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Articolo 34 bis Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 10/10/2024]

Tolleranze costruttive

Dispositivo dell'art. 34 bis Testo unico edilizia

(1)1. Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.

1-bis. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:

  1. a) del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;
  2. b) del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
  3. c) del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
  4. d) del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.
  5. d-bis) del 6 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati.

1-ter. Ai fini del computo della superficie utile di cui al comma 1-bis, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell'intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell'immobile o dell'unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo. Gli scostamenti di cui al comma 1 rispetto alle misure progettuali valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilità dell'immobile.

2-bis. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, costituiscono inoltre tolleranze esecutive ai sensi e nel rispetto delle condizioni di cui al comma 2 il minore dimensionamento dell'edificio, la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali, le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne, la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria, gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

3. Le tolleranze esecutive di cui al presente articolo realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

3-bis. Per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, il tecnico attesta altresì che gli interventi di cui al presente articolo rispettino le prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV della parte II. Tale attestazione, riferita al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell'intervento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 bis, comma 2, corredata della documentazione tecnica sull'intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall'articolo 93, comma 3, è trasmessa allo sportello unico per l'acquisizione dell'autorizzazione dell'ufficio tecnico regionale secondo le disposizioni di cui all'articolo 94, ovvero per l'esercizio delle modalità di controllo previste dalle regioni ai sensi dell'articolo 94 bis, comma 5, per le difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza di cui al comma 1, lettere b) e c), del medesimo articolo 94-bis. Il tecnico abilitato allega alla dichiarazione di cui al comma 3 l'autorizzazione di cui all'articolo 94, comma 2, o l'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento rilasciata ai sensi dell'articolo 94, comma 2-bis, ovvero, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

3-ter. L'applicazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

Note

(1) Articolo inserito dall'art. 10, comma 1, lettera p) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 e, successivamente, modificato dall'art. 1, comma 1, lettera f) del D.L. 29 maggio 2024, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2024, n. 105, che ha disposto la modifica del comma 3 e l'introduzione dei commi 1-bis, 1-ter, 2-bis, 3-bis e 3-ter.

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Consulenze legali
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C. D. chiede
martedì 22/10/2024
“chiedo se per i PdC (permessi di costruire) in sanatoria protocollati prima dell'entrata in vigore della legge 105/2024 e del relativo DL 69/2024 nonché del nuovo termine temporale "sparti acque" indicato nelle succitate normative (24 maggio 2024) l'ufficio tecnico comunale deve ritenere applicabile il testo unico edilizia DPR 380/2001 facendo riferimento alla formulazione esistente alla data di protocollazione ovvero alla data dell'emanazione del PdC stesso.

Più nello specifico l'applicazione, a mero esempio, delle tolleranze costruttive ( che dal 2% passano anche al doppio o al triplo) della nuova formulazione potrebbero determinare lo "stato legittimo" di un immobile con la conseguente applicazione di una oblazione decisamente più contenuta rispetto alla precedente normativa.

Purtroppo il legislatore non ha precisato tale aspetto nella normativa. L'ufficio tecnico nell'incertezza potrebbe applicare la sanzione della previgente normativa ad avviso dello scrivente snaturando la logica di "alleggerimento" che da anni si attendeva nel quadro normativo appunto per difformità rispetto ai titoli edilizi di immobili particolarmente datati come nel caso di specie (ante '67)
Consulenza legale i 28/10/2024
Come da lei correttamente indicato, la nuova normativa introdotta dal c.d. Decreto Salva Casa nulla prevede in merito all’efficacia temporale delle nuove disposizioni e, in particolare, se le richieste di PDC in sanatoria, presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del DL Salva Casa debbano essere o meno esaminate alla luce della normativa sopravvenuta.
In assenza di una previsione normativa e nell’attesa delle prime pronunce giurisprudenziali sul tema, si deve concludere per l’applicazione del principio generale contenuto nell’art. 11 delle preleggi secondo il quale “La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo” cosicché le istanze presentate prima dell’entrata in vigore del DL dovrebbero essere istruite sulla base della normativa vigente al momento della presentazione.

In aggiunta a quanto detto, si segnala che l’art. 34-bis del T.U. Edilizia prevede uno specifico riferimento temporale in merito alla nuova disciplina delle c.d. Tolleranza costruttive: in tal caso è espressamente stabilito che le nuove diposizioni si applichino agli interventi realizzati “prima del 24 maggio 2024”. È possibile, quindi, che gli uffici comunali, operando un'applicazione coerente della norma, ritengano applicabili le disposizioni sopravvenute anche alle istanze presentate anteriormente purché gli interventi siano stati realizzati prima della data limite.

Si tratta, però, di una mera considerazione logica non ancorata a nessun dato normativo: per tali ragioni risulterà essenziale attendere le prime pronunce che, si spera, chiariranno anche questo aspetto temporale.


A. C. chiede
giovedì 18/07/2024
“Spett.le Redazione Giuridica,
sono proprietario dell'unità immobiliare contornata in rosso nell'allegata planimetria, oggetto di licenza edilizia, rilasciata nel 1969, facente parte di un piccolo fabbricato in cui sono presenti ulteriori n. 3 singole unità immobiliari di altrui proprietà.
Nell'anno 2006 è stato realizzato sine titulo un intervento, consistente nell'ampliamento di mq. 4,18 al piano primo, mediante la chiusura con un'unica vetrata di una porzione del preesistente balcone (area tratteggiata).
Come si rileva dalla planimetria, l'unità immobiliare si estende su due piani fuori terra:
al piano terra sono presenti (area quadrettata) un vano verandato (di circa mq. 6,60 con altezza media di mt. 2,90, tuttora oggetto di condono ai sensi della L. 47/1985, in corso di definizione) ed un giardino;
al piano primo è presente un appartamento di circa 76 mq., oltre terrazzo coperto e balcone.
In un'ottica di possibile valutazione del suddetto ampliamento di mq. 4,18 secondo il regime delle c.d. tolleranze costruttive di cui all'art. 34 bis, come modificato dal D.L. 69/2024, si chiede la Vs. autorevole opinione in merito alla seguente questione: la superficie del vano verandato al piano terra può essere computata in aggiunta alla superficie dell'appartamento, ai fini della determinazione dei limiti entro cui devono essere contenute eventuali difformità, affinché non costituiscano violazione edilizia?
Per completezza d'informazione, si precisa che il vano verandato, fin dall'epoca della sua realizzazione, é stato accatastato in uno all'appartamento al primo piano, con attribuzione del medesimo subalterno e della medesima categoria catastale (A2). Con riferimento al suo utilizzo, va altresì precisato che detto vano, trovandosi in posizione di transito per l'accesso all'intera unità immobiliare, riveste carattere di studiolo/ingresso.
In definitiva, la presente richiesta di consulenza tende a meglio comprendere la portata delle svariate pronunce sull'argomento da parte del Consiglio di Stato (ex multis, sentenza Sezione Seconda n. 2952/2024), soprattutto per quanto concerne la definizione sotto il profilo edilizio/urbanistico di singola unità immobiliare.
Con la suddetta sentenza il Consiglio di Stato precisa in particolare che “[...] la tolleranza di cantiere rilevante per escludere l'abusività dell'intervento va posta in relazione con la porzione di immobile cui esso accede, e non con la superficie dell'intero palazzo, come si evince dal dato letterale che fa appunto riferimento alle «singole unità abitative [ ...]»”.
E' proprio sulla scorta di tale pronuncia che, in definitiva; si rende essenziale stabilire se anche il vano veranda, in virtù della sua ubicazione, può rientrare anch'esso nella nozione di porzione di immobile cui esso (intervento di ampliamento di mq. 4,18) accede, e, pertanto, possa essere considerato anche sotto il profilo edilizio un tutt'uno con l'appartamento posto al primo piano (come inequivocabilmente lo è sotto il profilo catastale).
Con l'auspicio di essere stato sufficientemente chiaro, ringrazio anticipatamente per la Vs. attenzione e porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 13/08/2024
In premessa, va chiarito che le ultime modifiche apportate al T.U. Edilizia hanno riformato anche l’art. 34 bis, introducendo per quanto concerne gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, varie soglie di “tolleranza” di seguito specificate:
a) del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;
b) del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
c) del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
d) del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.
d-bis) del 6 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati.
La stessa norma precisa che, ai fini del computo della superficie utile, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo.
Nel nostro caso, quindi, la soglia da tenere in considerazione dovrebbe essere non quella del 2%, ma quella più alta stabilita dalla lettera d).
In ogni caso, venendo al quesito, in una sentenza abbastanza recente, per stabilire se un locale (in quel caso si trattava di un sottotetto reso abusivamente abitabile) fosse o meno compreso in una unità immobiliare è stato dato rilievo a elementi quali l'unicità dell'atto di provenienza, la riferibilità alla stessa particella catastale e il nesso di pertinenzialità esistente tra l'appartamento e il locale in esame.
In particolare, il Tribunale ha affermato che “la riferibilità di entrambe le porzioni immobiliari alla medesima particella catastale finisce per "fotografare" il nesso giuridico e funzionale esistente tra i due cespiti”, rilevando che l’assenza di contiguità fisica tra i locali non costituisce un elemento dirimente ad escludere l’appartenenza alla stessa unità immobiliare (T.A.R. Roma, sez. II, 01/12/2023, n.18044).
Sulla base di quanto sopra, dunque, si potrebbe in astratto concludere per la rilevanza ai fini dell’applicazione del regime delle tolleranze anche del vano verandato, con l’avvertenza che, tuttavia, tale vano a rigore non è ad oggi legittimo, posto che è stato realizzato abusivamente ed è ancora in attesa di condono.
Pertanto, è necessario che un tecnico di fiducia valuti attentamente anche tale ultimo aspetto, osservando che la soluzione più prudente sarebbe quella di rientrare nelle soglie suddette senza dover calcolare anche la superficie utile del locale verandato.


A. N. chiede
venerdì 24/05/2024
“Ho acquistato il mio attuale appartamento nel comune di Messina (attico con annessa terrazza sovrastante l'intero edificio originario, edificato (come decimo appartamento) successivamente al rilascio del certificato di conformità per l'edificio iniziale composto da nove appartamenti. Acquisto stipulato con sanatoria già richiesta e successivamente regolarmente ottenuta. Tuttavia sprovvisto di certificazione di abitabilità, non ottenibile perché all'interno non raggiunge l'altezza prevista dal Comune di Messina, sebbene di soli 20 centimetri circa. Preciso che è ben finestrato e non ha edifici di pari altezza per tutti i suoi prospetti esterni inoltre è completo di tutti i servizi (acqua, gas, ecc.).
Domanda: è sanabile l'assenza di certificazione di abitabilità con l'attuale sanatoria?”
Consulenza legale i 07/06/2024
Preliminarmente occorre distinguere la sanatoria degli abusi edilizi dai requisiti previsti per l’ottenimento della certificazione di abitabilità di un immobile.

Il recente Decreto Salva Casa (D.L. n. 69 del 29 maggio 2024 ad oggi non convertito), infatti, ha ampliato le maglie della sanatoria edilizia intervenendo su molteplici articoli del T.U. Edilizia e, in particolare, per quanto riguarda il mancato rispetto dell’altezza, ha disposto, al comma 1 - bis dell’art. 34 -bis rubricato “Tolleranze Esecutive” che “Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti: a) del 2 per cento delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati; b) del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati; c) del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati; d) del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.”.
In presenza di queste condizioni, quindi, anche il mancato rispetto dell’altezza non costituisce un abuso edilizio ma una tolleranza costruttiva e, in quanto tale, non rilevante ai fini della violazione delle norme edilizie.

Diversi, invece, sono i requisiti necessari per l’acquisizione della certificazione di abitabilità: in questo caso la normativa di riferimento è il Regolamento d’Igiene adottato dal Ministero della Salute nel 1975 che all’art. 1, comma 1, in relazione all’altezza, prevede che l’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione sia fissata in 2,70 metri riducibili a 2,40 metri per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli.

Le uniche deroghe al rispetto dell’altezza minima sono oggi contenute all’interno del medesimo articolo che stabilisce, al comma 2, che nei comuni montani al di sopra dei m 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell'altezza minima dei locali abitabili a m 2,55. Il comma 3 dispone, inoltre, che altezze minime previste nel primo e secondo comma possono essere derogate entro i limiti già esistenti e documentati per i locali di abitazione di edifici situati in ambito di comunità montane sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico sanitarie quando l'edificio presenti caratteristiche tipologiche specifiche del luogo meritevoli di conservazione ed a condizione che la richiesta di deroga sia accompagnata da un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, comunque, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliaria.

Questa normativa non è stata modificata dal Decreto Salva Casa cosicché, e in risposta al suo quesito, è da ritenersi necessario, ancor oggi, il rispetto dell’altezza minima stabilito dal Regolamento Igiene del 1975 per il riconoscimento dell’abitabilità di un immobile.


Sebastiano S. chiede
sabato 03/04/2021 - Marche
“Al fine di poter accedere alla legge ecobunus 110%, pongo il seguente quesito:
qualora l'altezza di un piano abitabile, prevista dalla vigente normativa in cm. 270, risultasse inferiore di 3 cm. (ovvero cm. 267), questa differenza rientra nelle tolleranze del 2% previste nel comma uno dell'art. 34 bis DPR 380/01?
Distintamente”
Consulenza legale i 09/04/2021
Le tolleranze costruttive sono oggi disciplinate dall’art. 34 bis T.U. Edilizia, che è stato introdotto con il cosiddetto “Decreto semplificazioni” del 2020, ampliando decisamente la nozione delle difformità che non danno luogo ad un abuso edilizio.

Nel nostro caso rileva il comma 1 del summenzionato articolo, che prevede che il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisca violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo.
Non si tratta di una novità prevista dal Legislatore, posto che una disposizione molto simile era già inclusa nel Testo Unico; ci si riferisce, precisamente, al testo previgente dell’art. 34, comma 2 ter (oggi abrogato), ai sensi del quale “ai fini dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”.
Come si vede, il testo attuale della norma è rimasto per molti versi identico al precedente, con la differenza che la nozione di tolleranza costruttiva non pare più riferirsi soltanto al permesso di costruire o alla SCIA sostitutiva, bensì in generale a qualsiasi titolo abilitativo.

In breve, ai fini del calcolo delle tolleranze è, dunque, necessario considerare l’altezza specificamente indicata nel titolo edilizio e verificare che l’altezza dell’unità immobiliare concretamente realizzata non ecceda appunto la soglia del 2%.
Se il limite è rispettato, il fabbricato non può essere considerato abusivo e di conseguenza sanzionato ai sensi del D.P.R. n. 380/2001.

Tuttavia, si sottolinea che il regime delle tolleranze di cui all’art. 34 bis riguarda esclusivamente l’aspetto della conformità edilizia di quanto costruito rispetto a quanto autorizzato.
Il limite minimo di 2,70 m di altezza richiamato nel quesito, invece, esula da tale profilo, in quanto è un requisito stabilito dall’art. 1, D.M. 05.07.1975 per ottenere l’abitabilità dell’immobile, cioè prettamente a fini igienico sanitari.
Pertanto, la normativa sulle tolleranze edilizie non trova applicazione nel caso di specie, mentre non si rinviene alcuna disposizione specifica che ammetta “tolleranze igienico sanitarie”.
A rigore, quindi, l’immobile –anche se per ipotesi provvisto della conformità edilizia- non presenta almeno una delle caratteristiche minime per essere considerato abitabile.

Tanto chiarito, si nota che la questione del rapporto tra agibilità e bonus fiscale previsto dal Decreto Rilancio è stata recentemente affrontata dalla Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 167 del 10.03.2021.
Sul punto, viene affermato che “esula dalle prerogative dell'interpello l'appuramento delle caratteristiche tecniche di un intervento ai fini del suo corretto inquadramento in ambito edilizio incluso l'accertamento delle condizioni previste ai fini dell'applicazione dell'articolo 24, comma 1 all'edificio oggetto della presente istanza di interpello.
Detta qualificazione, inerente le opere edilizie, spetta al Comune, o altro ente territoriale competente in materia di qualificazione dell'opera edilizia e rispetto delle disposizioni urbanistiche e presuppone valutazioni di natura tecnica che non rientrano nelle competenze esercitabili dalla scrivente in sede di interpello”.
Anche se purtroppo la risposta data dall’Agenzia non è delle più chiare, le prime riflessioni relative all’art. 119, D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020, sembrano, comunque, escludere che l’assenza del requisito dell’agibilità sia ostativa ai fini dell’accesso al beneficio fiscale, rilevando a tal fine soltanto la conformità edilizia.

In conclusione, l'altezza insufficiente non dovrebbe impedire l’accesso al bonus, a condizione che l'immobile sia regolare dal punto di vista edilizio.
In ogni caso, è consigliabile attivarsi per risolvere il problema dell’abitabilità, posto che la sua mancanza (anche se, come scritto, non rileva ai fini del bonus) ha comunque risvolti molto importanti, soprattutto in tema di compravendita.


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