I procedimenti di
interdizione e di
inabilitazione si articolano in due diverse fasi:
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una prima fase preliminare è quella nel corso della quale vengono adottati i provvedimenti urgenti emessi da parte del presidente;
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la seconda fase di merito ed a cognizione piena è quella che si svolge davanti al giudice istruttore, il quale emette il provvedimento di nomina, rispettivamente, del tutore o del curatore.
Accanto a questa forma di interdizione, c.d. giudiziale, ne esiste un secondo tipo, ossia l’interdizione legale, la quale è prevista dalla legge come pena accessoria di una condanna penale alla
reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni o all'
ergastolo.
La legittimazione a proporre la domanda è riconosciuta in via alternativa o concorrente a più soggetti, i quali eserciterebbero una mera azione, e ciò perché non sussiste un'azione in senso sostanziale di un soggetto contro altri.
Possono, infatti, proporre la domanda il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo, il tutore, il curatore, il P.M.
L’art. 1, comma 15 della Legge n. 76/2016 riconosce espressamente la legittimazione attiva in capo alla parte dell'unione civile.
Nel caso specifico in cui l'interdicendo o l'inabilitando si trovino sotto la potestà dei genitori o abbiano per curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione può essere promossa solo su istanza del medesimo o del P.M. (cfr.
art. 417 del c.c.).
Inoltre, se l'interdicendo o l'inabilitando hanno già ottenuto il riconoscimento dello stato di invalidità per altri fini, è opportuno che ne venga depositata copia da parte del ricorrente, unitamente al ricorso e agli altri allegati.
Prevale in dottrina la tesi secondo cui deve escludersi che interdicendo e inabilitando siano legittimati a proporre la domanda, considerato che costoro sono i soggetti nei cui confronti la stessa viene proposta.
La legittimazione passiva, invece, spetta solo all'interdicendo o all'inabilitando, ancorché straniero, purchè domiciliato o residente in Italia.
Si ritiene che non possano qualificarsi come parti in senso tecnico i parenti e gli affini dell'interdicendo o dell'inabilitando, i quali devono essere indicati nel ricorso introduttivo ed a cui il medesimo va notificato; ciò perchè la loro partecipazione è finalizzata a fornire al giudice informazioni utili ai fini del giudizio.
Per quanto concerne i soggetti beneficiari, interdizione ed inabilitazione possono essere pronunciate nei confronti del maggiorenne o del minore emancipato che si trovino in abituale
infermità di mente tale da renderli incapaci di provvedere ai propri interessi (cfr.
art. 414 del c.c.) sia patrimoniali sia inerenti la loro sfera pubblica e privata.
Inoltre, la pronuncia di interdizione può essere rivolta anche nei confronti dell'incapace che abbia compiuto il diciassettesimo anno di età, producendo effetto dal momento del raggiungimento della
maggiore età (così
art. 416 del c.c.).
La
competenza per territorio a conoscere della domanda di interdizione o inabilitazione spetta al tribunale del luogo nella cui circoscrizione ha
residenza o domicilio la persona nei cui confronti essa è proposta; deve precisarsi che il riferimento va fatto alla residenza effettiva, a nulla rilevando la mancata regolare comunicazione del cambio della stessa, ex
art. 44 del c.c..
Si tratta di ipotesi di competenza inderogabile ex
art. 28 del c.p.c. per la necessaria presenza del P.M. ex
art. 70 del c.p.c..
Ai sensi dell’
art. 40 delle disp. att. c.c. è invece competente il
tribunale per i minorenni nella cui circoscrizione ha il domicilio il minore (
art. 45 del c.c.) se viene chiesta l'interdizione del minore emancipato o l'interdizione o inabilitazione del minore nell'ultimo anno della sua minore età.
La domanda deve avere la forma del ricorso, il quale, ex
art. 125 del c.p.c., deve contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, delle parti, del provvedimento richiesto, dei fatti costitutivi della domanda, delle generalità e della residenza dei soggetti legittimati ad agire e dell'eventuale curatore o tutore.
Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore, munito di procura, e con il suo deposito si fa coincidere la costituzione in giudizio.
La condizione di abituale infermità costituisce la
causa petendi della domanda, mentre i fatti ad essa allegati costituiscono indizi dell'affermata infermità.
Il ricorso va depositato presso la
cancelleria del tribunale competente e dal momento del deposito decorrono gli effetti della
litispendenza.
Una volta che la domanda sia stata proposta, il procedimento deve necessariamente giungere alla sua conclusione, non potendo trovare applicazione le disposizioni in materia di interruzione ed estinzione del processo (pertanto, non sono ammissibili né la rinuncia all'azione né la
rinuncia agli atti, né quella all'istanza).
Per effetto di quanto disposto dall’
art. 418 del c.c., promossa l'interdizione, l'inabilitazione può essere dichiarata anche d'ufficio, in quanto essa deve ritenersi implicitamente contenuta in quella d'interdizione; al contrario, se viene promossa l'inabilitazione, il tribunale non può pronunciare l'interdizione, salva la richiesta in tal senso del P.M. o anche delle altre parti legittimate, che siano comunque costituite.