Con questa disposizione vengono disciplinate le conseguenze che sul processo determina la mancata partecipazione delle parti alla prima udienza.
Occorre precisare che per "parte" si deve intendere non già la parte personalmente, ma il suo
difensore munito di valida
procura alla lite.
A seguito dell'entrata in vigore del D.L. 14.3.2005, n. 35 (conv., con modificazioni, in L. 14.5.2005, n. 80 come modificato dall'art. 1, L. 28.12.2005, n. 263), il giudice deve rilevare la mancata partecipazione di una o di tutte le parti nell'unica udienza in cui si concentrano tutte le attività che, prima di tale riforma, il giudice e le parti dovevano o potevano espletare in due distinti momenti.
Il mancato adempimento all’onere di partecipazione alle udienze (il cui presupposto risiede nella
costituzione in giudizio della parte medesima) determina l'assenza della parte.
Si tenga presente che il processo ordinario di cognizione si svolge sulla base di una
fictio iuris racchiusa nel brocardo “
semel praesus semper praesus”, per effetto della quale la parte, che abbia provveduto a costituirsi, è considerata presente a tutte le attività che si compiono nel processo, anche nel caso in cui, di fatto, non vi partecipi materialmente, rimanendo assente.
Il suddetto principio è avvalorato dal disposto dal secondo comma dell'
art. 176 del c.p.c., il quale stabilisce che le
ordinanze pronunciate in udienza si considerano conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi.
Dispone il primo comma della norma che la mancata partecipazione di entrambe le parti alla prima udienza comporta, in primo luogo, la fissazione per ordine del giudice di una nuova udienza, di cui il
cancelliere deve dare
comunicazione alle parti costituite.
Qualora tutte le parti non si presentino neppure a tale nuova udienza, la causa viene
cancellata dal ruolo ed il giudice contestualmente dichiara l'
estinzione del processo.
Per effetto di quanto previsto dall’
art. 309 del c.p.c., la disciplina prescritta da questo primo comma si applica anche alle ipotesi in cui le parti non si presentino alle udienze successive alla prima.
Parte della dottrina e della giurisprudenza ha ritenuto che il sistema previsto dal primo comma della norma in commento si ponga in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo espresso dall’
art. 111 Cost., in quanto, essendo l'allungamento dei tempi del processo rimesso sostanzialmente all'arbitrio dei difensori, si viene a determinare una lesione dell'effettività della tutela giurisdizionale.
Tuttavia, la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi al riguardo, ha più volte dichiarato la manifesta infondatezza della questione, considerato che la maggiore celerità del processo non può non tener conto anche delle altre tutele costituzionali in materia ed in particolare del diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio, garantito dall'
art. 24 Cost..
Non può farsi rientrare nella fattispecie di cui al primo comma il caso di mancata partecipazione delle parti alla prima udienza cagionata dallo sciopero degli avvocati, in quanto tale situazione determina un impedimento allo svolgimento dell'udienza, la quale dovrà essere differita ex
art. 113 delle disp. att. c.p.c., senza necessità di comunicazione alle parti.
Nel testo anteriormente vigente, il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo poneva il processo in uno stato di quiescenza, analogo a quello della mancata iscrizione a ruolo della causa medesima.
A seguito della riforma operata dal legislatore nel 2008, la causa non può più considerarsi quiescente, in quanto, in luogo della cancellazione dal ruolo, il giudice dichiara l'estinzione del giudizio.
È stato, altresì, soppresso l'inciso che conferiva al provvedimento di estinzione la forma dell'ordinanza non impugnabile, con la conseguenza che, nel silenzio della legge sul punto, tale provvedimento deve assumere la forma dell'ordinanza se pronunciata dal giudice istruttore nelle cause riservate al collegio, e della
sentenza se pronunciata dal giudice unico.
Per quanto riguarda il regime dell'impugnabilità, in mancanza anche in questo caso di una esplicita regolamentazione, si ritiene che l'ordinanza di estinzione emessa dal giudice istruttore nelle cause riservate alla decisione collegiale possa essere reclamata dalle parti nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla pronuncia del provvedimento in udienza ai sensi dell'
art. 178 del c.p.c., ovvero dalla comunicazione dello stesso, pena, in difetto, l'irrevocabilità.
La sentenza dichiarativa dell'estinzione pronunciata dal giudice unico è sottoposta al regime dell'
impugnazione ordinaria.
Il secondo comma dispone che se, a seguito dell'assenza alla prima udienza dell'attore, il convenuto non chiede la prosecuzione del giudizio, il giudice fissa una nuova udienza, la cui data è comunicata all'attore dal cancelliere e nella quale, permanendo l'assenza della parte che ha instaurato il giudizio, lo stesso giudice, salvo contraria istanza da parte del convenuto, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l'estinzione del giudizio.
E’ stato affermato che il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo e di estinzione del giudizio, emesso ai sensi di questo secondo comma, non può contenere, nel silenzio della norma, la pronuncia sulle spese di lite, potendo il giudice provvedere al riguardo, sulla base del principio di soccombenza virtuale, solo qualora il convenuto chieda che si proceda in assenza dell'attore.
La mancata comparizione dell'attore, regolarmente costituito, alla prima udienza ed a quella successiva fissata dal giudice è intesa, ai sensi dell'art. 181, 2° co., come vera e propria rinuncia all'azione, da parte di quest'ultimo.
In ipotesi di prosecuzione del giudizio, non può trascurarsi l'eventualità che la domanda attorea sia accolta nel merito, nel caso in cui lo stesso attore, mediante le allegazioni e le produzioni contenute nell'
atto di citazione, abbia assolto all'onere probatorio su di lui incombente.
L'art. 181 c.p.c., in quanto norma dettata nell'ambito del procedimento dinanzi al tribunale, non può trovare applicazione ai procedimenti che si svolgono dinanzi al
giudice di pace, considerata la peculiarità di questi ultimi, sebbene sia in facoltà del giudice di pace stesso farvi ricorso quando ne ravvisi i presupposti e l'opportunità.
Nessuna disciplina specifica è rinvenibile nell'ambito del rito del lavoro in relazione alle conseguenze della mancata comparizione delle parti alle udienze, e per tale ragione la dottrina ha sollevato dubbi circa l'applicabilità dell'art. 181.
La giurisprudenza appare divisa sulla questione, in quanto a quelle pronunce che ne negano l'operatività in ragione delle sue peculiarità strutturali e funzionali (considerando indifferibile l'udienza di discussione), si contrappone l'orientamento più recente, che considera la disciplina dettata dall’art. 181 c.p.c. compatibile con il processo del lavoro (si sostiene, così, che l'assenza di entrambe le parti, in primo grado ed in appello, costituisca motivo di rinvio dell'udienza, con conseguente obbligo del cancelliere di comunicare la nuova data e, in caso di reiterata assenza delle parti stesse, l'emanazione del provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo).
L'art. 181 opera anche in relazione al giudizio di
opposizione agli atti esecutivi, con la conseguenza che se l'opponente non si presenta alla prima udienza di comparizione ex
art. 618 del c.p.c. ed il
giudice dell'esecuzione dichiara l'improcedibilità del giudizio, tale erroneo provvedimento, assimilabile, sotto il profilo sostanziale, ad una sentenza (ancorché emesso nella forma di ordinanza), può essere impugnato con
ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 Cost.
La giurisprudenza, invece, nega l'applicabilità dell'art. 181 in relazione al procedimento di opposizione alle sanzioni amministrative, argomentando dall'art. 23, 5° co., L. 24.11.1981, n. 689, secondo cui l'assenza ingiustificata dell'opponente alla prima udienza fissata comporta la convalida dell'ordinanza di ingiunzione opposta; qualora, invece, l'opponente sia presente alla prima udienza ma rimanga assente nella successiva, il giudice non può convalidare il provvedimento impugnato, ma deve definire il giudizio, secondo le regole generali del processo ordinario.