Proprio su quest’argomento si è recentemente pronunciato il Tribunale di Como che, con una sentenza del 3 febbraio 2016, ha precisato come, in caso di separazione consensuale, anche le determinazioni relative a tale aspetto possono rientrare nell’accordo, con conseguente dovere del Giudice di omologare anche il relativo accordo raggiunto dai coniugi stesso.
Va precisato che in caso di separazione consensuale, infatti, entrambi i coniugi sono d’accordo nel porre fine al vincolo matrimoniale, con la conseguenza che, invece di proporre un ricorso unilaterale, è possibile che gli stessi preparino già un accordo in cui stabiliscono concordemente le condizioni della separazione o del divorzio. Il giudice, poi, dovrà limitarsi ad “omologare” (vale a dire, ad approvare), l’accordo stesso, attraverso l’emanazione di uno specifico provvedimento (il c.d. decreto di omologa).
E’ evidente che questa procedura, oltre ad essere molto più rapida rispetto alla proposizione del ricorso da parte di uno solo dei coniugi, risulta anche notevolmente più economica in termini di spese legali.
Nel caso all’esame del Tribunale di Como, in particolare, le condizioni di separazione contemplate nel relativo ricorso riguardavano addirittura, in via principale, la gestione dell’animale domestico della coppia, sia dal punto di vista economico che di quello relazionale: i coniugi, infatti, oltre ad essere senza figli, erano anche economicamente autosufficienti e senza alcun bene in comune, con la conseguenza che non vi era motivo di discutere circa il diritto a ricevere un eventuale assegno di mantenimento,
Il giudice, nella sua sentenza, riconosce l’importanza degli accordi relativi alla gestione dell’animale domestico e dopo aver osservato come le condizioni relative alla “suddivisione delle spese di mantenimento e di cura del cane rivestono un indubbio contenuto economico, al pari di qualunque altra spesa relativa a beni o servizi di interesse familiare”, precisa come non vi sia alcun dubbio circa la possibilità di inserire le stesse nell’accordo di separazione e nel relativo decreto di omologa.
Poiché, inoltre, l’accordo di separazione ha natura negoziale (può essere, quindi, paragonato ad una sorta di contratto), in quanto incide su diritti soggettivi, è evidente che eventuali vizi dello stesso devono essere fatti valere attraverso l’azione di annullamento: si tratta di una specifica azione con cui si chiede al giudice di annullare un determinato accordo che era stato in precedenza stipulato tra le parti.
Ebbene, in tale contesto, il Tribunale di Como osserva come l’accordo relativo alla gestione dell’animale domestico risultava, nel caso concreto, di particolare interesse per i coniugi (interesse che, come noto, non è limitato ai soli aspetti di natura patrimoniale).
Tale Tribunale, inoltre, non è il primo a riconoscere la possibilità di inserire nell’accordo di separazione anche le questioni relative all’animale domestico.
Ricorda il giudice, infatti, come, già nel 2011, il Tribunale di Milano aveva precisato come “in caso di contrasto tra le parti il giudice della separazione non è tenuto ad occuparsi della assegnazione degli animali di affezione all’uno o all’altro dei coniugi, né della loro relazione con gli stessi” (Tribunale di Milano, ordinanza del 2 marzo 2011), in quanto “in presenza di accordi liberamente assunti dai coniugi, non vi è luogo a provvedere circa il merito di dette questioni ma solo a verificare la sussistenza dei presupposti della omologazione come sopra richiamati”.
La coppia, quindi, ha la possibilità di regolamentare liberamente il diritto di visita e il giudice potrà rifiutare di omologare l’accordo di separazione solo laddove lo stesso appaia contrario ai principi generali di ordine pubblico o all’interesse dei figli, laddove ce ne siano.