Il principio che viene codificato in questa norma è quello di conservazione degli atti, espresso dal brocardo “
utile per inutile non vitiatur”.
La norma non dà alcuna nozione di “
parte” dell’atto, limitandosi semplicemente a richiamare il carattere di indipendenza che deve ricorrere affinchè la nullità di una parte dell’atto non si propaghi all’altra parte.
E’ stato sostenuto che gli ultimi due commi della norma abbiano un significato autonomo, in quanto mentre il secondo comma si riferisce agli atti scomponibili in parti, il terzo comma fa riferimento ad una pluralità di effetti prodotti dall’atto, indipendentemente dalla sua scomponibilità in più parti.
Di fatto, poi, si finisce per sovrapporre il significato della disposizione di cui al terzo comma rispetto a quello del secondo comma.
Ciò che in riferimento al terzo comma occorre precisare, comunque, è che esso autorizzerebbe soltanto riduzioni quantitative di effetti e non un mutamento qualitativo degli stessi, o meglio non si riferisce agli effetti di un diverso atto in cui quello compiuto potrebbe convertirsi.
Come si è accennato all’inizio, le disposizioni di cui al secondo ed al terzo comma della norma in esame esprimono una regola fondamentale nel sistema processuale, ovvero quella secondo cui solo la parte viziata dell’atto può essere considerata nulla, mentre per ogni altro aspetto esso è valido o efficace.
Una conferma di tale regola la si ritrova in diverse particolari fattispecie di nullità, in particolare in tema di nullità della
citazione, ove i vizi dell’atto si distinguono in relazione ai requisiti difettosi (ed agli scopi che questi concorrono a realizzare) ed agli effetti che possono prodursi nonostante il vizio.
E’ chiaro che un atto nullo in tanto è in grado di produrre effetti in quanto ogni singola parte dell’atto sia considerata conforme al modello voluto dal legislatore in ordine ad un determinato effetto; a tal fine è necessario che la suddivisione dell’atto in parti avvenga per parti c.d. funzionali, ossia in relazione ai diversi scopi che all’atto si ricollegano.
Ma la regola della “nullità delimitata” di un atto assume rilievo anche in relazione al tempo del prodursi di effetti da parte dell’atto invalido, e ciò per l’eventuale avverarsi di decadenze.
Con ciò vuol dirsi che occorre verificare se il rispetto del requisito difettoso dell’atto sia indispensabile per la realizzazione di quel particolare scopo per il quale la legge processuale stabilisce un
termine perentorio o una preclusione.
Una applicazione del principio di conservazione degli atti si ha, ad esempio, nel caso di una
procura rilasciata a margine del
ricorso per cassazione, la quale deve qualificarsi pur sempre come procura speciale anche se contenga un errore nella indicazione del numero della sentenza impugnata o sulle parti o se il testo della delega contenga espressioni generiche.
Il primo comma disciplina, invece, la c.d. nullità derivata degli atti, la quale trova giustificazione nella stessa struttura del processo civile, impostato come una serie ordinata di atti, ognuno dei quali determina il passaggio ad una situazione successiva, per giungere alla decisione finale.