AUTORE:
Paolo Marcello
ANNO ACCADEMICO: 2019
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Catanzaro Magna Grecia
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La tesi affronta il delicato e complesso tema della responsabilità medica e della valutazione delle ripartizioni probatorie tra professionista sanitario e paziente. La struttura della ricerca si articola in tre parti, strettamente connesse quanto funzionali tra loro. La prima parte è una ricognizione dell’ars medica sotto il profilo della responsabilità civile e contrattuale del sanitario, ove si individuano le peculiarità di disciplina del medico c.d. strutturato rispetto al sanitario che operi in assoluta autonomia, svincolato da un ente sanitario pubblico o privato che sia. L’analisi della figura del medico strutturato ha portato inevitabilmente alla trattazione del tanto dibattuto, sia in dottrina che in giurisprudenza, “contatto sociale”: si sono così colte le varie opiniones giurisprudenziali e dottrinali circa la sua valenza e applicazione. Sempre nella prima parte del lavoro, rilevante è stata la ricostruzione storica dei due interventi legislativi susseguitesi tra il 2012 e il 2017 (L. Balduzzi / L. Gelli-Bianco) estremamente necessari al fine di porre (quantomeno) un freno alla “disperata” e progressiva attività sostitutiva della Corte di Cassazione rispetto a ciò che da tempo doveva essere dovere del legislatore. La seconda parte della tesi è dedicata preliminarmente alla comprensione della rilevanza della distinzione tra le obbligazioni di mezzo e di risultato, poiché la configurazione di una categoria piuttosto che dell’altra provoca variazioni giuridiche non indifferenti sulle parti, sia sotto il profilo della responsabilità, sia sotto l’aspetto probatorio. Seguendo la distinzione de quo, è stato logico e necessario trattare la c.d. diligenza, richiamata dal codice civile, approfondendo la sua gradazione attraverso l’analisi dell’art. 2236 c.c. che riconosce una sorta di mitezza (per ciò che concerne la responsabilità del professionista) nelle ipotesi di “problemi tecnici di speciale difficoltà”; tema persistente nelle Corti giudicanti in casi di responsabilità sanitaria. Di eccezionale rilevanza è stato lo studio delle “linee guida” e “buone pratiche” che hanno costituito, per via di una sofferta carenza legislativa, un’attività incessante della Corte di legittimità nell’individuazione dei micro e macro criteri da applicare di volta in volta nelle controversie ad essa presentate, fino al recente intervento del legislatore nel 2017. Oltremodo le casistiche riportate ed analizzate sono di grande ausilio per la comprensione della valutazione e degli accertamenti che gli organi giudicanti hanno via via, fino ai giorni nostri, massimizzato. La trattazione della colpa, nell’ambito della responsabilità medica, caratterizza e chiude la seconda parte della tesi, dimostra la volontà del legislatore di voler rendere un tessuto normativo non solo il più ampio possibile in tale materia, ma soprattutto più stabile e chiaro, dunque meno soggetto a interpretazioni particolarmente estensive. Si vedrà infatti, come la giurisprudenza di legittimità anche in questo si sia pronunciata non sempre univocamente, lasciando un certo grado di incertezza. Le ultime ricerche svolte chiudono la tesi con una trattazione essenzialmente tecnica, ovvero l’analisi dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità medica. Trattando l’art. 2697 c.c., viene analizzata la giurisprudenza della suprema Corte rilevando come, in tema di onere della prova, la stessa vada a sottolineare l’importanza dei vari principi che ruotano attorno all’istituto de quo. Si vedrà, oltremodo, come la giurisprudenza di legittimità si sia occupata della prova del nesso di causalità materiale e giuridica, accogliendo più volte la teoria che mette a fuoco l’accertamento del nesso causale in due fasi. In conclusione, i principi e le massime, postulano non più una visione statica dell’art. 2697 c.c., ma una visione sostanzialmente dinamica, una capacità di adattamento della norma rispetto al caso concreto. L’onere della prova, allora, non graverà più sempre e solo (e con le stesse modalità) su chi vuol far valere un diritto in giudizio. L’ambito medico è noto per la sua complessa e ampissima scienza-tecnica. La domanda che si pone sarà dunque: è corretto addossare l’onere della prova al paziente, soggetto privo di cognizioni mediche, che ricorre in giudizio per la tutela di un suo diritto?