L'istituto dell'amministrazione di sostegno è stato introdotto per effetto della Legge n. 6/2004, la quale ha aggiunto un nuovo capo I al titolo XII del libro I del codice civile al fine di tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia nelle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.
L’esigenza di prevedere tale nuovo istituto si fonda sulla convinzione che, accanto agli istituti tradizionali, fosse necessario prevedere una figura che avesse funzione non tanto sostitutiva, ma di sostegno, e che intervenisse non nella totalità degli atti che la persona assistita è chiamata a compiere (come previsto per l’
interdizione) e neppure in un ambito di categoria predefinito (è questo il caso dell’
inabilitazione), ma soltanto in quegli atti per i quali la situazione concreta suggerisce una presenza rafforzata.
Il problema principale che ci si è posti, infatti, è stato quello di capire quando si debba ricorrere all'amministrazione di sostegno e quando agli altri istituti.
Esaminando la casistica giurisprudenziale sembra prevalere l'orientamento secondo cui la normativa dell'amministrazione di sostegno può trovare applicazione anche nel caso di persone totalmente incapaci di intendere e volere, con una modulazione dei poteri di
assistenza o di
rappresentanza dello stesso amministratore di sostegno che tenga conto dell'esigenza di protezione del beneficiario e del suo grado di
capacità di agire.
In particolare, si è sostenuto che l'ambito di applicazione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno possa essere individuato non già con riguardo al diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi da parte del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto con riferimento alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di quel soggetto.
Per quanto concerne la natura del procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno, si riscontrano due diverse teorie.
a) secondo un primo orientamento si tratta di un procedimento di
volontaria giurisdizione, risultando essenzialmente finalizzato alla mera gestione degli interessi della persona che si vuole sottoporre alla misura di protezione.
b) secondo altra tesi, invece, il procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno avrebbe natura contenziosa, poiché idoneo a concludersi con un provvedimento che incide sullo
status della persona sottoposta alla misura di protezione, con effetto limitativo, anche se in modo parziale, della capacità di agire di quest'ultimo.
La natura del procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno produce effetti diretti sulla questione relativa alla configurabilità o meno di un
onere di patrocinio legale per la valida proposizione dell'atto introduttivo del procedimento.
Al riguardo si ritiene che debba operarsi una distinzione tra il caso in cui sia la stessa persona beneficiaria ad attivare la procedura e quello in cui il procedimento sia instaurato su istanza di soggetti terzi direttamente nei confronti della persona che si vuole sottoporre alla misura di protezione; in questo secondo caso, anche in considerazione del carattere contenzioso che verrebbe ad assumere il procedimento, non si ritiene opportuno poter derogare al generale disposto di cui all’u.co. dell’
art. 82 del c.p.c., ai sensi del quale, fatti salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale ed alla corte d'
appello le parti debbono stare in giudizio con il ministero di un
procuratore legalmente esercente.
Per effetto del combinato disposto degli artt.
406 e
712, l'atto introduttivo del procedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno deve assumere la forma del
ricorso.
Tale ricorso può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se
minore,
interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti tra quelli indicati all'
art. 417 del c.c.; se il ricorso concerne una persona interdetta o inabilitata, allo stesso deve accompagnarsi l'istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione, da presentare al giudice competente per quest'ultima.
Ex
art. 406 del c.c. il ricorso introduttivo deve essere proposto anche dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, allorchè siano a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno. In alternativa, tali soggetti possono fornire notizia al P.M. dei fatti rilevanti, dei quali siano venuti a conoscenza.
Il ricorso deve essere proposto al giudice tutelare del luogo in cui il beneficiario ha la
residenza o il
domicilio.
Per quanto concerne il suo contenuto, esso deve indicare, ex
art. 407 del c.c.: le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale, le ragioni per cui si chiede la nomina di un amministratore di sostegno, il nominativo o domicilio, se conosciuti dal ricorrente, del coniuge, dei discendenti, degli ascendenti, dei fratelli e dei conviventi del beneficiario.
Secondo il disposto dell’
art. 405 del c.c. co. 1, il Giudice tutelare, entro 60 giorni dalla data di presentazione della richiesta, provvede alla nomina dell'amministratore di sostegno, con decreto motivato, il quale è immediatamente esecutivo (trattasi di termine meramente ordinatorio).
E’ obbligatoria la partecipazione al procedimento del P.M., il che comporta che a quest'ultimo deve essere comunicato il decreto di fissazione dell'udienza a cura dell'ufficio del giudice tutelare.
Secondo quanto disposto dall’
art. 713 del c.p.c., sia il ricorso introduttivo che il decreto di fissazione dell'udienza debbono essere notificati, a cura del ricorrente, al beneficiario e alle altre persone indicate nel ricorso; il giudice tutelare deve sentire personalmente la persona a cui il procedimento si riferisce e, ove occorra, deve recarsi nel luogo in cui questa si trova.
Qualora ne sussista la necessità, il Giudice tutelare adotta, anche d'ufficio, i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del patrimonio del beneficiario; può anche procedere alla nomina di un amministratore provvisorio, indicando gli atti che è autorizzato a compiere.
Il procedimento di nomina dell'amministratore di sostegno si conclude con un decreto motivato, il quale deve contenere:
a) le generalità della persona beneficiaria e dell'amministratore di sostegno;
b) la durata dell'incarico dell'amministratore;
c) la specificazione degli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno;
d) i limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità;
e) la periodicità con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice in ordine all'attività svolta ed alle condizioni di vita personali e sociali del beneficiario.
Sia il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno che il provvedimento di chiusura, così come ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare nel corso dell'amministrazione di sostegno, devono essere immediatamente annotati, a cura del
cancelliere, nell'apposito registro.
Inoltre, il decreto di apertura e quello di chiusura devono essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale di stato civile per le annotazioni in margine dell'atto di nascita del beneficiario.
In caso di durata dell'incarico a tempo determinato, alla
scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga le annotazioni devono essere cancellate.
All'amministratore di sostegno spettano solo ed esclusivamente quei limitati poteri che saranno espressamente elencati nel decreto di nomina, concetto questo che viene ulteriormente ribadito dall’
art. 409 del c.c., prevedendo che il beneficiario conservi la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedano la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministrazione di sostegno.
Il principio di autodeterminazione del soggetto da tutelare è riconosciuto anche nella scelta dell'amministrazione di sostegno, come si desume dal disposto dell’
art. 408 del c.c., norma che attribuisce allo stesso interessato il potere di designare, mediante
atto pubblico o
scrittura privata autenticata, la persona da nominare suo amministratore di sostegno in previsione della sua eventuale futura incapacità.
In caso di mancata designazione, il giudice tutelare dovrà preferire, ove possibile, il coniuge non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con
testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Il procedimento di chiusura dell'amministrazione di sostegno, così come la sua revoca, risultano disciplinati dall’
art. 413 del c.c..
Il procedimento di cessazione dell'amministrazione di sostegno può essere introdotto con istanza motivata rivolta al giudice tutelare ad opera del beneficiario della misura, del P.M. o di taluno dei soggetti di cui all'
art. 406 del c.c..
L'istanza, che deve essere comunicata al beneficiario e all'amministratore, dovrà avere la forma del ricorso ed indicare le circostanze idonee a determinare la cessazione della misura di protezione (deve trattarsi, indubbiamente, di fatti e circostanze sopravvenuti rispetto al tempo dell'emissione del decreto di nomina).
Al momento della cessazione dell'incarico, l'amministratore di sostegno deve consegnare i beni che ha amministrato e presentare, nel termine di due mesi, il
rendiconto finale al giudice tutelare per l'approvazione.
Secondo quanto espressamente disposto dal secondo comma della norma in esame, i provvedimenti del giudice tutelare sono soggetti a reclamo, da presentare, ex
art. 739 del c.p.c., davanti alla corte d'appello nel cui distretto si trova l'ufficio del giudice tutelare che ha emesso il provvedimento impugnato.
Il rinvio all' art. 739 deve intendersi limitato alla previsione dello svolgimento del procedimento di secondo grado in
camera di consiglio e alla disciplina dei termini per l'impugnazione (che consistono in dieci giorni dalla
notificazione del decreto pronunziato nei confronti di più parti, ovvero dalla
comunicazione del decreto, in caso di emissione officiosa del provvedimento).
Contro il decreto emesso dalla corte d'appello in sede di
reclamo è proponibile
ricorso per cassazione entro i termini ordinari (sessanta giorni dalla notificazione del decreto ovvero un anno dalla
pubblicazione).
La legittimazione ad impugnare i provvedimenti emessi in materia di amministrazione di sostegno, sia in caso di reclamo che di ricorso per cassazione, spetta a tutti coloro che avrebbero avuto diritto a proporre la domanda in primo grado, a prescindere dalla loro effettiva partecipazione al giudizio nella fase del procedimento, terminata con l'emissione del provvedimento che si sottopone ad
impugnazione.