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Articolo 405 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. Durata dell'incarico e relativa pubblicità

Dispositivo dell'art. 405 Codice Civile

Il giudice tutelare provvede entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta alla nomina dell'amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, su ricorso di uno dei soggetti indicati nell'articolo 406.

Il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso solo nell'ultimo anno della sua minore età e diventa esecutivo a decorrere dal momento in cui la maggiore età è raggiunta.

Se l'interessato è un interdetto o un inabilitato, il decreto è esecutivo dalla pubblicazione della sentenza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione.

Qualora ne sussista la necessità, il giudice tutelare adotta anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio. Può procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere(1).

Il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno deve contenere l'indicazione:

  1. 1) delle generalità della persona beneficiaria e dell'amministratore di sostegno;
  2. 2) della durata dell'incarico, che può essere anche a tempo indeterminato;
  3. 3) dell'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
  4. 4) degli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno;
  5. 5) dei limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità;
  6. 6) della periodicità con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.

Se la durata dell'incarico è a tempo determinato, il giudice tutelare può prorogarlo con decreto motivato pronunciato anche d'ufficio prima della scadenza del termine.

Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno, il decreto di chiusura ed ogni altro provvedimento assunto dal giudice tutelare nel corso dell'amministrazione di sostegno devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro.

Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno e il decreto di chiusura devono essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita del beneficiario. Se la durata dell'incarico è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine indicato nel decreto di apertura o in quello eventuale di proroga.

Note

(1) I presupposti ricorreranno allorchè la misura risulti necessaria per la conservazione e l'amministrazione in via d'urgenza del patrimonio dell'interessato, ed al fine di consentire la continuazione dell'esercizio dell'impresa paralizzata dall'incapacità.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 405 Codice Civile

Cass. civ. n. 32845/2022

Il provvedimento di nomina dell'amministrazione di sostegno non determina di per sé l'interruzione del giudizio di cui sia parte il beneficiario dell'amministrazione e, anche qualora il difensore dell'amministratore dichiari in udienza l'evento, non si verifica automaticamente l'interruzione del processo, come invece accade nelle diverse ipotesi dell'interdizione e dell'inabilitazione. Ne consegue che ove il giudice dichiari con ordinanza l'interruzione del giudizio, il "dies a quo" per la riassunzione del processo nel termine di tre mesi ex art. 305 c.p.c., decorre, per esigenze di tutela del beneficiario, non dalla data della dichiarazione in udienza dell'evento da parte del difensore, ma dal successivo provvedimento del giudice di merito che, dopo aver valutato, in base al tenore del provvedimento del giudice tutelare, l'effettiva capacità di agire residua dell'amministrato e la corrispondente capacità processuale ex art. 75 c.p.c., dichiara l'interruzione del processo.

Cass. civ. n. 32321/2022

In materia di amministrazione di sostegno, il decreto della corte d'appello di rigetto del reclamo, con il quale era stata chiesta la revoca dell'amministrazione di sostegno e la modifica dei poteri conferiti all'amministratore, benché relativo a decisioni modificabili in ogni tempo dal giudice tutelare, ha un contenuto generale e pertanto decisorio, non concernendo l'autorizzazione a singoli atti di amministrazione, di talché esso è ricorribile per cassazione.

I decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili unicamente dinanzi alla corte d'appello ai sensi dell'art. 720 bis, comma 2, c.p.c., trattandosi di disposizione speciale derogatoria rispetto all'art. 739 c.p.c., senza che abbia alcun rilievo la natura ordinatoria o decisoria di detti provvedimenti. (In attuazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto inammissibile il reclamo avverso la parte del decreto con la quale era stata individuata la persona dell'amministratore di sostegno, avendo ritenuto tale decisione di natura amministrativa).

Cass. civ. n. 7420/2022

In tema di amministrazione di sostegno, l'individuazione degli atti di straordinaria amministrazione che richiedono l'autorizzazione del giudice tutelare, nel caso in cui all'amministratore siano conferiti solo poteri di ordinaria amministrazione, va compiuta tenendo conto degli effetti economici degli atti, così rientrando tra quelli di straordinaria amministrazione il patto di quota lite sul compenso spettante all'avvocato che curi l'azione risarcitoria per il sinistro stradale che abbia cagionato gravi lesioni alla persona amministrata, ove quest'ultima sia priva di altre risorse economiche e con quel risarcimento debba gestire la propria vita futura.

Cass. civ. n. 6079/2020

L'amministrazione di sostegno si configura come cd. sostitutiva o mista, laddove presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore; viene, invece, definita amministrazione puramente di assistenza quando si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione. Ne discende che, nel caso dell'amministrazione di mera assistenza, il beneficiato è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/02/2017)

Corte cost. n. 114/2019

Il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la sua capacità di donare, salvo che il giudice tutelare, anche d'ufficio, ritenga di limitarla –- nel provvedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno o in occasione di una sua successiva revisione - tramite l'estensione, con esplicita clausola ai sensi dell'art. 411, co. 4, primo periodo, c.c., del divieto previsto per l'interdetto e l'inabilitato dall'art. 774, co. 1, primo periodo, c.c.

Cass. civ. n. 12460/2018

In tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d'ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, c.c., sia con il provvedimento di nomina dell'amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà. Infatti - esclusa la possibilità di estendere in via analogica l'incapacità di testare, prevista per l'interdetto dall'articolo 591, comma 2, c.c., al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, c.c., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario - la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l'introduzione dell'amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione.

Cass. civ. n. 21748/2007

Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: senza il consenso informato l'intervento del medico è, al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità, sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente; la pratica del consenso libero e informato rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell'individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi. Il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma - atteso il principio personalistico che anima la nostra Costituzione (la quale vede nella persona umana un valore etico in sé e guarda al limite del «rispetto della persona umana» in riferimento al singolo individuo, in qualsiasi momento della sua vita e nell'integralità della sua persona, in considerazione del fascio di convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive) e la nuova dimensione che ha assunto la salute (non più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico, e quindi coinvolgente, in relazione alla percezione che ciascuno ha di sé, anche gli aspetti interiori della vita come avvertiti e vissuti dal soggetto nella sua esperienza) - altresì di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale.

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Consulenze legali
relative all'articolo 405 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. C. chiede
domenica 03/03/2024
“Buongiorno, mia moglie Tizia è l'amministratore di sostegno di sua sorella Caia disabile.
Caia è componente del nostro nucleo familiare
Caia non è fiscalmente a carico di Tizia.
Domanda: per acquisto auto con legge 104 da intestare a Caia ma che pagherà per l'intero importo Tizia, va chiesta autorizzazione al giudice per acquistare auto intestata a Caia?
Domanda: scaduto il periodo dei due anni per rivendere l'auto, l'importo del valore dell'auto ricavato andrà versato sul conto di Caia anche se l'auto verrà pagata da Tizia? In questo caso va chiesta autorizzazione al giudice tutelare per la vendita? Come può Tizia poter usufruire dell'importo ricavato dalla vendita dell'auto visto che la pagherà per intero lei?
Grazie per la risposta

Consulenza legale i 11/03/2024
Per rispondere al primo dei quesiti formulati è necessario, innanzitutto, esaminare quanto previsto dal decreto di nomina dell’amministratore di sostegno: infatti i poteri di quest’ultimo non vengono stabiliti a priori dalla legge, ma decisi caso per caso dal giudice tutelare.
Ora, nel provvedimento che abbiamo esaminato, si autorizza l’amministratore di sostegno, tra l’altro, “al compimento di tutti gli atti di ordinaria amministrazione”: lo stesso giudice tutelare precisa che si tratta degli “atti che non incidono notevolmente sul patrimonio della beneficiaria”.
Nel nostro caso, in realtà, l’acquisto non andrebbe ad incidere affatto sul patrimonio della beneficiaria, visto che sarebbe la sorella a sostenere interamente il costo dell’autovettura.
Ad avviso di chi scrive, quindi, l’acquisto dell’auto non necessita di autorizzazione del giudice tutelare. Tuttavia, considerato il carattere “informale” del procedimento, in caso di dubbi è sempre possibile - anzi, consigliabile - confrontarsi con il giudice tutelare per avere indicazioni.
Quanto al secondo quesito, per rivendere il veicolo (scaduto il periodo di tempo previsto dalla legge per non perdere le agevolazioni su un successivo acquisto), essendo questo intestato alla beneficiaria, sarà invece necessario chiedere autorizzazione al giudice tutelare, documentando altresì che il pagamento è stato effettuato con denaro della sorella, e chiedendo di essere autorizzati a trattenere l’importo del ricavato della vendita.

Gaetano M. chiede
mercoledì 10/04/2019 - Abruzzo
“Può un Amministratore di sostegno chiedere l’autorizzazione a vendere l’unico immobile dell’amministrata senza che la stessa partecipi all’atto visto che il G.T. autorizza la vendita in maniera generale, o l’amministrata deve partecipare all’atto visto che non è inabile ne interdetta?”
Consulenza legale i 18/04/2019
La prima questione da affrontare in tema di amministrazione di sostegno, anche al fine di dare risposta corretta al quesito, è quella del decreto di nomina.
Com’è noto, l’amministratore di sostegno viene nominato dal Giudice con decreto motivato, il cui contenuto è precisato dall’art. 405 c.c.. Tra le altre cose, il decreto deve indicare:
1) gli atti che l’a.d.s. ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
2) gli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’a.d.s..
Pertanto, i limiti dell’azione dell’a.d.s. sono indicati nello specifico nel decreto di nomina, il cui contenuto è, evidentemente, diverso situazione per situazione. Anche nel caso di specie, dunque, non si può prescindere dal contenuto di tale atto.

Altra norma importante per poter individuare la risposta al quesito è l’art. 409 c.c. in forza del quale “il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”.
La regola quindi, è in generale quella della capacità del beneficiario, che la conserva per tutti gli atti salvo che per quelli che ricadono nell’oggetto dell’amministrazione, elencati e specificati nel decreto di nomina.

Ancora, alla disciplina dell’amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, alcune norme relative alla tutela (art. 411 c.c.). Tra queste, l’art. 375 c.c. vieta al tutore (quindi anche all’a.d.s.) di compiere una serie di atti senza l’autorizzazione del Tribunale e previo parere del giudice tutelare, fra cui “alienare i beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento; (…)

Come si diceva, è dunque indispensabile prendere visione del decreto di nomina, perché occorre capire se l’amministrazione di cui stiamo parlando fa rientrare gli atti di alienazione (come la vendita dell’immobile) nel novero degli atti che richiedono la rappresentanza esclusiva dell’a.d.s. (ed in tal caso quest’ultimo potrà agire senza la presenza del beneficiario) oppure di quelli che richiedono l’assistenza benché necessaria dell’a.d.s. (ed in tal caso il beneficiario dovrà presenziare alla conclusione del contratto).

Ebbene, dall'attenta lettura del decreto di nomina emesso nel caso in esame, emerge in maniera evidente, ad avviso di chi scrive, che l'a.d.s. può partecipare alla vendita e concluderne l'atto in piena autonomia, senza la presenza necessaria dell'amministrata.
In primo luogo non c'è un elenco di atti che l'amministrata possa compiere da sola né con l'assistenza necessaria dell'a.d.s.. E' scritto solamente che l'a.d.s. ha "il potere di compiere in nome e per conto" dell'amministrata (quindi in sua assenza, in quanto ne è il rappresentante autorizzato dal Giudice) gli atti di straordinaria amministrazione "inclusi gli atti previsti dagli articoli 374 e 375 c.c.. previa per questi ultimi, di volta in volta, l'autorizzazione del Giudice tutelare".

Il decreto in questione, poi, pone dei precisi limiti di azione all'a.d.s. - elencati analiticamente - che tuttavia concernono solo gli atti di ordinaria amministrazione.
Inoltre aggiunge in fondo: "la beneficiaria potrà comunque disporre, se rivelatasi capace di amministrarlo, di un importo mensile per le proprie spese quotidiane". Ciò si ritiene significhi, implicitamente, che solo in questo caso - e comunque previo accertamento di volta in volta delle sue capacità in tal senso - l'amministrata ha piena autonomia e può operare da sola.
Negli altri casi, sia di ordinaria gestione del suo patrimonio che di straordinaria amministrazione, dovrà/potrà invece essere rappresentata (in sostituzione di lei, e non in affiancamento) dal proprio a.d.s..

Pertanto, è irrilevante la mancanza di una pronuncia di interdizione o di inabilitazione rispetto al contenuto ed ai limiti dell'amministrazione di sostegno nel caso in esame: il decreto stabilisce una regola di incapacità generale, salvo che nell'unico caso anzidetto della gestione di somme di modesto importo per le esigenze quotidiane, ed impone la rappresentanza assoluta dell'a.d.s. nell'interesse della rappresentata anche negli atti di straordinaria amministrazione, sempre previo ottenimento in questi casi dell'autorizzazione formale del Giudice (così come avvenuto qui per la vendita dell'unico immobile).

E. chiede
lunedì 02/01/2023 - Liguria
“Buonasera avrei da chiedere su una questione se gentilmente mi potete aiutare: la casa dei miei genitori era ed é intestata solamente a mio padre, ora che è mancato ultra novantenne ci vive mia madre con la badante e l'amministratore di sostegno che è stato nominato visti i problemi di decadimento psicofisico di mamma, ha deciso di mettere in vendita la casa dicendo che la metà è comunque di appartenenza di mia mamma e bisogna solamente modificare i dati del catasto e quelli dichiarati sulla successione.
Ora, i miei genitori non erano in regime di separazione dei beni perché all'epoca nemmeno si pensava una cosa del genere, mio padre era operaio e mia madre casalinga,la casa era intestata certamente con il consenso di mamma solo a papà, i miei fratelli non vogliono assistere la mamma nei loro turni di week end mentre io lo faccio volentieri, essendo in 5 si tratterebbe poi di un fine settimana al mese ciascuno più o meno, ma rifiutandosi loro l'amministratore dice che bisogna assumere un'altra badante per i fine settimana, una per il mese di agosto e una per i festivi come l'8 dicembre, il lunedì di Pasqua ecc. Io farei senza problemi i miei turni e anche alcuni festivi, ma l' amministratore dice che devo comunque pagare anche io, ma a me non pare giusto perché preferisco fare io compagnia e assistere mia mamma piuttosto che pagare altri estranei e sborsare circa 6.000,00 euro annui (per figlio) che fatico a guadagnare . Peraltro i miei fratelli hanno dilapidato l'intero patrimonio dei nostri genitori dicendo poi che erano stati mamma e papà ad elargire contanti su contanti a loro.
Chiedo quindi se la casa coniugale che al catasto e in tutti i documenti é intestata solo a mio padre, ora può essere divisa a metà modificando gli estremi al catasto e considerata metà della mamma e perciò messa in vendita? E posso oppormi per la sequela di badanti che vuole imporre a mia madre che già mal sopporta quella che ha; volevo chiedere la revoca dell'amministratore di sostegno ma mi hanno detto che sarebbe una battaglia persa, i giudici non revocano mai. Grazie di cuore.”
Consulenza legale i 13/01/2023
Oggetto del quesito è un immobile, destinato a casa di abitazione familiare, caduto in successione alla morte del suo titolare esclusivo.
Eredi, si presume per legge (in quanto non viene fatto alcun riferimento ad una volontà testamentaria), sono il coniuge superstite ed i figli (più di uno).
In casi come questo norma applicabile è l’art. 581 c.c., secondo cui 1/3 dell’intero patrimonio ereditario (compresa la casa) va al coniuge, mentre i restanti 2/3 ai figli in parti eguali.
Al coniuge superstite, inoltre, compete il diritto di abitazione nella casa familiare e di uso dei mobili che la corredano ex art. 540 del c.c..

Stando così le cose, dunque, risulta certamente infondato quanto asserito dall’amministratore di sostegno, ovvero che il coniuge superstite ha diritto su quell’immobile ad una quota pari ad ½, a meno che non vi sia una diversa volontà testamentaria, a cui, si ripete, nel quesito non si è fatto cenno.
Tale situazione (1/3 al coniuge e 2/3 indivisi ai figli), peraltro, dovrebbe corrispondere con quella risultante al catasto, sempre che la denuncia di successione sia stata eseguita secondo i corretti riferimenti normativi.
Si tenga presente, infatti, che in sede di dichiarazione di successione, se l’attivo ereditario comprende terreni o fabbricati, in relazione agli immobili e ai diritti reali immobiliari in essa indicati, vanno pagate le imposte ipotecarie, catastali, di bollo, la tassa ipotecaria ed i tributi speciali, pagamento che va effettuato proprio per eseguire la voltura catastale, sempre secondo le informazioni e le quote indicate nella dichiarazione di successione.

Solo un diverso titolo giuridico, ovvero un successivo atto negoziale, quale potrebbe essere una vendita o una donazione in favore della madre della quota di cui gli altri fratelli sono titolari su quell’immobile, potrebbe modificare le quote spettanti per legge a ciascuno degli eredi sullo stesso immobile, ma anche di questo non se ne fa cenno nel quesito.

Per quanto riguarda, invece, il quesito sull’operato dell’amministratore di sostegno, in questa sede non si conosce il contenuto del decreto di nomina (che deve indicare tra l’altro, ex art. 405 del c.c., l'oggetto dell'incarico, gli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, i limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità).
Ad ogni modo, sarà bene interloquire con il giudice tutelare, evidenziando come la soluzione proposta dall'amministratore di sostegno, che vorrebbe assumere le badanti per i weekend e i festivi, non sia opportuna e risulti, anzi, eccessivamente dispendiosa, tanto più che almeno uno dei figli si offre di prestare personalmente assistenza alla madre. Peraltro, a quanto è dato capire, i relativi costi dovrebbero essere sostenuti per intero dai figli visto che la beneficiaria dell’amministrazione di sostegno, stando a quanto riferito, non disporrebbe di mezzi sufficienti.
Appare comunque ragionevole che il figlio che si offre di assistere personalmente la madre non debba sostenere i costi delle badanti.
Si suggerisce, in ogni caso, di valutare anche la presentazione al giudice tutelare di un’istanza, che naturalmente deve essere motivata, volta a ottenere la sostituzione dell’amministratore di sostegno ex art. 413 del c.c..