Le norme di cui al presente capo sono dirette alla tutela della
famiglia, intesa oramai come situazione di fatto caratterizzata dalla stabilità della convivenza e serietà del rapporto, più che come
status giuridico derivante dal vincolo matrimoniale.
L'articolo in esame punisce il
bigamo, ovvero colui che, già legato da precedente
matrimonio, ne contrae un altro. Alla stessa pena soggiace anche il non bigamo, che contrae matrimonio con un bigamo, con la consapevolezza del suo
status.
La
bigamia, come l'adulterio e l'
incesto, è un
reato necessariamente bilaterale, due dovendo essere gli autori materiali, e perciò i soggetti attivi; ciò non toglie che uno di tali cooperatori, indispensabili per la concretizzazione dell'elemento materiale del reato, possa risultare
non punibile.
Trattasi inoltre di
reato permanente, che si protrae per tutta la durata della coesistenza dei due matrimoni e viene a cessare solamente una volta pronunciata sentenza definitiva di scioglimento.
Il
tentativo è configurabile, qualora ad esempio si contragga matrimonio concordatario, senza però riuscire a trascriverlo, per sopravvenuta scoperta del precedente vincolo.
Il secondo comma prevede una
circostanza aggravante specifica, nel caso in cui il colpevole (qui solo uno) abbia indotto in errore l'altro circa il proprio o l'altrui stato. Non sono richiesti particolari artifici o raggiri, ma è sufficiente un comportamento atto a determinare il convincimento circa lo stato libero. Specularmente, non è penalmente rilevante la mera omissione circa l'esistenza di un vincolo.
Da ultimo, all'ultimo comma è prevista una
speciale causa di estinzione del reato, qualora il precedente matrimonio sia dichiarato nullo, o qualora il secondo matrimonio sia invece annullato per un fatto diverso dalla bigamia. Tale causa di estinzione è prevista tassativamente solo per le due situazioni prospettate e trova il proprio fondamento nel sopravvenuto venir meno dell'offesa al sentimento familiare, ma solamente una causa di nullità del primo matrimonio, che infatti elide
ex tunc l'esistenza del vincolo, come se non vi fosse mai stato.
///SPIEGAZIONE ESTESA
Il delitto di bigamia consiste nel contrarre volontariamente un
matrimonio avente effetti civili, pur con la consapevolezza che, almeno uno dei due soggetti coinvolti, sia già vincolato ad una terza persona da un altro matrimonio, avente anch'esso effetti civili.
Si tratta di un reato necessariamente
plurisoggettivo, in quanto soggetti attivi devono essere due persone, di cui almeno una sia già legata ad un'altra da un vincolo matrimoniale avente effetti civili. È, però, sufficiente che soltanto uno di essi sia imputabile o punibile, in quanto l'imputabilità o la punibilità dell'uno è indipendente da quella dell'altro.
Va, peraltro, evidenziato che, dopo l'introduzione dell'art.
574 ter c.p., ad opera del d.lgs. n. 6/2017, l'uso del termine matrimonio va inteso riferirsi, agli effetti della legge penale, anche alle
unioni civili tra persone dello stesso sesso. Per questo motivo, dunque, si configura il delitto in esame anche qualora, almeno uno dei soggetti coinvolti, sia legato ad un terzo da un'unione civile.
Per quanto riguarda la
condotta tipica, il reato di bigamia si distingue, tradizionalmente, in due forme: bigamia propria ed impropria.
Si ha bigamia
propria nel caso in cui un soggetto, già legato ad un terzo da un matrimonio avente effetti civili, ne contragga un altro avente, a sua volta, i medesimi effetti. Integra, invece, l'ipotesi di bigamia
impropria, il soggetto non coniugato che contragga matrimonio con un altro, il quale sia già legato ad un terzo da un vincolo matrimoniale con effetti civili.
Con l'espressione "matrimonio avente effetti civili", non si intende far riferimento al matrimonio valido, cioè né nullo né annullabile, bensì a quello giuridicamente esistente, ossia fornito sia dei requisiti materiali, quali la celebrazione dinanzi all'ufficiale di stato civile o al
ministro di culto e la
trascrizione nei
registri dello stato civile, sia del requisito psicologico del consenso dei contraenti.
Si parla, pertanto, di bigamia qualora, in costanza di un matrimonio giuridicamente esistente, anche se colpito da cause di nullità o annullabilità, purché non ancora dichiarate in modo irrevocabile, venga contratto un altro matrimonio, anch'esso giuridicamente esistente.
L'
evento consiste nell'acquisto dell'efficacia civile da parte del nuovo matrimonio, il che rappresenta, altresì, il momento consumativo della fattispecie. Alla luce di tale circostanza, si ammette il
tentativo nel caso in cui un soggetto, dopo aver contratto un secondo matrimonio con rito religioso, senza le preventive pubblicazioni richieste
ex lege, né il nulla osta dell'ufficiale di stato civile, ne abbia richiesto la trascrizione nei registri dello stato civile senza, però, riuscire nell'intento.
La bigamia è, inoltre, considerata una fattispecie a natura
permanente, in quanto lo stato antigiuridico si protrae per tutta la durata della coesistenza dei due vincoli matrimoniali, venendo a cessare soltanto di fronte ad una sentenza definitiva che pronunci la cessazione degli effetti di civili di uno di essi.
La norma richiede la sussistenza del
dolo generico, quale coscienza e volontà di contrarre un nuovo matrimonio con effetti civili, pur essendo, almeno una delle parti, già legata ad un terzo da un altro vincolo matrimoniale civilmente efficace. Qualora, dunque, uno soltanto o entrambi i soggetti coinvolti nel nuovo matrimonio, non siano a conoscenza dell'esistenza di un precedente vincolo, viene meno il dolo per chi non ne avesse la consapevolezza.
Ai sensi del comma 2 della norma in esame, la fattispecie risulta
aggravata nel caso in cui il colpevole abbia indotto in errore la persona con cui ha contratto matrimonio, in ordine allo stato di libertà di uno dei due. Tale
induzione in errore può derivare, sia da una condotta attiva, anche non connotata da artifici o raggiri, sia da un significativo silenzio che, non consistendo in una mera omissione, possa indurre in errore la controparte.
L'errore, peraltro, deve necessariamente riguardare lo stato libero di una delle parti.
Il terzo comma dell'art.
556 c.p. stabilisce, infine, che il reato si
estingue qualora venga dichiarata la
nullità di uno dei due vincoli matrimoniali, purché la stessa derivi da un motivo diverso dalla bigamia. Non produce, invece, tale effetto, lo scioglimento per altra causa, come, ad esempio, la morte.
Il delitto di bigamia si estingue, inoltre, per
prescrizione, il cui termine, ai sensi dell'art.
557 c.p., decorre dal giorno in cui sia sciolto uno dei due matrimoni oppure sia dichiarato nullo per bigamia il secondo di essi.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA