La norma in esame riproduce il testo del previgente
art. 732 del c.p.c. e riafferma il principio secondo cui, salvo che sia altrimenti disposto, per l’adozione di tutti i provvedimenti relativi a minori, interdetti e inabilitati è competente il Tribunale, che giudica nelle forme e secondo le modalità dei
procedimenti in camera di consiglio, di cui agli artt.
737 e seguenti.
Nel silenzio della legge, la dottrina è dell’idea che la norma in commento sia applicabile anche ai procedimenti di amministrazione di sostegno, in tal senso argomentando dal richiamo operato dal quarto comma dell’
art. 411 del c.c..
Trattasi di norma residuale, il che comporta che di essa dovrà farsi applicazione ogni qual volta non sia prevista una speciale e diversa disciplina.
Il procedimento viene trattato nelle forme della camera di consiglio e ha natura di
volontaria giurisdizione; in conformità a quanto disposto dall’
art. 28 del c.p.c., trattandosi di procedimento in camera di consiglio, la
competenza territoriale è funzionale ed inderogabile.
Si ritiene che il disposto di cui alla presente norma sia volto a disciplinare anche le controversie che, in base alla formulazione dell’
art. 38 delle disp. att. c.c., siano di competenza del
tribunale per i minorenni.
Il procedimento viene introdotto con
ricorso e si conclude con
decreto, reclamabile presso la Corte d’Appello, ovvero, quando trattasi di procedimento soggetto alla disciplina dell’art. 38 disp. att. c.c., presso la sezione della Corte d’Appello del Tribunale per i minorenni.
Si esclude la possibilità di ricorso straordinario in Cassazione, ex
art. 111 Cost., in considerazione del fatto che trattasi di provvedimenti che non incidono su diritti soggettivi e che sono comunque modificabili e revocabili ex
art. 742 del c.p.c..
Qualora, ai fini della pronuncia del
provvedimento, sia richiesta la preventiva acquisizione del parere del
giudice tutelare, è necessario che il parere sia prodotto unitamente al ricorso introduttivo del giudizio (un esempio è quello del parere che va richiesto nell’ ipotesi di esercizio di un’impresa commerciale da parte del minore ex
art. 320 del c.c., da parte del minore emancipato ex
art. 397 del c.c., nonché da parte dell’ inabilitato ex
art. 425 del c.c..
In applicazione del disposto dell’
art. 343 del c.c., territorialmente competente a rendere il parere è il giudice tutelare del luogo di domicilio dell’ incapace, e ciò in quanto la tutela si apre presso il tribunale del
circondario ove si trova la sede principale degli affari e degli interessi dell’incapace.
La mancata acquisizione del parere è causa di nullità del procedimento, con conseguente nullità del provvedimento stesso ai sensi del comma 1 dell’
art. 159 del c.p.c..
Secondo una diversa tesi, invece, si tratterebbe di una ipotesi di nullità relativa, potendo essere fatta valere unicamente dai soggetti tutelati.
In ogni caso, secondo quanto disposto dall’ultimo comma della norma in esame, il
presidente del collegio può, d’ufficio, richiedere l’acquisizione del parere del giudice tutelare ove il ricorrente non vi abbia provveduto.
Il parere in oggetto, pertanto, si qualifica quale elemento imprescindibile dell’iter autorizzativo e, secondo autorevole dottrina, sebbene obbligatorio, non è vincolante.