Alberi sorgenti nella siepe comune
Il nuovo codice concorda con il vecchio (art. 569) nel sancire la comunione degli alberi che sorgono nella siepe comune. Ne
differisce, però, perché mentre il vecchio codice (art. 569, comma 1) attribuiva a ciascuno dei condomini il diritto di chiederne l'atterramento, la medesima disposizione non è stata ripetuta nel nuovo codice. Anzi, all'art. 899 ult. capov. ha esplicitamente previsto che gli alberi che si trovano nella siepe comune non possono essere tagliati se non di comune consenso o dopo che l'autorità giudiziaria ha riconosciuto la necessità o la convenienza del taglio.
Alberi sorgenti sulla linea di confine. Presunzione di comunione pro indiviso e a parti uguali
La legge fa anche l'ipotesi di alberi sorgenti sulla linea di confine tra due proprietà, e li presume comuni, salvo titolo o prova in contrario (art. 899, comma 2). Abbiamo dunque, anche qui, una
presunzione legale di proprietà, giustificata dal fatto dell'esistenza dell'albero sul confine. Anche in mancanza della esplicita disposizione dell'art. 899 si sarebbe potuti arrivare alla stessa conseguenza, in base all'altra presunzione legale posta dall'art.
934 , secondo cui qualunque piantagione esistente sopra il suolo si presume che sia stata fatta dal proprietario a sue spese e che gli appartenga.
Il confronto dei due articoli è interessante per risolvere la questione che si fa intorno alla
natura della comunione di questi alberi sorgenti sulla linea di confine, e sulla quota che ciascuno dei due comproprietari può vantare sui medesimi.
La disposizione di cui all’art.
934 è conseguenza attenuata del principio dell'accessione del diritto romano: attenuata nel senso che pone una semplice presunzione legale di proprietà laddove il diritto romano non ammetteva prova in contrario. Si riporta la decisione delle fonti, secondo cui « arbor quae in confinio nata est, item lapis qui per utrumque fundum extenditur, quandiu cohaeretundo, e regione cuiusque finium, utriusque sunt: nec in communi dividundo iudicium veniunt. Sed aut cum lapis exemptus, aut arbor eruta, vel succisa est, communis pro indiviso fiet, et veniet in communi dividundo iudicium ». Se dunque si volesse argomentare, per la comunione degli alberi sorgenti sulla linea di confine, dalla semplice disposizione dell'art.
934, si dovrebbe giungere alla conseguenza di una presunzione di comunione
pro diviso, e regime
cuiusque finium: la quota sarebbe determinata dalla linea di confine.
Diversa è, invece, la conseguenza a cui si deve arrivare in base alla disposizione dell'art. 899: essa pone in generale la presunzione di comunione degli alberi sorgenti sulla linea di confine,
presunzione di comunione pro indiviso, e in parti uguali. La presunzione, infatti, non si fonda sul principio di accessione da cui muove l'art.
934, ma sui criteri di grande probabilità che giustificano la presunzione di comunione dei muri, dei fossi e delle siepi, che dividono due proprietà limitrofe: probabilità fondata in questo caso dell'art. 899 sul fatto che, salvo la prova di una servitù in contrario, non sarebbe altrimenti spiegabile l'esistenza di un albero a distanza minore della legale (
art. 894 del c.c.).
Tra le due diverse presunzioni legali è chiaro che, nella materia di cui si tratta, debba avere prevalenza quella dell'art. 899, che deve considerarsi come specifica, in confronto a quella che si sarebbe potuta ricavare dall'art.
934. Quindi la comunione degli alberi sorgenti sul confine deve ritenersi
pro indiviso, e le quote uguali fino a prova contraria.
Questa, che è la chiara conseguenza della contrapposizione tra la presunzione legale nascente dall'art.
934 e l'altra posta dall'art. 899, è stata spesso
fraintesa nella dottrina. Cosi, per esempio, quanto alla quota ammette il criterio romanistico fondato sul principio di accessione, che attribuisce la proprietà dell'albero
e regione cuiusque finium. Non si esclude che questo possa risultare dalla prova contraria, ma fino a prova in contrario, ammessa la comunione
pro indiviso, si deve presumere l'uguaglianza di quota. Anche la dottrina ha fatto confusione, affermando che se il tronco dell'albero non occupa con mirabile simmetria le due parti dei due fondi, bisogna ritenere una comunione ineguale, o
pro regime, o
pro diviso. Altra parte della dottrina, poi, vorrebbe addirittura pretendere in ogni caso l'uguaglianza di quota, non ammettendo che possa provarsi il contrario.
Quanto ai
diritti e agli
obblighi derivanti dalla comunione degli alberi sorgenti sulla linea di confine, si applicano le regole generali sulla comunione, cui si rinvia.
Alberi che servono di limite
Dopo gli alberi sorgenti nella siepe comune, di cui al primo comma dell'art. 899, e quelli sorgenti sulla linea di confine di cui al secondo comma, l'art. 899 parla al
terzo comma degli alberi che servono di limite. Per essi prevede un'unica disposizione: non si possono tagliare se non di comune consenso o dopo che l'autorità giudiziaria ha riconosciuto la necessità o la convenienza del taglio.
Può sorgere il dubbio se questi «
alberi che servono di limite » di cui al terzo comma dell'art. 899 siano quegli stessi, e nella stessa condizione giuridica, di cui al secondo comma («
alberi sorgenti sulla linea di confine »). A favore della tesi affermativa sta la considerazione che, se servono di limite, devono necessariamente trovarsi sulla linea di confine e quindi nella condizione giuridica di cui all'art. 899, comma 2, di essere presunti alberi comuni. Ma la ragione di dubitare nasce da ciò: che per questi alberi, appunto per la funzione speciale a cui servono, parrebbe doversi negare la prova contraria ammessa dall'art. 899 ed ammettere una presunzione
iuris et de iure di comunione. Infatti, ammettendo la possibilità di provarne l'esclusiva proprietà in favore di uno dei due confinanti, non si capirebbe più come egli non abbia poi il diritto di poterli tagliare se non col consenso dell'altro confinante, come invece richiede l'art. 899, terzo comma.
Noi crediamo che non sia sempre necessario ammettere la comunione dell'albero per giustificare il servizio reciproco di limite a cui l'albero destinato: anche chi non è comproprietario potrebbe, infatti, acquistare a titolo di
servitù questo diritto sull'albero al confine, di esclusiva proprietà del vicino. Il che non toglierebbe al proprietario dell'albero di goderne da proprietario esclusivo quanto ai frutti, con la sola limitazione di non poterlo tagliare senza il consenso dell'altro confinante.
Di conseguenza si ritiene che gli alberi che servono di confine, di cui all'ultimo capoverso dell'art. 899, rientrino sotto la categoria generale degli alberi sorgenti sulla linea di confine tra due proprietà, di cui parla il secondo comma dell'articolo. Con questa
particolarità: di avere la specifica funzione di servire di limite nell'interesse di entrambi i confinanti. Il che importa, anche quando non siano comuni, il divieto imposto al proprietario di tagliarli senza il consenso del vicino.