La legge 8 marzo 2017, n. 24, più nota come “Legge Gelli-Bianco”, si occupa dei temi della sicurezza delle cure e della responsabilità civile e penale del professionista sanitario e delle strutture sanitarie e detta una disciplina in merito alle modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, prevedendo degli obblighi di assicurazione ed istituendo un Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati.
Uno dei principali scopi della legge è quello di ridurre il contenzioso, sia civile che penale, in tema di responsabilità medica, limitando cosi anche il fenomeno della medicina difensiva e cercando al contempo di prevenire gli eventi avversi e di garantire al paziente un efficace sistema risarcitorio.
L’art. 1 reca norme generali di principio in materia di
sicurezza delle cure sanitarie e chiarisce immediatamente che la sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute, portandola ad assumere, in questo modo, un vero e proprio
valore costituzionale alla luce dell’art.
32 Cost, secondo cui
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivita, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
La norma, poi, precisa che la sicurezza delle cure è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività e si consegue anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e mediante l'impiego appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche ed organizzative.
Il concetto di “rischio” presente nella norma si differenzia da quello contemplato dai precedenti testi normativi, che si riferivano più specificamente al “rischio clinico”: la legge ora estende l’area di interesse non più solo alle attività propriamente cliniche, ma anche alle attività sanitarie e socio-sanitarie, andando in questo modo ad includere anche aspetti clinico-assistenziali ed organizzativo-gestionali.
Il “rischio clinico” e stato definito come la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate durante la degenza, da cui derivi un prolungamento del periodo di ricovero, un peggioramento delle condizioni di salute oppure la morte del paziente stesso.
Il rischio clinico può essere arginato attraverso iniziative di gestione del rischio (clinical risk management) messe in atto a vari livelli (della singola struttura sanitaria, aziendale, regionale o nazionale), allo scopo di ridurre non solo il rischio a carico dei pazienti, ma anche dell’organizzazione stessa in termini di perdite. La gestione del rischio clinico ha una finalita sostanzialmente preventiva, non sanzionatoria, volta a garantire la sicurezza delle cure ed a fornire prestazioni qualitativamente soddisfacenti.
Parlando di “utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative”, la legge introduce, per la prima volta, il concetto di appropriatezza organizzativa nell’ambito delle attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio clinico. In questo modo l’errore medico non viene più esaminato in maniera isolata, ma viene piuttosto considerato come una conseguenza di problemi più generali presenti nell’ambiente di lavoro e nell’organizzazione della struttura sanitaria.
Si specifica, di conseguenza, che a queste attività di prevenzione del rischio, messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, sia pubbliche che private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operino in regime di convenzione con il SSN: ciò significa che ogni operatore sanitario è tenuto a concorrere alla prevenzione del rischio connesso all’erogazione delle prestazioni sanitarie.
Dalla norma in esame emerge uno dei principali obiettivi della legge: quello di focalizzare l’attenzione sulle modalita di prevenzione di eventuali errori nell’attività di erogazione delle prestazioni sanitarie, con la consapevolezza che, dal momento che l’errore e insito nelle attivita umane, il modo migliore per controllarlo è quello di studiarlo e monitorarlo.