che attesti che l’immobile sia stato realizzato in forza di un determinato titolo edilizio. In questo caso la norma dispone che lo stato legittimo possa essere accertato anche attraverso altri elementi probanti (riprese fotografiche, documenti di archivio o, nel suo caso, il certificato di abitabilità) oltre che dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Quanto al quesito sub 1), posto che ogni operazione edilizia sul patrimonio esistente presuppone l’attestazione dello stato legittimo delle opere, la risposta in questo caso ci viene offerta dalla giurisprudenza che, proprio in tema di “stato legittimo” ha avuto modo di affermare che “la circostanza che non sia stata rinvenuto agli atti del Comune il titolo edilizio è circostanza che non può tradursi in un ostacolo per il rilascio del titolo richiesto dalla ricorrente. Infatti, l’onere della prova in ordine alla sussistenza di pregressi titoli abilitativi risulta nel caso di specie soddisfatto, in via indiziaria, dalla documentazione prodotta dalla ricorrente e confermata dal Comune” (TAR Campania – Napoli n. 5644/2022). Pertanto, l’assenza della copia documentale dei titoli edilizi antecedenti non può essere considerata preclusiva del rilascio dei titoli edilizi per gli interventi da realizzare sull’immobile sempre che la parte istante fornisca un principio di prova della sussistenza di detti titoli non materialmente disponibili.

Infine, in merito al quesito sub 3) si conferma che sussiste il divieto di far circolare nelle compravendite immobili irregolari sotto il profilo urbanistico pena la nullità del contratto di trasferimento. Occorrerà quindi, prima della compravendita, far attestare lo stato legittimo dell’immobile ossia la sua conformità al titolo edilizio che lo ha assentito o che ha legittimato i successivi interventi su di esso.




S. P. chiede
lunedì 27/11/2023
“Un immobile in Sicilia con licenza edilizia del 1969, nulla osta della Soprintendenza, collaudo statico del Genio Civile e abitabilità rilasciata nel 1972, è stato realizzato dai proprietari dell'epoca con un'altezza di gronda e una cubatura inferiore a quelle assentita e con una superficie coperta di poco superiore, ma entro la tolleranza di cantiere del 2%. Ho ottenuto a settembre del corrente anno dalla competente Soprintendenza la compatibilità paesaggista e ora mi chiedo quale debba essere il passaggio per ottenere lo stato legittimo dell'immobile in vista di lavori di manutenzione straordinaria che il committente vorrebbe eseguire con beneficio fiscale. Se occorre, quale potrebbe essere il titolo edilizio-amministrativo da richiedere? Grazie.”
Consulenza legale i 30/11/2023
La definizione di stato legittimo dell’immobile trova oggi un’espressa definizione normativa: ci riferiamo all’art. 9-bis del T.U. Edilizia che dispone, al comma 1-bis, che “lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.

Dal punto di vista pratico, in seguito alla semplificazione introdotta con il D.L. n. 76 del 2020, per far certificare lo stato legittimo dell’immobile è necessario rivolgersi ad un tecnico abilitato che attesterà che la costruzione del fabbricato si è svolta nel rispetto delle prescrizioni previste dai titoli abilitativi precedentemente ottenuti, ivi compresa la compatibilità paesaggistica postuma ottenuta da ultimo.



A. G. chiede
sabato 22/04/2023
“Oggetto: Promemoria REGOLARIZZAZIONE immobile ante 1967, parzialmente difforme da nulla osta edilizio del 1950

Si è pervenuti per caso, nel 2018, dopo la richiesta in Comune dei titoli abilitativi dell’immobile, oggetto di perizia per valutarne il valore, alla conoscenza della difformità di costruzione rispetto al “Nulla Osta” in origine.
Dagli atti “trovati” in comune risulta rilasciato il “nulla osta” all’esecuzione dei lavori in data 6 febbraio 1950.
Il progetto in origine prevedeva la costruzione di due piani più sottotetto (all’epoca il piano regolatore generale degli anni 30,prevedeva fino a tre piani). Prima della fine lavori è stata valutata con l’allora geometra ,la fattibilità di aggiungere un terzo piano. Cosa puntualmente avvenuta senza però trovare riscontro nelle documentazioni che è stato possibile reperire in Comune.
Il regolamento edilizio dell’epoca (1938) non prevedeva il rilascio della licenza edilizia fuori dal centro abitato.
Non avendo la necessità di abitarla da subito,l’immobile è rimasto disabitato fino al 1963 dove troviamo riscontro in una richiesta di abitabilità solo per alcuni locali dell’immobile.
Nel 1962 come risulta da atto notarile di divisione nr. xxxx del 21.03.1962 del notaio Dott. Lxxx. Axxx., l’immobile veniva assegnato a tre fratelli, in particolare il secondo piano ( mancante dal progetto originario), a “Fratello C”.
Dopo la morte del “Fratello C” nel 1978 , si provvedeva, ad accatastare tutto l’immobile nel 1979, completo di piano terra, primo piano e secondo piano. Dando per scontato all’epoca, che l’immobile fosse regolare.
A supporto della “regolarizzazione” della parte dell’immobile non conforme al progetto originario (secondo piano), faccio presente come diverse sentenze del TAR e richieste di parere legale, evidenziano come gli immobile costruiti ante 1967 fuori dai centri abitati non necessitavano dell’obbligo della licenza edilizia.
In particolare la sentenza TAR Lombardia-Milano, Sez. II,sentenza 14.06.2017 n. 1354 riferita ad un caso simile verificatosi nel medesimo Comune di Mandello del Lario.:

Opere realizzate in difformità “Nulla Osta”rilasciato da comune di Mandello del Lario nel 1962.
Annullamento ordinanza di rimessione in pristino in difformità dal “nulla osta” di parte di immobile costruito nel 1963. da parte del Comune di Mandello del Lario vs. privata cittadina proprietaria dell’immobile.
….. 9. Al riguardo, deve tenersi presente che come è noto, soltanto con l’entrata in vigore dell’articolo 10 della legge 06.08.1967, n. 765 (c.d. “ legge ponte ”) è stato novellato l’articolo 31 della legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150, mediante l’introduzione dell’obbligo generalizzato di munirsi della licenza edilizia per tutte le trasformazioni edificatorie dei suoli eseguite nell’intero territorio comunale. In precedenza, tale obbligo aveva invece una portata limitata, in quanto il richiamato articolo 31 stabiliva, al primo comma, che “ Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l'aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell'art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del comune.
…. Opere realizzate prima del 1967 spetta all’interessato dimostrare che l’edificio sia stato realizzato prima dell’entrata in vigore della novella che ha generalizzato l’obbligo di munirsi del titolo edilizio, e che tuttavia, una volta che la parte abbia dato questa prova, sia onere del Comune dimostrare che, nonostante l’epoca di realizzazione, l’edificazione richiedesse comunque il rilascio del titolo edilizio
Deve poi rilevarsi che, soltanto in giudizio, il Comune ha sostenuto, nelle proprie difese, che il fabbricato nel quale è situato il sottotetto si troverebbe “ nel nucleo abitato consolidato del Comune ” . Secondo la prospettazione dell’Amministrazione, ciò si desumerebbe:
- dalla perimetrazione del centro edificato operata ai sensi della legge n. 865 del 1971, risultante dal Piano
Regolatore Generale, la quale evidenzierebbe come l’abitato sia largamente sviluppato intorno all’edificio
…….. comunque, non sono idonei a dimostrare la precisa circostanza che, nel 1963, l’area su cui sorge il fabbricato facesse parte del centro abitato.
Il ricorso va quindi accolto, con assorbimento delle rimanenti censure, e va disposto, per l’effetto, l’annullamento del provvedimento impugnato (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.06.2017 n. 354 -

Seguono altre sentenze simili:
Tar Toscana, sezione III, con la sentenza n. 899/2014 depositata il 29 maggio
TAR Lombardia (MI), Sez. II, n. 2332, del 22 ottobre 2013

T.A.R. Lombardia – Milano, sez. IV, sentenza 7.02.2013 n. 373).

Disponibile a fornire se necessario, tutta la documentazione: nulla osta del 1950, disegni presentati, atti notarili 1962 e Foto aeree eseguite Dall’IGM nel 1957 dove certifica in modo inequivocabile la costruzione dell’immobile fuori dal centro abitato.
L’ufficio comunale non vuole riconoscere l’agibilità dell’immobile asserendo che se era stata presentata una domanda nel 1950 era perché “doveva esserci” l’obbligo e quindi quanto costruito in difformità, è da loro considerato abusivo. (Licenza non richiesta del regolamento dell’epoca).
Chiedo pertanto un parere, anche alla luce del nuovo art. 9 bis del testo unico come uscire da questa problematica che si protrae da anni, senza nessuna possibilità di vendere o ristrutturare un edificio di oltre 70 anni.
Grazie”
Consulenza legale i 05/05/2023
In premessa, va ricostruito il quadro normativo relativo alla necessità di ottenere un titolo abilitativo per l’esecuzione di lavori edilizi, che costituisce la cornice necessaria per inquadrare il presente caso.

L’obbligo di conseguire una licenza edilizia è stato introdotto dalla L. n. 1150/1942 (Legge urbanistica generale), che però lo prevedeva soltanto per gli immobili posti all’interno del centro abitato.
In seguito, per effetto della L. n. 765/1967 (c.d. legge ponte) la detta L. n. 1150/1942 è stata modificata prevedendo in via generalizzata per l’attività costruttiva l’obbligo della licenza edilizia in tutto il territorio comunale.
In tutto ciò si inseriscono i regolamenti edilizi comunali, che in alcuni casi – come anche quello di specie – hanno ampliato a tutto il territorio comunale l’obbligo di munirsi di titolo edilizio anche molti anni prima della entrata in vigore della L. n. 765/1967.
Nella fattispecie, il regolamento edilizio del Comune di Mandello sul Lario in vigore nel 1950, che si riferiva solo agli immobili entro il perimetro del centro abitato, è stato modificato nel 1959 proprio nel senso di comprendere tutto il territorio comunale.
Va poi ricordato il disposto dell’art. 9 bis T.U. Edilizia, secondo cui lo stato legittimo dell'immobile è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o dai titoli rilasciati per successivi interventi, mentre per gli immobili costruiti in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio (cioè quelli “ante ’67”) “è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.
È opinione consolidata in giurisprudenza che l’onere della prova circa l’epoca di realizzazione delle opere e sulla legittimità degli interventi effettuati grava sul privato e non sulla P. A. (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 13).

Venendo al punto, si nota che le sentenze citate nel quesito e quelle ulteriori che sono state consultate sulla questione evidenziano due orientamenti parzialmente diversi circa la valenza dei regolamenti comunali.
Fermo restando che prima del 1967 la legge imponeva la licenza edilizia per i soli interventi all’interno dei centri abitati, alcune sentenze affermano che tale obbligo poteva essere legittimamente esteso a tutto il territorio comunale anche prima di quella data dai regolamenti edilizi comunali (T.A.R. Milano, sez. II, 14 giugno 2017 n. 1354 e precedenti ivi citati); altre decisioni, invece, si spingono a sostenere che una tale previsione nel regolamento comunale fosse illegittima per contrasto con la L. n. 1150/1942 (T.A.R. Firenze, sez. III, 29 maggio 2014 n. 899).
Nel caso di specie, si rileva che la data di costruzione del fabbricato è il 1950, ma che la prima “testimonianza” circa la sua attuale consistenza risale al 1962, cioè a una data successiva alla modifica del regolamento edilizio comunale sopra ricordata.
Per rendere più forte la propria posizione, dunque, sarebbe opportuno cercare altri riferimenti temporali precedenti al 1959, ad esempio tra quelli citati dall’art. 9 bis del T.U. Edilizia (foto, risultanze di archivi ecc.), che provino in modo più certo che l’aggiunta del piano non previsto nella licenza edilizia fosse presente già dalla costruzione dell’immobile (o comunque prima del 1959).
Nel caso di varianti successive a tale data, infatti, il Comune avrebbe un motivo più fondato per sostenere l’abusività dell’immobile e la necessità di una sua regolarizzazione (ad esempio tramite l’accertamento di conformità ex art. art. 36 del T.U. edilizia).
In un’ottica difensiva, ci si potrebbe comunque riferire alla sopra citata sentenza del T.A.R. Toscana, per sostenere l’illegittimità del regolamento, ma ciò non è garanzia di successo, visto che non si tratta di un orientamento giurisprudenziale univoco.

Anche nel caso in cui si riuscisse a dimostrare che l’immobile si presentava già nello stato in cui è ora anche prima del 1959, tuttavia, va segnalato che vi è la ulteriore peculiarità che un titolo edilizio – anche se non richiesto dalla Legge – è stato comunque rilasciato e che costituisca comunque il principale punto di riferimento al fine di valutare la corrispondenza dell’immobile al progetto approvato e depositato presso il Comune.
Pertanto, il Comune potrebbe comunque sostenere la presenza di un abuso consistente nel fatto che l’immobile non corrisponde alla licenza che ne ha consentito la costruzione.
Anche su tale profilo è possibile in via teorica sostenere due tesi, che trovano entrambe riscontro nella giurisprudenza:
- la prima è che se non vi era necessità di titolo per la realizzazione dell’immobile, lo stesso deve valere anche per eventuali varianti non assistite da licenza che non possono essere, dunque, considerate abusive (T.A.R. Milano, sez. IV, sentenza 7 febbraio 2013 n. 373);
- la seconda è che non sia corretto sostenere l’irrilevanza giuridica della licenza edilizia rilasciata e che, quindi, le varianti non autorizzate costituiscono una violazione dell’obbligo “di attenersi scrupolosamente nella realizzazione del fabbricato a quanto puntualmente previsto nel titolo abilitativo edilizio all'uopo precedentemente e doverosamente rilasciato, conformemente a quanto prevedeva la normativa antecedentemente alla edificazione” (T.A.R. Napoli, sez. III, 10 agosto 2020, n. 3552).

Per risolvere questa situazione intricata è opportuno, come sopra scritto, procurarsi in primo luogo tutta la eventuale documentazione utile a dare riferimenti temporali precisi rispetto ai tempi di costruzione dell’immobile.
In secondo luogo, è opportuno valutare con l’aiuto di un tecnico se esistano i presupposti per ottenere una sanatoria ex art. 36 o art. 37 del T.U. edilizia, che permetterebbe di chiudere in modo definitivo tutte le questioni giuridiche e costituire un nuovo “punto di partenza” per affermare la conformità dell’edificio ai titoli abilitativi, sia ai fini della abitabilità e sia di una eventuale vendita dell’immobile.
Se anche questa strada fosse preclusa, e volendo escludere la possibilità di demolire le opere non conformi, si dovrebbe andare necessariamente in giudizio, ferme restando tutte le incertezze processuali ma con l’opportunità di poter citare a proprio favore la giurisprudenza richiamata anche nel quesito (soprattutto le sentenze del T.A.R. Milano, che è peraltro territorialmente competente nel nostro caso).


Antonello S. chiede
mercoledì 12/05/2021 - Umbria
“Buonasera il quesito è il seguente : Immobile costruito con regolare licenza edilizia rilasciata in data 08/05/1964 ed edificato sempre nell'anno 1964 in difformità prospettica rispetto al progetto depositato in comune. Si precisa che nel comune non vi era al tempo piano regolatore ma solamente un regolamento di polizia edilizia ed inoltre il centro abitato non era perimetrato e l'immobile in questione era isolato con la casa più vicina a non meno di 100 metri in linea d'aria. Secondo il vostro parere l'immobile in oggetto è regolare o deve essere sanato. Cordiali saluti”
Consulenza legale i 19/05/2021
Per rispondere al quesito è opportuno illustrare brevemente i concetti di “stato legittimo” di un immobile e di tolleranza costruttiva, che sono stati profondamente modificati nel corso del 2020 e in merito ai quali –per ovvie ragioni- ancora non si sono ancora formati chiari orientamenti giurisprudenziali.
In primo luogo, il nuovo art. 9 bis T.U. Edilizia dispone che lo stato legittimo dell'immobile è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione (o dai titoli rilasciati per successivi interventi), mentre per gli immobili costruiti in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio è quello desumibile dalle informazioni catastali e dagli altri documenti elencati nello stesso articolo.
Il riferimento è ai cosiddetti immobili “ante 67” che in molti casi venivano costruiti senza il rilascio di alcun titolo abilitativo, in quanto esso era richiesto dalla normativa allora vigente solo per gli immobili posti all’interno dei centri abitati e ove fosse stato approvato il piano regolatore comunale (art. 31, L. n. 1150/42).
Nel nostro caso, l’immobile risale al 1964 e, secondo quanto si legge nel quesito, è dubbia l’obbligatorietà di ottenere la licenza edilizia per la sua costruzione.
Tuttavia, tale licenza è stata comunque acquisita e costituisce il principale punto di riferimento al fine di valutare la regolarità del fabbricato rispetto al progetto approvato e depositato presso il Comune.
Pertanto, l’incertezza sulla necessità o meno del titolo abilitativo non esclude in astratto la possibilità che venga contestata la presenza di abusi, dato che l’immobile non corrisponde alla licenza che ne ha consentito la costruzione e che tale situazione è ancora oggi a vario titolo sanzionabile ai sensi del T.U. Edilizia.
Si ricorda, infatti, che il Comune mantiene la potestà sanzionatoria degli abusi edilizi anche quando sia trascorso un lungo lasso di tempo dalla loro realizzazione, dato che la presenza dell'opera abusiva realizza un vulnus permanente e che il proprietario non può opporre alcun legittimo affidamento (ex multis, Consiglio di Stato sez. V, 26 febbraio 2021, n. 1637).
Inoltre, la circostanza che l’immobile attualmente non corrisponda a quello che dovrebbe essere il suo “stato legittimo” potrebbe determinare risvolti negativi nel caso si voglia stipulare una compravendita o chiedere la concessione di bonus fiscale.

Ma la disamina sopra illustrata non sarebbe completa senza richiamare brevemente la definizione di tolleranza edilizia attualmente prevista dall’art. 34 bis T.U. Edilizia, che stabilisce quali variazioni rispetto al titolo abilitativo siano da considerare irrilevanti e non superino la “soglia” dell’abuso edilizio.
Secondo tale norma e per quanto qui ci occupa, costituiscono tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilità (a patto che si tratti di immobili non vincolati).
Tuttavia, anche se la novella del 2020 ha ampliato la nozione di tolleranze edilizia fino a includere le “irregolarità geometriche”, non pare che esse possano estese fino a ricomprendere anche le modifiche attuate nel caso di specie, che attengono invece al prospetto dell’edificio e quindi al suo profilo estetico-architettonico.

Pertanto, è opportuno attivarsi al fine di regolarizzare la situazione mediante l’accertamento di conformità o la SCIA in sanatoria ex art. 36 e 37 T.U. Edilizia.
Il corretto titolo in sanatoria al quale fare riferimento potrà essere valutato più approfonditamente da un tecnico, al quale far esaminare i progetti originari e il preciso stato attuale dell’immobile (che lo scrivente non conosce), ma ricordando che gli interventi sul prospetto dell’edificio possono essere fatti rientrare nella nozione o di ristrutturazione edilizia o (a particolari condizioni) di manutenzione straordinaria.
Infatti, secondo l’attuale disciplina, appartengono a quest’ultima definizione anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Come già scritto, comunque, per verificare la sussistenza di tali requisiti è opportuno affidarsi a un tecnico, che potrà anche farsi indirizzare dal Comune in merito alla migliore procedura da seguire.


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